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L'occupazione maschile cresce, quella femminile a picco: cosa è il "Shecession"?

Il gender gap in Italia non si arresta. Secondo i dati Istat nel 2022 le donne lavoratrici sono aumentate dell'11% contro l'89% di incremento dei colleghi maschi. E non va meglio nemmeno ai giovani

di ILARIA VALLERINI -
1 marzo 2023
Aumenta il divario di genere in materia di occupazione

Aumenta il divario di genere in materia di occupazione

Due dati: 89% contro 11%. Fanno riferimento alla variazione del tasso occupazionale maschile (il primo) e femminile (il secondo) nel 2022. Percentuali che si potrebbero leggere anche in un altro modo, usando altre parole: gender gap, ad esempio, oppure "Shecession", inglesismo che sta ad indicare una recessione a danno esclusivo delle donne. Stando all'ultimo report dell'Istat se il numero di persone occupate in Italia è aumentato, l'andamento positivo non riguarda tutti, o meglio tutte. In breve la fase di ripresa occupazionale ha riguardato per lo più una parte della popolazione, mentre l'effetto Covid ha tenuto ancora a casa le donne: un divario che non si è mai più risanato. Sono dati questi, che permettono di tirare le somme sull'andamento del mercato del lavoro nell'anno appena passato e che dimostrano un divario di genere allarmante.

L'analisi dei dati

Un corteo di disoccupate: nel 2022 le donne lavoratrici sono solo l'11%

Partiamo dalle buone notizie: l'istituto di statistica certifica infatti che a dicembre 2022, rispetto al mese precedente, i lavoratori crescono (+37mila), rimangono praticamente stabili i disoccupati (+2mila) e diminuiscono invece gli inattivi (+54mila). Quelli appena trascorsi, inoltre, sono stati 12 mesi di ripresa per il mondo del lavoro: nel corso dell'anno appena finito hanno trovato lavoro 334mila persone, contribuendo a raggiungere gli oltre 23 milioni e 200mila occupati in Italia, un valore vicino ai record del 2019. Ma come si poteva già intuire dai dati rilasciati mensilmente, il risultato positivo del 2022 rispetto al 2021 riguarda solo alcune categorie di lavoratori: il 93% ha più di 50 anni e l'89% è di sesso maschile. In particolare, 309 mila nuovi occupati sono relativi a persone over 50 e 296 mila nuovi occupati sono uomini. Un divario generazionale e di genere apparso già drammaticamente evidente durante la fase più acuta della pandemia, quando donne e giovani avevano sofferto maggiormente licenziamenti in tronco e perdita del lavoro, in certi casi per accudire la propria famiglia oppure a causa del rallentamento delle attività economiche, come effetto della crisi sanitaria.

Cosa è il fenomeno di "Shecession"?

Se il Covid ormai non fa più notizia, la crisi lavorativa per metà della popolazione italiana deve far riflettere sull'urgenza di intervenire per superare un gender gap ancora troppo ampio. Tanto che si è iniziato a parlare addirittura di "Shecession", cioè una recessione a danno esclusivo delle donne. Nei primi mesi del 2020, infatti, l'occupazione femminile era scesa del 2,34% contro il -0,58% per gli uomini). Inoltre, nei primi mesi della pandemia, la crescita del numero di inattivi si era concentrata nella fascia di lavoratori tra i 25 e i 34 anni (+6,7% rispetto a +1,8% medio nel resto della popolazione). Numeri che hanno segnato un passo indietro di queste categorie affossate in seguito dallo scoppio della Guerra in Ucraina. La breve fase di ripresa economica post-pandemia non è bastata. Il divario tra donne, uomini, ma anche giovani e meno giovani si è esacerbato ulteriormente. Morale della storia? Donne e giovani ancora una volta restano inevitabilmente indietro.