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Home » HP Blocco Testo Destra » Cultura patriarcale ieri e oggi. Monica Guerritore: “Aiutare gli uomini per salvare le donne”

Cultura patriarcale ieri e oggi. Monica Guerritore: “Aiutare gli uomini per salvare le donne”

L'attrice e regista, molto attiva sul piano sociale soprattutto per la questione di genere, propone di tracciare un nuovo 'paradigma culturale'. "La rivoluzione comincia da raccontarci maschi e femmine per come siamo e quanto dei due aspetti coesistono in un io"

Titti Giuliani Foti
9 Gennaio 2022
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“È sempre lo stesso modello sentimentale: le donne abbassano le difese, non guardano con i mille occhi dei lupi, credono nell’amore come lo vedono i bambini e tentano la via nuova con quello stesso sguardo e quello stesso cuore. Ma troppo spesso vengono ancora uccise da uomini che ne spezzano il volo. Inadeguati a vedere la loro donna che cambia”.
Monica Guerritore debutterà al Teatro della Pergola di Firenze martedì 11 gennaio e resterà in cartellone fino a domenica 16 con uno spettacolo straordinario L’anima buona di Sezuan di Bertolt Brecht. L’attrice, che è anche regista, si è ispirata all’edizione diretta da Giorgio Strehler nel 1981. Mai stata scollata dalla vita quotidiana, nonostante il lavoro artistico, anzi. È da sempre impegnata nella vita sociale, prendendo spesso posizioni dalla parte delle donne, del lavoro, per la parità di genere.

Monica Guerritore torna in teatro con “L’anima buona di Sezuan” di Bertolt Brecht, alla Pergola di Firenze da martedì 11 fino a domenica 16 gennaio

Monica vede molti uomini inadeguati?

“Inadeguati a vedere la loro donna che cambia, sono marionette i cui fili emotivi sono manovrati da esperienze passate. Non è l’uomo a subire l’offesa ma è quello prima di lui: è quella biografia creata nei secoli da storie che si rifanno alla cultura patriarcale”.

Per esempio?

“Pensiamo a quanto è stato forte l’imprinting culturale nella tragica vicenda della giovane Saman. La notte della sua sparizione, e del probabile figlicidio, il padre rientrando a casa piangeva. La sua ‘cultura’ aveva avuto il predominio sulla sua ‘natura’ paterna. Ci siamo scagliati, giustamente, contro quella culturale tribale che assegna al capofamiglia potere di vita e di morte in una società arcaica, lontana nel tempo, e non riusciamo a riconoscere lo stesso imprinting nel nostro mondo maschile”.

Ancora il delitto d’onore?

“Esatto: non è ancora la eco del delitto d’onore a non lasciare scampo a uomini fragili, che sono così come gli hanno raccontato di dover essere? È all’uomo di oggi che dobbiamo parlare, è lui che dobbiamo aiutare a liberarsi da meccanismi automatici di reazione che non hanno nulla a che fare con l’azione in sé, con un rifiuto, un no. Dobbiamo rivolgere il nostro sguardo attento e lavorare tanto per rimuovere, far scivolare via dalle spalle dei maschi incrostazioni culturali che pesano”.

E come secondo lei?

“Liberando l’immaginario maschile da stratificazioni culturali che hanno forse avuto ragione d’essere in civiltà o società con ruoli definiti in quel contesto e per quel contesto storico. Dobbiamo aiutare i nostri uomini a fare un salto in un mondo che loro temono ‘sconosciuto’ ma che possono comprendere, aprendo il proprio cuore e la mente al meraviglioso e  sfuggente mondo del ‘femminile’. Aiutarli ad abbandonare l’idea di poterlo padroneggiare: è fuggevole per natura perché continuamente in divenire, si adatta e muta con le epoche, come le lune sia nella psiche sia nel corpo”.

Da sempre impegnata nella vita sociale, Guerritore si è sempre schierata dalla parte delle donne, del lavoro, per la parità di genere

E se questo fosse inquietante?

“In un mondo dove tutto sembra visibile, con due dita puoi allargare un puntino e vedere all’interno della foresta amazzonica e scoprire il ghiaccio su Marte, il corpo femminile, la donna, resta il simulacro di un mistero impossibile da dominare. Allora si smonta, si rompe, si ferisce, si scempia, si uccide. È il sonno della commozione che genera mostri”.

Allora bisogna commuoversi insieme.

“Ma anche muoversi insieme: è questo che manca e su cui dobbiamo lavorare. Solo intenerendosi, muovendosi verso l’altro, aprendo il cuore e la mente a un mondo altro da te e accogliendo la diversità si muta. I racconti, le storie, i romanzi di avventura, la buona letteratura, i grandi classici, i buoni film dovrebbero essere sostenuti anche economicamente e trovare accesso nella televisione pubblica. Così come dovrebbe essere sostenuto il teatro”.

Dovrebbe esistere una formazione culturale allora?

“Strumenti di formazione e scelta dei testi potranno aiutare a familiarizzare con una immagine dell’uomo che comprenda il maschile e il femminile in ogni essere umano. Non sono in noi le qualità dell’uno e dell’altro? E allora cosa fare? Dare riparo nel tempo della paura, aiutare la donna a guardare al proprio uomo con i mille occhi dei lupi al primo sospetto. Chi ha alzato le mani può uccidere. Non cerchiamo alibi a chi è incapace di contenersi, anche se fa male vedere un passato che si colora dal rosa al nero. Saniamo la voragine che lascia le donne che hanno denunciato prede di una furia ancora più vendicativa, una strage annunciata”.

Si può quantificare in denaro?

“Come scrive la Questora di Milano, Alessandra Simone, è l’uomo che va aiutato altrimenti salvi una donna ma quell’uomo può ucciderne altre. Dobbiamo cambiare paradigma e sostenere tutte le forme di una nuova narrazione. Questo vuol dire fare cultura, parola attiva non bagaglio di nozioni. Ma parola che coltiva, trasforma: raccontare, intenerire, commuovere con le parole di altri, dei grandi poeti, con le immagini, i film. Cinematografia o la letteratura: un ragazzo che si commuove, si intenerisce perché si immedesima nell’altro guardando un film, leggendo un romanzo o venendo a teatro è un uomo che non alzerà mai le mani su una donna”.

Monica Guerritore
Monica Guerritore sulla violenza di genere: “Saniamo la voragine che lascia le donne che hanno denunciato prede di una furia ancora più vendicativa”

La cultura sta alla base.

“Sì perché ha accolto il femminile in sé. Io chiedo: aiutate con un sostegno noi artiste che cerchiamo di raccontarci per come siamo, combattendo e sfuggendo alla cattura di una immagine del femminile stereotipata, senza spessore e profondità, a uso e consumo di pubblicitari senza fantasia. La rivoluzione comincia da raccontarci maschi e femmine per come siamo e quanto dei due aspetti coesistono in un io. Non c’è contrapposizione. Solo inclusione. Se l’uomo deve liberarsi da un cultura del possesso, la donna deve fare un salto fuori dalla narrazione ottocentesca che avvolge di romanticismo la sudditanza, da un modello letterario che mette insieme amore e morte. Esiti tragici letti come inevitabili e conseguenza di temperamenti passionali”.

Ma c’è molto altro nel rapporto tra maschio e femmina.

“Il ‘no’ di Carmen non è solo un mezzo per far sussultare il cuoricino degli spettatori, ma l’inizio dei ‘no’ come liberazione da quegli stessi racconti. L’esito non può restare la morte”.

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

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"È sempre lo stesso modello sentimentale: le donne abbassano le difese, non guardano con i mille occhi dei lupi, credono nell'amore come lo vedono i bambini e tentano la via nuova con quello stesso sguardo e quello stesso cuore. Ma troppo spesso vengono ancora uccise da uomini che ne spezzano il volo. Inadeguati a vedere la loro donna che cambia". Monica Guerritore debutterà al Teatro della Pergola di Firenze martedì 11 gennaio e resterà in cartellone fino a domenica 16 con uno spettacolo straordinario L’anima buona di Sezuan di Bertolt Brecht. L'attrice, che è anche regista, si è ispirata all’edizione diretta da Giorgio Strehler nel 1981. Mai stata scollata dalla vita quotidiana, nonostante il lavoro artistico, anzi. È da sempre impegnata nella vita sociale, prendendo spesso posizioni dalla parte delle donne, del lavoro, per la parità di genere.
Monica Guerritore torna in teatro con "L’anima buona di Sezuan" di Bertolt Brecht, alla Pergola di Firenze da martedì 11 fino a domenica 16 gennaio
Monica vede molti uomini inadeguati? "Inadeguati a vedere la loro donna che cambia, sono marionette i cui fili emotivi sono manovrati da esperienze passate. Non è l'uomo a subire l'offesa ma è quello prima di lui: è quella biografia creata nei secoli da storie che si rifanno alla cultura patriarcale". Per esempio? "Pensiamo a quanto è stato forte l’imprinting culturale nella tragica vicenda della giovane Saman. La notte della sua sparizione, e del probabile figlicidio, il padre rientrando a casa piangeva. La sua ‘cultura’ aveva avuto il predominio sulla sua ‘natura’ paterna. Ci siamo scagliati, giustamente, contro quella culturale tribale che assegna al capofamiglia potere di vita e di morte in una società arcaica, lontana nel tempo, e non riusciamo a riconoscere lo stesso imprinting nel nostro mondo maschile". Ancora il delitto d’onore? "Esatto: non è ancora la eco del delitto d'onore a non lasciare scampo a uomini fragili, che sono così come gli hanno raccontato di dover essere? È all'uomo di oggi che dobbiamo parlare, è lui che dobbiamo aiutare a liberarsi da meccanismi automatici di reazione che non hanno nulla a che fare con l'azione in sé, con un rifiuto, un no. Dobbiamo rivolgere il nostro sguardo attento e lavorare tanto per rimuovere, far scivolare via dalle spalle dei maschi incrostazioni culturali che pesano". E come secondo lei? "Liberando l'immaginario maschile da stratificazioni culturali che hanno forse avuto ragione d’essere in civiltà o società con ruoli definiti in quel contesto e per quel contesto storico. Dobbiamo aiutare i nostri uomini a fare un salto in un mondo che loro temono ‘sconosciuto’ ma che possono comprendere, aprendo il proprio cuore e la mente al meraviglioso e  sfuggente mondo del ‘femminile’. Aiutarli ad abbandonare l’idea di poterlo padroneggiare: è fuggevole per natura perché continuamente in divenire, si adatta e muta con le epoche, come le lune sia nella psiche sia nel corpo".
Da sempre impegnata nella vita sociale, Guerritore si è sempre schierata dalla parte delle donne, del lavoro, per la parità di genere
E se questo fosse inquietante? "In un mondo dove tutto sembra visibile, con due dita puoi allargare un puntino e vedere all'interno della foresta amazzonica e scoprire il ghiaccio su Marte, il corpo femminile, la donna, resta il simulacro di un mistero impossibile da dominare. Allora si smonta, si rompe, si ferisce, si scempia, si uccide. È il sonno della commozione che genera mostri". Allora bisogna commuoversi insieme. "Ma anche muoversi insieme: è questo che manca e su cui dobbiamo lavorare. Solo intenerendosi, muovendosi verso l'altro, aprendo il cuore e la mente a un mondo altro da te e accogliendo la diversità si muta. I racconti, le storie, i romanzi di avventura, la buona letteratura, i grandi classici, i buoni film dovrebbero essere sostenuti anche economicamente e trovare accesso nella televisione pubblica. Così come dovrebbe essere sostenuto il teatro". Dovrebbe esistere una formazione culturale allora? "Strumenti di formazione e scelta dei testi potranno aiutare a familiarizzare con una immagine dell'uomo che comprenda il maschile e il femminile in ogni essere umano. Non sono in noi le qualità dell'uno e dell'altro? E allora cosa fare? Dare riparo nel tempo della paura, aiutare la donna a guardare al proprio uomo con i mille occhi dei lupi al primo sospetto. Chi ha alzato le mani può uccidere. Non cerchiamo alibi a chi è incapace di contenersi, anche se fa male vedere un passato che si colora dal rosa al nero. Saniamo la voragine che lascia le donne che hanno denunciato prede di una furia ancora più vendicativa, una strage annunciata". Si può quantificare in denaro? "Come scrive la Questora di Milano, Alessandra Simone, è l’uomo che va aiutato altrimenti salvi una donna ma quell’uomo può ucciderne altre. Dobbiamo cambiare paradigma e sostenere tutte le forme di una nuova narrazione. Questo vuol dire fare cultura, parola attiva non bagaglio di nozioni. Ma parola che coltiva, trasforma: raccontare, intenerire, commuovere con le parole di altri, dei grandi poeti, con le immagini, i film. Cinematografia o la letteratura: un ragazzo che si commuove, si intenerisce perché si immedesima nell'altro guardando un film, leggendo un romanzo o venendo a teatro è un uomo che non alzerà mai le mani su una donna".
Monica Guerritore
Monica Guerritore sulla violenza di genere: "Saniamo la voragine che lascia le donne che hanno denunciato prede di una furia ancora più vendicativa"
La cultura sta alla base. "Sì perché ha accolto il femminile in sé. Io chiedo: aiutate con un sostegno noi artiste che cerchiamo di raccontarci per come siamo, combattendo e sfuggendo alla cattura di una immagine del femminile stereotipata, senza spessore e profondità, a uso e consumo di pubblicitari senza fantasia. La rivoluzione comincia da raccontarci maschi e femmine per come siamo e quanto dei due aspetti coesistono in un io. Non c'è contrapposizione. Solo inclusione. Se l'uomo deve liberarsi da un cultura del possesso, la donna deve fare un salto fuori dalla narrazione ottocentesca che avvolge di romanticismo la sudditanza, da un modello letterario che mette insieme amore e morte. Esiti tragici letti come inevitabili e conseguenza di temperamenti passionali". Ma c'è molto altro nel rapporto tra maschio e femmina. "Il 'no' di Carmen non è solo un mezzo per far sussultare il cuoricino degli spettatori, ma l'inizio dei 'no' come liberazione da quegli stessi racconti. L'esito non può restare la morte".
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