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Home » Attualità » Scuola, viaggio nell’Italia che combatte contro povertà digitale e studenti in fuga. Save the Children lancia “Riscriviamo il futuro”

Scuola, viaggio nell’Italia che combatte contro povertà digitale e studenti in fuga. Save the Children lancia “Riscriviamo il futuro”

Il nostro Paese ha un tasso di abbandono scolastico tra i più elevati d'Europa, in media del 14% con punte sopra il 20% al sud. Con la pandemia si è aggiunta la mancanza di un'educazione digitale dei ragazzi. "La Dad ha accentuato situazioni già a rischio"

Rita Bartolomei
9 Giugno 2021
Nel 2020, in Italia, la quota di minori in povertà assoluta è arrivata a superare il 13%. I secondi più colpiti sono i giovani adulti: nella fascia tra 18 e 34 anni

Nel 2020, in Italia, la quota di minori in povertà assoluta è arrivata a superare il 13%. I secondi più colpiti sono i giovani adulti: nella fascia tra 18 e 34 anni

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Sono andati a cercarli nelle periferie del sapere, per non lasciarli indietro e portarli nel futuro. Hanno fatto domande a quasi ottocento 13enni in tutta Italia. E dalle loro risposte spiazzanti hanno dato un volto a un fenomeno nuovo: si chiama povertà educativa digitale.
I ricercatori di Save the Children, in collaborazione con il Cremit – Centro di ricerca sull’educazione ai media, all’innovazione e alla tecnologia della Cattolica di Milano – gelano qualche entusiasmo e confermano i timori. Perché proprio i ragazzini, nativi digitali che si muovono con fin troppa disinvoltura in rete, si sono confessati vulnerabili e a digiuno dei fondamentali. Il 29,3% di chi ha risposto al questionario non sa scaricare un file da una piattaforma della scuola; 1 su 10 non ha idea di come condividere lo schermo durante una videochiamata; 1 su 3 non ha a disposizione un tablet a casa, 1 su 7 è senza computer. Numeri che danno ancora più spinta alla campagna “Riscriviamo il futuro”, con al centro un manifesto firmato assieme ai giovanissimi. Diventati ancora più invisibili, nella pandemia. Mentre nessuno ha ancora indagato sull’educazione digitale dei professori, l’Italia si conferma agli ultimi posti nelle ricerche europee per le competenze informatiche dei ragazzi e delle ragazze.

Antonella Inverno, responsabile delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza di Save the Children, riassume lo studio pilota. I giovanissimi “usano i social per intrattenimento ma non conoscono le regole basilari per starci, qualcuno ci ha detto che l’età minima per entrare è dieci anni. Tanti di quelli che hanno risposto al nostro questionario non sanno riconoscere una fake news e nemmeno come comportarsi di fronte alla propria immagine o a quella di altri postate sui social. Sono indicazioni che dovrebbero preoccuparci, anche per la vulnerabilità e la possibile manipolazione”. Ecco il dato. Questi ragazzini non sanno difendersi. Sullo sfondo, i numeri choc della dispersione scolastica, “la percentuale degli ‘Early School Leavers‘, ovvero i giovani che sono arrivati alla maggiore età senza aver conseguito il diploma superiore e avendo lasciato prematuramente ogni percorso di formazione – chiarisce Save the Children – oscilla da almeno 5 anni attorno al 14%, con punte del 19% e del 22,4% per alcune regioni del Sud e delle isole (tra i più elevati tassi di dispersione in Europa)”.

La community di ScuolaZoo

Eliana D’Alvia, 19 anni ad agosto, è una dei 425 rappresentanti degli studenti di ScuolaZoo, la community web di ragazzi più grande d’Italia, con oltre 4 milioni di follower su Instagram, altri due su Facebook, presente anche su Tik Tok e YouTube.
Maturanda all’Istituto tecnico, economico e tecnologico Aldo Capitini di Perugia, non ha dubbi. “Ho avuto modo di confrontarmi con molti miei coetanei. Secondo me la dispersione scolastica dipende soprattutto dall’ambiente nel quale si cresce. Chi ha avuto la fortuna, durante la Dad, di vivere in un contesto sereno, che gli permetteva di seguire le lezioni senza distrarsi, ce l’ha fatta. Ma se invece c’era già un disagio sicuramente si sono accentuate le vulnerabilità. Durante la didattica a distanza, i professori sono entrati anche nella nostra vita più privata. Sì, ci guardavamo attraverso uno schermo. Ma alla fine ci guardavamo nelle case. La relazione è diventata più intima. A volte anche un po’ invadente”. Simona Carlà, 55 anni, vicepreside del Capitini – mille studenti e il 15% di stranieri – racconta di un impegno quotidiano per non perdere il filo. “Abbiamo lavorato molto per monitorare le situazioni di fragilità dei ragazzi ed evitare che smettessero di venire a scuola. Quest’anno tanti studenti cinesi non si sono presentati per paura della pandemia. I genitori avevano paura, anche perché hanno attività commerciali. Così i figli hanno frequentato sempre a distanza. Ma siamo riusciti a non interrompere mai i contatti”. Storie complesse, con “mamma e papà che non parlano l’italiano, anche se sono qui da tanti anni. Abbiamo coordinatori di classe che monitorano le situazioni, scrivono alle famiglie per sapere cosa sta succedendo. Siamo un martello pneumatico, finché non riusciamo a parlare con le persone non molliamo. Da noi la percentuale di dispersione scolastica è veramente molto bassa, riguarda 10-15 studenti su mille”.

I ragazzi perduti

Studente a casa segue le lezioni di scuola con la DAD. Ansa/Matteo Corner

Guido Campanini, preside del tecnico Bodoni a Parma, con la pandemia ha ‘perso’ “20-25 ragazzi su settecento, sono spariti, e non si sono mai collegati in Dad. Prima magari venivano a scuola, poi facevano assenze, non consegnavano i compiti. Alcuni nel frattempo hanno compiuto 18 anni. Il Covid ha semplicemente ingrandito fenomeni esistenti. Abbiamo studenti in terza che dalla prima non comprano i libri. In generale alle superiori, soprattutto nei tecnici e nei professionali, molto meno nei licei, situazioni che erano già borderline, a rischio, sono precipitate. A questi 25 vanno aggiunti quelli che hanno frequentato a soffietto, due giorni sì e 4 no”. Campanini, che è anche preside del classico Romagnosi e può fare il confronto, ha una sua idea. “Il sistema formativo italiano privilegia il valore teorico della scuola. Mentre altri, il caso clamoroso è la Germania, danno altrettanta importanza all’istruzione tecnica e professionale. Cosa c’entra con l’abbandono scolastico? Moltissimo. Lo studente fragile di 15 anni che deve leggersi Petrarca a scuola non ci viene. Se invece gli insegniamo ad aggiustare il motorino o a costruire bottiglie di plastica, quindi apprende un mestiere…”. Conclusione: “Chi
insegna oggi nei professionali è un eroe dell’educazione. Spesso i ragazzi non hanno il papà o la mamma. E di pomeriggio magari sono impegnati nelle faccende domestiche. Ho in mente una studentessa straniera che tutti i giorni lavava, stirava, accudiva i fratellini. Come faceva a studiare, a fare gli esercizi di matematica o ‘’inglese? Era troppo stanca, quando arrivava alla sera. La didattica a distanza e la pandemia hanno accentuato quel che già c’era. Non è tanto una questione di mezzi. Ma le situazioni deboli sono peggiorate. Questa sarà una . Speriamo di riprendere regolarmente, a settembre”.

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Instagram

  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
Sono andati a cercarli nelle periferie del sapere, per non lasciarli indietro e portarli nel futuro. Hanno fatto domande a quasi ottocento 13enni in tutta Italia. E dalle loro risposte spiazzanti hanno dato un volto a un fenomeno nuovo: si chiama povertà educativa digitale. I ricercatori di Save the Children, in collaborazione con il Cremit - Centro di ricerca sull’educazione ai media, all’innovazione e alla tecnologia della Cattolica di Milano - gelano qualche entusiasmo e confermano i timori. Perché proprio i ragazzini, nativi digitali che si muovono con fin troppa disinvoltura in rete, si sono confessati vulnerabili e a digiuno dei fondamentali. Il 29,3% di chi ha risposto al questionario non sa scaricare un file da una piattaforma della scuola; 1 su 10 non ha idea di come condividere lo schermo durante una videochiamata; 1 su 3 non ha a disposizione un tablet a casa, 1 su 7 è senza computer. Numeri che danno ancora più spinta alla campagna "Riscriviamo il futuro", con al centro un manifesto firmato assieme ai giovanissimi. Diventati ancora più invisibili, nella pandemia. Mentre nessuno ha ancora indagato sull’educazione digitale dei professori, l’Italia si conferma agli ultimi posti nelle ricerche europee per le competenze informatiche dei ragazzi e delle ragazze. Antonella Inverno, responsabile delle politiche per l'infanzia e l'adolescenza di Save the Children, riassume lo studio pilota. I giovanissimi "usano i social per intrattenimento ma non conoscono le regole basilari per starci, qualcuno ci ha detto che l’età minima per entrare è dieci anni. Tanti di quelli che hanno risposto al nostro questionario non sanno riconoscere una fake news e nemmeno come comportarsi di fronte alla propria immagine o a quella di altri postate sui social. Sono indicazioni che dovrebbero preoccuparci, anche per la vulnerabilità e la possibile manipolazione". Ecco il dato. Questi ragazzini non sanno difendersi. Sullo sfondo, i numeri choc della dispersione scolastica, "la percentuale degli 'Early School Leavers', ovvero i giovani che sono arrivati alla maggiore età senza aver conseguito il diploma superiore e avendo lasciato prematuramente ogni percorso di formazione - chiarisce Save the Children - oscilla da almeno 5 anni attorno al 14%, con punte del 19% e del 22,4% per alcune regioni del Sud e delle isole (tra i più elevati tassi di dispersione in Europa)".

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Eliana D'Alvia, 19 anni ad agosto, è una dei 425 rappresentanti degli studenti di ScuolaZoo, la community web di ragazzi più grande d’Italia, con oltre 4 milioni di follower su Instagram, altri due su Facebook, presente anche su Tik Tok e YouTube. Maturanda all’Istituto tecnico, economico e tecnologico Aldo Capitini di Perugia, non ha dubbi. "Ho avuto modo di confrontarmi con molti miei coetanei. Secondo me la dispersione scolastica dipende soprattutto dall'ambiente nel quale si cresce. Chi ha avuto la fortuna, durante la Dad, di vivere in un contesto sereno, che gli permetteva di seguire le lezioni senza distrarsi, ce l'ha fatta. Ma se invece c'era già un disagio sicuramente si sono accentuate le vulnerabilità. Durante la didattica a distanza, i professori sono entrati anche nella nostra vita più privata. Sì, ci guardavamo attraverso uno schermo. Ma alla fine ci guardavamo nelle case. La relazione è diventata più intima. A volte anche un po' invadente". Simona Carlà, 55 anni, vicepreside del Capitini - mille studenti e il 15% di stranieri - racconta di un impegno quotidiano per non perdere il filo. "Abbiamo lavorato molto per monitorare le situazioni di fragilità dei ragazzi ed evitare che smettessero di venire a scuola. Quest'anno tanti studenti cinesi non si sono presentati per paura della pandemia. I genitori avevano paura, anche perché hanno attività commerciali. Così i figli hanno frequentato sempre a distanza. Ma siamo riusciti a non interrompere mai i contatti". Storie complesse, con "mamma e papà che non parlano l'italiano, anche se sono qui da tanti anni. Abbiamo coordinatori di classe che monitorano le situazioni, scrivono alle famiglie per sapere cosa sta succedendo. Siamo un martello pneumatico, finché non riusciamo a parlare con le persone non molliamo. Da noi la percentuale di dispersione scolastica è veramente molto bassa, riguarda 10-15 studenti su mille".

I ragazzi perduti

Studente a casa segue le lezioni di scuola con la DAD. Ansa/Matteo Corner
Guido Campanini, preside del tecnico Bodoni a Parma, con la pandemia ha 'perso' "20-25 ragazzi su settecento, sono spariti, e non si sono mai collegati in Dad. Prima magari venivano a scuola, poi facevano assenze, non consegnavano i compiti. Alcuni nel frattempo hanno compiuto 18 anni. Il Covid ha semplicemente ingrandito fenomeni esistenti. Abbiamo studenti in terza che dalla prima non comprano i libri. In generale alle superiori, soprattutto nei tecnici e nei professionali, molto meno nei licei, situazioni che erano già borderline, a rischio, sono precipitate. A questi 25 vanno aggiunti quelli che hanno frequentato a soffietto, due giorni sì e 4 no". Campanini, che è anche preside del classico Romagnosi e può fare il confronto, ha una sua idea. "Il sistema formativo italiano privilegia il valore teorico della scuola. Mentre altri, il caso clamoroso è la Germania, danno altrettanta importanza all'istruzione tecnica e professionale. Cosa c'entra con l’abbandono scolastico? Moltissimo. Lo studente fragile di 15 anni che deve leggersi Petrarca a scuola non ci viene. Se invece gli insegniamo ad aggiustare il motorino o a costruire bottiglie di plastica, quindi apprende un mestiere...". Conclusione: "Chi insegna oggi nei professionali è un eroe dell’educazione. Spesso i ragazzi non hanno il papà o la mamma. E di pomeriggio magari sono impegnati nelle faccende domestiche. Ho in mente una studentessa straniera che tutti i giorni lavava, stirava, accudiva i fratellini. Come faceva a studiare, a fare gli esercizi di matematica o '’inglese? Era troppo stanca, quando arrivava alla sera. La didattica a distanza e la pandemia hanno accentuato quel che già c'era. Non è tanto una questione di mezzi. Ma le situazioni deboli sono peggiorate. Questa sarà una . Speriamo di riprendere regolarmente, a settembre".
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