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Home » Economia » Il governo studia il taglio alla “Tampon Tax”: abbassare l’Iva per gli assorbenti dal 22 al 4%

Il governo studia il taglio alla “Tampon Tax”: abbassare l’Iva per gli assorbenti dal 22 al 4%

Nella prossima legge di bilancio l'aliquota potrebbe scendere con una manovra da 300 milioni di euro. L'Italia, intanto, rimane tra i Paesi europei in cui i prodotti igienici femminili sono più tassati e per questo, sul territorio, si moltiplicano le iniziative solidali. Ma, da più parti e sempre più pressante, si chiede una riforma

Marianna Grazi
19 Ottobre 2021
Sanitary pads and absorbent sheets on blue background

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È un argomento che ciclicamente, scusate il gioco di parole, torna ad animare il dibattito pubblico: quello sul taglio dell’Iva sugli assorbenti igienici, che in Italia vengono considerati beni di lusso e tassati al 22%. Inevitabilmente questo tema torna a suscitare le polemiche, soprattutto da parte femminile ma non solo, di chi deve fare i conti ogni mese con costi esorbitanti per prodotti che sono necessari, altro ché di lusso. Tra chi propone metodi alternativi all’uso di assorbenti e tamponi e chi, imperterrito, asserisce che i costi per coprire un eventuale taglio sarebbero maggiori dei guadagni, il tema però fa discutere.

Tanto che, per la prossima legge di bilancio, il governo Draghi studia un taglio della cosiddetta “Tampon tax”, appunto l’Iva sugli assorbenti, che potrebbe scendere fino al 4%, come già accade soltanto per i prodotti biodegradabili. È quanto si apprende da alcune fonti istituzionali. “La prossima manovra di Bilancio può essere la cornice giusta per raggiungere l’importante traguardo dell’abbassamento dell’Iva sugli assorbenti femminili – avevano scritto in una nota, qualche giorno fa, le parlamentari e i parlamentari del Gruppo Pari Opportunità del MoVimento 5 Stelle –. L’Iva al 22% su questo prodotto rappresenta una vera e propria discriminazione fiscale nei confronti delle donne ed è arrivato il momento di prendere misure adeguate per sanare questa ingiustizia”.

Chiamata convenzionalmente “Tampon Tax”, in realtà si tratta di un’extra tassa, perché per i beni di prima necessità, come ad esempio i prodotti alimentari, l’aliquota è fissata al 4% e per una altra ampia serie di prodotti sono previste aliquote agevolate al 5 e 10%. Ecco, dunque, la discriminazione: per gran parte della vita delle donne gli assorbenti sono necessari, ma non vengono ritenuti tali dalle istituzioni. Da qui la richiesta, avanzata a più riprese in sede parlamentare, del “ritocco al ribasso” dell’aliquota, a cui però le maggioranze di governo si sono finora sempre opposte, aggrappandosi ai costi eccessivi di copertura. Secondo le stime del Mef, per portare l’aliquota dal 22% al 4%, servirebbero 300 milioni di euro, ma l’attuale esecutivo sembra stia valutando proprio questa strada.

A rendere la posizione italiana ancora più delicata e isolata è il confronto con gli altri Paesi europei. Si va infatti dal caso più virtuoso dell’Irlanda, che nel 2006 ha scelto addirittura di azzerare l’imposta, prima ancora che Bruxelles fissasse regole più definite in materia (leggi qui), ai livelli minimi stabiliti in Francia (5,5%), Portogallo e Paesi Bassi (6%). In Spagna, invece, l’aliquota è stata recentemente ridotta al 10%. Un caso a parte, infine, è il Regno Unito, dove l’Iva era al 5% fino al 2020 e da gennaio è stata portata a zero. Come emerge dai rapporti di Eurostat (che risalgono al 2019) l’Italia è quindi tra gli Stati con l’Iva più alta su questi prodotti in Europa, piazzandosi al sesto posto dopo Ungheria, Danimarca, Croazia, Svezia e Finlandia. In generale, comunque, i Paesi del Nord Europa sono quelli che impongono le tampon tax più elevate.

 

In attesa di una riforma a livello nazionale, intanto, le donne corrono ai ripari. E si moltiplicano le iniziative solidali per far sì che tutte abbiano accesso ai prodotti igienici a prezzi equi. Nelle 21 farmacie comunali fiorentine, ad esempio, il consiglio comunale per primo in Italia ha deciso di abolire la tampon tax fino al 31 marzo 2022 (ne avevamo parlatoqui). E tra chi li mette a disposizione gratuitamente ci sono alcune scuole e università (leggi qui). Tra queste le superiori nel comune di Fiumicino, dove grazie ad un accordo con le farmacie comunali gli assorbenti sono stati già ribassati e possono essere acquistati a prezzi calmierati: grazie ad una donazione della società Teleperformance Italia, alle scuole sarà garantita annualmente una fornitura gratuita di assorbenti.

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  • "È passato un mese dall’incidente, e ogni giorno, penso costantemente a come le cose possano cambiare rapidamente e drasticamente, in un batter d’occhio, e in modi che non avrei mai potuto immaginare.”

Il protagonista di questa vicenda è Leonardo Lotto, studente aostano, che la mattina del 23 febbraio è rimasto vittima di un incidente in mare. Il ragazzo era a Melbourne con un gruppo di amici quando dopo un tuffo tra le onde sul bagnasciuga ha picchiato violentemente la testa contro il fondale di sabbia. In quel momento è iniziato l’incubo: prima gli amici lo hanno aiutato a uscire dall’acqua, poi la corsa disperata in ospedale. Dopo l’intervento d’urgenza, è arrivato il duro responso: “Frattura delle vertebre C3 e C5, spina dorsale danneggiata". Leonardo Lotto è paralizzato dalla testa in giù e non potrà più camminare.

"Continuerò a lottare e farò tutto il necessario. A volte cadrò, ma alla fine mi rialzerò, vivendo sempre giorno per giorno, superando i momenti più bui”.

Dopo il ricovero all’Alfred Hospital di Melbourne, in Australia, “le sue condizioni sono stabili, e ora è pronto per iniziare il suo lungo percorso riabilitativo a Milano con tutte le energie e la positività che hanno sempre caratterizzato la sua personalità”. E gli amici, proprio per sostenere le cure, hanno organizzato una raccolta fondi online.

✍ Barbara Berti 

#lucenews #lucelanazione #australia #leonardolotto
  • È quanto emerge da uno studio su 1.700 ragazzi toscani realizzato dal Meyer center for health and happiness, di cui è responsabile Manila Bonciani, insieme all’Università di Firenze, e presentato in occasione della Giornata internazionale della felicità nel corso di un evento organizzato al Meyer health campus di Firenze.

Cosa gli adolescenti pensano della felicità? Come la definiscono? Cosa li rende felici? Queste alcune domande dello studio. Dai risultati emerge che i ragazzi spesso non riescono a dare neanche una definizione della felicità. Tuttavia ne sottolineano la rilevanza e la transitorietà. 

Dalla ricerca emerge così che la manifestazione della felicità si declina in sei dimensioni:
➡ La più rilevante che emerge è quella dell’interesse sociale, data dall’importanza che viene attribuita dai ragazzi alle relazioni interpersonali.
➡ La seconda è l’espressione della soddisfazione verso la propria vita, del fare le cose che piacciono loro.
➡ La terza è vivere emozioni positive, rilevanza che si riscontra anche nelle parole dei ragazzi che esprimono in maniera importante l’idea di essere felici quando sono senza preoccupazioni o pressioni che avvertono frequentemente, come anche quella scolastica.
➡ La quarta è il senso di autorealizzazione insieme a quello di padronanza delle varie situazioni che si trovano ad affrontare.
➡ Infine in misura minore la loro felicità è legata all’ottimismo, cui gli stessi adolescenti non attribuiscono grande rilevanza, sebbene rappresenti la sesta dimensione della felicità identificata.

Gli adolescenti che risultano più felici si caratterizzano per essere più empatici, esprimere un atteggiamento cooperativo, avere maggiore autoconsapevolezza, saper gestire meglio le emozioni e risolvere le situazioni problematiche, avere una buona immagine di sé. 

Ancora i maschi risultano essere più felici delle femmine a eccezione della dimensione relazionale e sociale della felicità che non si differenzia in maniera significativa tra i due gruppi, e le fasce di età più piccole, fino ai 15 anni, esprimono maggiormente di essere felici rispetto ai ragazzi di 16-17 o maggiorenni.

#felicità #ospedalemeyer #adolescenza
È un argomento che ciclicamente, scusate il gioco di parole, torna ad animare il dibattito pubblico: quello sul taglio dell'Iva sugli assorbenti igienici, che in Italia vengono considerati beni di lusso e tassati al 22%. Inevitabilmente questo tema torna a suscitare le polemiche, soprattutto da parte femminile ma non solo, di chi deve fare i conti ogni mese con costi esorbitanti per prodotti che sono necessari, altro ché di lusso. Tra chi propone metodi alternativi all'uso di assorbenti e tamponi e chi, imperterrito, asserisce che i costi per coprire un eventuale taglio sarebbero maggiori dei guadagni, il tema però fa discutere. Tanto che, per la prossima legge di bilancio, il governo Draghi studia un taglio della cosiddetta "Tampon tax", appunto l'Iva sugli assorbenti, che potrebbe scendere fino al 4%, come già accade soltanto per i prodotti biodegradabili. È quanto si apprende da alcune fonti istituzionali. "La prossima manovra di Bilancio può essere la cornice giusta per raggiungere l'importante traguardo dell'abbassamento dell'Iva sugli assorbenti femminili – avevano scritto in una nota, qualche giorno fa, le parlamentari e i parlamentari del Gruppo Pari Opportunità del MoVimento 5 Stelle –. L'Iva al 22% su questo prodotto rappresenta una vera e propria discriminazione fiscale nei confronti delle donne ed è arrivato il momento di prendere misure adeguate per sanare questa ingiustizia". Chiamata convenzionalmente "Tampon Tax", in realtà si tratta di un'extra tassa, perché per i beni di prima necessità, come ad esempio i prodotti alimentari, l'aliquota è fissata al 4% e per una altra ampia serie di prodotti sono previste aliquote agevolate al 5 e 10%. Ecco, dunque, la discriminazione: per gran parte della vita delle donne gli assorbenti sono necessari, ma non vengono ritenuti tali dalle istituzioni. Da qui la richiesta, avanzata a più riprese in sede parlamentare, del "ritocco al ribasso" dell'aliquota, a cui però le maggioranze di governo si sono finora sempre opposte, aggrappandosi ai costi eccessivi di copertura. Secondo le stime del Mef, per portare l'aliquota dal 22% al 4%, servirebbero 300 milioni di euro, ma l'attuale esecutivo sembra stia valutando proprio questa strada. A rendere la posizione italiana ancora più delicata e isolata è il confronto con gli altri Paesi europei. Si va infatti dal caso più virtuoso dell'Irlanda, che nel 2006 ha scelto addirittura di azzerare l'imposta, prima ancora che Bruxelles fissasse regole più definite in materia (leggi qui), ai livelli minimi stabiliti in Francia (5,5%), Portogallo e Paesi Bassi (6%). In Spagna, invece, l'aliquota è stata recentemente ridotta al 10%. Un caso a parte, infine, è il Regno Unito, dove l'Iva era al 5% fino al 2020 e da gennaio è stata portata a zero. Come emerge dai rapporti di Eurostat (che risalgono al 2019) l'Italia è quindi tra gli Stati con l’Iva più alta su questi prodotti in Europa, piazzandosi al sesto posto dopo Ungheria, Danimarca, Croazia, Svezia e Finlandia. In generale, comunque, i Paesi del Nord Europa sono quelli che impongono le tampon tax più elevate.
  In attesa di una riforma a livello nazionale, intanto, le donne corrono ai ripari. E si moltiplicano le iniziative solidali per far sì che tutte abbiano accesso ai prodotti igienici a prezzi equi. Nelle 21 farmacie comunali fiorentine, ad esempio, il consiglio comunale per primo in Italia ha deciso di abolire la tampon tax fino al 31 marzo 2022 (ne avevamo parlatoqui). E tra chi li mette a disposizione gratuitamente ci sono alcune scuole e università (leggi qui). Tra queste le superiori nel comune di Fiumicino, dove grazie ad un accordo con le farmacie comunali gli assorbenti sono stati già ribassati e possono essere acquistati a prezzi calmierati: grazie ad una donazione della società Teleperformance Italia, alle scuole sarà garantita annualmente una fornitura gratuita di assorbenti.
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