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Home » Economia » Quanto costa la fuga di cervelli? Sempre più laureati se ne vanno dal Bel Paese, dove non si fanno figli e si investe poco sul futuro

Quanto costa la fuga di cervelli? Sempre più laureati se ne vanno dal Bel Paese, dove non si fanno figli e si investe poco sul futuro

Ogni anni l'Italia perde 3 miliardi di euro investiti sulla formazione di giovani che "scappano" all'estero. I laureati che partono sono pari alla popolazione di una città grande come Lucca, e sono più le donne che uomini. Una perdita economica e di capitale umano che aggrava il calo demografico e di natalità del nostro Paese

Marianna Grazi
11 Maggio 2021
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Un Paese senza giovani è un Paese senza futuro. Perdere laureati, studenti o lavoratori costa. Costa in termini di mancanza di prospettive, in Stati come l’Italia alle prese con un tasso di natalità ai minimi storici. Ma questa fuga all’estero ha ricadute economiche immediate sulla nostra società.

 

I numeri del “brain drain” italiano

 

Ogni anno l’Italia perde una popolazione grande quanto quella della città di Lucca per fuga di cervelli. E quasi 3 cittadini italiani su 4, trasferitisi all’estero, hanno 25 anni o più. Sono circa 84 mila (72% del totale degli espatriati) e di essi, il 32% sono laureati, soprattutto in materie STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica). Rispetto al 2009, l’aumento degli espatri di laureati è oggi più evidente tra le donne (+10 punti percentuali) che tra gli uomini (+7%). Ma dove vanno?

Tra le principali destinazioni, nel 2019 il Regno Unito ha accolto la maggioranza degli italiani emigrati (circa 21 mila), seguito da Germania (18 mila), Francia (circa 14 mila), Svizzera (quasi 10 mila) e Spagna (7 mila). In questi cinque Paesi si concentra complessivamente il 60% degli espatri dei cittadini italiani. Tra i paesi extra-europei, le mete più ambite sono Brasile, Stati Uniti, Australia e Canada (nel complesso 18 mila).

 

Il prezzo da pagare

Tutti questi Stati beneficiano oltre che del capitale umano, anche di miliardi di euro investiti dal nostro Paese per formare le giovani menti. La fuga di quasi 30mila laureati all’estero, infatti, costa all’Italia oltre 3 miliardi di euro, spesi per la loro istruzione dal primo anno delle elementari alla laurea. Confindustria stima che una famiglia, per crescere ed educare un figlio fino ai 25 anni, spenda circa 165mila euro mentre lo Stato ne eroga, a sua volta, 100mila per scuola e università. In termini di mancate entrate, l’Istat stima si perdano più di 25 miliardi di mancato gettito fiscale dai laureati all’estero. Il rimpatrio, alle giuste condizioni ovvero stabilità e sostegno socio-economico, contribuirebbe a risolvere il preoccupante gap demografico, diminuendo il tasso di dipendenza ormai alle stelle.

Finora tutti i programmi specifici di contrasto al “brain drain” italiano non si sono rivelati del tutto sufficienti a trattenere le giovani risorse. Ma nel nuovo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, presentato il 29 aprile scorso dal Governo Draghi alla Commissione europea, sono state aumentate le risorse destinate ai giovani, che andranno ad affiancarsi agli ingenti stanziamenti (circa 32 miliardi) in favore di istruzione e ricerca. Il piano sembra andare nella giusta direzione, ma prima di vederne gli effetti concreti serviranno anni.

 

L’Italia: un Paese sempre più “anziano”

La questione della “diaspora giovanile” non è peraltro da considerare un problema del futuro. Si stima che la popolazione mondiale dovrebbe aumentare di 2 miliardi nei prossimi 30 anni. In alcuni Stati o aree del mondo, invece, si assisterà invece a un’inversione di tendenza. In particolare nel continente europeo, dove il numero di persone scenderà entro il 2050, con probabili riduzioni fino al 10% in almeno 26 Paesi. Calo demografico che si affiancherà, e lo sta già facendo, all’aumento dell’età media della popolazione stessa. Entro il 2070 il 30,3% della popolazione europea dovrebbe avere almeno 65 anni e il 13,2% dovrebbe avere almeno 80 anni.

Per quanto riguarda l’Italia le prospettive sono fosche: si stima che la popolazione, attualmente di 60,3 milioni di abitanti, possa scendere di un milione entro il 2040 e a 53,8 milioni entro il 2065. Una cifra davvero preoccupante, che equivarrebbe oggi ad una perdita del 11% circa della popolazione totale. Giovani, studenti o lavoratori, uomini e donne che “scappano” all’estero, o se rimangono scelgono di non avere o di aspettare per avere figli. Le ricerche dimostrano infatti che nel nostro Paese, nel periodo della pandemia, la caduta della natalità ha subito un’ulteriore forte accelerazione (3,8% in meno in dodici mesi, con un numero medio di figli per donna sceso a 1,24).

Inoltre, l’Italia è un paese sempre più “anziano” e con pochi giovani che, come abbiamo visto, spesso abbandonano il Bel Paese dopo aver raggiunto alti livelli di istruzione. Le cause, secondo i sondaggi, sarebbero stipendi troppo bassi rispetto all’estero, scarsa valorizzazione delle competenze acquisite che si riflette su una retribuzione che “premia di più chi studia di meno” e inizia a lavorare prima. Insomma i giovani, in Italia, non si sentono valorizzati come risorsa. E scappano in cerca di prospettive migliori, che spesso, in effetti, trovano.

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Instagram

  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Un Paese senza giovani è un Paese senza futuro. Perdere laureati, studenti o lavoratori costa. Costa in termini di mancanza di prospettive, in Stati come l'Italia alle prese con un tasso di natalità ai minimi storici. Ma questa fuga all'estero ha ricadute economiche immediate sulla nostra società.  

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  Ogni anno l'Italia perde una popolazione grande quanto quella della città di Lucca per fuga di cervelli. E quasi 3 cittadini italiani su 4, trasferitisi all'estero, hanno 25 anni o più. Sono circa 84 mila (72% del totale degli espatriati) e di essi, il 32% sono laureati, soprattutto in materie STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica). Rispetto al 2009, l'aumento degli espatri di laureati è oggi più evidente tra le donne (+10 punti percentuali) che tra gli uomini (+7%). Ma dove vanno? Tra le principali destinazioni, nel 2019 il Regno Unito ha accolto la maggioranza degli italiani emigrati (circa 21 mila), seguito da Germania (18 mila), Francia (circa 14 mila), Svizzera (quasi 10 mila) e Spagna (7 mila). In questi cinque Paesi si concentra complessivamente il 60% degli espatri dei cittadini italiani. Tra i paesi extra-europei, le mete più ambite sono Brasile, Stati Uniti, Australia e Canada (nel complesso 18 mila).  

Il prezzo da pagare

Tutti questi Stati beneficiano oltre che del capitale umano, anche di miliardi di euro investiti dal nostro Paese per formare le giovani menti. La fuga di quasi 30mila laureati all’estero, infatti, costa all'Italia oltre 3 miliardi di euro, spesi per la loro istruzione dal primo anno delle elementari alla laurea. Confindustria stima che una famiglia, per crescere ed educare un figlio fino ai 25 anni, spenda circa 165mila euro mentre lo Stato ne eroga, a sua volta, 100mila per scuola e università. In termini di mancate entrate, l'Istat stima si perdano più di 25 miliardi di mancato gettito fiscale dai laureati all'estero. Il rimpatrio, alle giuste condizioni ovvero stabilità e sostegno socio-economico, contribuirebbe a risolvere il preoccupante gap demografico, diminuendo il tasso di dipendenza ormai alle stelle. Finora tutti i programmi specifici di contrasto al "brain drain" italiano non si sono rivelati del tutto sufficienti a trattenere le giovani risorse. Ma nel nuovo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, presentato il 29 aprile scorso dal Governo Draghi alla Commissione europea, sono state aumentate le risorse destinate ai giovani, che andranno ad affiancarsi agli ingenti stanziamenti (circa 32 miliardi) in favore di istruzione e ricerca. Il piano sembra andare nella giusta direzione, ma prima di vederne gli effetti concreti serviranno anni.  

L'Italia: un Paese sempre più "anziano"

La questione della "diaspora giovanile" non è peraltro da considerare un problema del futuro. Si stima che la popolazione mondiale dovrebbe aumentare di 2 miliardi nei prossimi 30 anni. In alcuni Stati o aree del mondo, invece, si assisterà invece a un'inversione di tendenza. In particolare nel continente europeo, dove il numero di persone scenderà entro il 2050, con probabili riduzioni fino al 10% in almeno 26 Paesi. Calo demografico che si affiancherà, e lo sta già facendo, all'aumento dell'età media della popolazione stessa. Entro il 2070 il 30,3% della popolazione europea dovrebbe avere almeno 65 anni e il 13,2% dovrebbe avere almeno 80 anni. Per quanto riguarda l'Italia le prospettive sono fosche: si stima che la popolazione, attualmente di 60,3 milioni di abitanti, possa scendere di un milione entro il 2040 e a 53,8 milioni entro il 2065. Una cifra davvero preoccupante, che equivarrebbe oggi ad una perdita del 11% circa della popolazione totale. Giovani, studenti o lavoratori, uomini e donne che "scappano" all'estero, o se rimangono scelgono di non avere o di aspettare per avere figli. Le ricerche dimostrano infatti che nel nostro Paese, nel periodo della pandemia, la caduta della natalità ha subito un'ulteriore forte accelerazione (3,8% in meno in dodici mesi, con un numero medio di figli per donna sceso a 1,24). Inoltre, l'Italia è un paese sempre più "anziano" e con pochi giovani che, come abbiamo visto, spesso abbandonano il Bel Paese dopo aver raggiunto alti livelli di istruzione. Le cause, secondo i sondaggi, sarebbero stipendi troppo bassi rispetto all'estero, scarsa valorizzazione delle competenze acquisite che si riflette su una retribuzione che "premia di più chi studia di meno" e inizia a lavorare prima. Insomma i giovani, in Italia, non si sentono valorizzati come risorsa. E scappano in cerca di prospettive migliori, che spesso, in effetti, trovano.
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