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Home » HP Blocco Testo Destra » “Non scatena guerre, non inquina, è democratica: quando la bicicletta fu candidata a ricevere il premio Nobel”

“Non scatena guerre, non inquina, è democratica: quando la bicicletta fu candidata a ricevere il premio Nobel”

Nella giornata mondiale dedicata alle due ruote a pedali, Massimo Cirri, conduttore di Caterpillar di Radiodue ricorda l'iniziativa provocatora ma non solo, per far assegnare il riconoscimento al mezzo di trasporto più "buono" che ci sia. Staffetta ciclistica fino a Oslo. "Ma poi premiarono la pace in Colombia, dove continuiano a scannarsi"

Domenico Guarino
3 Giugno 2021
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“La bici è la cosa più bella che sia capitata nella mia vita negli ultimi anni…Quindi pensa te  come sono messo…” . Massimo Cirri, giornalista radiofonico, ‘anima’ del programma di culto Caterpillar, riassume così, con la consueta ironia, il suo rapporto con le due ruote, nella giornata mondiale consacrata alla bicicletta. Ironia, che però cela anche tanta sostanza.

“La bici la uso regolarmente per andare al lavoro: faccio 12 km al giorno, ed è una cosa bella, che mi fa stare bene” racconta Cirri. “Prima usavo il motorino o i mezzi pubblici, che comunque a Milano funzionano,  ma la bici è tutta un’altra cosa: nel tragitto casa-lavoro attraverso due parchi, una stradina contromano, faccio anche un pezzetto di marciapiede…Ma la cosa importante è che ti regala una sensazione di benessere”.

La candidatura al Nobel 

Caterpillar nel 2016 candidò addirittura  la bicicletta al premio Nobel per la pace. “L’idea mi era venuta – ricorda Cirri –  leggendo qualcosa su un signore umbro o marchigiano, ora non ricordo bene, che aveva proposto una moratoria delle guerre in occasione dei giochi olimpici del 2016. E lì nacque la suggestione del premio Nobel per la pace da attribuire alla bicicletta. In realtà era un’idea che circolava già in rete, noi stilammo anche una specie di manifesto, ma soprattutto la facemmo diventare parte del discorso pubblico. Divenne un tema di dibattito”.

 

Massimo Cirri, Caterpillar Radiodue

La staffetta fino a Oslo

Solo che candidare un oggetto al Nobel è impossibile, e allora fu scelto di chiedere che andasse alla nazionale afghana di ciclismo. Allo stesso tempo non è che chiunque si svegli la mattina e decide di candidare qualcuno o qualcosa al Nobel: serve che la proposta sia fatta o da parlamentari, o da persone che hanno già vinto il premio o da rettori di università. “Si prestò Ermete Realacci che all’epoca era parlamentare del Partito Democratico, e così la proposta prese forma concreta”.
Tra le motivazioni della richiesta,  il fatto che “la bicicletta è il mezzo di locomozione più democratico a disposizione dell’umanità: non causa guerre, non inquina, riduce di molto gli incidenti stradali, elimina le distanze tra i popoli, è uno strumento di crescita per l’infanzia e, in passato, è stata usata dai movimenti di liberazione e resistenza di molti paesi”. Per consegnare la candidatura al Comitato per il Nobel  fu addirittura organizzata  una staffetta simbolica sui pedali fino ad Oslo, capeggiata da Paola Giannotti, donna da Guinness per aver fatto il giro del mondo in bici in solo 144 giorni. La ciclista iniziò il suo viaggio di 2100 chilometri verso Oslo il 16 gennaio, arrivando alla fine del mese nella capitale norvegese.

Come andò poi a finire? “il Nobel  lo diedero alla pace in Colombia. Dove  continuano a scannarsi senza pietà” dice Cirri serafico.

Cirri, che ciclista sei?
“Sono un blando ciclista urbano, uso il bike sharing che funziona benissimo. L’anno scorso mi sono anche comprato una bicicletta elettrica da città, ma la uso poco, e qualche anno fa con un mio amico , anche una mountain bike elettrica per scarrozzare fuori città”Come è cambiata negli ultimi tempi la percezione della bici tra gli italiani secondo te?
“Sicuramente., per quel che vedo a Milano, c’è  uso maggiore della bici. Qui  era già cominciato prima della pandemia. Era stato il sindaco  Pisapia a riprendere in mano il progetto della Moratti sul bike sharing e a farlo crescere molto. Credo che da lì si sia accesa la miccia. Del resto Milano è una città piccola, pianeggiante che si gira benissimo in bici. Certo anche la  pandemia  ha dato un  ulteriore impulso. E  poi il  coraggio di qualche assessore che ha fatto le piste ciclabili, anche litigando con le opposizioni di centrodestra e con i commercianti”

Perché parli di coraggio?

“Perché la politica è indietro. Pensa che solo qualche mese fa qui c’è stato un dibattito surreale perché era stata realizzata una pista in Corso Buenos Aires e le associazioni dei commercianti protestavano in quanto sostenevano che levasse spazio alle auto, che quindi le persone non potevano parcheggiare e non sarebbero più andate nei negozi, senza contare che non ci sarebbe stato spazio nemmeno per i mezzi di soccorso. Una posizione assurda! Tuttavia mi pare che le cose stiano cambiando anche da quelle parti: proprio l’altro giorno ascoltavo un commerciante del centro che sosteneva di essere favorevole ad incentivare l’uso della bici. Del resto se è vero com’è vero che nei negozi non si trovano più biciclette da comprare, qualcosa vorrà pur dire…”.

Cosa consiglieresti ad una persona che è ancora titubante nel lasciare l’auto o il motorino o la metro a vantaggio della bici?

”Di provare una bicicletta elettrica. A me piace molto questa idea che tu fai il il 30% dello sforzo mentre il  rimanente 70% lo fa il mezzo.  Arrivi a lavoro contento, senza stress, non sudi perché la pedalata assistita ti permette di durare meno fatica. E vivi meglio. Pensa che quando, una volta all’anno, mi tocca perdere i mezzi pubblici vedo queste  facce intristite, incattivite, e io a mia volta divento un classico milanese incattivito…In bicicletta mi sembra decisamente un mondo migliore”.

E agli amministratori cosa consiglieresti?

“Come detto di avere un po’ più di coraggio, di uscire da questa dittatura dell’automobile, di questa lobby dell’auto che oramai ha fatto il suo tempo. La politica è indietro. Io vedo banalmente che quando noi  avevamo  14 anni compravamo il motorino, poi a diciotto la macchina, ora ai giovani  dell’auto gliene frega pochissimo. Non so di cosa gli freghi in effetti, ma sicuramente non dell’auto.  Quindi sì la politica è rimasta un po’ indietro. Eppure i dati sul benessere fisico ed  economico che portano a investire in ciclabili riducendo il traffico automobilistico sono oramai tantissimi. Tra i politici sono pochi ad avere veramente coraggio in questo senso. Uno di questi è Matteo Ricci che ha fatto la bicipolitana a Pesaro. Ecco. Lui ha coraggio.  Ma del resto  è il coordinatore dei sindaci del Pd, quindi di coraggio ne ha da vendere…”.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
“La bici è la cosa più bella che sia capitata nella mia vita negli ultimi anni…Quindi pensa te  come sono messo…” . Massimo Cirri, giornalista radiofonico, ‘anima’ del programma di culto Caterpillar, riassume così, con la consueta ironia, il suo rapporto con le due ruote, nella giornata mondiale consacrata alla bicicletta. Ironia, che però cela anche tanta sostanza. “La bici la uso regolarmente per andare al lavoro: faccio 12 km al giorno, ed è una cosa bella, che mi fa stare bene” racconta Cirri. “Prima usavo il motorino o i mezzi pubblici, che comunque a Milano funzionano,  ma la bici è tutta un'altra cosa: nel tragitto casa-lavoro attraverso due parchi, una stradina contromano, faccio anche un pezzetto di marciapiede…Ma la cosa importante è che ti regala una sensazione di benessere”.

La candidatura al Nobel 

Caterpillar nel 2016 candidò addirittura  la bicicletta al premio Nobel per la pace. “L’idea mi era venuta - ricorda Cirri -  leggendo qualcosa su un signore umbro o marchigiano, ora non ricordo bene, che aveva proposto una moratoria delle guerre in occasione dei giochi olimpici del 2016. E lì nacque la suggestione del premio Nobel per la pace da attribuire alla bicicletta. In realtà era un'idea che circolava già in rete, noi stilammo anche una specie di manifesto, ma soprattutto la facemmo diventare parte del discorso pubblico. Divenne un tema di dibattito”.  
Massimo Cirri, Caterpillar Radiodue

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Solo che candidare un oggetto al Nobel è impossibile, e allora fu scelto di chiedere che andasse alla nazionale afghana di ciclismo. Allo stesso tempo non è che chiunque si svegli la mattina e decide di candidare qualcuno o qualcosa al Nobel: serve che la proposta sia fatta o da parlamentari, o da persone che hanno già vinto il premio o da rettori di università. “Si prestò Ermete Realacci che all’epoca era parlamentare del Partito Democratico, e così la proposta prese forma concreta”. Tra le motivazioni della richiesta,  il fatto che “la bicicletta è il mezzo di locomozione più democratico a disposizione dell'umanità: non causa guerre, non inquina, riduce di molto gli incidenti stradali, elimina le distanze tra i popoli, è uno strumento di crescita per l'infanzia e, in passato, è stata usata dai movimenti di liberazione e resistenza di molti paesi”. Per consegnare la candidatura al Comitato per il Nobel  fu addirittura organizzata  una staffetta simbolica sui pedali fino ad Oslo, capeggiata da Paola Giannotti, donna da Guinness per aver fatto il giro del mondo in bici in solo 144 giorni. La ciclista iniziò il suo viaggio di 2100 chilometri verso Oslo il 16 gennaio, arrivando alla fine del mese nella capitale norvegese. Come andò poi a finire? "il Nobel  lo diedero alla pace in Colombia. Dove  continuano a scannarsi senza pietà" dice Cirri serafico. Cirri, che ciclista sei? “Sono un blando ciclista urbano, uso il bike sharing che funziona benissimo. L'anno scorso mi sono anche comprato una bicicletta elettrica da città, ma la uso poco, e qualche anno fa con un mio amico , anche una mountain bike elettrica per scarrozzare fuori città”Come è cambiata negli ultimi tempi la percezione della bici tra gli italiani secondo te? “Sicuramente., per quel che vedo a Milano, c’è  uso maggiore della bici. Qui  era già cominciato prima della pandemia. Era stato il sindaco  Pisapia a riprendere in mano il progetto della Moratti sul bike sharing e a farlo crescere molto. Credo che da lì si sia accesa la miccia. Del resto Milano è una città piccola, pianeggiante che si gira benissimo in bici. Certo anche la  pandemia  ha dato un  ulteriore impulso. E  poi il  coraggio di qualche assessore che ha fatto le piste ciclabili, anche litigando con le opposizioni di centrodestra e con i commercianti” Perché parli di coraggio? “Perché la politica è indietro. Pensa che solo qualche mese fa qui c’è stato un dibattito surreale perché era stata realizzata una pista in Corso Buenos Aires e le associazioni dei commercianti protestavano in quanto sostenevano che levasse spazio alle auto, che quindi le persone non potevano parcheggiare e non sarebbero più andate nei negozi, senza contare che non ci sarebbe stato spazio nemmeno per i mezzi di soccorso. Una posizione assurda! Tuttavia mi pare che le cose stiano cambiando anche da quelle parti: proprio l'altro giorno ascoltavo un commerciante del centro che sosteneva di essere favorevole ad incentivare l'uso della bici. Del resto se è vero com'è vero che nei negozi non si trovano più biciclette da comprare, qualcosa vorrà pur dire…”. Cosa consiglieresti ad una persona che è ancora titubante nel lasciare l’auto o il motorino o la metro a vantaggio della bici? ”Di provare una bicicletta elettrica. A me piace molto questa idea che tu fai il il 30% dello sforzo mentre il  rimanente 70% lo fa il mezzo.  Arrivi a lavoro contento, senza stress, non sudi perché la pedalata assistita ti permette di durare meno fatica. E vivi meglio. Pensa che quando, una volta all'anno, mi tocca perdere i mezzi pubblici vedo queste  facce intristite, incattivite, e io a mia volta divento un classico milanese incattivito…In bicicletta mi sembra decisamente un mondo migliore”. E agli amministratori cosa consiglieresti? “Come detto di avere un po’ più di coraggio, di uscire da questa dittatura dell’automobile, di questa lobby dell'auto che oramai ha fatto il suo tempo. La politica è indietro. Io vedo banalmente che quando noi  avevamo  14 anni compravamo il motorino, poi a diciotto la macchina, ora ai giovani  dell'auto gliene frega pochissimo. Non so di cosa gli freghi in effetti, ma sicuramente non dell’auto.  Quindi sì la politica è rimasta un po’ indietro. Eppure i dati sul benessere fisico ed  economico che portano a investire in ciclabili riducendo il traffico automobilistico sono oramai tantissimi. Tra i politici sono pochi ad avere veramente coraggio in questo senso. Uno di questi è Matteo Ricci che ha fatto la bicipolitana a Pesaro. Ecco. Lui ha coraggio.  Ma del resto  è il coordinatore dei sindaci del Pd, quindi di coraggio ne ha da vendere…”.
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