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Lavoro, una donna su 2 vittima di molestie o discriminazioni. L'equità è ancora lontana

È quanto emerge dalla ricerca di Fondazione Libellula. La presidente Moretti: "Situazione inquietante all'interno delle aziende italiane"

3 agosto 2022
Il poster di “Bombshell – La voce dello scandalo”, film del 2019 diretto da Jay Roach che racconta il caso delle molestie sessuali alle giornaliste di Fox News

Il poster di “Bombshell – La voce dello scandalo”, film del 2019 diretto da Jay Roach che racconta il caso delle molestie sessuali alle giornaliste di Fox News

Una donna su due è vittima di molestie o discriminazioni sul posto di lavoro, una su cinque ha ricevuto contatti fisici non desiderati. Sono dati allarmanti quelli emersi dall'indagine di Fondazione Libellula, realtà nata con l’obiettivo di prevenire e contrastare la violenza sulle donne e la discriminazione di genere agendo sul piano culturale.
Una donna su due è vittima di molestie o discriminazioni sul posto di lavoro

Una donna su due è vittima di molestie o discriminazioni sul posto di lavoro

Le tante voci raccolte fanno riferimento a episodi spiacevoli vissuti durante le proprie esperienze lavorative: battutine allusive, apprezzamenti estetici pretestuosi, massaggi dietro le spalle non richiesti e ricatti sessuali. Ma anche una promozione data a un altro collega, uomo, durante il periodo di gravidanza. Episodi che non dovrebbero accadere, né sul posto di lavoro né altrove, e invece sono all'ordine del giorno almeno secondo le centinaia di donne che hanno descritto la loro esperienza lavorativa all’interno della survey LEI (Lavoro, Equità, Inclusione), realizzata da Fondazione Libellula e consultabile integralmente scaricando l’ebook dedicato al seguente link: fondazionelibellula.com/it/ebook.html. L'indagine ha coinvolto oltre 4.300 lavoratrici e libere professioniste in tutta Italia con l’obiettivo di fotografare, appunto, lo stato dell’equità di genere del mondo del lavoro italiano. I risultati restituiscono una situazione allarmante: più di una donna su 2 (55%) si dichiara vittima di una manifestazione diretta di molestia e discriminazione sul lavoro mentre addirittura il 22% ha avuto contatti fisici indesiderati e il 53% ha ricevuto complimenti espliciti indesiderati. Gli autori delle molestie sono principalmente i colleghi (55%), seguiti da capi (19%) e altri responsabili (6%). E le donne cosa fanno? Le conseguenze si riflettono in una limitazione del proprio comportamento per paura che possa essere male interpretato o portare a conseguenze negative: il 58% delle donne intervistate non reagisce efficacemente di fronte a una molestia, di queste il 38% non vuole passare come una persona troppo aggressiva o “quella che se la prende”, mentre l’11% non sa come fare. La ricerca mette in evidenza come lo stato dell’equità di genere nel mondo professionale sia ancora distante anche quando le donne ricoprono una posizione manageriale: in questa situazione, infatti, i loro comportamenti decisi e determinati vengono visti in un modo diverso rispetto a quelli maschili. Il 62% dichiara di essere considerata aggressiva se si mostra ambiziosa o assertiva e tra queste, il 42% ricopre un ruolo di responsabilità dirigenziale. Sempre rispetto a carriera e potere, dallo studio emerge che il mondo del lavoro in Italia è ancora troppo indietro: per gli uomini è più facile e veloce crescere e vedere riconosciuti i propri meriti. Arrivano di più e prima a posizioni di potere, ciò fa sì che in azienda la leadership diffusa sia prevalente al maschile. La carriera della donna è ancora troppo spesso interpretata alla luce di altri fattori rispetto al merito o alla competenza: il 71% sperimenta contesti in cui la leadership e i ruoli di responsabilità sono spesso prevalentemente ricoperti da uomini, il 79% vede crescere i colleghi uomini più velocemente, anche se con minore esperienza della propria o di altre donne.
 
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  Questa difficoltà di progredire nel proprio percorso lavorativo peggiora in contesti in cui la genitorialità è percepita come condizione esclusivamente femminile. Le donne, così, non sono serene nel comunicare alla propria azienda di essere incinta (41%). Il 68% ha visto rallentare il proprio percorso di crescita, o quello di altre donne, a causa della maternità e il 65% che ha sentito allusioni e commenti rispetto alle conseguenze negative della maternità in azienda. A generare la discriminazione non è solo un rapporto sbilanciato di forza nel contesto lavorativo dato dai ruoli operativi degli uomini rispetto a quelli delle donne, ma anche l’appartenenza al genere.
Debora Moretti, fondatrice e presidente di Fondazione Libellula

Debora Moretti, fondatrice e presidente di Fondazione Libellula

In sintesi, ciò che emerge dall'indagine è un problema culturale ormai insito all’interno del contesto professionale italiano che necessita di un profondo e continuo lavoro di educazione e sensibilizzazione. “Questi dati fotografano una situazione inquietante all’interno dell’ambiente lavorativo delle aziende italiane e devono imporre una riflessione: il linguaggio e gli atteggiamenti non verbali occultano la dimensione professionale delle donne sul posto di lavoro. Per tante i luoghi di lavoro rappresentano contesti poco sicuri, psicologicamente e fisicamente complicati” afferma Debora Moretti, fondatrice e presidente di Fondazione Libellula, realtà nata dalla volontà di Zeta Service, azienda leader nella fornitura di servizi dedicati al mondo delle risorse umane. La Fondazione riunisce un network d’importanti aziende italiane come Decathlon, Furla, Heineken, Tim e Vodafone, con l’obiettivo di prevenire e contrastare la violenza sulle donne e la discriminazione di genere agendo sul piano culturale.