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Home » Economia » LeROSA, il progetto dalle donne per le donne. “L’indipendenza economica un requisito di base”

LeROSA, il progetto dalle donne per le donne. “L’indipendenza economica un requisito di base”

LeROSA è un movimento dal basso destinato a far parlare di sé: la community conta ad oggi 2555 donne. Gli obiettivi sono la ricerca della propria felicità e l’opportunità di sviluppare business e talenti, mettendo in rete contatti e informazioni di ciascuna

Margherita Ambrogetti Damiani
12 Aprile 2022
LeROSA: il progetto benefit per l’indipendenza economica dalle donne per le donne

LeROSA: il progetto benefit per l’indipendenza economica dalle donne per le donne

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Zerovirgolacinquantasei percento: è questa la quota di bilancio che lo Stato italiano, nel 2022, ha destinato alle azioni finalizzate alla riduzione delle diseguaglianze di genere. Se non fosse per il lieve aumento – 0,16 punti percentuali – rispetto all’anno precedente, ci sarebbe davvero da preoccuparsi. In concreto, stiamo parlando di 5,5 miliardi su 973 del bilancio del Paese. Che il 2020 non sia stato un anno favorevole per le donne lo avevamo però già ben chiaro. La perdita dei posti di lavoro è stata spaventosa. Preoccupanti sono stati anche gli indicatori relativi alle condizioni occupazionali e alla crescente difficoltà nel conciliare i tempi di vita e di lavoro. Nell’anno del primo lockdown, la percentuale delle donne occupate ha toccato quota 49%. Il divario con il tasso di occupazione degli uomini ha raggiunto quota 18,2 punti percentuali. Nel resto dell’Europa, invece, le cose sembrano andare meglio, con un divario che si aggira intorno al 10,1%.

LeROSA team
LeROSA è una community di donne per le donne. Al centro la parola “voglio” e l’idea di fare rete (attraverso il digitale) per raggiungere la felicità di ciascuna

Gli esempi virtuosi: LeROSA, dalle donne per le donne

Se, dunque, da una parte, appare chiara e inequivocabile la necessità di un maggiore investimento sulle energie femminili da parte dello Stato, dall’altra è utile tenere conto del fatto che esistono numerosi esempi di donne che, nonostante tutto, ce la stanno facendo. È questo il caso di LeROSA, inequivocabilmente un progetto dalle donne per le donne. Attenzione, non fatevi ingannare: non è affatto tutto “rose e fiori”. Giulia Bezzi, imprenditrice, esperta di SEO e contenuti, speaker per eventi digital e founder di LeROSA, non le manda a dire quando le si chiede il significato del brand: “Il riferimento non è alla rosa in quanto tale ma a quella de Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry. ‘È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante’ è il vero significato de LeROSA, ciò che ci muove ogni giorno per fare in modo che la nostra community cresca e generi beneficio alle donne ogni giorno di più”.

A parlare con Giulia si ha la sensazione che quella delle donne in Italia non sia una causa del tutto persa e che non è detto che le cose non possano cambiare. Il suo è il punto di osservazione concreto, di una donna che nella vita ha scelto di essere imprenditrice di se stessa, cresciuta in una famiglia di uomini. Si definisce amica delle donne ma non una femminista. Sul ruolo delle donne nella società ha le idee cristalline: “Per fare in modo che ciascuna di noi possa trovare il proprio posto nel mondo è necessario che l’indipendenza economica venga considerata da tutte un requisito di base”.

giulia-bezzi
Giulia Bezzi, imprenditrice founder de LeROSA

Cos’è LeROSA

LeROSA mette al centro il lavoro, partendo dal presupposto che nessuna si salva da sola. La community conta ad oggi 2555 donne accomunate dai medesimi obiettivi: la ricerca della propria felicità e l’opportunità di sviluppare business e talenti, mettendo in rete contatti e informazioni di ciascuna. Il presupposto di base è racchiuso tutto nella parola “voglio”. Una volta alla settimana, LeROSA si comunicano reciprocamente il loro “voglio” e si impongono di aiutarsi a fare in modo che ogni obiettivo venga raggiunto nel minor tempo possibile. Perno dell’azione sociale di LeRosa è il digital. La founder Giulia Bezzi anche su questo è netta: “Non conoscere le regole di base del digitale significa essere tagliate fuori dal presente”. In tale ottica, LeROSA mette a disposizione percorsi formativi e di conoscenza attraverso cui acquisire skills fondamentali per muoversi con disinvoltura in ogni contesto, sia on che off-line.

Le origini e i progetti

Gruppo-Facebook-LeROSA-ascoltatu
La community LeROSA si sviluppa su vari fronti, dal blog alla tv, dai social ai corsi gratuiti

Nella community LeROSA le donne sono amiche delle donne e, di per sé, già questo assunto rappresenta il rovesciamento di uno stereotipo ormai logoro. I primi passi di questa avventura tutta al femminile risalgono al 2017, in quel di Padova, città della Bezzi. Dal 2020 a oggi, il progetto ha messo il turbo, superando addirittura i confini della community digitale e dando alla luce il blog, la newsletter, la pagina Facebook, il profilo Instagram, l’account LinkedIn, il canale TikTok e LeROSA TV, con un palinsesto di appuntamenti live che vede protagonisti anche lorsignori, in pillole di talk show e interessanti momenti di approfondimento. Spazio anche a LeROSAartigiane, LeROSAascoltatu e alla live interamente dedicata ai bandi di finanziamento. E non è finita qua: con LeROSA Next, l’evento annuale che riassume l’anno trascorso, speaker provenienti da ogni angolo d’Italia hanno la possibilità di raccontare i traguardi raggiunti con la formula 50-50 (metà uomini e metà donne).

LeROSA-community-donne
Giulia Bezzi, founder de LeROSA, sostiene che “le donne devono uscire dalla loro zona di comfort e collaborare”

Da non trascurare è anche il non-stop formativo, garantito settimanalmente dall’erogazione di 10 ore di percorsi gratuiti attraverso cui imparare a promuoversi online e scrivere contenuti di valore. E ci sono pure l’arrivo in squadra di GBS Group, azienda torinese con vent’anni di attività alle spalle, che collaborerà allo sviluppo dell’imprenditoria femminile, accompagnando LeROSA verso l’ambizioso obiettivo di un milione e mezzo di fatturato entro il 2025 e la #Spadelbusiness, un percorso di crescita dedicato alle microimprese e finalizzato all’accesso al microcredito, realizzato in collaborazione con Confesercenti Verona, ma destinato a diventare presto di carattere nazionale.

Niente lotta senza quartiere agli uomini, piuttosto un’alleanza strutturale di genere attraverso cui abbattere gli stereotipi culturali che frenano le azioni delle donne. LeROSA è un movimento dal basso destinato a far parlare di sé. “Le donne devono uscire dalla loro zona di comfort e collaborare”, afferma Giulia Bezzi. E, a giudicare dall’aria di serenità e di freschezza che si respira nella community, c’è da scommettere che la chiave sia quella giusta.

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Instagram

  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

#lucenews #lucelanazione #secondhand #vintage
  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

#lucenews #isaacortman #minnesota #boyscout

Zerovirgolacinquantasei percento: è questa la quota di bilancio che lo Stato italiano, nel 2022, ha destinato alle azioni finalizzate alla riduzione delle diseguaglianze di genere. Se non fosse per il lieve aumento – 0,16 punti percentuali – rispetto all’anno precedente, ci sarebbe davvero da preoccuparsi. In concreto, stiamo parlando di 5,5 miliardi su 973 del bilancio del Paese. Che il 2020 non sia stato un anno favorevole per le donne lo avevamo però già ben chiaro. La perdita dei posti di lavoro è stata spaventosa. Preoccupanti sono stati anche gli indicatori relativi alle condizioni occupazionali e alla crescente difficoltà nel conciliare i tempi di vita e di lavoro. Nell’anno del primo lockdown, la percentuale delle donne occupate ha toccato quota 49%. Il divario con il tasso di occupazione degli uomini ha raggiunto quota 18,2 punti percentuali. Nel resto dell’Europa, invece, le cose sembrano andare meglio, con un divario che si aggira intorno al 10,1%.

LeROSA team
LeROSA è una community di donne per le donne. Al centro la parola "voglio" e l'idea di fare rete (attraverso il digitale) per raggiungere la felicità di ciascuna

Gli esempi virtuosi: LeROSA, dalle donne per le donne

Se, dunque, da una parte, appare chiara e inequivocabile la necessità di un maggiore investimento sulle energie femminili da parte dello Stato, dall’altra è utile tenere conto del fatto che esistono numerosi esempi di donne che, nonostante tutto, ce la stanno facendo. È questo il caso di LeROSA, inequivocabilmente un progetto dalle donne per le donne. Attenzione, non fatevi ingannare: non è affatto tutto “rose e fiori”. Giulia Bezzi, imprenditrice, esperta di SEO e contenuti, speaker per eventi digital e founder di LeROSA, non le manda a dire quando le si chiede il significato del brand: "Il riferimento non è alla rosa in quanto tale ma a quella de Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry. 'È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante' è il vero significato de LeROSA, ciò che ci muove ogni giorno per fare in modo che la nostra community cresca e generi beneficio alle donne ogni giorno di più".

A parlare con Giulia si ha la sensazione che quella delle donne in Italia non sia una causa del tutto persa e che non è detto che le cose non possano cambiare. Il suo è il punto di osservazione concreto, di una donna che nella vita ha scelto di essere imprenditrice di se stessa, cresciuta in una famiglia di uomini. Si definisce amica delle donne ma non una femminista. Sul ruolo delle donne nella società ha le idee cristalline: “Per fare in modo che ciascuna di noi possa trovare il proprio posto nel mondo è necessario che l’indipendenza economica venga considerata da tutte un requisito di base”.

giulia-bezzi
Giulia Bezzi, imprenditrice founder de LeROSA

Cos'è LeROSA

LeROSA mette al centro il lavoro, partendo dal presupposto che nessuna si salva da sola. La community conta ad oggi 2555 donne accomunate dai medesimi obiettivi: la ricerca della propria felicità e l’opportunità di sviluppare business e talenti, mettendo in rete contatti e informazioni di ciascuna. Il presupposto di base è racchiuso tutto nella parola “voglio”. Una volta alla settimana, LeROSA si comunicano reciprocamente il loro “voglio” e si impongono di aiutarsi a fare in modo che ogni obiettivo venga raggiunto nel minor tempo possibile. Perno dell’azione sociale di LeRosa è il digital. La founder Giulia Bezzi anche su questo è netta: “Non conoscere le regole di base del digitale significa essere tagliate fuori dal presente”. In tale ottica, LeROSA mette a disposizione percorsi formativi e di conoscenza attraverso cui acquisire skills fondamentali per muoversi con disinvoltura in ogni contesto, sia on che off-line.

Le origini e i progetti

Gruppo-Facebook-LeROSA-ascoltatu
La community LeROSA si sviluppa su vari fronti, dal blog alla tv, dai social ai corsi gratuiti

Nella community LeROSA le donne sono amiche delle donne e, di per sé, già questo assunto rappresenta il rovesciamento di uno stereotipo ormai logoro. I primi passi di questa avventura tutta al femminile risalgono al 2017, in quel di Padova, città della Bezzi. Dal 2020 a oggi, il progetto ha messo il turbo, superando addirittura i confini della community digitale e dando alla luce il blog, la newsletter, la pagina Facebook, il profilo Instagram, l’account LinkedIn, il canale TikTok e LeROSA TV, con un palinsesto di appuntamenti live che vede protagonisti anche lorsignori, in pillole di talk show e interessanti momenti di approfondimento. Spazio anche a LeROSAartigiane, LeROSAascoltatu e alla live interamente dedicata ai bandi di finanziamento. E non è finita qua: con LeROSA Next, l’evento annuale che riassume l’anno trascorso, speaker provenienti da ogni angolo d’Italia hanno la possibilità di raccontare i traguardi raggiunti con la formula 50-50 (metà uomini e metà donne).

LeROSA-community-donne
Giulia Bezzi, founder de LeROSA, sostiene che "le donne devono uscire dalla loro zona di comfort e collaborare”

Da non trascurare è anche il non-stop formativo, garantito settimanalmente dall’erogazione di 10 ore di percorsi gratuiti attraverso cui imparare a promuoversi online e scrivere contenuti di valore. E ci sono pure l’arrivo in squadra di GBS Group, azienda torinese con vent'anni di attività alle spalle, che collaborerà allo sviluppo dell'imprenditoria femminile, accompagnando LeROSA verso l’ambizioso obiettivo di un milione e mezzo di fatturato entro il 2025 e la #Spadelbusiness, un percorso di crescita dedicato alle microimprese e finalizzato all’accesso al microcredito, realizzato in collaborazione con Confesercenti Verona, ma destinato a diventare presto di carattere nazionale.

Niente lotta senza quartiere agli uomini, piuttosto un’alleanza strutturale di genere attraverso cui abbattere gli stereotipi culturali che frenano le azioni delle donne. LeROSA è un movimento dal basso destinato a far parlare di sé. “Le donne devono uscire dalla loro zona di comfort e collaborare”, afferma Giulia Bezzi. E, a giudicare dall’aria di serenità e di freschezza che si respira nella community, c’è da scommettere che la chiave sia quella giusta.

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