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Home » HP Blocco Testo Destra » In Italia pochi laureati Stem: serve cambiare l’approccio per affrontare le sfide future

In Italia pochi laureati Stem: serve cambiare l’approccio per affrontare le sfide future

Divario economico e di genere, ma anche la radicata credenza che le materie scientifiche siano riservate a specialisti e addetti ai lavori. Il nostro Paese arranca nelle medie europee, ma la rivoluzione tecnologica non si arresta

Domenico Guarino
23 Gennaio 2022
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La rivoluzione tecnologica, l’inserimento sempre più massivo della robotica nella nostra quotidianità, il predominio dell’informatica, hanno stravolto nel breve volgere di pochi anni le vite di tutti noi. Ci troviamo di fronte ad un nuovo paradigma, che possiede proprie regole ed un linguaggio specifico: padroneggiare le une e l’altro sono oramai esigenze irrinunciabili. Possiamo dire che oggi la frontiera di una piena cittadinanza passa proprio da qui, da queste competenze specifiche: muoversi con cognizione tra gli strumenti e le possibilità offerte dalle nuove tecnologie, e non essere  solo un fruitore passivo di piattaforme e servizi di cui non ha una vera consapevolezza.

La rivoluzione tecnologica avanza e servono comprenderne le regole chiave e utilizzare un linguaggio specifico

Ma quanto gli italiani sono davvero pronti a cogliere questa  sfida? Secondo i dati, non abbastanza. E il problema non riguarda solo le persone anziane, ma anche i giovani e i giovanissimi. Non basta infatti essere un nativo digitale e servirsi  quotidianamente della tecnologia per gestirla in modo consapevole in tutti i suoi aspetti. Infatti  la percentuale giovani italiani tra 16 e 24 anni con competenze digitali almeno di base nel problem solving è di tredici punti inferiore alla media europea (80,3% contro 93,8%). Nel 2019 il nostro era il secondo dato peggiore in Ue dopo la Bulgaria.
È per questa ragione che la questione dell’apprendimento e della scuola, risulta fondamentale. Fare propri gli strumenti – soprattutto cognitivi – delle scienze è indispensabile nelle società avanzate, con l’acquisizione di competenze fondamentali nel tempo presente, e a maggior ragione in quello futuro: il 14% del fabbisogno di neo-laureati tra 2021 e 2025 riguarderà i soli ingegneri, secondo le stime di Anpal (31-35mila persone all’anno). Cruciale soprattutto l’acquisizione di competenze nell’ambito delle Stem, acronimo che sta per Science Technology Engineering Mathematics: scienza, tecnologia, ingegneria, matematica.

Discipline scientifiche: perché si ritengono ancora riservate agli addetti ai lavori?

L’acronimo Stem indica le discipline della scienza, tecnologia, ingegneria e matematica

Nel nostro Paese, tradizionalmente, permane, in misura maggiore rispetto alle medie internazionali, una separazione ancora piuttosto netta tra le materie scientifiche e quelle umanistiche, dove le prime sono percepite come un mondo a parte, come argomento riservato agli specialisti o agli addetti ai lavori. Al punto tale che gli studenti italiani bravi in lettura che hanno anche ottimi risultati in matematica e scienze sono appena il 26,7% (in Germania sono il 45,4%). E se a  livello Ue, sono circa 21 ogni 1.000 i giovani laureati in materie come scienze, matematica, informatica, ingegneria, in Italia sono invece  16,4 ogni mille persone tra 20 e 29 anni. Una proporzione distante dalla media, ma soprattutto dal livello dei maggiori Paesi europei. La bassa quota di laureati in discipline Stem ha la sua radice in un livello di apprendimento inferiore in queste materie rispetto alle medie internazionali, a partire dallascuola.

Tra i 15enni, il dato italiano è molto distante dalla media Ocse in scienze (468 Italia, 489 paesi Ocse), mentre è sostanzialmente allineato in matematica. Se però si isolano solo i membri dell’organizzazione europei, la distanza appare più ampia. In questo contesto l’Italia è terzultima nei test di scienze e tra le ultime 7 in matematica. A ciò si aggiunga che in Italia solo il 3% degli studenti sono top performer (la quota di giovani che raggiunge i livelli massimi nei test) in scienze, contro una media Ocse del 7%. Inoltre solo  il 26,7% dei top performers in lettura lo è anche in matematica e scienze. Questo significa che gli studenti più bravi sul versante umanistico, solo in poco più di un caso su 4 possiedono anche elevate competenze in matematica e nelle scienze. Nel confronto internazionale si tratta di un dato molto basso, sensibilmente inferiore alla media Ocse del 36,3%.

Povertà e genere, discriminanti anche nella scuola

A restare indietro sono soprattutto alcune categorie, chi è socialmente ed economicamente più vulnerabile, in primo luogo. Come ci racconta la Fondazione Open polis “i dati sugli apprendimenti Invalsi in matematica mostrano come chi viene da una famiglia svantaggiata abbia risultati molto bassi nel 23% dei casi, contro il 6% dei coetanei più fortunati. Allo stesso modo, gli alunni avvantaggiati usano internet molto più spesso per informarsi oppure ottenere informazioni pratiche. In secondo luogo, oggi – nel nostro Paese molto più che in altri – resta centrale la questione dei divari di genere. Con bambine e ragazze che, fin dall’inizio del percorso di studi, acquisiscono molte meno competenze in ambito scientifico, numerico e tecnologico: solo il 15,4% delle studentesse di seconda superiore raggiungono il livello più alto nei test Invalsi di matematica, a fronte di un  23,6% dei colleghi maschi”.

In Italia, anche per quanto riguarda lo studio di materie scientifiche, resta centrale la questione del divario di genere

Tra gli studenti di seconda superiore provenienti dalle famiglie più avvantaggiate, quasi un terzo (31,7%) raggiunge il livello di competenza più elevato in matematica. Tra quelli svantaggiati, tale quota scende all’11,4%. Al contrario, tra chi viene da una famiglia di condizione più bassa, quasi il 23% si attesta sui livelli di competenza più bassi (contro il 6,4% dei più avvantaggiati). C’è poi un divario di genere abbastanza netto. A fronte di una media Ue di circa 21 laureati Stem ogni 1.000 giovani tra 20 e 29 anni, le laureate sono solo 14,9. Mentre il dato dei maschi è quasi doppio: 27,9. Questo è un  divario presente in misura variabile in tutti gli stati dell’Unione. Nel nostro Paese, il dato medio dei laureati (di entrambi i sessi) è più basso: 16,4 laureati in discipline scientifiche ogni mille giovani residenti. La quota di laureati Stem tra i maschi sale a 19,4, quella delle laureate si attesta al 13,3, con circa 6 punti di distacco.

Nei test di matematica, la maggior parte degli Stati europei vede uno svantaggio femminile. Ma, anche in questo caso, non si tratta affatto di una regola ineluttabile. In tre Paesi dell’Ue (Finlandia, Lituania e Svezia) il punteggio medio delle ragazze – tanto in matematica quanto nelle scienze – supera quello dei coetanei. Al contrario in una minoranza di paesi Ue e membri Ocse le studentesse conseguono risultati inferiori rispetto a quelli degli studenti maschi in entrambe le materie. Tra questi il primato spetta proprio all’Italia (-16 punti in matematica, -3 in scienze). È dunque questo tipo di divari con le medie europee ed Ocse che l’Italia sarà chiamata a ridurre nei prossimi anni, anche attraverso gli investimenti previsti dal piano nazionale di ripresa e resilienza. Pena rimanere fuori dalla corsa che vede protagoniste le Nazioni più sviluppate.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia

La rivoluzione tecnologica, l’inserimento sempre più massivo della robotica nella nostra quotidianità, il predominio dell’informatica, hanno stravolto nel breve volgere di pochi anni le vite di tutti noi. Ci troviamo di fronte ad un nuovo paradigma, che possiede proprie regole ed un linguaggio specifico: padroneggiare le une e l’altro sono oramai esigenze irrinunciabili. Possiamo dire che oggi la frontiera di una piena cittadinanza passa proprio da qui, da queste competenze specifiche: muoversi con cognizione tra gli strumenti e le possibilità offerte dalle nuove tecnologie, e non essere  solo un fruitore passivo di piattaforme e servizi di cui non ha una vera consapevolezza.

La rivoluzione tecnologica avanza e servono comprenderne le regole chiave e utilizzare un linguaggio specifico

Ma quanto gli italiani sono davvero pronti a cogliere questa  sfida? Secondo i dati, non abbastanza. E il problema non riguarda solo le persone anziane, ma anche i giovani e i giovanissimi. Non basta infatti essere un nativo digitale e servirsi  quotidianamente della tecnologia per gestirla in modo consapevole in tutti i suoi aspetti. Infatti  la percentuale giovani italiani tra 16 e 24 anni con competenze digitali almeno di base nel problem solving è di tredici punti inferiore alla media europea (80,3% contro 93,8%). Nel 2019 il nostro era il secondo dato peggiore in Ue dopo la Bulgaria. È per questa ragione che la questione dell’apprendimento e della scuola, risulta fondamentale. Fare propri gli strumenti – soprattutto cognitivi – delle scienze è indispensabile nelle società avanzate, con l’acquisizione di competenze fondamentali nel tempo presente, e a maggior ragione in quello futuro: il 14% del fabbisogno di neo-laureati tra 2021 e 2025 riguarderà i soli ingegneri, secondo le stime di Anpal (31-35mila persone all'anno). Cruciale soprattutto l’acquisizione di competenze nell’ambito delle Stem, acronimo che sta per Science Technology Engineering Mathematics: scienza, tecnologia, ingegneria, matematica.

Discipline scientifiche: perché si ritengono ancora riservate agli addetti ai lavori?

L'acronimo Stem indica le discipline della scienza, tecnologia, ingegneria e matematica

Nel nostro Paese, tradizionalmente, permane, in misura maggiore rispetto alle medie internazionali, una separazione ancora piuttosto netta tra le materie scientifiche e quelle umanistiche, dove le prime sono percepite come un mondo a parte, come argomento riservato agli specialisti o agli addetti ai lavori. Al punto tale che gli studenti italiani bravi in lettura che hanno anche ottimi risultati in matematica e scienze sono appena il 26,7% (in Germania sono il 45,4%). E se a  livello Ue, sono circa 21 ogni 1.000 i giovani laureati in materie come scienze, matematica, informatica, ingegneria, in Italia sono invece  16,4 ogni mille persone tra 20 e 29 anni. Una proporzione distante dalla media, ma soprattutto dal livello dei maggiori Paesi europei. La bassa quota di laureati in discipline Stem ha la sua radice in un livello di apprendimento inferiore in queste materie rispetto alle medie internazionali, a partire dallascuola.

Tra i 15enni, il dato italiano è molto distante dalla media Ocse in scienze (468 Italia, 489 paesi Ocse), mentre è sostanzialmente allineato in matematica. Se però si isolano solo i membri dell'organizzazione europei, la distanza appare più ampia. In questo contesto l'Italia è terzultima nei test di scienze e tra le ultime 7 in matematica. A ciò si aggiunga che in Italia solo il 3% degli studenti sono top performer (la quota di giovani che raggiunge i livelli massimi nei test) in scienze, contro una media Ocse del 7%. Inoltre solo  il 26,7% dei top performers in lettura lo è anche in matematica e scienze. Questo significa che gli studenti più bravi sul versante umanistico, solo in poco più di un caso su 4 possiedono anche elevate competenze in matematica e nelle scienze. Nel confronto internazionale si tratta di un dato molto basso, sensibilmente inferiore alla media Ocse del 36,3%.

Povertà e genere, discriminanti anche nella scuola

A restare indietro sono soprattutto alcune categorie, chi è socialmente ed economicamente più vulnerabile, in primo luogo. Come ci racconta la Fondazione Open polis “i dati sugli apprendimenti Invalsi in matematica mostrano come chi viene da una famiglia svantaggiata abbia risultati molto bassi nel 23% dei casi, contro il 6% dei coetanei più fortunati. Allo stesso modo, gli alunni avvantaggiati usano internet molto più spesso per informarsi oppure ottenere informazioni pratiche. In secondo luogo, oggi – nel nostro Paese molto più che in altri – resta centrale la questione dei divari di genere. Con bambine e ragazze che, fin dall'inizio del percorso di studi, acquisiscono molte meno competenze in ambito scientifico, numerico e tecnologico: solo il 15,4% delle studentesse di seconda superiore raggiungono il livello più alto nei test Invalsi di matematica, a fronte di un  23,6% dei colleghi maschi”.

In Italia, anche per quanto riguarda lo studio di materie scientifiche, resta centrale la questione del divario di genere

Tra gli studenti di seconda superiore provenienti dalle famiglie più avvantaggiate, quasi un terzo (31,7%) raggiunge il livello di competenza più elevato in matematica. Tra quelli svantaggiati, tale quota scende all'11,4%. Al contrario, tra chi viene da una famiglia di condizione più bassa, quasi il 23% si attesta sui livelli di competenza più bassi (contro il 6,4% dei più avvantaggiati). C’è poi un divario di genere abbastanza netto. A fronte di una media Ue di circa 21 laureati Stem ogni 1.000 giovani tra 20 e 29 anni, le laureate sono solo 14,9. Mentre il dato dei maschi è quasi doppio: 27,9. Questo è un  divario presente in misura variabile in tutti gli stati dell’Unione. Nel nostro Paese, il dato medio dei laureati (di entrambi i sessi) è più basso: 16,4 laureati in discipline scientifiche ogni mille giovani residenti. La quota di laureati Stem tra i maschi sale a 19,4, quella delle laureate si attesta al 13,3, con circa 6 punti di distacco.

Nei test di matematica, la maggior parte degli Stati europei vede uno svantaggio femminile. Ma, anche in questo caso, non si tratta affatto di una regola ineluttabile. In tre Paesi dell'Ue (Finlandia, Lituania e Svezia) il punteggio medio delle ragazze – tanto in matematica quanto nelle scienze – supera quello dei coetanei. Al contrario in una minoranza di paesi Ue e membri Ocse le studentesse conseguono risultati inferiori rispetto a quelli degli studenti maschi in entrambe le materie. Tra questi il primato spetta proprio all’Italia (-16 punti in matematica, -3 in scienze). È dunque questo tipo di divari con le medie europee ed Ocse che l'Italia sarà chiamata a ridurre nei prossimi anni, anche attraverso gli investimenti previsti dal piano nazionale di ripresa e resilienza. Pena rimanere fuori dalla corsa che vede protagoniste le Nazioni più sviluppate.

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