Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Economia » In Italia una donna su due si sente chiedere al colloquio di lavoro: “Ha figli o ha intenzione di farli?”

In Italia una donna su due si sente chiedere al colloquio di lavoro: “Ha figli o ha intenzione di farli?”

Dall'indagine Ey-SWG sulla "Parità di genere & Leadership al femminile" emerge che nel nostro Paese il mondo del lavoro parla ancora al maschile: il 35% delle lavoratrici pensa che ci vorranno più di dieci anni per abbattere il muro delle disparità uomo-donna

Luca Marchetti
17 Marzo 2022
Il 40% dei giovani preferisce essere disoccupato piuttosto che felicemente occupato 

Il 40% dei giovani preferisce essere disoccupato piuttosto che felicemente occupato 

Share on FacebookShare on Twitter

“Ha figli o ha intenzione di farli?“. In Italia più di una donna su due si sente ancora rivolgere questa domanda al colloquio di lavoro. È quanto emerge dal report “Parità di genere & Leadership al femminile” pubblicato a marzo 2022 da Ey e SWG. I dati non sono affatto incoraggianti: circa il 30% delle lavoratrici tra i 30 e i 50 anni ritiene che la propria posizione professionale non sia in linea con le proprie competenze e aspettative. Il 36% non ritiene adeguatamente valorizzate le proprie competenze e oltre il 40% ritiene inadeguata la propria retribuzione. Tutto ciò in un contesto in cui la metà delle intervistate ritiene presente uno squilibrio di possibilità di carriera e di compensi tra uomini e donne. L’indagine Ey-SWG è stata condotta su tre target di riferimento: 514 donne lavoratrici con età compresa tra i 30 e i 50 anni; 104 donne impiegate come manager, dirigenti e imprenditrici; 103 uomini impiegati come manager, dirigenti e imprenditori.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Luce! (@luce.news)

Dalla ricerca emerge che, tanto nella percezione delle lavoratrici quanto in quella delle e dei dirigenti (donne e uomini), in oltre la metà delle imprese i ruoli dirigenziali continuano a parlare principalmente al maschile e anche laddove hanno acquisito ruoli dirigenziali, le donne si trovano a gestire un numero inferiore di risorse rispetto ai colleghi maschi. Pur a fronte di una situazione fortemente sbilanciata verso una leadership maschile, i tre quarti dei dirigenti intervistati ritengono che un’azienda con una leadership equilibrata dal punto di vista del genere sia più performante. Gli ostacoli principali restano quelli legati alla conciliazione tra lavoro e attività di cura (per il 46% delle lavoratrici) e la predominanza maschile nei ruoli chiave (per il 48% delle lavoratrici).

Oltre il 40% delle donne intervistate ritiene che la propria retribuzione non sia adeguata alle competenze (Grafico dal report di EY – SWG, “Parità di genere & Leadership al femminile”)

Gender gap e disparità salariale, la situazione delle aziende in Italia

Nella percezione delle lavoratrici e dei dirigenti intervistati sono ancora poche le aziende che si sono dotate di una reale struttura organizzativa per ridurre le differenze di genere: nel 68% delle aziende non è presente una struttura che si occupi dell’inclusione delle donne; e solo il 21% ne prevede l’adozione nei prossimi anni. A mancare sono soprattutto le strutture in grado di aiutare a conciliare lavoro e famiglia ma anche sistemi organizzati di misurazione del gender gap (nel 70% delle aziende attualmente non è previsto un sistema di monitoraggio dei progressi per raggiungere la parità di genere).

Quando si parla di equità nel trattamento di uomini e donne il percepito appare spesso molto distante: donne e uomini sono trattati con equità secondo il 76% dei dirigenti uomini, contro il 50% delle dirigenti donne. Una differenza dunque di oltre 20 punti percentuali. Altro problema è la capacità delle aziende di promuovere la formazione professionale delle donne: per il 38% delle manager viene promossa la formazione e la crescita professionale delle donne, contro il 57% dei dirigenti uomini.

Per il 35% delle dirigenti donne ci vorranno più di 10 anni per raggiungere la parità di genere in azienda (Grafico dal report di EY – SWG, “Parità di genere & Leadership al femminile”)

L’obiettivo di raggiungere la parità di genere nei ruoli dirigenziali non appare facile da raggiungere nel breve periodo: per il 16% delle dirigenti donne intervistate sarà irraggiungibile, mentre per il 35% delle intervistate ci vorranno più di 10 anni. L’ingaggio diretto a questo riguardo di uomini e donne appare piuttosto diverso, con una maggiore tendenza dei dirigenti uomini a lasciare che le cose si compiano secondo il loro corso, senza intervenire direttamente. Per il 49% dei dirigenti uomini, infatti, la promozione di più donne in posizione di leadership è un impegno da assumersi, ma non una priorità e per il 31% degli stessi è qualcosa che avviene naturalmente ma sulla quale non si devono fare particolari azioni.

Potrebbe interessarti anche

La sartoria per aiutare le donne vittime di violenza
Lifestyle

Violenza domestica, una sartoria terapeutica per cominciare una nuova vita

24 Marzo 2023
Claudio Marazzini, presidente dell'Accademia della Crusca
Lifestyle

Giustizia, il linguaggio corretto per la parità di genere

21 Marzo 2023
La Nuova Zelanda lancia la campagna Love Better da quasi 4 milioni di dollari
Attualità

La Nuova Zelanda aiuta i giovani a riprendersi dalle delusioni d’amore

23 Marzo 2023

Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
"Ha figli o ha intenzione di farli?". In Italia più di una donna su due si sente ancora rivolgere questa domanda al colloquio di lavoro. È quanto emerge dal report "Parità di genere & Leadership al femminile" pubblicato a marzo 2022 da Ey e SWG. I dati non sono affatto incoraggianti: circa il 30% delle lavoratrici tra i 30 e i 50 anni ritiene che la propria posizione professionale non sia in linea con le proprie competenze e aspettative. Il 36% non ritiene adeguatamente valorizzate le proprie competenze e oltre il 40% ritiene inadeguata la propria retribuzione. Tutto ciò in un contesto in cui la metà delle intervistate ritiene presente uno squilibrio di possibilità di carriera e di compensi tra uomini e donne. L'indagine Ey-SWG è stata condotta su tre target di riferimento: 514 donne lavoratrici con età compresa tra i 30 e i 50 anni; 104 donne impiegate come manager, dirigenti e imprenditrici; 103 uomini impiegati come manager, dirigenti e imprenditori.
 
Visualizza questo post su Instagram
 

Un post condiviso da Luce! (@luce.news)

Dalla ricerca emerge che, tanto nella percezione delle lavoratrici quanto in quella delle e dei dirigenti (donne e uomini), in oltre la metà delle imprese i ruoli dirigenziali continuano a parlare principalmente al maschile e anche laddove hanno acquisito ruoli dirigenziali, le donne si trovano a gestire un numero inferiore di risorse rispetto ai colleghi maschi. Pur a fronte di una situazione fortemente sbilanciata verso una leadership maschile, i tre quarti dei dirigenti intervistati ritengono che un’azienda con una leadership equilibrata dal punto di vista del genere sia più performante. Gli ostacoli principali restano quelli legati alla conciliazione tra lavoro e attività di cura (per il 46% delle lavoratrici) e la predominanza maschile nei ruoli chiave (per il 48% delle lavoratrici).
Oltre il 40% delle donne intervistate ritiene che la propria retribuzione non sia adeguata alle competenze (Grafico dal report di EY - SWG, "Parità di genere & Leadership al femminile")

Gender gap e disparità salariale, la situazione delle aziende in Italia

Nella percezione delle lavoratrici e dei dirigenti intervistati sono ancora poche le aziende che si sono dotate di una reale struttura organizzativa per ridurre le differenze di genere: nel 68% delle aziende non è presente una struttura che si occupi dell'inclusione delle donne; e solo il 21% ne prevede l'adozione nei prossimi anni. A mancare sono soprattutto le strutture in grado di aiutare a conciliare lavoro e famiglia ma anche sistemi organizzati di misurazione del gender gap (nel 70% delle aziende attualmente non è previsto un sistema di monitoraggio dei progressi per raggiungere la parità di genere). Quando si parla di equità nel trattamento di uomini e donne il percepito appare spesso molto distante: donne e uomini sono trattati con equità secondo il 76% dei dirigenti uomini, contro il 50% delle dirigenti donne. Una differenza dunque di oltre 20 punti percentuali. Altro problema è la capacità delle aziende di promuovere la formazione professionale delle donne: per il 38% delle manager viene promossa la formazione e la crescita professionale delle donne, contro il 57% dei dirigenti uomini.
Per il 35% delle dirigenti donne ci vorranno più di 10 anni per raggiungere la parità di genere in azienda (Grafico dal report di EY - SWG, "Parità di genere & Leadership al femminile")
L'obiettivo di raggiungere la parità di genere nei ruoli dirigenziali non appare facile da raggiungere nel breve periodo: per il 16% delle dirigenti donne intervistate sarà irraggiungibile, mentre per il 35% delle intervistate ci vorranno più di 10 anni. L'ingaggio diretto a questo riguardo di uomini e donne appare piuttosto diverso, con una maggiore tendenza dei dirigenti uomini a lasciare che le cose si compiano secondo il loro corso, senza intervenire direttamente. Per il 49% dei dirigenti uomini, infatti, la promozione di più donne in posizione di leadership è un impegno da assumersi, ma non una priorità e per il 31% degli stessi è qualcosa che avviene naturalmente ma sulla quale non si devono fare particolari azioni.
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • 8 marzo

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2023 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto