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Home » HP Blocco Testo Destra » “Resq People, come un sogno si trasforma in un porto sicuro con la prima nave di salvataggio della società civile”

“Resq People, come un sogno si trasforma in un porto sicuro con la prima nave di salvataggio della società civile”

“Il senso di impotenza può essere vinto: chiunque può fare la propria parte, di persona o donando un salvagente” dice Michela Sfondrini, attivista di Resq. Come cambiare il mondo partendo da una libreria di Lodi: “Serve tanta manovalanza”. Dal volontariato nelle carceri all'esempio di cittadinanza attiva di 'Riparkiamolo', fino alla ribalta nazionale con la vittoria nel 'caso mense'

Laura De Benedetti
19 Agosto 2021
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Missione compiuta. I 166 migranti strappati alla balia del mare dalla nave Resq People nella sua prima attività, hanno ottenuto l’autorizzazione di uno sbarco sicuro, nel porto di Augusta. La notizia è arrivata martedì sera 17 agosto 2021: Michela Sfondrini, attivista di Resq, era con me in piazza a Lodi per l’intervista, ma il cuore era là, su quella nave che lei ha contribuito a varare ma sulla quale non è mai salita e dove, dice, metterà piede solo quando, a missione finita, sarà all’ancora, e lei vestirà i panni del mozzo per occuparsi delle pulizie: “Ognuno deve fare la propria parte, secondo le competenze. L’equipaggio, immunizzato, è composto da 9 marittimi, tutti stipendiati, 9 operatori umanitari volontari (è retribuito solo il capo missione), 2 operatori della comunicazione – spiega Sfondrini, che è una libraia – . Poi ci sono le persone salvate dai barchini in mezzo al Mediterraneo. In acque Sar (Search and rescue) maltesi, il 12 agosto, abbiamo assistito a respingimenti illeciti di 3 piccole imbarcazioni di migranti verso la costa da parte dei libici. Il 13 agosto abbiamo issato a bordo le prime 85 persone. Il 15, a ferragosto, altre 81, da 3 diversi natanti. Due giorni dopo la nave di Medici senza frontiere ne ha raccolti altri. E mi chiedo, che ne è degli altri migranti, in questi giorni, su quelle barchette, se non c’è nessuno che li recupera?”. La domanda cade ne vuoto.

Ma oggi è il momento di festeggiare, non senza magone, per aver realizzato un sogno, per aver realizzato un’impresa che appariva utopica, per aver messo in mare la prima nave di soccorso voluta dalla società civile, finanziata attraverso raccolte fondi.

 

Come è nato Resq People

“In tanti vorrebbero fare qualcosa di concreto, ma non sanno come. C’è chi ha sognato: mettiamo in mare una nave. È bastato verbalizzare l’idea per renderla reale” afferma Michela Sfondrini, 50 anni, di Lodi. L’ong Resq è nata nel dicembre 2019, poco prima dell’esplosione della pandemia: il presidente è Luciano Scalettari, quello onorario è Gherardo Colombo. È stata acquistata la ex Alan Kurdi, oggi Resq People, salpata dal porto spagnolo di Burriana il 6 agosto.

“La prima persona che mi ha parlato di quella che sembrava un’idea folle è stato Alberto Guarisio, l’avvocato di Asgi (associazione studi giuridici immigrazione) che ha vinto con noi la causa contro il Comune di Lodi per il ‘caso’ mense – racconta Michela Sfondrini -.

In breve il ‘Coordinamento Uguali Doveri’, battutosi affinché il Comune ritirasse il regolamento discriminatorio che imponeva agli stranieri non comunitari di presentare documenti inesistenti della madrepatria per l’accesso ai servizi scolastici, fa parte della rete del ‘Lodigiano contro le discriminazioni’ che ha aderito e raccolto fondi a favore di ResQ.”.

“Chi vuole può diventare socio a 50 euro. Altre associazioni versano quote, i singoli, invece, attraverso il sito, possono donare un salvagente, una borraccia, una maglietta, coperte, kit sanitari. In tempi di sconforto come quelli che stiamo vivendo, serve dare alle persone la sensazione di essere su quella nave con qualcosa di sé. Molte volte le persone sono impegnate con lavoro e famiglia ma è importante nel medio periodo pensare che ci sia tempo di fare cose belle, gioiose e anche utili, dentro e fuori le istituzioni. Basta buttare il cuore oltre l’ostacolo e incominciare, ognuno facendo la propria parte, anche a piccoli passi. Gherardo Colombo dice che se ogni italiano donasse un euro si potrebbe mettere insieme una flotta”.

Quando è scattato il clic?

Michela, come tante giovani, ha iniziato a 18 anni a promuovere i banchetti per Amnesty international, per una decina d’anni. “Non ho mai sognato di fare qualcosa in particolare – spiega – non ho finito l’università e ho iniziato a lavorare in banca”.
Nel 2001 Sfondrini è al G8 di Genova, poi inizia a fare volontariato in carcere, 3 volte a settimana, per 10 anni, quindi all’asilo notturno e al doposcuola popolare; approda anche in consiglio comunale: “Mi è sempre piaciuto fare qualcosa che mi sembrava utile. Poi ci siamo trovati coinvolti nel ‘caso mense’: in 12 settimane abbiamo lavorato insieme senza sosta, persone con competenze diverse, con un’energia straordinaria, tra ricorso in Tribunale e ‘cacerolada’ con le pentole in piazza”.

Il caso è finito alla ribalta nazionale, Sfondrini è stata invitata in alcuni talk show in tv; i soldi, donati da gente da tutta Italia per pagare la mensa agli stranieri, ora sono stati impiegati in progetti di inclusione. Un esempio di impegno civile e collettivo, perché da soli non si riesce a fare niente, è stato anche ‘Riparkiamolo’ che ha trasformato, grazie all’impegno di singoli e associazioni, l’ex parco della droga di via Fascetti, oggi Margherita Hack, in luogo di ricreazione e incontro nei mesi di primavera. “Questo unire le forze è un modo di vedere la vita. Per me non c’è rivalità tra una libreria e una biblioteca, l’importante è remare nella stessa direzione per diffondere la cultura. Lasciare il lavoro in banca, 23 anni fa, per iniziare l’avventura della libreria per me è stato come aprire una finestra sul mondo: in una realtà piccola e un po’ paludosa come Lodi ho avuto l’opportunità di incontrare tante persone, autori. Insieme alla mia collega Alda, sono una libraia indipendente e sopravvivente, non ho mai pensato di lasciare Lodi ma non escludo in futuro di prendermi dei momenti per fare altro”. Il richiamo del mare, di Resq, è molto forte.

“Basta lamentarsi: rimbocchiamoci le maniche”

“Col tempo – aggiunge Sfondrini, che ci tiene a non essere considerata una buonista ma solo una che si rimbocca le maniche – sono diventata allergica all’eccesso di verbalizzazione lamentosa. In quel che si fa c’è sempre bisogno di tanta manovalanza”.

Oltre alla responsabilità individuale e civile, Sfondrini rimanda però anche a quella istituzionale: “L’augurio è che non ci sia più bisogno, un giorno, di volontari nelle carceri, così come di navi ‘civiche’ nel Mediterraneo, e che i vuoti esistenti vengano colmati da altri livelli”.
Oggi si apre anche lo spettro dei profughi dell’Afghanistan: “Ci saranno conseguenze sul medio lungo periodo sia per chi resta sia per chi va -. Bisogna pensare ai corridoi umanitari, all’accoglienza. Una cosa è certa: chi ha agito in questi 20 anni ha sbagliato“.

In tour al ‘The Lost 20’ per i paesi più poveri della terra

Intanto Michela ha partecipato dal 19 al 22 luglio 2021 al ‘tour di terra’ che ha preceduto il varo della nave per conoscere di persona, dopo mesi di incontri virtuali, le municipalità e le associazioni impegnate a sostegno di Resq: è stata a Palmi, a Salerno, al Festival del Cinema dei diritti umani a Napoli, al ‘Lost 20’, il focus sui paesi più poveri che si svolgeva in contemporanea al G20 a Reggio Calabria. “La nave ha bisogno di risorse continue, servono 32 mila euro solo per il carburante di una missione di 2-3 settimane, quindi tutto ciò che è necessario ad equipaggio e migranti strappati al mare, a quelle prime 186 persone, provenienti dall’Africa, tra cui 23 donne e 5 minori con meno di 7 anni e un bambino di 9 mesi. Sono sempre stata partecipe a varie iniziative solidali – conclude Sfondrini – ma oggi con Resq, pur a distanza, mi sento come se fossi a bordo di quella nave”.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Missione compiuta. I 166 migranti strappati alla balia del mare dalla nave Resq People nella sua prima attività, hanno ottenuto l'autorizzazione di uno sbarco sicuro, nel porto di Augusta. La notizia è arrivata martedì sera 17 agosto 2021: Michela Sfondrini, attivista di Resq, era con me in piazza a Lodi per l'intervista, ma il cuore era là, su quella nave che lei ha contribuito a varare ma sulla quale non è mai salita e dove, dice, metterà piede solo quando, a missione finita, sarà all'ancora, e lei vestirà i panni del mozzo per occuparsi delle pulizie: "Ognuno deve fare la propria parte, secondo le competenze. L'equipaggio, immunizzato, è composto da 9 marittimi, tutti stipendiati, 9 operatori umanitari volontari (è retribuito solo il capo missione), 2 operatori della comunicazione - spiega Sfondrini, che è una libraia - . Poi ci sono le persone salvate dai barchini in mezzo al Mediterraneo. In acque Sar (Search and rescue) maltesi, il 12 agosto, abbiamo assistito a respingimenti illeciti di 3 piccole imbarcazioni di migranti verso la costa da parte dei libici. Il 13 agosto abbiamo issato a bordo le prime 85 persone. Il 15, a ferragosto, altre 81, da 3 diversi natanti. Due giorni dopo la nave di Medici senza frontiere ne ha raccolti altri. E mi chiedo, che ne è degli altri migranti, in questi giorni, su quelle barchette, se non c'è nessuno che li recupera?". La domanda cade ne vuoto. Ma oggi è il momento di festeggiare, non senza magone, per aver realizzato un sogno, per aver realizzato un'impresa che appariva utopica, per aver messo in mare la prima nave di soccorso voluta dalla società civile, finanziata attraverso raccolte fondi.  

Come è nato Resq People

"In tanti vorrebbero fare qualcosa di concreto, ma non sanno come. C'è chi ha sognato: mettiamo in mare una nave. È bastato verbalizzare l'idea per renderla reale" afferma Michela Sfondrini, 50 anni, di Lodi. L'ong Resq è nata nel dicembre 2019, poco prima dell'esplosione della pandemia: il presidente è Luciano Scalettari, quello onorario è Gherardo Colombo. È stata acquistata la ex Alan Kurdi, oggi Resq People, salpata dal porto spagnolo di Burriana il 6 agosto. "La prima persona che mi ha parlato di quella che sembrava un'idea folle è stato Alberto Guarisio, l'avvocato di Asgi (associazione studi giuridici immigrazione) che ha vinto con noi la causa contro il Comune di Lodi per il 'caso' mense – racconta Michela Sfondrini -.
In breve il ‘Coordinamento Uguali Doveri’, battutosi affinché il Comune ritirasse il regolamento discriminatorio che imponeva agli stranieri non comunitari di presentare documenti inesistenti della madrepatria per l'accesso ai servizi scolastici, fa parte della rete del 'Lodigiano contro le discriminazioni' che ha aderito e raccolto fondi a favore di ResQ.".
"Chi vuole può diventare socio a 50 euro. Altre associazioni versano quote, i singoli, invece, attraverso il sito, possono donare un salvagente, una borraccia, una maglietta, coperte, kit sanitari. In tempi di sconforto come quelli che stiamo vivendo, serve dare alle persone la sensazione di essere su quella nave con qualcosa di sé. Molte volte le persone sono impegnate con lavoro e famiglia ma è importante nel medio periodo pensare che ci sia tempo di fare cose belle, gioiose e anche utili, dentro e fuori le istituzioni. Basta buttare il cuore oltre l'ostacolo e incominciare, ognuno facendo la propria parte, anche a piccoli passi. Gherardo Colombo dice che se ogni italiano donasse un euro si potrebbe mettere insieme una flotta”.

Quando è scattato il clic?

Michela, come tante giovani, ha iniziato a 18 anni a promuovere i banchetti per Amnesty international, per una decina d'anni. "Non ho mai sognato di fare qualcosa in particolare – spiega – non ho finito l'università e ho iniziato a lavorare in banca". Nel 2001 Sfondrini è al G8 di Genova, poi inizia a fare volontariato in carcere, 3 volte a settimana, per 10 anni, quindi all'asilo notturno e al doposcuola popolare; approda anche in consiglio comunale: "Mi è sempre piaciuto fare qualcosa che mi sembrava utile. Poi ci siamo trovati coinvolti nel 'caso mense': in 12 settimane abbiamo lavorato insieme senza sosta, persone con competenze diverse, con un'energia straordinaria, tra ricorso in Tribunale e 'cacerolada' con le pentole in piazza". Il caso è finito alla ribalta nazionale, Sfondrini è stata invitata in alcuni talk show in tv; i soldi, donati da gente da tutta Italia per pagare la mensa agli stranieri, ora sono stati impiegati in progetti di inclusione. Un esempio di impegno civile e collettivo, perché da soli non si riesce a fare niente, è stato anche 'Riparkiamolo' che ha trasformato, grazie all'impegno di singoli e associazioni, l'ex parco della droga di via Fascetti, oggi Margherita Hack, in luogo di ricreazione e incontro nei mesi di primavera. "Questo unire le forze è un modo di vedere la vita. Per me non c'è rivalità tra una libreria e una biblioteca, l'importante è remare nella stessa direzione per diffondere la cultura. Lasciare il lavoro in banca, 23 anni fa, per iniziare l'avventura della libreria per me è stato come aprire una finestra sul mondo: in una realtà piccola e un po' paludosa come Lodi ho avuto l'opportunità di incontrare tante persone, autori. Insieme alla mia collega Alda, sono una libraia indipendente e sopravvivente, non ho mai pensato di lasciare Lodi ma non escludo in futuro di prendermi dei momenti per fare altro". Il richiamo del mare, di Resq, è molto forte.

"Basta lamentarsi: rimbocchiamoci le maniche"

"Col tempo – aggiunge Sfondrini, che ci tiene a non essere considerata una buonista ma solo una che si rimbocca le maniche – sono diventata allergica all'eccesso di verbalizzazione lamentosa. In quel che si fa c'è sempre bisogno di tanta manovalanza". Oltre alla responsabilità individuale e civile, Sfondrini rimanda però anche a quella istituzionale: "L'augurio è che non ci sia più bisogno, un giorno, di volontari nelle carceri, così come di navi 'civiche' nel Mediterraneo, e che i vuoti esistenti vengano colmati da altri livelli". Oggi si apre anche lo spettro dei profughi dell'Afghanistan: "Ci saranno conseguenze sul medio lungo periodo sia per chi resta sia per chi va -. Bisogna pensare ai corridoi umanitari, all'accoglienza. Una cosa è certa: chi ha agito in questi 20 anni ha sbagliato".

In tour al 'The Lost 20' per i paesi più poveri della terra

Intanto Michela ha partecipato dal 19 al 22 luglio 2021 al 'tour di terra' che ha preceduto il varo della nave per conoscere di persona, dopo mesi di incontri virtuali, le municipalità e le associazioni impegnate a sostegno di Resq: è stata a Palmi, a Salerno, al Festival del Cinema dei diritti umani a Napoli, al 'Lost 20', il focus sui paesi più poveri che si svolgeva in contemporanea al G20 a Reggio Calabria. "La nave ha bisogno di risorse continue, servono 32 mila euro solo per il carburante di una missione di 2-3 settimane, quindi tutto ciò che è necessario ad equipaggio e migranti strappati al mare, a quelle prime 186 persone, provenienti dall'Africa, tra cui 23 donne e 5 minori con meno di 7 anni e un bambino di 9 mesi. Sono sempre stata partecipe a varie iniziative solidali – conclude Sfondrini - ma oggi con Resq, pur a distanza, mi sento come se fossi a bordo di quella nave".
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