Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » HP Blocco Testo Destra » “Fiabe di oggi e di ieri” per pari opportunità e dignità fra i generi. Sibilla Santoni: “Il cambiamento deve partire da chi ha la mente aperta, bambini e bambine”

“Fiabe di oggi e di ieri” per pari opportunità e dignità fra i generi. Sibilla Santoni: “Il cambiamento deve partire da chi ha la mente aperta, bambini e bambine”

L’intervista all’avvocata, Presidente del Comitato pari opportunità del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Firenze e autrice (o rielaboratrice) di favole che dalla fantasia danno un senso al quotidiano

Andrea Mucci
16 Agosto 2021
Share on FacebookShare on Twitter

Un libro di favole che parla della realtà. “Fiabe di ieri e di oggi”, scritto da Sibilla Santoni, Presidente del Comitato pari opportunità del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Firenze, è anche un’indagine sulla parità di genere per comprendere come l’intelligenza, il coraggio, la competenza, la determinazione, l’umanità non hanno sesso, ma stanno nella volontà di ognuno di noi.

Com’è nata l’idea di scrivere ‘Fiabe di ieri, oggi’: c’è un contesto in particolare che l’ha suggerito?

“Come avvocata mi occupo di diritto di famiglia e minorile da moltissimi anni e questo mi mette tutti i giorni davanti agli occhi quanto i carichi familiari siano ancora distribuiti in maniera impari a sfavore delle donne. Da qui la voglia di impegnarmi per un’effettiva eguaglianza, di cui mi occupo da molto, essendo tra l’altro dal 2018 presidente del Comitato pari opportunità del consiglio dell’ordine degli avvocati di Firenze. Quest’esperienza ha fatto maturare in me la consapevolezza che un’effettiva rimozione della discriminazione è possibile solo partendo dalla cultura, che deve fare ancora grossi passi avanti sulla parità e i soggetti deputati a questo cambiamento sono quelli che hanno una mente più aperta e meno condizionata: le bambine e i bambini. Da qui la scelta di scrivere un libro di favole o meglio di riscriverne alcune note”.

Storie che aiutano bambini e bambine a crescere lontani dagli stereotipi di genere attraverso la riscrittura di fiabe classiche. Quale il filo conduttore che lega le fiabe scelte?

“Il libro contiene quattro favole: ‘La Bella Addormentata’, ‘Cappuccetto Rosso’, ‘Biancaneve’ e ‘La Sirenetta’. Sono storie per l’infanzia che ho pensato di riscrivere, eliminando quegli stereotipi di genere che ritornano tantissimo nelle favole. Sono scritte per fare arrivare il messaggio in maniera diretta, ma non dirompente; mostrando a bambine e bambini, ed anche ai genitori che leggeranno le favole con loro, un’altra realtà rispetto a quella che è stata scritta finora. ‘La Sirenetta’, ad esempio, nella versione originale ritrae una donna che annulla la propria identità per amore del principe. Lui alla fine la ama, ma solo perché lei diventa esattamente quello che lui desidera. Questa volta invece lei dice no: se il principe la ama deve farlo per quello che è, senza che rinunci alla sua bella coda ed al mare dove è vissuta. La mia Sirenetta è decisa e proprio per questo riesce ad essere felice”.

Cappuccetto Rosso o La Bella Addormentata – qui per niente indifese – salvano da sole se stesse e uniscono poi le forze con i protagonisti maschili, con cui condividono amore e rispetto. ‘Unire le forze’ ripete più volte il libro: è questo il segreto?

“Sì, è proprio quello che voglio comunicare a bambine e bambini: i cambiamenti si fanno insieme. Io credo nel lavoro di squadra, nella collaborazione, nella capacità di chiedere e di dare aiuto”.

A questo proposito ciò che nel libro è sempre presente è anche l’attenzione all’altro: non vengono trascurate neanche le esigenze del lupo, a cui si offrono focacce e lavoro in cucina.

“Si, il lupo non viene eliminato o considerato un nemico, ma viene incluso”.

Il cammino per giungere alla parità di genere è ancora lungo: è necessaria una politica sociale più giusta e moderna, ma anche una mentalità nuova nelle famiglie, nell’educazione dei giovani. Nel nostro Paese quanto è ancora rigida e forte la distinzione dei ruoli?

“In Italia la ripartizione stereotipata dei ruoli è purtroppo ancora una realtà. Per fare un esempio concreto, le donne che svolgono ruoli dirigenziali nelle grandi società sono una percentuale minima rispetto agli uomini. Io lavorando come avvocata incontro uomini che non sono mai andati ad un ricevimento scolastico dei figli, donne che non riescono a pensare che anche i mariti possano stare da soli con i bambini. Allora non solo li tutelo legalmente, ma rifletto con loro, e devo dire che questo aiuta chi incontro a maturare, anche se la cultura per le pari opportunità deve fare ancora tanti passi avanti”.

Questo anche superando frasi correnti come, ad esempio, ‘Ti lavo i piatti’?

“Esatto. Incontro tante donne che continuano a lavare i piatti e a fare le lavatrici anche quando sono in mezzo a separazioni, magari con mariti maltrattanti: però non viene loro nemmeno in mente di dire ‘guarda, a questo punto, arrangiati'”.

Come se ‘lavare i piatti’ fosse quindi un esclusivo lavoro delle mogli, delle mamme?

“Esatto, esatto. Però attenzione – questo ci tengo sempre a dirlo – il problema non è solo delle donne che non capiscono i loro diritti, ma è – ovviamente – anche degli uomini che danno per scontato che certe mansioni spettino solo alle donne. Quando mi viene un babbo che si separa gli dico: ‘si metta nella chat dei suoi figli per seguire anche lei i compiti dei ragazzi, vada a scuola a parlare con i professori’, e ancora riscontro che alcuni padri lo fanno, ma tanti altri non vanno a parlare a scuola, dal pediatra e simili”.

Molte frasi, molti atteggiamenti sono quindi espressione di modelli culturali tramandatici nel tempo, ormai anacronistici e che non solo gli uomini, ma anche le donne dovrebbero imparare ad abbandonare?

“Certo, è quello che cerco di dire. E’ un lavoro da fare insieme. Insieme – uomini e donne – devono superare determinati stereotipi, che non rispondono più alle esigenze della nostra società, perché ormai noi siamo abituati a vedere famiglie dove lavorano entrambi i genitori e allora bisogna che anche i carichi familiari si ridistribuiscano”.

Potrebbe interessarti anche

La cover dell'album "Bad Girl" di Donna Summer
Spettacolo

Donna Summer, la voce arcobaleno considerata “troppo erotica”

25 Marzo 2023
Le donne continuano a sentirsi chiedere ai colloqui di lavoro: “Lei vuole avere figli?”
Economia

Giovani e occupazione: lavorare per vivere o vivere per lavorare?

20 Marzo 2023
I registi Matteo Botrugno e Daniele Coluccini insieme a Lucy Salani (Instagram)
Attualità

L’addio di Lucy Salani: “Perché, una donna non può chiamarsi Luciano?”

23 Marzo 2023

Instagram

  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Un libro di favole che parla della realtà. "Fiabe di ieri e di oggi", scritto da Sibilla Santoni, Presidente del Comitato pari opportunità del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Firenze, è anche un’indagine sulla parità di genere per comprendere come l’intelligenza, il coraggio, la competenza, la determinazione, l’umanità non hanno sesso, ma stanno nella volontà di ognuno di noi. Com’è nata l’idea di scrivere ‘Fiabe di ieri, oggi’: c’è un contesto in particolare che l’ha suggerito? "Come avvocata mi occupo di diritto di famiglia e minorile da moltissimi anni e questo mi mette tutti i giorni davanti agli occhi quanto i carichi familiari siano ancora distribuiti in maniera impari a sfavore delle donne. Da qui la voglia di impegnarmi per un'effettiva eguaglianza, di cui mi occupo da molto, essendo tra l'altro dal 2018 presidente del Comitato pari opportunità del consiglio dell'ordine degli avvocati di Firenze. Quest’esperienza ha fatto maturare in me la consapevolezza che un’effettiva rimozione della discriminazione è possibile solo partendo dalla cultura, che deve fare ancora grossi passi avanti sulla parità e i soggetti deputati a questo cambiamento sono quelli che hanno una mente più aperta e meno condizionata: le bambine e i bambini. Da qui la scelta di scrivere un libro di favole o meglio di riscriverne alcune note". Storie che aiutano bambini e bambine a crescere lontani dagli stereotipi di genere attraverso la riscrittura di fiabe classiche. Quale il filo conduttore che lega le fiabe scelte? "Il libro contiene quattro favole: 'La Bella Addormentata', 'Cappuccetto Rosso', 'Biancaneve' e 'La Sirenetta'. Sono storie per l’infanzia che ho pensato di riscrivere, eliminando quegli stereotipi di genere che ritornano tantissimo nelle favole. Sono scritte per fare arrivare il messaggio in maniera diretta, ma non dirompente; mostrando a bambine e bambini, ed anche ai genitori che leggeranno le favole con loro, un’altra realtà rispetto a quella che è stata scritta finora. 'La Sirenetta', ad esempio, nella versione originale ritrae una donna che annulla la propria identità per amore del principe. Lui alla fine la ama, ma solo perché lei diventa esattamente quello che lui desidera. Questa volta invece lei dice no: se il principe la ama deve farlo per quello che è, senza che rinunci alla sua bella coda ed al mare dove è vissuta. La mia Sirenetta è decisa e proprio per questo riesce ad essere felice". Cappuccetto Rosso o La Bella Addormentata - qui per niente indifese - salvano da sole se stesse e uniscono poi le forze con i protagonisti maschili, con cui condividono amore e rispetto. 'Unire le forze' ripete più volte il libro: è questo il segreto? "Sì, è proprio quello che voglio comunicare a bambine e bambini: i cambiamenti si fanno insieme. Io credo nel lavoro di squadra, nella collaborazione, nella capacità di chiedere e di dare aiuto". A questo proposito ciò che nel libro è sempre presente è anche l’attenzione all’altro: non vengono trascurate neanche le esigenze del lupo, a cui si offrono focacce e lavoro in cucina. "Si, il lupo non viene eliminato o considerato un nemico, ma viene incluso". Il cammino per giungere alla parità di genere è ancora lungo: è necessaria una politica sociale più giusta e moderna, ma anche una mentalità nuova nelle famiglie, nell’educazione dei giovani. Nel nostro Paese quanto è ancora rigida e forte la distinzione dei ruoli? "In Italia la ripartizione stereotipata dei ruoli è purtroppo ancora una realtà. Per fare un esempio concreto, le donne che svolgono ruoli dirigenziali nelle grandi società sono una percentuale minima rispetto agli uomini. Io lavorando come avvocata incontro uomini che non sono mai andati ad un ricevimento scolastico dei figli, donne che non riescono a pensare che anche i mariti possano stare da soli con i bambini. Allora non solo li tutelo legalmente, ma rifletto con loro, e devo dire che questo aiuta chi incontro a maturare, anche se la cultura per le pari opportunità deve fare ancora tanti passi avanti". Questo anche superando frasi correnti come, ad esempio, ‘Ti lavo i piatti’? "Esatto. Incontro tante donne che continuano a lavare i piatti e a fare le lavatrici anche quando sono in mezzo a separazioni, magari con mariti maltrattanti: però non viene loro nemmeno in mente di dire 'guarda, a questo punto, arrangiati'". Come se ‘lavare i piatti’ fosse quindi un esclusivo lavoro delle mogli, delle mamme? "Esatto, esatto. Però attenzione – questo ci tengo sempre a dirlo – il problema non è solo delle donne che non capiscono i loro diritti, ma è – ovviamente – anche degli uomini che danno per scontato che certe mansioni spettino solo alle donne. Quando mi viene un babbo che si separa gli dico: 'si metta nella chat dei suoi figli per seguire anche lei i compiti dei ragazzi, vada a scuola a parlare con i professori', e ancora riscontro che alcuni padri lo fanno, ma tanti altri non vanno a parlare a scuola, dal pediatra e simili". Molte frasi, molti atteggiamenti sono quindi espressione di modelli culturali tramandatici nel tempo, ormai anacronistici e che non solo gli uomini, ma anche le donne dovrebbero imparare ad abbandonare? "Certo, è quello che cerco di dire. E’ un lavoro da fare insieme. Insieme – uomini e donne – devono superare determinati stereotipi, che non rispondono più alle esigenze della nostra società, perché ormai noi siamo abituati a vedere famiglie dove lavorano entrambi i genitori e allora bisogna che anche i carichi familiari si ridistribuiscano".
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • 8 marzo

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2023 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto