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Da Wanda Wulz a Nan Goldin: a Trieste una mostra fotografica sulle donne artiste

di LETIZIA CINI -
17 marzo 2022
Da Wanda Wulz a Nan Goldin: a Trieste una mostra fotografica sulle donne artiste

Da Wanda Wulz a Nan Goldin: a Trieste una mostra fotografica sulle donne artiste

Dalle avanguardie fino ai giorni nostri, una successione di immagini di donne artiste. “L’occasione per mettere a confronto punti di vista maschili e femminili, verificare tanti luoghi comuni, a partire da quelli sulla vanità femminile, e apprezzare il grande contributo dato dalle artiste italiane al tema affascinante del ritratto e dell’autoritratto, da Leonor Fini e Tina Modotti ad Anna Di Prospero e Cristina Vatielli, accanto ai grandi nomi internazionali della fotografia al femminile quali Meret Oppenheim, Marina Abramović, Nan Goldin, Cindy Sherman e Jo Spence". Con queste parole il curatore Guido Comis anticipa i contenuti della mostra Io, lei, l’altra – Ritratti e autoritratti fotografici di donne artiste in programma dal 19 marzo al 26 giugno al Magazzino delle Idee di Corso Cavour a Trieste.
Veno Pilon, Leonor Fini (1935 circa)

Veno Pilon, Leonor Fini (1935 circa)

Novanta opere

Novanta le opere che propongono la fotografia degli ultimi cento anni, dando modo di valutare la nuova concezione della donna e il suo ruolo che da modella al servizio di un artista, si trasforma in figura attiva e creativa. Non più oggetto, ma soggetto, dunque la figura femminile si trasforma in protagonista attiva e creativa. Ai ritratti eseguiti da uomini – come Man Ray, Edward Weston, Henry Cartier-Bresson, Robert Mapplethorpe, solo per citare alcuni dei fotografi presentati in mostra – si accostano ritratti e autoritratti di donne artiste e fotografe, tra cui Wanda Wulz, Inge Morath, Vivian Maier, Nan Goldin, Cindy Sherman, Marina Abramović. Il rapporto fra soggetto e autore della foto contribuisce alla stratificazione dei significati e arricchisce le possibilità di interpretazione. Se l’intuito ci porta a pensare che le autorappresentazioni offrano un’immagine dell’autore più autentica rispetto ai ritratti eseguiti da altri, le opere raccontano una storia spesso diversa in cui le donne dimostrano di saper imporre la propria personalità a colui che sta dall’altra parte dell’obiettivo; allo stesso tempo i fotografi rivelano una straordinaria capacità nell’interpretare il carattere di chi sta loro di fronte. Leonor Fini, la marchesa Luisa Casati, Meret Oppenheim si servono dell’obiettivo dei colleghi uomini per esprimere tutto il loro fascino e la loro forza seduttiva. Florence Henri, Francesca Woodman e Nan Goldin al contrario, puntano su di sé l’obiettivo della macchina fotografica per rivelare a loro stesse e a chi le osserva aspetti celati della propria personalità, mettendo in scena, in alcuni casi, le proprie debolezze. La mostra è suddivisa in sezioni, ognuna delle quali rende conto di una diversa forma di rappresentazione dei ruoli che le donne interpretano nelle fotografie.
Mari Katayama, ’You’re mine #002’ (2014); stampa cromogenetica (C-print), cornice con conchiglie, perline e Swarovski © Mari Katayama Collezione privata, Roma

Mari Katayama, ’You’re mine #002’ (2014); stampa cromogenetica (C-print), cornice con conchiglie, perline e Swarovski © Mari Katayama. Collezione privata, Roma

Le sezioni

La sezione “Artiste e modelle” è dedicata alle donne che sono state creatrici e allo stesso tempo hanno prestato i loro volti e i loro corpi per opere altrui, come è il caso di Meret Oppenheim, Tina Modotti, Dora Maar. La sezione intitolata “Il corpo in frammenti” raccoglie gli autoritratti che restituiscono immagini di corpi parziali, riflessi in specchi fratturati, con l’epidermide percorsa da linee che ne interrompono l’integrità, come se in ciò si rispecchiasse la difficoltà di rappresentarsi. I ritratti degli anni Settanta che hanno per protagoniste Valie Export, Jo Spence e Renate Bertlmann mimano ironicamente l’immagine tradizionale della donna come madre, donna di casa o oggetto sessuale.
Marina Abramović, ’Nude with Cut Star’, (2005), C-print 95x69 cm © Marina Abramović Courtesy of the Marina Abramović Archives Courtesy Galleria Lia Rumma Milano/Napoli

Marina Abramović, ’Nude with Cut Star’, (2005), C-print 95x69 cm © Marina Abramović Courtesy of the Marina Abramović Archives Courtesy Galleria Lia Rumma Milano/Napoli

Una, nessuna e centomila” raccoglie gli autoritratti delle artiste che, da Claude Cahun a Cindy Sherman, hanno utilizzato il proprio corpo per interpretare attraverso mascheramenti identità o stereotipi diversi. Un’altra sezione affronta il tema degli stereotipi nella rappresentazione dalle identità culturali e sessuali, un’altra ancora a quelli nella definizione dei canoni di bellezza mentre alcune fotografie sono dedicate ad artiste accanto a proprie creazioni come nel caso del celeberrimo ritratto di Louise Bourgeois eseguito da Robert Mapplethorpe. Va infine segnalato che l’esposizione Io, lei, l’altra si inserisce in un progetto avviato dalle istituzioni culturali afferenti l’ERPAC dedicato al tema dell’autoritratto e del ritratto in una prospettiva storicoartistica che spazia dal rinascimento fino ai giorni nostri. A partire dal mese di maggio avrà luogo a Palazzo Attems Petzenstein di Gorizia la mostra Riflessi, che svilupperà il tema del ritratto attraverso prestiti da numerose istituzioni europee mentre alla Galleria Regionale d’Arte contemporanea Luigi Spazzapan si terrà l’esposizione Artista + Artista che vedrà riuniti interventi di ricerca di artisti legati al Friuli Venezia Giulia.

Il significato

Il rapporto fra soggetto e autore della foto contribuisce alla stratificazione dei significati e arricchisce le possibilità di interpretazione. Ai ritratti eseguiti da uomini come per esempio Man Ray, Edward Weston, Henry Cartier-Bresson e Robert Mapplethorpe, si accostano ritratti e autoritratti di donne artiste e fotografe tra cui Wanda Wulz, Inge Morath, Vivian Maier, Nan Goldin, Cindy Sherman e Marina Abramovic. “Il ritratto e l’autoritratto fotografico sono una testimonianza straordinaria del difficile processo di affermazione di sé e della conquista di una nuova identità sociale da parte delle artiste donne nel Novecento, e nei primi anni del nuovo secolo – spiegano gli organizzatori -. Luoghi di confronto, ma anche di conflitto fra espressioni identitarie diverse. Alle forme convenzionali di rappresentazione si contrappongono nuovi modi di esprimere la propria personalità; le classiche pose ripetitive, mutuate dai ritratti tradizionali, cedono spazio a modalità di espressione inedite".