Vanessa Bryant, vedova della star del basket Kobe Bryant, ha ripercorso in tribunale il suo dolore quando scoprì che funzionari della contea di Los Angeles avevano condiviso in privato foto dei resti delle vittime dell’incidente in cui erano morti il marito e la figlia. La testimonianza della donna è riportata dal New York Times. “Avrei voluto correre giù dall’isolato e urlare, ma non potevo scappare. Non potevo fuggire via, non potevo sfuggire al mio corpo”, ha spiegato in aula. Kobe Bryant e la figlia Gianna Maria, con altre sette persone sono le vittime di un incidente in elicottero causato da un errore del pilota. Le foto di quei corpi straziati, mostrate in ambiti non professionali, hanno spinto Vanessa Bryant a citare in giudizio la contea di Los Angeles.
Il processo
Vanessa Bryant, piangendo, ha aggiunto che vive nel terrore che le foto appaiano in Internet. “Una volta che sono diffuse, non puoi tornare indietro”, ha sottolineato. E ha spiegato di aver subito uno stress emozionale sapendo che personale del dipartimento dello sceriffo di Los Angeles e dei vigili del fuoco fecero fotografie sulla scena e se le scambiarono, e di come fosse scappata di casa per trovare un luogo in cui piangere e urlare lontano dalle sue altre tre figlie quando apprese della loro esistenza. “Non voglio che si imbattano in quelle immagini mai”, ha ripetuto. La vedova della stella dell’Nba sta facendo causa alla contea di Los Angeles per un milione di dollari di danni.
Prosegue il processo per le foto shock scattate dalla polizia di Los Angeles dopo lo schianto dell’elicottero nel 2020 nel quale morirono Koby Bryant, la figlia Gianna e altre sette persone. Vanessa Bryant, che ha avviato la causa due anni fa, ritiene che con gli scatti sarebbe stata commessa una violazione della privacy in quanto gli agenti avrebbero mostrato le foto in contesti non legati ad un’indagine, come in un bar ad esempio. Il legale di Bryant ha dichiarato che quelle foto sono state condivise per “una risata“. All’apertura del processo era presente la stessa Vanessa, in lacrime secondo quanto scrive il New York Post. Da parte sua la contea di Los Angeles sostiene che “le ferite mentali ed emotive“ non sono state causate dalle foto bensì dall’incidente mortale in sé. Si stima che il processo dovrebbe durare circa due settimane. Tra i membri della giuria anche una suora.
Il fatto
A raccontarlo è stata la stessa vedova della leggenda del basket mondiale nella sua deposizione alle autorità della contea di Los Angeles, alle quali la donna ha fatto causa per le foto scattate sul luogo dell’incidente e poi condivise. Alla signora Bryant era stato infatti assicurato che l’area dell’incidente sarebbe stata messa sotto stretto controllo in modo da evitare che nessuno potesse fare foto. Una promessa però disattesa che l’ha esposta a un forte stress emotivo: le foto infatti sono state diffuse online finendo più volte sotto gli occhi della donna. Da qui la decisione della causa. Lo scontro legale è ormai entrato nel vivo e si sta consumando sulla richiesta di perizia psichiatrica chiesta dalle autorità di Los Angeles nei confronti di Vanessa.
Esami ai quali i legali della donna si oppongono definendoli “una crudeltà”, come hanno spiegato nel corso di un’udienza nei giorni scorsi durante la quale la vedova ha testimoniato raccontando il giorno più brutto della sua vita, quel 26 gennaio 2020.
La notizia e il trauma
Era domenica ed era a casa con due dei figli quando intorno alle 11.30 del mattino un assistente familiare bussò alla porta e le comunicò l’incidente precisando però che c’erano cinque sopravvissuti. Vanessa chiese se Kobe e Gianna erano fra questi ma l’assistente le rispose di non sapere nulla al riguardo.
Mentre cercava di contattare il marito iniziò a ricevere notifiche sul cellulare con ‘R.I.P. Kobe’, riposa in pace Kobe. Prima ancora che la notizia le fosse comunicata ufficialmente, la signora Bryant corse in aeroporto nel tentativo di salire su un elicottero che la portasse sul luogo dell’incidente, ma non ci riuscì perché le condizioni meteorologiche non garantivano la sicurezza del volo.
Quindi salì in auto con un manager dei Lakers e raggiunse il luogo dell’incidente: fu a quel punto che le comunicarono ufficialmente della morte di Kobe e Gianna, e lei chiese esplicitamente che nessuno scattasse foto. La vedova ha quindi raccontato di aver prelevato dall’area gli abiti del marito e della figlia: “Se i vestiti rappresentano le condizioni dei loro corpi, non posso immaginare come qualcuno possa essere così perfido da diffonderne le foto come se fossero animali sulla strada“.