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Home » HP Blocco Testo Destra » In Europa stop alla plastica monouso, ma l’Italia fa fatica a dire addio all’usa e getta

In Europa stop alla plastica monouso, ma l’Italia fa fatica a dire addio all’usa e getta

Da anni tra Bruxelles e l'Italia va avanti una disputa sul concetto di compostabilità, tra materiali appunto compostabili, quindi da smaltirsi con i rifiuti organici, e quelli biodegradabili o biocompostabili

Domenico Guarino
18 Gennaio 2022
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La data è in qualche modo storica anche se, presi come siamo da questioni ‘apparentemente’ (solo apparentemente) più urgenti, è passata un po’ sotto traccia. Da venerdì scorso, 14 gennaio, infatti è entrata ufficialmente in vigore anche in Italia la direttiva europea Sup, che si pone come obiettivo quello di ridurre l’uso della plastica monouso, non biodegradabile e non compostabile.
In pratica non si potranno più vendere posate, piatti, cannucce e altri prodotti in plastica anche “oxo-degradabile” (ovvero le materie plastiche contenenti additivi che attraverso l’ossidazione comportano la frammentazione della materia plastica in microframmenti), i bastoncini cotonati (cotton fioc), agitatori per bevande, aste da attaccare a sostegno dei palloncini, alcuni specifici contenitori per alimenti in polistirene espanso, contenitori e tazze per bevande di questo materiale e relativi tappi e coperchi. Restano, paradossalmente, fuori dalla normativa i bicchieri di platica, che si possono ancora tranquillamente usare.

Dal 14 gennaio è entrata in vigore la direttiva europea Sup, per la riduzione della plastica monouso

Si tratta di uno straordinario cambiamento, soprattutto per l’Italia che è tra i maggiori consumatori di plastiche (stoviglie in particolar modo) monouso. Il che, se vogliamo, in un Paese che nell’immaginario mondiale rappresenta la patria del buon vivere, della buona tavola e del mangiare appetitoso, lascia francamente perplessi. Ma tant’è!
L’affezione degli italiani per l’usa è getta, sta per altro comportando una disputa sul concetto di compostabilità, ovvero di restituire all’ambiente in forma organica il rifiuto prodotto. Il decreto italiano che recepisce la direttiva europea infatti “salva” la possibilità di usare piatti e posate biocompostabili, e c’è chi sostiene che questa sia una specie di truffa.

Qual è la differenza? Il compostaggio è un procedimento di riciclaggio dei rifiuti organici che consente di facilitare la scomposizione degli elementi naturali di un materiale trasformandolo in compost. Questo processo di biodegradazione aerobica produce un materiale simile al terriccio scuro che, opportunamente sanificato e stabilizzato, è ricco di sostanze nutritive, utili alla coltivazione. Dunque, un materiale compostabile, se riciclato nel modo corretto, si trasforma in un fertilizzante naturale e biologico utilizzabile in agricoltura.
Sono considerati biodegradabili (o biocompostabili) – l’Italia è leader mondiale attraverso soprattutto la produzione del Mater Bi – invece tutti quei materiali organici che possono essere scomposti da microrganismi naturali, in modo sicuro e rapido, per diventare acqua o gas, come il metano, ma solo se il 90% della decomposizione avviene entro 6 mesi.

L’Italia è tra i maggiori consumatori di plastiche monouso

Insomma, una differenza sottile, ma sostanziale. Il packaging compostabile può essere trattato insieme ai rifiuti organici, mentre i prodotti come le plastiche biodegradabili vanno gestiti a parte. Lo scontro a Bruxelles sui parametri, sulla plausibilità e la sostenibilità delle bioplastiche compostabili va avanti da anni. E le stesse associazioni ambientaliste sono spaccate tra chi è favorevole e chi è contrario. In particolare in questi ultimissimi giorni è circolato un nuovo documento di Bruxelles che riapre il contenzioso con l’Italia per i piatti biocompostabili. Come andrà a finire?

“L’entrata in vigore della direttiva Sup anche in Italia – dichiara Angelo Gentili, della segreteria nazionale di Legambiente – rappresenta uno step strategico per la transizione. Pur essendo vero che il nostro Paese è, già da tempo, leader in questo ambito, è altrettanto vero e cruciale non abbassare la guardia ma, al contrario, alzare costantemente l’asticella nella lotta alla plastica monouso. Senza alcun dubbio, fondamentale sarà continuare a promuovere sempre di più il riutilizzabile, anche perché, con la pandemia, sono purtroppo tornati prepotentemente gli oggetti di plastica usa e getta – aggiunge Gentili -. Altro aspetto da non sottovalutare riguarda il fatto che, in queste ultime settimane, stanno comparendo sugli scaffali prodotti in plastica molto simili a quelli monouso, ma ‘riutilizzabili’ per un numero limitato di volte, come indicato nelle confezioni. Un tentativo, nella nostra opinione, di aggirare la normativa che non farà altro che incrementare l’utilizzo della plastica invece che disincentivarlo. Al contrario, serve fare ciò che a Festambiente, la nostra manifestazione nazionale che ho l’onore di coordinare da 34 anni, facciamo da sempre: favorire una drastica e concreta riduzione della plastica monouso e sensibilizzare le persone ad adottare comportamenti e stili di vita più sostenibili. Ricordando che la dispersione di plastica nell’ambiente può causare seri danni anche alla biodiversità”.

Tra l’Unione europea e l’Italia è in corso da anni una disputa sul concetto di compostabilità

Di diverso avviso Greenpeace, che già a fine aprile ricordava come “la maggior parte delle norme finora adottate in Italia ha promosso e incentivato la sostituzione dei prodotti monouso realizzati in plastica tradizionale con prodotti monouso realizzati in bioplastica compostabile, anche laddove sarebbe stato possibile adottare misure in grado di superare il ricorso all’usa e getta. Limitare i danni delle plastiche sull’ambiente non vuol dire sostituire i materiali, spostando così gli impatti su altri comparti ambientali e lasciando inalterato il modello dell’usa e getta. Bisogna ridurre il ricorso al monouso”, come suggerisce ad esempio il crescente impiego in altri Paesi del deposito cauzionale.

In ogni caso, la direttiva è in vigore. Le scorte dei prodotti invece potranno essere smaltite dai venditori purché possano comprovarne l’effettiva immissione sul mercato in data antecedente al 14 gennaio 2022. Per chi immetterà sul mercato o venderà prodotti non conformi sono previste multe che andranno da 2.500 a 25.000 euro. Non altissime, ma comunque è già qualcosa.

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  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
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  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
La data è in qualche modo storica anche se, presi come siamo da questioni ‘apparentemente’ (solo apparentemente) più urgenti, è passata un po’ sotto traccia. Da venerdì scorso, 14 gennaio, infatti è entrata ufficialmente in vigore anche in Italia la direttiva europea Sup, che si pone come obiettivo quello di ridurre l’uso della plastica monouso, non biodegradabile e non compostabile. In pratica non si potranno più vendere posate, piatti, cannucce e altri prodotti in plastica anche “oxo-degradabile” (ovvero le materie plastiche contenenti additivi che attraverso l’ossidazione comportano la frammentazione della materia plastica in microframmenti), i bastoncini cotonati (cotton fioc), agitatori per bevande, aste da attaccare a sostegno dei palloncini, alcuni specifici contenitori per alimenti in polistirene espanso, contenitori e tazze per bevande di questo materiale e relativi tappi e coperchi. Restano, paradossalmente, fuori dalla normativa i bicchieri di platica, che si possono ancora tranquillamente usare.
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Si tratta di uno straordinario cambiamento, soprattutto per l’Italia che è tra i maggiori consumatori di plastiche (stoviglie in particolar modo) monouso. Il che, se vogliamo, in un Paese che nell’immaginario mondiale rappresenta la patria del buon vivere, della buona tavola e del mangiare appetitoso, lascia francamente perplessi. Ma tant’è! L’affezione degli italiani per l’usa è getta, sta per altro comportando una disputa sul concetto di compostabilità, ovvero di restituire all’ambiente in forma organica il rifiuto prodotto. Il decreto italiano che recepisce la direttiva europea infatti “salva” la possibilità di usare piatti e posate biocompostabili, e c’è chi sostiene che questa sia una specie di truffa. Qual è la differenza? Il compostaggio è un procedimento di riciclaggio dei rifiuti organici che consente di facilitare la scomposizione degli elementi naturali di un materiale trasformandolo in compost. Questo processo di biodegradazione aerobica produce un materiale simile al terriccio scuro che, opportunamente sanificato e stabilizzato, è ricco di sostanze nutritive, utili alla coltivazione. Dunque, un materiale compostabile, se riciclato nel modo corretto, si trasforma in un fertilizzante naturale e biologico utilizzabile in agricoltura. Sono considerati biodegradabili (o biocompostabili) - l’Italia è leader mondiale attraverso soprattutto la produzione del Mater Bi - invece tutti quei materiali organici che possono essere scomposti da microrganismi naturali, in modo sicuro e rapido, per diventare acqua o gas, come il metano, ma solo se il 90% della decomposizione avviene entro 6 mesi.
L'Italia è tra i maggiori consumatori di plastiche monouso
Insomma, una differenza sottile, ma sostanziale. Il packaging compostabile può essere trattato insieme ai rifiuti organici, mentre i prodotti come le plastiche biodegradabili vanno gestiti a parte. Lo scontro a Bruxelles sui parametri, sulla plausibilità e la sostenibilità delle bioplastiche compostabili va avanti da anni. E le stesse associazioni ambientaliste sono spaccate tra chi è favorevole e chi è contrario. In particolare in questi ultimissimi giorni è circolato un nuovo documento di Bruxelles che riapre il contenzioso con l’Italia per i piatti biocompostabili. Come andrà a finire? “L’entrata in vigore della direttiva Sup anche in Italia – dichiara Angelo Gentili, della segreteria nazionale di Legambiente – rappresenta uno step strategico per la transizione. Pur essendo vero che il nostro Paese è, già da tempo, leader in questo ambito, è altrettanto vero e cruciale non abbassare la guardia ma, al contrario, alzare costantemente l’asticella nella lotta alla plastica monouso. Senza alcun dubbio, fondamentale sarà continuare a promuovere sempre di più il riutilizzabile, anche perché, con la pandemia, sono purtroppo tornati prepotentemente gli oggetti di plastica usa e getta - aggiunge Gentili -. Altro aspetto da non sottovalutare riguarda il fatto che, in queste ultime settimane, stanno comparendo sugli scaffali prodotti in plastica molto simili a quelli monouso, ma ‘riutilizzabili’ per un numero limitato di volte, come indicato nelle confezioni. Un tentativo, nella nostra opinione, di aggirare la normativa che non farà altro che incrementare l’utilizzo della plastica invece che disincentivarlo. Al contrario, serve fare ciò che a Festambiente, la nostra manifestazione nazionale che ho l’onore di coordinare da 34 anni, facciamo da sempre: favorire una drastica e concreta riduzione della plastica monouso e sensibilizzare le persone ad adottare comportamenti e stili di vita più sostenibili. Ricordando che la dispersione di plastica nell’ambiente può causare seri danni anche alla biodiversità”.
Tra l'Unione europea e l'Italia è in corso da anni una disputa sul concetto di compostabilità
Di diverso avviso Greenpeace, che già a fine aprile ricordava come “la maggior parte delle norme finora adottate in Italia ha promosso e incentivato la sostituzione dei prodotti monouso realizzati in plastica tradizionale con prodotti monouso realizzati in bioplastica compostabile, anche laddove sarebbe stato possibile adottare misure in grado di superare il ricorso all’usa e getta. Limitare i danni delle plastiche sull’ambiente non vuol dire sostituire i materiali, spostando così gli impatti su altri comparti ambientali e lasciando inalterato il modello dell’usa e getta. Bisogna ridurre il ricorso al monouso”, come suggerisce ad esempio il crescente impiego in altri Paesi del deposito cauzionale. In ogni caso, la direttiva è in vigore. Le scorte dei prodotti invece potranno essere smaltite dai venditori purché possano comprovarne l’effettiva immissione sul mercato in data antecedente al 14 gennaio 2022. Per chi immetterà sul mercato o venderà prodotti non conformi sono previste multe che andranno da 2.500 a 25.000 euro. Non altissime, ma comunque è già qualcosa.
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