Main Partner

main partnermain partnermain partner

Partner

main partner

Giovani e lavoro: il dialogo intergenerazionale per favorire la crescita professionale

Torna a salire l'occupazione ma i salari sono sotto la media europea. La Gen Z cambia impiego il 134% in più rispetto al 2019

di NICOLÒ GUELFI -
28 settembre 2022
In Italia da anni manca un ricambio generazionale in tutti i settori produttivi

In Italia da anni manca un ricambio generazionale in tutti i settori produttivi

Il mondo del lavoro fatica a cambiare, perché fatica a includere nuovi lavoratori. In Italia da anni manca un ricambio generazionale in tutti i settori produttivi che ostacola l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro ma rallenta anche l’innovazione tecnologica e organizzativa (e quindi la produttività) delle stesse aziende. Dall’altro lato, con le leggi vigenti sulle pensioni, la scadenza per ritirarsi dal proprio impiego si sposta sempre più avanti. Inoltre, i lavoratori con più esperienza sono fondamentali per agevolare il passaggio del testimone. È possibile superare lo stallo? L’esperienza di Quota 100 introdotta dalla Lega di Matteo Salvini non è stato un successo. Si calcola infatti che in media per ogni 5 persone che si sono ritirate per il pensionamento nei 3 anni in cui la legge è stata in vigore, solo una persona sia entrata per sostituirli. Il divario si è aggravato enormemente nel 2020, quando intere filiere produttive sono rimaste bloccate dalla pandemia e le assunzioni si sono praticamente azzerate. Fortunatamente i dati Istat risalenti a giugno 2022 segnano un’inversione di tendenza: un aumento del numero degli occupati di 86mila unità, di cui 83mila compresi nella fascia tra i 25 e i 34 anni, ovvero giovani lavoratori in età post-laurea. Numeri dovuti anche alla riduzione della cassa integrazione che era stata applicata in misura massiccia durante l’emergenza Covid. Il segnale è positivo, perché è su questa fascia che si deve puntare per smuovere il mercato del lavoro.
I dati Istat parlano di un aumento dell'occupazione giovanile

I dati Istat parlano di un aumento dell'occupazione giovanile

In una crescita, seppur fragile, ad aumentare sono soprattutto i contratti a tempo indeterminato (+116mila), con una risalita quasi alla pari tra donne e uomini. Anche se a giugno l’occupazione femminile è cresciuta perfino leggermente di più (+44mila contro +41mila) di quella maschile. Risultato: il tasso di occupazione è salito al 60,1%, un record da quando esistono le serie storiche (1977). Rispetto a giugno 2021, l’incremento di oltre 400mila occupati è determinato dai dipendenti che, a giugno 2022, ammontano a 18 milioni e 100mila, il valore più alto mai registrato. Insomma, le stime più recenti raccontano una storia di ripresa per l’occupazione. Ma non è tutto oro ciò che luccica. Lo stipendio medio annuo in Italia si ferma intorno ai 29.500 euro mentre nell’Unione europea si attesta a 37.400 euro lordi, in Francia supera i 40.100 (+2%), mentre in Germania arriva a oltre 44.500, dove dal 1° di ottobre di quest’anno il salario minimo salirà ufficialmente a 12 euro l’ora. Da noi il salario minimo non esiste e infatti è una battaglia di bandiera di partiti come Pd o Sinistra Italiana. Inoltre, secondo un’elaborazione di Openpolis su dati forniti dall’Ocse, l’Italia è l’unico Paese europeo dove, dal 1990 a oggi, i salari sono diminuiti. Il fenomeno si collega a quello dei cosiddetti "working poors", ovvero chi guadagna da 550 fino a 850 euro. Nel nostro paese sono circa un milione e mezzo di persone. E non dimentichiamo le situazioni di lavoro gratuito, come gli stage curriculari, dove si fa si formazione ma molto spesso si effettua una prestazione d’opera senza alcuna retribuzione. Occorre anche ricordare che circa 2,1 milioni di giovani tra i 15 e i 29 anni in Italia rientra nella categoria dei Neet (dato in crescita del +2,3% rispetto al 2019), cioè non sta né cercando attivamente un lavoro, né frequentando un corso di formazione o di aggiornamento professionale.
Circa 2,1 milioni di giovani tra i 15 e i 29 anni in Italia non cerca lavoro

Circa 2,1 milioni di giovani tra i 15 e i 29 anni in Italia non cerca lavoro

Questo tema è diventato centrale nel dibattito lavorativo e tra i progetti di cooperazione costruttivi c’è quello di Jam, che punta a creare un movimento culturale, favorendo il dialogo tra diverse generazioni di lavoratori, attraverso la conoscenza e la profondità di visione di "The European House - Ambrosetti". Il nome (Join the Ageless Mind), identifica infatti la ricerca di un nuovo modo di lavorare e di pensare senza età̀, mischiando e valorizzando le esperienze, le competenze e i punti di vista delle diverse generazioni in azienda. Assistiamo, infatti, a un contesto culturale in profonda trasformazione, in cui si sta verificando un significativo cambiamento della percezione del lavoro nella vita dei giovani, non più disposti ad accettare che sia un’attività totalizzante. Dopo il fenomeno della cosiddetta "Great Resignation" o "Quiet Quitting", che ha portato più di 5 milioni di americani a lasciare il proprio lavoro senza avere già un’alternativa, anche in Italia, il 70% circa dei lavoratori tra i 26 e i 35 anni ha scelto o sta scegliendo di cambiare lavoro. È il sintomo di una ricerca di senso associata al lavoro, l’idea che si vive per lavorare e non il contrario. Questo fenomeno ha avuto una forte accelerazione negli anni della pandemia. Secondo uno studio di Axios, infatti, oggi la Generazione Z cambia lavoro il 134% in più rispetto al 2019.
Tre milioni di giovani è in cerca di lavoro

Tre milioni di giovani è in cerca di lavoro

In Italia il rapporto tra le nuove generazioni e il mondo del lavoro mostra dei dati preoccupanti e rappresentano un’urgenza per il Sistema Paese. Secondo l’ultimo Rapporto Censis (“55° Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2021”, pubblicato da Franco Angeli), circa tre milioni di giovani è in cerca di lavoro, pari al 33% dei 15-29enni. Nel 2021, su 100 richieste di figure professionali da parte delle imprese, 83 prevedevano un contratto a tempo determinato o altro e solo 17 a tempo indeterminato. Non stupisce quindi constatare che l’80,8% si dichiari sfiduciato nei confronti della sicurezza del proprio lavoro. Nel concreto, il progetto sarà in grado di pianificare soluzioni ed esperienze per le persone, offrendo alle aziende tutti gli strumenti per misurare e sviluppare nuove competenze professionali e manageriali, favorire il dialogo e la piena collaborazione tra generazioni all’interno dell’organizzazione, individuare nuove strategie per attrarre e ingaggiare giovani professionisti, e rimanere sempre aggiornate sulle principali tendenze del mercato del lavoro. In conclusione, l’ostacolo da superare sembra molto alto, ma affrontare la sfida del cambiamento è la sola opzione per aiutare non solo la fascia più giovane della popolazione, ma il Paese intero è il suo futuro.