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Home » Economia » Afghanistan, conto alla rovescia per la catastrofe: la crisi sotto gli occhi del mondo

Afghanistan, conto alla rovescia per la catastrofe: la crisi sotto gli occhi del mondo

Nel Paese la carestia, il freddo e il blocco dei finanziamenti internazionali, in mancanza di provvedimenti sui diritti da parte dei talebani, affamano milioni di persone, in particolare i minori

Marianna Grazi
28 Dicembre 2021
“Oggi, circa 10 milioni di bambini in Afghanistan hanno bisogno di assistenza umanitaria per sopravvivere. Si stima che un milione di bambini soffriranno di malnutrizione acuta grave quest’anno e, senza cure, potrebbero morire. Un numero stimato di 4,2 milioni di bambini non vanno a scuola, fra cui oltre 2,2 milioni di bambine. Da gennaio, le Nazioni Unite hanno registrato oltre 2.000 violazioni gravi dei diritti dei bambini. Circa 435.000 bambini e donne sono sfollati interni. 
Questa è la dura realtà che i bambini afghani affrontano, e rimane tale indipendentemente dagli sviluppi politici in corso e dai cambiamenti governativi. , Roma, 23 Agosto 2021. ANSA/US7UNICEF

“Oggi, circa 10 milioni di bambini in Afghanistan hanno bisogno di assistenza umanitaria per sopravvivere. Si stima che un milione di bambini soffriranno di malnutrizione acuta grave quest’anno e, senza cure, potrebbero morire. Un numero stimato di 4,2 milioni di bambini non vanno a scuola, fra cui oltre 2,2 milioni di bambine. Da gennaio, le Nazioni Unite hanno registrato oltre 2.000 violazioni gravi dei diritti dei bambini. Circa 435.000 bambini e donne sono sfollati interni. Questa è la dura realtà che i bambini afghani affrontano, e rimane tale indipendentemente dagli sviluppi politici in corso e dai cambiamenti governativi. , Roma, 23 Agosto 2021. ANSA/US7UNICEF

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“Attualmente la situazione lungo la frontiera con l’Afghanistan è motivo di inquietudine e di preoccupazione“, ha affermato il presidente russo Vladimir Putin durante un incontro con il suo omologo tagiko, Emomali Rahmon, in cui si è trattato, tra le altre cose, della situazione al confine tra i due Paesi mediorientali. Occhi puntati sullo Stato, quindi, non solo da parte dei Paesi vicini, ma anche di tutta la comunità internazionale, che osserva preoccupata il disgregarsi dei rapporti diplomatici con il governo di Kabul. Un lento –ma non troppo– declino che ha preso il via a metà agosto quando gli studenti coranici hanno invaso la capitale per (ri)prendere il controllo di un Paese le cui autorità non hanno saputo difendersi dopo la partenza annunciata degli Usa e dei loro alleati. Dalla caduta del presidente Ashraf Ghani, la pressione internazionale ha congelato i fondi delle autorità afghane all’estero e ha posto come condizione per gli aiuti umanitari la messa in atto di progressi significativi in materia di inclusione e diritti umani, in particolare per quanto riguarda le bambine  e le donne afghane. Proprio queste ultime, il 28 dicembre, sono tornate a protestare lungo le strade di Kabul, chiedendo lavoro, cibo, istruzione e migliori condizioni di vita sotto il dominio dei talebani.

I bambini sono tra le principali vittime della crisi umanitaria che sta colpendo l’Afghanistan

Perché di progressi, finora, non se ne sono visti, nonostante le promesse, ma anzi la situazione appare drammatica: quando si torna a parlare di Afghanistan quelle che si riportano sui media di tutto il mondo sono spesso storie strazianti che raccontano di bambine e bambini che pagano il prezzo più alto in un Paese ridotto allo stremo. A quattro mesi dalla presa della Capitale la nazione si trova nel bel mezzo di una delle peggiori crisi umanitarie a livello mondiale: distrutta dal punto di vista economico e sociale a causa di un repentino rialzo dell’inflazione e dalla preoccupante scarsità  dei beni di prima necessità, ad aggravare il tutto ci sono servizi minimi non garantiti, stipendi per i dipendenti che sono arrivano anche per mesi e le casse dello Stato ormai vuote.

A ottobre la Fao aveva lanciato l’allarme su quello che sarebbe successo a partire dal mese dicembre: con l’arrivo dell’inverno il 55% della popolazione, ovvero quasi 23 milioni di persone, si sarebbe trovato ad affrontare pesantissime carenze alimentari, oltre al fatto che circa 3 milioni di minori sotto i cinque anni stanno già soffrendo di malnutrizione acuta. Se alla fame si aggiunge l’abbassamento delle temperature il risultato potrebbe essere la morte di circa un milione di persone: il numero più alto mai registrato nei 10 anni in cui l’Onu ha iniziato a monitorare la situazione in Afghanistan. Per questo diventano di vitale importanza gli interventi umanitari. David Beasley, Direttore Esecutivo del Programma alimentare mondiale (WFP) alcuni mesi fa aveva dichiarato: “L’Afghanistan sta vivendo una delle peggiori crisi umanitarie del mondo, se non la peggiore, e la sicurezza alimentare è quasi crollata. Quest’inverno, milioni di afghani saranno costretti a scegliere tra migrazione e fame, a meno che non si intensifichino i nostri aiuti e l’economia non si rianimi. È iniziato il conto alla rovescia di una catastrofe e se non agiamo ora ci scoppierà un disastro totale tra le mani”. “La fame aumenta e i bambini muoiono. Non possiamo nutrire le persone con le promesse – aveva avvertito – gli impegni finanziari devono trasformarsi in denaro contante e la comunità internazionale deve unirsi per affrontare questa crisi che sta rapidamente andando fuori controllo.

Pochi giorni fa, il 22 dicembre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato all’unanimità una risoluzione affinché gli aiuti umanitari arrivino in Afghanistan senza che passino per i talebani. Con questa delibera, in particolare, “sono consentiti il pagamento di fondi, altre attività finanziarie o risorse economiche, nonché la fornitura di beni e servizi necessari per garantire la tempestiva erogazione di tale assistenza o per supportare tali attività” e “i bisogni umani fondamentali in Afghanistan” verranno sostenuti senza che vengano violati le sanzioni imposte ai talebani – che non sono riconosciuti come legittimi detentori del potere – e i provvedimenti assunti dalla comunità internazionale. Già in precedenza la Banca mondiale – pur avendo interrotto l’erogazione degli aiuti a Kabul – aveva annunciato lo stanziamento di 280 milioni di dollari in aiuti umanitari all’Unicef e al Programma alimentare mondiale entro la fine del mese e l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica (OIC) si era impegnata a creare un fondo fiduciario umanitario per alleviare la sofferenza di milioni di persone che stanno affrontando fame e povertà.

Gran parte della popolazione afghana sta soffrendo la fame e deve fare i conti con il rigido inverno

Da agosto, infatti, l’assistenza finanziaria è stata sospesa in attesa di provvedimenti da parte del governo talebano affinché le libertà individuali della popolazione siano rispettate, in particolar modo quelle delle donne. Ma la condizione femminile è forse quella maggiormente colpita (in modo diretto, perlomeno) dal ritorno dei talebani al potere. Ad esempio pochi giorni fa, è stato deciso di vietare viaggi e spostamenti alle donne che non siano accompagnate da un uomo. Il provvedimento è solo l’ultimo di una lunga serie con cui il governo ha scelto di limitare il più possibile i diritti e le libertà personali delle donne che, nella maggior parte dei casi, non possono non solo lavorare ma nemmeno proseguire gli studi dopo i 12 anni. E ancora, assolutamente vietato fare sport, a meno di non rischiare la fine di Mahjabin Hakimi, e tutte coloro che in passato avevano praticato un’attività sportiva sono state costrette – o perlomeno hanno provato –a scappare, anche grazie all’aiuto di personaggi famosi o di organizzazioni umanitarie. Insomma una situazione, per donne e bambine, che si prospetta a dir poco tragica e che richiede ben più di vane minacce e ammonizioni da parte dei Paesi occidentali perché si risolva.

Nel frattempo gran parte della popolazione, affamata e in balia di temperature estreme, che in inverno arrivano anche a -10°, con carenza di beni essenziali, elettricità e riparo, attualmente è disoccupata o non retribuita. E nelle provincie lo stato delle cose, se possibile, è ancora peggiore. In un ospedale provinciale della regione del Badakhshan, riporta il sito Valigia Blu,  centinaia di madri e bambini piccoli hanno riempito il reparto pediatrico in cerca di aiuto, ma in pochissimi possono essere accolti. È il caso di Usman, un bambino di 9 mesi che è stato ricoverato in ospedale per 16 giorni a causa di grave malnutrizione e disidratazione. Il suo papà non lavora da molto tempo e non può permettersi di sfamare la famiglia. Una condizione ormai comune per migliaia di persone, tanto che il direttore della struttura ospedaliera della capitale Faizabad, Mohammad Akbar, sostiene che quest’anno sono stati ricoverati il 50% in più di bambini malnutriti rispetto al 2020, un numero senza precedenti nei suoi 35 anni di carriera. Secondo il medico tutto questo “Dipende dalla comunità internazionale. Se vogliono cambiare qualcosa possono. La nostra comunità non può”.

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  • Stando alle ultime stime, in Italia vivono almeno 88mila donne vittima di mutilazioni genitali femminili, con tutti i gravi problemi fisici, funzionali, psicologici che ne derivano. In base ai dati diffusi dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa) e dall’Unicef, nel mondo ammonterebbero ad almeno 200 milioni donne e ragazze che hanno subito mutilazioni genitali. Nel 2023, circa 4,2 milioni di bambine e ragazze nel mondo sono a rischio di subire queste pratiche.

Attraverso la testimonianza di Ayaan Hirsi Ali, autrice de “L’infedele", proviamo a spiegare con le giuste parole in tutta la sua cruda realtà cosa racchiuda veramente:

“Mi afferrò e mi bloccò la parte superiore del corpo… Altre due donne mi tennero le gambe divaricate. L’uomo che era un cinconcisore tradizionale appartenente al clan dei fabbri, prese un paio di forbici. Con l’altra mano afferrò quel punto misterioso e cominciò a tirare… Sentii il rumore, come un macellaio che rifila il grasso da un pezzo di carne.”

Nella Giornata Internazionale contro le mutilazioni genitali femminili il presidente della Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva-rigenerativa ed estetica Sicpre, il professor Francesco Stagno d’Alcontres, dichiara: 

“Spesso l’evento della mutilazione viene rimosso dai ricordi, mentre restano i dolori nei rapporti sessuali, le difficoltà nella minzione e durante il parto. La mutilazione genitale è un evento che modifica il corso della vita e noi lo dobbiamo contrastare sul piano della cultura e affrontare sul piano medico e scientifico”.

L’edizione 2023 del Summit Itinerante contro la mutilazioni genitali femminili, l’evento che si svolge in data odierna a Roma, presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustininani, sede della Presidenza del Senato della Repubblica, vede il saluto di esponenti del Governo, la testimonianza di una vittima e la partecipazione di importanti personalità, tra cui gli esperti della chirurgia plastica italiana chiamati a raccolta dalla Sicpre.

Letizia Cini ✨

#lucenews #lucelanazione #giornatamutilazionigenitalifemminili #linfedele
  • "Vorrei ringraziare la comunità queer per il vostro amore e per aver inventato un genere". 👑

Con queste parole di ringraziamento, Queen Bay riscrive la storia dei Grammy Awards. Beyoncé ier sera ha battuto tutti i record: con la 32esima vittoria incassata, è la star più premiata della storia degli Oscar della musica.

Con altri quattro grammofoni d’oro, la star americana, icona mondiale e paladina dei diritti civili e della body positivity, ha così superato il primato del direttore d’orchestra Georg Solti scomparso nel ‘97 e che, fino a stanotte, era rimasto imbattuto per due decenni con 31 vittorie. Queen Bay ha voluto dedicare la vittoria alla comunità Lgbtq+.

#lucenews #lucelanazione #qn #beyoncé #grammyawards2023
  • Stava regalando libri alle ragazze quando è stato arrestato a Kabul, giovedì 3 febbraio. Ismail Mashal, un professore universitario afghano, 37 anni, in aperta critica con il bando posto dai Talebani all’istruzione femminile, andava in giro con un carretto pieno di volumi gratuiti che distribuiva a donne e bambine, quando le forze di sicurezza lo hanno accusato di “azioni provocatorie” dalle autorità che lo hanno portato in carcere. Lo riferisce la Bbc.

Alcuni testimoni hanno riferito che il professore è stato schiaffeggiato, preso a pugni e a calci dalle forze di sicurezza locali durante l’arresto. Tuttavia Abdul Haq Hammad, un funzionario del ministero dell’Informazione e della Cultura talebani, ha dichiarato che il docente è stato trattato bene mentre era in custodia. 

Mashal è salito alla ribalta dopo aver strappato i documenti accademici in diretta tv per protestare contro il divieto dei talebani all’istruzione universitaria e secondaria per le donne. Il video in diretta televisiva è diventato virale. 

Ex giornalista, il 37enne dirigeva un’università privata a Kabul, frequentata da 450 studentesse che seguivano i corsi di giornalismo, ingegneria e informatica, tutte discipline che il ministro dell’Istruzione afghano sosteneva non dovessero essere insegnate alle ragazze in quanto contrarie all’islam e la cultura afghana. Quando a dicembre i Talebani hanno annunciato che alle studentesse universitarie non sarebbe più stato permesso di tornare a studiare fino a nuovo ordine, il professor Mashal ha chiuso definitivamente la sua scuola, affermando che “l’istruzione o si offre a tutti o a nessuno“.

“L’unico potere che ho è la mia penna, anche se mi uccidono, anche se mi fanno a pezzi, non resterò in silenzio“, ha dichiarato il mese scorso il professore. Ha anche affermato che un maggior numero di uomini deve insorgere per protestare contro le restrizioni imposte alle donne. Durante il loro incontro a Kabul, Mahsal, padre di due figli, ha precisato che non temeva di essere arrestato o ucciso. Si è detto invece certo che alla fine i Talebani avrebbero cercato di metterlo a tacere, ma è rimasto convinto che fosse un prezzo onesto da pagare.

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