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Home » Economia » Fondo Impresa Femminile insufficiente a sostenere le donne imprenditrici

Fondo Impresa Femminile insufficiente a sostenere le donne imprenditrici

Secondo la Presidente nazionale di AIDDA servono interventi mirati ad accompagnare la donna fin dalla nascita della propria start up

Caterina Ceccuti
12 Giugno 2022
Presidente AIDDA Antonella Giachetti (1)

La presidente nazionale di AIDDA Antonella Giachetti

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Possono anche rappresentare un primo passo verso la parità di genere, ma gli incentivi del Fondo Impresa Femminile sono sicuramente insufficienti a sanare la non facile situazione in cui versa l’imprenditoria femminile italiana. A sottolineare con forza la cosa è Antonella Giachetti, presidente nazionale dell’Associazione Donne Imprenditrici Dirigenti d’Azienda (AIDDA), che definisce “ancora lunga la strada per valorizzare e promuovere le imprese al femminile”. A discuterne sono stati un gruppo di esperti nel corso dell’incontro in streaming organizzato proprio da AIDDA, in collaborazione con Invitalia, UniCredit e Sara Nuzzaci, dal titolo “Gli incentivi nazionali a sostegno della nascita e dello sviluppo di imprese femminili”. Presenti Federica Di Toma (ESG Italy – Business Development), Giovanna Neffat (responsabile Banking Academy Program), Massimo Calzoni (coordinatore sistema Invitalia start up e servizi orientamento) e Sara Nuzzaci (socia di KPMG Max Incentives PNRR e di AIDDA Toscana).

“Come previsto dall’inizio – ha spiegato Giachetti a Luce! –, con i suoi 200 milioni di euro, il Fondo Impresa Femminile si è rivelato assolutamente insufficiente rispetto alle richieste pervenute, ma ha dimostrato ciò che da tempo si denuncia: le donne hanno sempre maggior difficoltà all’accesso al credito rispetto agli uomini. Inoltre, riguardo al FIF, tengo a precisare che il giudizio negativo riguarda la limitatezza delle risorse. L’accesso al bando FiF per le start up si è chiuso poco dopo la sua apertura in quanto le domande pervenute al momento dell’apertura delle presentazioni era talmente alto che dopo poche ore la finestra di presentazione è stata chiusa. La seconda data a disposizione è stata quella del 7 giugno, ma ribadisco che un totale di 400 milioni di incentivi, sull’intero territorio nazionale, si esaurisce nel tempo di un battito d’ali”.

Antonella Giachetti Aidda
Antonella Giachetti – Aidda

Quali potrebbero essere a suo parere misure efficaci? 

“I finanziamenti a fondo perduto sono utili, ma si rivelano spesso destinati alla minoranza di donne che hanno imprese già più che avviate, con idee chiare e precise sul da farsi. Ciò che servirebbe per rendere più efficace uno strumento che voglia incentivare l’accesso di un maggior numero di donne al mondo imprenditoriale è l’ideazione di progetti di assistenza a quelle donne che hanno perso il lavoro o che rientrano nelle fasce di età meno appetibili, attraverso un’adeguata informazione e formazione che permetta loro di rimettersi in gioco. Un progetto di questo tipo, per esempio, lo sta creando Unicredit, si chiama ‘Riparto da me’ e anche AIDDA vi prenderà parte offrendo la propria esperienza, perché le idee e la capacità di fare un business plan possono permettere di accedere con più facilità al mondo dell’imprenditoria. Da una parte, dunque, risorse e incentivi indubbiamente servono; ma nello stesso momento devono essere aiutate anche le donne meno evolute, che con il giusto sostegno potrebbero entrare nella filiera produttiva grazie alle proprie competenze artigianali”. 

Come hanno accusato il colpo della pandemia le imprenditrici che fanno parte di AIDDA?

“Un certo numero di loro, fortunatamente ristretto, sono in seria crisi per più motivi, tra cui sicuramente anche la pandemia, il rincaro delle materie prime e dell’energia. Ma la causa è da imputare anche al tipo di business che trattano. Purtroppo l’imprenditoria italiana -sia maschile che femminile- è molto individualista e reticente a porsi in rete e a collaborare, mentre il mondo sta cambiando alla velocità della luce. Pensiamo per un attimo anche solo ai consumi di ciascuno di noi: rispetto a tre anni fa sono profondamente cambiati. Quello che serve dunque in questo momento  è ripensare i modelli di business di tutte le imprese al fine di adeguare l’attività imprenditoriale alle trasformazioni in atto non solo nei modelli di consumi, ma anche nelle regole sempre più stringenti che l’Europa sta incardinando per accelerare la transizione ecologica. Inutile dire che le imprese al femminile che hanno da sempre una maggiore difficoltà nell’accesso al credito e nel reperimento delle commodities, possano solo incontrare maggiori difficoltà anche nel procedere alle modificazioni dei propri modelli di business”. 

Esiste un modello europeo migliore di quello italiano cui potremmo ispirarci?

“Certo, pensiamo alla Francia per esempio. Negli altri paesi il problema dell’occupazione femminile è minore rispetto che da noi, perché a livello sociale viene utilizzato un altro paradigma di pensiero. Se in Italia sei abbandonato a te stesso, in altri paesi le misure di welfare e le infrastrutture sociali ti accompagnano nella crescita, non si basano soltanto sugli incentivi. Resta inteso che, comunque, il Fondo Impresa Femminile, nonostante la sua esiguità, rappresenta comunque un primo segnale nel lungo percorso che può agevolare un’effettiva parità di genere nel mondo del lavoro. È importante che il Governo assuma consapevolezza che la valorizzazione e la promozione dell’iniziativa imprenditoriale femminile, oltre a conseguire obiettivi di parità di genere, rappresenta un importantissimo strumento per aumentare la prosperità dei territori dove le imprese nascono, per dare benessere e indipendenza alle donne e alle loro famiglie. Tutto questo sviluppando iniziative più sostenibili da un punto di vista ambientale, sociale ed economico”.

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  • "È passato un mese dall’incidente, e ogni giorno, penso costantemente a come le cose possano cambiare rapidamente e drasticamente, in un batter d’occhio, e in modi che non avrei mai potuto immaginare.”

Il protagonista di questa vicenda è Leonardo Lotto, studente aostano, che la mattina del 23 febbraio è rimasto vittima di un incidente in mare. Il ragazzo era a Melbourne con un gruppo di amici quando dopo un tuffo tra le onde sul bagnasciuga ha picchiato violentemente la testa contro il fondale di sabbia. In quel momento è iniziato l’incubo: prima gli amici lo hanno aiutato a uscire dall’acqua, poi la corsa disperata in ospedale. Dopo l’intervento d’urgenza, è arrivato il duro responso: “Frattura delle vertebre C3 e C5, spina dorsale danneggiata". Leonardo Lotto è paralizzato dalla testa in giù e non potrà più camminare.

"Continuerò a lottare e farò tutto il necessario. A volte cadrò, ma alla fine mi rialzerò, vivendo sempre giorno per giorno, superando i momenti più bui”.

Dopo il ricovero all’Alfred Hospital di Melbourne, in Australia, “le sue condizioni sono stabili, e ora è pronto per iniziare il suo lungo percorso riabilitativo a Milano con tutte le energie e la positività che hanno sempre caratterizzato la sua personalità”. E gli amici, proprio per sostenere le cure, hanno organizzato una raccolta fondi online.

✍ Barbara Berti 

#lucenews #lucelanazione #australia #leonardolotto
  • È quanto emerge da uno studio su 1.700 ragazzi toscani realizzato dal Meyer center for health and happiness, di cui è responsabile Manila Bonciani, insieme all’Università di Firenze, e presentato in occasione della Giornata internazionale della felicità nel corso di un evento organizzato al Meyer health campus di Firenze.

Cosa gli adolescenti pensano della felicità? Come la definiscono? Cosa li rende felici? Queste alcune domande dello studio. Dai risultati emerge che i ragazzi spesso non riescono a dare neanche una definizione della felicità. Tuttavia ne sottolineano la rilevanza e la transitorietà. 

Dalla ricerca emerge così che la manifestazione della felicità si declina in sei dimensioni:
➡ La più rilevante che emerge è quella dell’interesse sociale, data dall’importanza che viene attribuita dai ragazzi alle relazioni interpersonali.
➡ La seconda è l’espressione della soddisfazione verso la propria vita, del fare le cose che piacciono loro.
➡ La terza è vivere emozioni positive, rilevanza che si riscontra anche nelle parole dei ragazzi che esprimono in maniera importante l’idea di essere felici quando sono senza preoccupazioni o pressioni che avvertono frequentemente, come anche quella scolastica.
➡ La quarta è il senso di autorealizzazione insieme a quello di padronanza delle varie situazioni che si trovano ad affrontare.
➡ Infine in misura minore la loro felicità è legata all’ottimismo, cui gli stessi adolescenti non attribuiscono grande rilevanza, sebbene rappresenti la sesta dimensione della felicità identificata.

Gli adolescenti che risultano più felici si caratterizzano per essere più empatici, esprimere un atteggiamento cooperativo, avere maggiore autoconsapevolezza, saper gestire meglio le emozioni e risolvere le situazioni problematiche, avere una buona immagine di sé. 

Ancora i maschi risultano essere più felici delle femmine a eccezione della dimensione relazionale e sociale della felicità che non si differenzia in maniera significativa tra i due gruppi, e le fasce di età più piccole, fino ai 15 anni, esprimono maggiormente di essere felici rispetto ai ragazzi di 16-17 o maggiorenni.

#felicità #ospedalemeyer #adolescenza
Possono anche rappresentare un primo passo verso la parità di genere, ma gli incentivi del Fondo Impresa Femminile sono sicuramente insufficienti a sanare la non facile situazione in cui versa l'imprenditoria femminile italiana. A sottolineare con forza la cosa è Antonella Giachetti, presidente nazionale dell'Associazione Donne Imprenditrici Dirigenti d'Azienda (AIDDA), che definisce “ancora lunga la strada per valorizzare e promuovere le imprese al femminile”. A discuterne sono stati un gruppo di esperti nel corso dell'incontro in streaming organizzato proprio da AIDDA, in collaborazione con Invitalia, UniCredit e Sara Nuzzaci, dal titolo “Gli incentivi nazionali a sostegno della nascita e dello sviluppo di imprese femminili”. Presenti Federica Di Toma (ESG Italy - Business Development), Giovanna Neffat (responsabile Banking Academy Program), Massimo Calzoni (coordinatore sistema Invitalia start up e servizi orientamento) e Sara Nuzzaci (socia di KPMG Max Incentives PNRR e di AIDDA Toscana). “Come previsto dall'inizio – ha spiegato Giachetti a Luce! –, con i suoi 200 milioni di euro, il Fondo Impresa Femminile si è rivelato assolutamente insufficiente rispetto alle richieste pervenute, ma ha dimostrato ciò che da tempo si denuncia: le donne hanno sempre maggior difficoltà all’accesso al credito rispetto agli uomini. Inoltre, riguardo al FIF, tengo a precisare che il giudizio negativo riguarda la limitatezza delle risorse. L’accesso al bando FiF per le start up si è chiuso poco dopo la sua apertura in quanto le domande pervenute al momento dell’apertura delle presentazioni era talmente alto che dopo poche ore la finestra di presentazione è stata chiusa. La seconda data a disposizione è stata quella del 7 giugno, ma ribadisco che un totale di 400 milioni di incentivi, sull'intero territorio nazionale, si esaurisce nel tempo di un battito d'ali”.
Antonella Giachetti Aidda
Antonella Giachetti - Aidda
Quali potrebbero essere a suo parere misure efficaci?  “I finanziamenti a fondo perduto sono utili, ma si rivelano spesso destinati alla minoranza di donne che hanno imprese già più che avviate, con idee chiare e precise sul da farsi. Ciò che servirebbe per rendere più efficace uno strumento che voglia incentivare l’accesso di un maggior numero di donne al mondo imprenditoriale è l’ideazione di progetti di assistenza a quelle donne che hanno perso il lavoro o che rientrano nelle fasce di età meno appetibili, attraverso un'adeguata informazione e formazione che permetta loro di rimettersi in gioco. Un progetto di questo tipo, per esempio, lo sta creando Unicredit, si chiama 'Riparto da me' e anche AIDDA vi prenderà parte offrendo la propria esperienza, perché le idee e la capacità di fare un business plan possono permettere di accedere con più facilità al mondo dell'imprenditoria. Da una parte, dunque, risorse e incentivi indubbiamente servono; ma nello stesso momento devono essere aiutate anche le donne meno evolute, che con il giusto sostegno potrebbero entrare nella filiera produttiva grazie alle proprie competenze artigianali”.  Come hanno accusato il colpo della pandemia le imprenditrici che fanno parte di AIDDA? “Un certo numero di loro, fortunatamente ristretto, sono in seria crisi per più motivi, tra cui sicuramente anche la pandemia, il rincaro delle materie prime e dell'energia. Ma la causa è da imputare anche al tipo di business che trattano. Purtroppo l'imprenditoria italiana -sia maschile che femminile- è molto individualista e reticente a porsi in rete e a collaborare, mentre il mondo sta cambiando alla velocità della luce. Pensiamo per un attimo anche solo ai consumi di ciascuno di noi: rispetto a tre anni fa sono profondamente cambiati. Quello che serve dunque in questo momento  è ripensare i modelli di business di tutte le imprese al fine di adeguare l’attività imprenditoriale alle trasformazioni in atto non solo nei modelli di consumi, ma anche nelle regole sempre più stringenti che l’Europa sta incardinando per accelerare la transizione ecologica. Inutile dire che le imprese al femminile che hanno da sempre una maggiore difficoltà nell’accesso al credito e nel reperimento delle commodities, possano solo incontrare maggiori difficoltà anche nel procedere alle modificazioni dei propri modelli di business”.  Esiste un modello europeo migliore di quello italiano cui potremmo ispirarci? “Certo, pensiamo alla Francia per esempio. Negli altri paesi il problema dell'occupazione femminile è minore rispetto che da noi, perché a livello sociale viene utilizzato un altro paradigma di pensiero. Se in Italia sei abbandonato a te stesso, in altri paesi le misure di welfare e le infrastrutture sociali ti accompagnano nella crescita, non si basano soltanto sugli incentivi. Resta inteso che, comunque, il Fondo Impresa Femminile, nonostante la sua esiguità, rappresenta comunque un primo segnale nel lungo percorso che può agevolare un’effettiva parità di genere nel mondo del lavoro. È importante che il Governo assuma consapevolezza che la valorizzazione e la promozione dell’iniziativa imprenditoriale femminile, oltre a conseguire obiettivi di parità di genere, rappresenta un importantissimo strumento per aumentare la prosperità dei territori dove le imprese nascono, per dare benessere e indipendenza alle donne e alle loro famiglie. Tutto questo sviluppando iniziative più sostenibili da un punto di vista ambientale, sociale ed economico”.
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