Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Economia » Nei ristoranti a buffet si spreca ancora troppo cibo: ecco come ridurre gli scarti

Nei ristoranti a buffet si spreca ancora troppo cibo: ecco come ridurre gli scarti

I risultati e le strategie a contrasto del fenomeno in uno studio realizzato da due ricercatori della Fu Jen Catholic University di Taipei

Domenico Guarino
14 Gennaio 2023
Spreco alimentare nella ristorazione

Spreco alimentare nella ristorazione

Share on FacebookShare on Twitter

Il danno e la beffa. Mentre ancora centinaia di milioni di persone soffrono per la fame e la scarsa qualità del cibo a disposizione, secondo le stime dell’Onu il 28% della terra agricola mondiale (circa 1,4 miliardi di ettari) coltiva cibo che non verrà consumato. Tanto che un terzo del cibo prodotto nel mondo viene scartato addirittura prima di arrivare sulle tavole. Una pratica che costa ben 750 miliardi di dollari in perdite economiche e costi ambientali. È pur vero che una parte considerevole di cibo viene sprecato nelle case ma, con il suo 17%, il settore dell’ospitalità e della ristorazione fornisce un contributo non secondario a questo triste fenomeno.

La spreco alimentare nel mondo della ristorazione e dell’ospitalità incide per il 17% sul totale del fenomeno

Gli studi sullo spreco alimentare nell’ambito della ristorazione si sono finora concentrati su alberghi, ristoranti à la carte, catering, caffetterie, mense universitarie, crociere, ma quasi mai sui ristoranti a buffet, ovvero quelle tipologie di somministrazione in cui i clienti pagano un prezzo fisso per prendere tutto ciò che vogliono, invece di pagare per ciò che effettivamente consumano. Un sistema che crea molti più rifiuti, sia nel piatto che sul banco di servizio: grandi porzioni, scelte esagerate nei menu, comportamento dei clienti, gestione del locale. A far luce su questo segmento di mercato e sul suo contributo allo spreco alimentare nel mondo è stato “Reducing food waste in buffet restaurants: a corporate management approach“, uno studio realizzato da Chi-Mei Emily Wu e Chih-Ching Teng, due ricercatori della Fu Jen Catholic University di Taipei (Taiwan).

Lo studio – che utilizza interviste individuali e un focus group a 15 manager, chef e dipendenti – non è molto esteso, in quanto riguarda due soli ristoranti a buffet di una grande catena di ristoranti di Taiwan. Al netto della ristrettezza del campione, quello che ne emerge è un ritratto non proprio edificante, con una lunga catena di sprechi collocati lungo tutta la filiera: dagli scarti di preparazione, agli gli avanzi del piatto del cliente, fino a quelli nel tavolo del buffet. Oltre che evidenziare il fenomeno, i due ricercatori hanno tuttavia fornito anche varie strategie per diminuire il volume degli sprechi alimentari. Ad esempio la creazione di una cucina centrale, la collaborazione con fornitori qualificati, la previsione accurata della domanda alimentare, la progettazione estetica dei tavoli da buffet, la riprogettazione del metodo di servizio, il monitoraggio continuo degli sprechi alimentari e comunicazione proattiva con i clienti.

I ricercatori di Taipei indicano le strategie per sprecare meno cibo nei ristoranti a buffet

In particolare, suggeriscono i due studiosi, esaminare i dati storici e il numero di prenotazioni è utile per fare una previsione degli acquisti. Monitorare acquisto, preparazione, conservazione e manipolazione degli alimenti aiuta invece a prevenire il deterioramento degli alimenti. Allo stesso modo è utile monitorare quello che resta nel piatto dei clienti e ascoltare il feedback, per regolare in maniera adeguata la dimensione delle porzioni. Infine è utile separare i cestini sia nelle aree di preparazione che nelle aree di servizio. E se proprio rimangono degli avanzi? La soluzione è semplice. Coordinarsi con le organizzazioni di beneficenza per donare il cibo ancora buono a chi non ne ha.

Potrebbe interessarti anche

La piccola di saki oggi a 5 mesi di vita sulle spalle di mamma Yuta, (Ph: Elena Livia Pennacchioni)
Attualità

Festa del papà, anche tra gli animali ci sono padri modello e non

19 Marzo 2023
CoorDown lancia la campagna "Ridiculous excuses not to be inclusive" per la giornata mondiale sulla sindrome di Down
Attualità

Giornata sindrome di Down: le scuse ridicole per non includere

21 Marzo 2023
L'attore Pedro Pascal (Instagram)
Spettacolo

Pedro Pascal, chi è il “daddy” della Generazione Z

19 Marzo 2023

Instagram

  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Il danno e la beffa. Mentre ancora centinaia di milioni di persone soffrono per la fame e la scarsa qualità del cibo a disposizione, secondo le stime dell’Onu il 28% della terra agricola mondiale (circa 1,4 miliardi di ettari) coltiva cibo che non verrà consumato. Tanto che un terzo del cibo prodotto nel mondo viene scartato addirittura prima di arrivare sulle tavole. Una pratica che costa ben 750 miliardi di dollari in perdite economiche e costi ambientali. È pur vero che una parte considerevole di cibo viene sprecato nelle case ma, con il suo 17%, il settore dell’ospitalità e della ristorazione fornisce un contributo non secondario a questo triste fenomeno.
La spreco alimentare nel mondo della ristorazione e dell'ospitalità incide per il 17% sul totale del fenomeno
Gli studi sullo spreco alimentare nell’ambito della ristorazione si sono finora concentrati su alberghi, ristoranti à la carte, catering, caffetterie, mense universitarie, crociere, ma quasi mai sui ristoranti a buffet, ovvero quelle tipologie di somministrazione in cui i clienti pagano un prezzo fisso per prendere tutto ciò che vogliono, invece di pagare per ciò che effettivamente consumano. Un sistema che crea molti più rifiuti, sia nel piatto che sul banco di servizio: grandi porzioni, scelte esagerate nei menu, comportamento dei clienti, gestione del locale. A far luce su questo segmento di mercato e sul suo contributo allo spreco alimentare nel mondo è stato "Reducing food waste in buffet restaurants: a corporate management approach", uno studio realizzato da Chi-Mei Emily Wu e Chih-Ching Teng, due ricercatori della Fu Jen Catholic University di Taipei (Taiwan). Lo studio – che utilizza interviste individuali e un focus group a 15 manager, chef e dipendenti – non è molto esteso, in quanto riguarda due soli ristoranti a buffet di una grande catena di ristoranti di Taiwan. Al netto della ristrettezza del campione, quello che ne emerge è un ritratto non proprio edificante, con una lunga catena di sprechi collocati lungo tutta la filiera: dagli scarti di preparazione, agli gli avanzi del piatto del cliente, fino a quelli nel tavolo del buffet. Oltre che evidenziare il fenomeno, i due ricercatori hanno tuttavia fornito anche varie strategie per diminuire il volume degli sprechi alimentari. Ad esempio la creazione di una cucina centrale, la collaborazione con fornitori qualificati, la previsione accurata della domanda alimentare, la progettazione estetica dei tavoli da buffet, la riprogettazione del metodo di servizio, il monitoraggio continuo degli sprechi alimentari e comunicazione proattiva con i clienti.
I ricercatori di Taipei indicano le strategie per sprecare meno cibo nei ristoranti a buffet
In particolare, suggeriscono i due studiosi, esaminare i dati storici e il numero di prenotazioni è utile per fare una previsione degli acquisti. Monitorare acquisto, preparazione, conservazione e manipolazione degli alimenti aiuta invece a prevenire il deterioramento degli alimenti. Allo stesso modo è utile monitorare quello che resta nel piatto dei clienti e ascoltare il feedback, per regolare in maniera adeguata la dimensione delle porzioni. Infine è utile separare i cestini sia nelle aree di preparazione che nelle aree di servizio. E se proprio rimangono degli avanzi? La soluzione è semplice. Coordinarsi con le organizzazioni di beneficenza per donare il cibo ancora buono a chi non ne ha.
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • 8 marzo

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2023 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto