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La cultura dello stupro, il consenso e l'incomunicabilità: recensione della serie Netflix "Anatomia di uno scandalo"

di SOFIA FRANCIONI -
25 aprile 2022
AnatomiaScandalo

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Anatomia di uno scandalo viviseziona la violenza sessuale. Anzi, vi fa luce. Come in una complessa autopsia, con chirurgica chiarezza la recentissima mini-serie Netflix, che vi presentiamo, mostra il punto di vista dello stupratore e della sua vittima (presunti tali). Le prospettive dell'Uomo e della Donna che mai come sul consenso in materia sessuale appaiono due rette destinate a non incontrarsi mai: due mondi in-comunicabili. Il caso presentato dalla mini-serie di soli sei episodi è tratto dall'omonimo libro della scrittrice Sarah Vaughan. James Whitehouse (Rupert Friend), ministro inglese dell'Immigrazione, sposato con Sophie (Sienna Miller), padre di due bambini piccoli, viene accusato da Olivia Lytton (Naomi Scott) di stupro. La scena del delitto è l'ascensore nel cuore del Parlamento britannico, dove un rapporto sessuale tra i due - il 12 ottobre - viene consumato con assoluta certezza. A essere messa in dubbio, però, è la natura di quell'atto: si è trattato di uno stupro, come sostiene l'accusa o di un atto di passione come ribatte la difesa? Il rapporto è stato consensuale o no? Olivia nel dire in ascensore "Non qui" a Whitehouse per impedire il rapporto sessuale dice: "No, non adesso" o "Sì, ma non qui"? La risposta è nelle mani della giuria popolare, di fronte a cui si svolgerà il lungo dibattimento, disseminato di prove tanto intangibili quanto profondamente culturali. Come in questo caso, le radici della cultura dello stupro sono rintracciabili nella cultura di genere. Nei reati sessuali entrano infatti in gioco concetti come l'oggettivazione della donna, vista come oggetto dall'uomo ma che - per la sua passività - corre il rischio di dimostrarsi anche tale.

Sophie Whitehouse (Sienna Miller) e James Whitehouse (Rupert Friend) sposati da 12 anni e con due figli

Perché se Olivia non voleva un rapporto sessuale con James Whitehouse non glielo ha urlato? A sua difesa, la giovane ricercatrice riferisce di aver provato ad allontanarlo in ascensore e di avergli detto: "Non qui", ma "perché non gli ha detto chiaramente di no, se era quello che voleva? le domanda la difesa. Risponde lei durante la sua audizione al processo: "Ero contenta che mi volesse ancora. Tutto è cambiato quando in pochi secondi ha iniziato a usare la forza. Ha fatto cose che non aveva mai fatto: strapparmi i vestiti, mordermi. Ero spaventata, ma lui non ascoltava, era come posseduto. Mentre io ero terrorizzata ed era come se non fossi più lì. Non c’è solo l’aspetto fisico dell’aggressione, ma anche quello psicologico". Altro fattore in campo? La cultura del "Boys will be boys", storica indulgenza che concede ai ragazzi il lusso di comportarsi da ragazzi.   C'è un momento, poi, in cui la serie sfida lo spettatore: imputato e vittima (presunti tali) non ci sembrano mai colpevoli fino in fondo, perché entrambi sembrano semplicemente vittima della cultura da cui provengono: Olivia di quella che non le consente una piena agentività. James di quella che gli fa credere che la sua agentività non abbia limiti.

La pm Kate Woodcroft (Michelle Dockery) incaricata di portare avanti l'accusa per stupro contro il ministro Whitehouse

A complicare il caso, interviene un particolare: imputato e vittima fino a due settimane prima del presunto stupro hanno intrattenuto una relazione extra-coniugale durata cinque mesi e interrotta improvvisamente da Whitehouse. Un tradimento di cui il ministro deve rendere conto alla stampa, ai suoi elettori, ma soprattutto a sua moglie, Sophie Whitehouse: una maschera che nel corso delle sei puntate si sgretola. Una donna che - al prezzo di tutto - inverte la rotta. La compiaciuta "first lady" del ministro inglese si dimostra indulgente quando il marito le comunica del tradimento, ritenuto da lei stessa "uno stupido errore in 12 anni di matrimonio". Credere incondizionatamente in suo marito James, "l'uomo tramite cui mi sono sempre definita", è in fin dei conti il suo credo dai tempi del college a Oxford. Ma i dubbi puntata dopo puntata la assalgono e lei finisce per ascoltarli. Ma soprattutto per dare ascolto alla donna che è diventata. Provata dalle piccoli omissioni di suo marito e dal dibattimento nel processo, ci sorprenderà vedere la fantastica Sienna Miller difendere l'ex amante e accusatrice di suo marito di fronte a sua suocera: "Quella ragazza (Olivia ndr) appartiene a un’altra generazione. Quando studiavo io era diverso: il consenso era un concetto sfocato. Gli uomini peccavano di esuberanza egoistica, noi di mancanza di comunicazione. Questo forse ci rende complici? Spesso penso che era solo più facile acconsentire".  In Italia il reato di stupro è un fenomeno difficile da fotografare. Il numero dei casi registrati (3 all'anno nel 2018) è molto basso rispetto a paesi come gli Usa o la Svezia. Da noi, infatti, le donne vengono stuprate senza conseguenze per gli stupratori. Come risulta dall'ultima indagine Istat in materia nel 2018, solo l’8% delle donne italiane vittime di stupro ha esposto denuncia. A livello globale, secondo il rapporto del World Population Review, nel 2021 lo stupro è emerso come un problema per la difficoltà delle donne a denunciare, per paura, imbarazzo, vergogna, rappresaglie da parte dello stupratore, o paura di come reagirà la sua famiglia. La serie Anatomia di uno scandalo (se ne avranno voglia) porterà gli spettatori e le spettatrici a interrogarsi sul consenso in materia sessuale: quando è sì, quando è un no. Come ascoltare e come farsi capire. Come dice la pm Kate Woodcroft (Michelle Dockery): "Il consenso non è più complicato di così".