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Home » HP Blocco Testo Destra » Femminicidi, l’allarme di Save The Children: anche i figli rimasti orfani sono vittime come le madri

Femminicidi, l’allarme di Save The Children: anche i figli rimasti orfani sono vittime come le madri

Tra gli orfani di femminicidio, il 17,2% dei figli sopravvissuti (di cui oltre il 70% minori) era presente durante il delitto e il 30% di loro ha ritrovato il corpo della madre, con danni devastanti sulle loro vite future. Raffaela Milano: "Col progetto Gemme aiutiamo i bambini ad uscire dal vortice della vittime di violenza assistita"

Marianna Grazi
28 Gennaio 2022
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C’è un fatto a cui, spesso, quando si parla di femminicidi, di violenza di genere, di molestie, aggressioni nei confronti delle donne, non si pone attenzione, almeno in un primo momento. Il fatto che queste donne stuprate, molestate, assassinate, in certi casi sono madri e che le aggressioni nei loro confronti, fino addirittura alla loro uccisione, avvengono sotto gli occhi dei loro figli e figlie, soprattutto quando avvengono tra le mura domestiche. Ormai troppo spesso, e sempre di più. Ma anche quando questo non accade, questi ragazze e ragazzi, bambini e bambine rimangono generalmente orfani (in particolare nel caso, comune, in cui è il padre, il marito, il partner a compiere questa violenza) con tutti i problemi e i disagi emotivi, psicologici ma anche, banalmente, economici che ne derivano.

Florencia Belen Bianco
Florencia Belen Bianco ha creato la pagina Facebook “Noi orfani speciali”

Qualche mese fa avevamo raccontato la vicenda di una di queste ragazze, Florencia Bianco, rimasta orfana dopo che sua madre era stata uccisa dall’ex compagno nel 2012. La 22enne ha creato la pagina Facebook, “Noi orfani speciali” dove portare avanti la sua campagna di sensibilizzazione sul tema e promuovere iniziative a favore di queste persone, vista l’assenza o la quasi totale mancanza di supporto adeguato da parte dello Stato.

Violenze domestiche in aumento con la pandemia

Il numero delle donne assassinate in ambito familiare e affettivo continua a crescere, come ribadito anche dal Primo presidente della Cassazione, Pietro Curzio, nella sua relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, rilevando che “sono 102 le donne assassinate in ambito familiare-affettivo e, in particolare, 70 per mano del partner o ex partner”. E se si considera che il totale delle vittime di femminicidio, nel 2021, sono 118 questo numero di casi ‘casalinghi’ diventa quanto mai inquietante. E rappresenta un’ulteriore conferma che l’emergenza sanitaria legata alla pandemia ha prodotto anche l’acutizzarsi della violenza di genere all’interno delle famiglie.

Le vittime di femminicidio nel 2021 sono state 118 di cui 102 uccise in ambito familiare-affettivo

In occasione dell’apertura dell’Anno giudiziario, il 21 gennaio scorso, dopo il discorso pronunciato da Curzio, Save the Children, l’organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro, ha voluto commentare questi dati allarmanti, puntando il faro proprio sui minori: “A fronte di un drastico calo dei crimini violenti, l’emergenza pandemia ha prodotto, come tutti i dati dimostrano, un aumento della violenza di genere all’interno delle famiglie – dice Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children -. Di queste violenze sono vittime dirette anche i bambini e le bambine, a partire dagli orfani dei femminicidi, fino a tutti coloro che, ogni giorno, affrontano all’interno delle proprie case quella che viene definita ‘violenza assistita’, una forma silenziosa e costante di violenza che mina il loro equilibrio psico-fisico ed è in grado di produrre effetti gravissimi lungo tutto il corso della vita”.

Orfani di femminicidio e vittime di violenza assistita

Secondo gli ultimi dati disponibili, al 2020 il totale degli orfani di femminicidio era di 169, di cui il 39,6% minorenni (67 su 169), il 32,5% (55 su 169) è rimasto orfano anche del padre che si è tolto la vita dopo il femminicidio. E ancora, il 46,7% dei figli sopravvissuti (79 su 169) aveva assistito alle precedenti violenze del padre sulla madre e, di questi, il 54,4% era minorenne. Numeri importanti dietro ai quali si celano traumi che questi ragazzi e ragazze si porteranno dietro per tutta la vita. Perdere la propria madre in circostanze così violente e ad opera dell’altro genitore è un evento devastante per un bambino, che assume dei connotati ancora più tragici nel caso in cui i figli siano presenti all’omicidio o ritrovino il corpo della madre: in Italia, secondo i dati della Commissione parlamentare d’inchiesta sui femminicidi, presentata il 24 novembre 2021, sono rispettivamente il 17,2% e il 30% dei figli sopravvissuti (rispettivamente il 72,4% e il 18% era minorenne al momento del delitto).

I bambini rimasti orfani di femminicidio nel 2020 sono stati 169 in Italia, dei quali 55 anche di padre

Il progetto “Gemme” di Save the Children mira proprio a favorire la realizzazione di percorsi personalizzati, articolati in interventi psico-educativi, ludico ricreativi e formativi, per i minori vittime di violenza assistita. Fino ad oggi ne hanno beneficiato 78 bambini e bambine, principalmente di età compresa tra i 5 e i 10 anni, che frequentano la scuola primaria (35%) e quella dell’infanzia (33%). La cosiddetta violenza assistita, sottolinea infatti l’Organizzazione, è una delle peggiori forme di maltrattamento sui minori, con effetti molto gravi dal punto di vista fisico, cognitivo, comportamentale e sulle loro capacità di socializzazione. Gli orfani tenderanno a proiettare nella propria vita lo stato di insicurezza sperimentato in un ambito familiare, dopo aver assistito alle molestie subite magari per anni dalla madre da parte del padre o del compagno di questa, fino addirittura alla sua uccisione. “È indispensabile un sistematico rafforzamento delle azioni di prevenzione e di contrasto alla violenza di genere, che comprenda la diffusa sensibilizzazione di tutte le figure che entrano a diretto contatto con le famiglie (educatori, insegnanti, pediatri) per intercettare in tempo utile le situazioni di rischio ed intervenire, al fianco delle donne, in modo tempestivo”, conclude Raffaela Milano.

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  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

#lucenews #lucelanazione #secondhand #vintage
  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

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C'è un fatto a cui, spesso, quando si parla di femminicidi, di violenza di genere, di molestie, aggressioni nei confronti delle donne, non si pone attenzione, almeno in un primo momento. Il fatto che queste donne stuprate, molestate, assassinate, in certi casi sono madri e che le aggressioni nei loro confronti, fino addirittura alla loro uccisione, avvengono sotto gli occhi dei loro figli e figlie, soprattutto quando avvengono tra le mura domestiche. Ormai troppo spesso, e sempre di più. Ma anche quando questo non accade, questi ragazze e ragazzi, bambini e bambine rimangono generalmente orfani (in particolare nel caso, comune, in cui è il padre, il marito, il partner a compiere questa violenza) con tutti i problemi e i disagi emotivi, psicologici ma anche, banalmente, economici che ne derivano.
Florencia Belen Bianco
Florencia Belen Bianco ha creato la pagina Facebook "Noi orfani speciali"
Qualche mese fa avevamo raccontato la vicenda di una di queste ragazze, Florencia Bianco, rimasta orfana dopo che sua madre era stata uccisa dall'ex compagno nel 2012. La 22enne ha creato la pagina Facebook, “Noi orfani speciali” dove portare avanti la sua campagna di sensibilizzazione sul tema e promuovere iniziative a favore di queste persone, vista l'assenza o la quasi totale mancanza di supporto adeguato da parte dello Stato.

Violenze domestiche in aumento con la pandemia

Il numero delle donne assassinate in ambito familiare e affettivo continua a crescere, come ribadito anche dal Primo presidente della Cassazione, Pietro Curzio, nella sua relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario, rilevando che "sono 102 le donne assassinate in ambito familiare-affettivo e, in particolare, 70 per mano del partner o ex partner". E se si considera che il totale delle vittime di femminicidio, nel 2021, sono 118 questo numero di casi 'casalinghi' diventa quanto mai inquietante. E rappresenta un’ulteriore conferma che l’emergenza sanitaria legata alla pandemia ha prodotto anche l’acutizzarsi della violenza di genere all’interno delle famiglie.
Le vittime di femminicidio nel 2021 sono state 118 di cui 102 uccise in ambito familiare-affettivo
In occasione dell’apertura dell’Anno giudiziario, il 21 gennaio scorso, dopo il discorso pronunciato da Curzio, Save the Children, l’organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro, ha voluto commentare questi dati allarmanti, puntando il faro proprio sui minori: “A fronte di un drastico calo dei crimini violenti, l’emergenza pandemia ha prodotto, come tutti i dati dimostrano, un aumento della violenza di genere all’interno delle famiglie - dice Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children -. Di queste violenze sono vittime dirette anche i bambini e le bambine, a partire dagli orfani dei femminicidi, fino a tutti coloro che, ogni giorno, affrontano all’interno delle proprie case quella che viene definita 'violenza assistita', una forma silenziosa e costante di violenza che mina il loro equilibrio psico-fisico ed è in grado di produrre effetti gravissimi lungo tutto il corso della vita”.

Orfani di femminicidio e vittime di violenza assistita

Secondo gli ultimi dati disponibili, al 2020 il totale degli orfani di femminicidio era di 169, di cui il 39,6% minorenni (67 su 169), il 32,5% (55 su 169) è rimasto orfano anche del padre che si è tolto la vita dopo il femminicidio. E ancora, il 46,7% dei figli sopravvissuti (79 su 169) aveva assistito alle precedenti violenze del padre sulla madre e, di questi, il 54,4% era minorenne. Numeri importanti dietro ai quali si celano traumi che questi ragazzi e ragazze si porteranno dietro per tutta la vita. Perdere la propria madre in circostanze così violente e ad opera dell’altro genitore è un evento devastante per un bambino, che assume dei connotati ancora più tragici nel caso in cui i figli siano presenti all’omicidio o ritrovino il corpo della madre: in Italia, secondo i dati della Commissione parlamentare d’inchiesta sui femminicidi, presentata il 24 novembre 2021, sono rispettivamente il 17,2% e il 30% dei figli sopravvissuti (rispettivamente il 72,4% e il 18% era minorenne al momento del delitto).
I bambini rimasti orfani di femminicidio nel 2020 sono stati 169 in Italia, dei quali 55 anche di padre
Il progetto “Gemme” di Save the Children mira proprio a favorire la realizzazione di percorsi personalizzati, articolati in interventi psico-educativi, ludico ricreativi e formativi, per i minori vittime di violenza assistita. Fino ad oggi ne hanno beneficiato 78 bambini e bambine, principalmente di età compresa tra i 5 e i 10 anni, che frequentano la scuola primaria (35%) e quella dell’infanzia (33%). La cosiddetta violenza assistita, sottolinea infatti l’Organizzazione, è una delle peggiori forme di maltrattamento sui minori, con effetti molto gravi dal punto di vista fisico, cognitivo, comportamentale e sulle loro capacità di socializzazione. Gli orfani tenderanno a proiettare nella propria vita lo stato di insicurezza sperimentato in un ambito familiare, dopo aver assistito alle molestie subite magari per anni dalla madre da parte del padre o del compagno di questa, fino addirittura alla sua uccisione. “È indispensabile un sistematico rafforzamento delle azioni di prevenzione e di contrasto alla violenza di genere, che comprenda la diffusa sensibilizzazione di tutte le figure che entrano a diretto contatto con le famiglie (educatori, insegnanti, pediatri) per intercettare in tempo utile le situazioni di rischio ed intervenire, al fianco delle donne, in modo tempestivo”, conclude Raffaela Milano.
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