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Home » Economia » Whitney Wolfe Herd: “Molestata sul lavoro dal mio ex, ho fondato una app di incontri per sole donne. E oggi sono miliardaria”

Whitney Wolfe Herd: “Molestata sul lavoro dal mio ex, ho fondato una app di incontri per sole donne. E oggi sono miliardaria”

Co-fondatrice di Tinder e ora a capo del social (e app) di incontri Bumble, a 31 anni Wolfe Herd è la più giovane donna della storia ad aver quotato la sua startup in Borsa e, dopo l’esordio sul mercato azionario, ha ottenuto anche il primato di più giovane miliardaria self-made del mondo

Marianna Grazi
12 Aprile 2021
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“Fai la prima mossa e vai sempre avanti, qualunque cosa accada”. No, non è la classica frase motivazionale: chi l’ha scritta ne è l’incarnazione vivente. Whitney Wolfe Herd è un’imprenditrice americana che di prime mosse di successo ne sa qualcosa. Co-fondatrice di Tinder e ora a capo del social (e app) di incontri Bumble, è la più giovane donna della storia ad aver quotato la sua startup in Borsa e, dopo l’esordio sul mercato azionario, ha ottenuto anche il primato di più giovane miliardaria self-made del mondo. A soli 31 anni. Wolfe Herd possiede quasi il 12% della società, che al momento vale 1,6 miliardi di dollari. Numeri che fanno tremare al solo pensiero, anche perché la strada, per la ragazza nata a Salt Lake City e laureata in Studi Internazionali, non è stata sempre così in discesa. Ma non le sono mai mancati il coraggio e la grinta per andare avanti, qualunque cosa accadesse.

Nel 2010 apre la sua prima attività a scopo benefico: comincia a vendere borse di bamboo e devolve il ricavato alle zone del Golfo del Messico colpite dal disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon. A 23 anni entra a far parte del team di sviluppo di Tinder, una tra le più famose e usate applicazioni di dating online al mondo. A Whitney affidano il posto di vice presidente marketing ed è lei a scegliere il nome dell’app, che in italiano si traduce con “cosa infiammabile”.

Whitney Wolfe Herd ha 31 anni. A 23 entra a far parte del team di Tinder come vice presidente marketing ed è lei a scegliere il nome dell’app. Dopo aver lasciato Justin Mateen, altro cofounder in Tinder, quest’ultimo inizia a insultarla in pubblico: Wolfe Herd lascia l’azienda e lo cita in giudizio per molestie sessuali. Dopo un periodo molto duro, fonderà Bumble, diventando la più giovane donna della storia ad aver quotato la sua startup in Borsa

Con Tinder si incendia la carriera di Wolfe Herd, perché diventa in pochissimo tempo un successo mondiale. Un fuoco che però brucia solo per due anni: “Sono stati tempi molto duri, non vedevo più una carriera per me – ricorda – Avevo 24 anni, avevo fondato una delle più celebri startup tech, ma Internet mi odiava. Allora mi sono svegliata un giorno e mi sono detta ora è tempo di ricostruirmi”.

Dopo aver lasciato Justin Mateen, altro cofounder in Tinder, quest’ultimo inizia a insultarla in pubblico e durante i meeting di lavoro, con la compiacenza dell’allora Ceo. Wolfe Herd lascia l’azienda e la cita in giudizio per molestie sessuali. Una scelta che alimenta l’odio verso di lei anche in Rete. “Non l’ho fatto per soldi, ma per il mio duro lavoro. Volevano cancellarmi dalla storia dell’azienda. Non voglio prendermi il merito di Tinder, ma ho avuto un ruolo importante nel team e volevo che questo fosse chiaro al mondo”.

Nel frattempo la fiamma dentro di lei non si è completamente spenta e già nel 2014 inizia a abbozzare una nuova idea di business: un social per sole donne che avrebbe fatto concorrenza a Instagram. Poi, una sera, l’appuntamento col destino. Vedendo la Sadie Hawkins dance, una danza nella quale solo le donne possono invitare gli uomini a ballare con loro, le viene un’idea: realizzare un’app di appuntamenti dove sono solo le donne che possono fare la prima mossa, inviare il primo messaggio. Nasce Bumble Inc., una società di social media che gestisce l’applicazione di incontri online facilitando la comunicazione tra gli utenti interessati. La sua missione è ben precisa: porre fine alla misoginia.

Whitney combatte contro i pregiudizi della gente: “Mentre costruivamo Bumble ci dicevano che era impossibile creare un marchio e una piattaforma di successo per le donne“, ha raccontato. Obiezioni che non hanno fatto altro che alimentare la sua volontà di andare avanti. In un post su Instagram del 2017, raggiunti i 100mila utenti, ha ricordato gli inizi, quando per convincere i primi 100 utenti a scaricare l’app ha fatto di tutto: dal distribuire biscotti di Bumble in cambio di download, al vestire il suo cane come un’ape, all’appendere striscioni ovunque. Strategia che si è dimostrata di successo: nel 2020 aveva accumulato $ 376,6 milioni di entrate, quando ancora non era quotato in Borsa.

Ma Bumble negli anni è diventato qualcosa in più di un’app di dating per donne: ci sono delle feature che favoriscono le utenti nel networking, altre invece che le aiutano a inserirsi nel mondo del lavoro. L’azienda è impegnata molto sul fronte politico: proprio da una battaglia di Whitney è passata una legge in Texas che punisce l’invio di foto di nudo quando non richiesto espressamente da una utente. Mentre il team lavora per estendere questa legge anche nello Stato della California.

Dietro il successo di quest’app – che oggi conta più di 650 dipendenti a tempo pieno in Texas e uffici anche a Londra, Mosca e Praga – c’è molto di più. C’è il successo di una donna che si è fatta da sola e che con determinazione e tenacia ha cambiato un certo modo di vedere il mondo. Anche se per ora rimane una mosca bianca nel suo settore: su 442 società quotate in Borsa lo scorso anno, solo quattro avevano fondatrici o amministratori delegati donne. Ma Wolfe Herd non perde la speranza per il futuro e lancia un appello a tutta le donne che vogliono fare carriera nel tech: “Una donna per stare al comando non deve aspettare che qualcuno apra le porte al posto suo. Se le sue braccia funzionano bene, deve farlo da sola. Solo così avrà rispetto per se stessa e guadagnerà il rispetto degli altri”.

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Instagram

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  • "È passato un mese dall’incidente, e ogni giorno, penso costantemente a come le cose possano cambiare rapidamente e drasticamente, in un batter d’occhio, e in modi che non avrei mai potuto immaginare.”

Il protagonista di questa vicenda è Leonardo Lotto, studente aostano, che la mattina del 23 febbraio è rimasto vittima di un incidente in mare. Il ragazzo era a Melbourne con un gruppo di amici quando dopo un tuffo tra le onde sul bagnasciuga ha picchiato violentemente la testa contro il fondale di sabbia. In quel momento è iniziato l’incubo: prima gli amici lo hanno aiutato a uscire dall’acqua, poi la corsa disperata in ospedale. Dopo l’intervento d’urgenza, è arrivato il duro responso: “Frattura delle vertebre C3 e C5, spina dorsale danneggiata". Leonardo Lotto è paralizzato dalla testa in giù e non potrà più camminare.

"Continuerò a lottare e farò tutto il necessario. A volte cadrò, ma alla fine mi rialzerò, vivendo sempre giorno per giorno, superando i momenti più bui”.

Dopo il ricovero all’Alfred Hospital di Melbourne, in Australia, “le sue condizioni sono stabili, e ora è pronto per iniziare il suo lungo percorso riabilitativo a Milano con tutte le energie e la positività che hanno sempre caratterizzato la sua personalità”. E gli amici, proprio per sostenere le cure, hanno organizzato una raccolta fondi online.

✍ Barbara Berti 

#lucenews #lucelanazione #australia #leonardolotto
  • È quanto emerge da uno studio su 1.700 ragazzi toscani realizzato dal Meyer center for health and happiness, di cui è responsabile Manila Bonciani, insieme all’Università di Firenze, e presentato in occasione della Giornata internazionale della felicità nel corso di un evento organizzato al Meyer health campus di Firenze.

Cosa gli adolescenti pensano della felicità? Come la definiscono? Cosa li rende felici? Queste alcune domande dello studio. Dai risultati emerge che i ragazzi spesso non riescono a dare neanche una definizione della felicità. Tuttavia ne sottolineano la rilevanza e la transitorietà. 

Dalla ricerca emerge così che la manifestazione della felicità si declina in sei dimensioni:
➡ La più rilevante che emerge è quella dell’interesse sociale, data dall’importanza che viene attribuita dai ragazzi alle relazioni interpersonali.
➡ La seconda è l’espressione della soddisfazione verso la propria vita, del fare le cose che piacciono loro.
➡ La terza è vivere emozioni positive, rilevanza che si riscontra anche nelle parole dei ragazzi che esprimono in maniera importante l’idea di essere felici quando sono senza preoccupazioni o pressioni che avvertono frequentemente, come anche quella scolastica.
➡ La quarta è il senso di autorealizzazione insieme a quello di padronanza delle varie situazioni che si trovano ad affrontare.
➡ Infine in misura minore la loro felicità è legata all’ottimismo, cui gli stessi adolescenti non attribuiscono grande rilevanza, sebbene rappresenti la sesta dimensione della felicità identificata.

Gli adolescenti che risultano più felici si caratterizzano per essere più empatici, esprimere un atteggiamento cooperativo, avere maggiore autoconsapevolezza, saper gestire meglio le emozioni e risolvere le situazioni problematiche, avere una buona immagine di sé. 

Ancora i maschi risultano essere più felici delle femmine a eccezione della dimensione relazionale e sociale della felicità che non si differenzia in maniera significativa tra i due gruppi, e le fasce di età più piccole, fino ai 15 anni, esprimono maggiormente di essere felici rispetto ai ragazzi di 16-17 o maggiorenni.

#felicità #ospedalemeyer #adolescenza
"Fai la prima mossa e vai sempre avanti, qualunque cosa accada". No, non è la classica frase motivazionale: chi l’ha scritta ne è l’incarnazione vivente. Whitney Wolfe Herd è un’imprenditrice americana che di prime mosse di successo ne sa qualcosa. Co-fondatrice di Tinder e ora a capo del social (e app) di incontri Bumble, è la più giovane donna della storia ad aver quotato la sua startup in Borsa e, dopo l’esordio sul mercato azionario, ha ottenuto anche il primato di più giovane miliardaria self-made del mondo. A soli 31 anni. Wolfe Herd possiede quasi il 12% della società, che al momento vale 1,6 miliardi di dollari. Numeri che fanno tremare al solo pensiero, anche perché la strada, per la ragazza nata a Salt Lake City e laureata in Studi Internazionali, non è stata sempre così in discesa. Ma non le sono mai mancati il coraggio e la grinta per andare avanti, qualunque cosa accadesse. Nel 2010 apre la sua prima attività a scopo benefico: comincia a vendere borse di bamboo e devolve il ricavato alle zone del Golfo del Messico colpite dal disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon. A 23 anni entra a far parte del team di sviluppo di Tinder, una tra le più famose e usate applicazioni di dating online al mondo. A Whitney affidano il posto di vice presidente marketing ed è lei a scegliere il nome dell’app, che in italiano si traduce con “cosa infiammabile”.
Whitney Wolfe Herd ha 31 anni. A 23 entra a far parte del team di Tinder come vice presidente marketing ed è lei a scegliere il nome dell’app. Dopo aver lasciato Justin Mateen, altro cofounder in Tinder, quest’ultimo inizia a insultarla in pubblico: Wolfe Herd lascia l’azienda e lo cita in giudizio per molestie sessuali. Dopo un periodo molto duro, fonderà Bumble, diventando la più giovane donna della storia ad aver quotato la sua startup in Borsa
Con Tinder si incendia la carriera di Wolfe Herd, perché diventa in pochissimo tempo un successo mondiale. Un fuoco che però brucia solo per due anni: "Sono stati tempi molto duri, non vedevo più una carriera per me – ricorda – Avevo 24 anni, avevo fondato una delle più celebri startup tech, ma Internet mi odiava. Allora mi sono svegliata un giorno e mi sono detta ora è tempo di ricostruirmi". Dopo aver lasciato Justin Mateen, altro cofounder in Tinder, quest’ultimo inizia a insultarla in pubblico e durante i meeting di lavoro, con la compiacenza dell’allora Ceo. Wolfe Herd lascia l’azienda e la cita in giudizio per molestie sessuali. Una scelta che alimenta l’odio verso di lei anche in Rete. "Non l’ho fatto per soldi, ma per il mio duro lavoro. Volevano cancellarmi dalla storia dell’azienda. Non voglio prendermi il merito di Tinder, ma ho avuto un ruolo importante nel team e volevo che questo fosse chiaro al mondo". Nel frattempo la fiamma dentro di lei non si è completamente spenta e già nel 2014 inizia a abbozzare una nuova idea di business: un social per sole donne che avrebbe fatto concorrenza a Instagram. Poi, una sera, l’appuntamento col destino. Vedendo la Sadie Hawkins dance, una danza nella quale solo le donne possono invitare gli uomini a ballare con loro, le viene un’idea: realizzare un’app di appuntamenti dove sono solo le donne che possono fare la prima mossa, inviare il primo messaggio. Nasce Bumble Inc., una società di social media che gestisce l’applicazione di incontri online facilitando la comunicazione tra gli utenti interessati. La sua missione è ben precisa: porre fine alla misoginia. Whitney combatte contro i pregiudizi della gente: "Mentre costruivamo Bumble ci dicevano che era impossibile creare un marchio e una piattaforma di successo per le donne", ha raccontato. Obiezioni che non hanno fatto altro che alimentare la sua volontà di andare avanti. In un post su Instagram del 2017, raggiunti i 100mila utenti, ha ricordato gli inizi, quando per convincere i primi 100 utenti a scaricare l’app ha fatto di tutto: dal distribuire biscotti di Bumble in cambio di download, al vestire il suo cane come un’ape, all’appendere striscioni ovunque. Strategia che si è dimostrata di successo: nel 2020 aveva accumulato $ 376,6 milioni di entrate, quando ancora non era quotato in Borsa. Ma Bumble negli anni è diventato qualcosa in più di un’app di dating per donne: ci sono delle feature che favoriscono le utenti nel networking, altre invece che le aiutano a inserirsi nel mondo del lavoro. L’azienda è impegnata molto sul fronte politico: proprio da una battaglia di Whitney è passata una legge in Texas che punisce l’invio di foto di nudo quando non richiesto espressamente da una utente. Mentre il team lavora per estendere questa legge anche nello Stato della California. Dietro il successo di quest’app – che oggi conta più di 650 dipendenti a tempo pieno in Texas e uffici anche a Londra, Mosca e Praga – c’è molto di più. C’è il successo di una donna che si è fatta da sola e che con determinazione e tenacia ha cambiato un certo modo di vedere il mondo. Anche se per ora rimane una mosca bianca nel suo settore: su 442 società quotate in Borsa lo scorso anno, solo quattro avevano fondatrici o amministratori delegati donne. Ma Wolfe Herd non perde la speranza per il futuro e lancia un appello a tutta le donne che vogliono fare carriera nel tech: "Una donna per stare al comando non deve aspettare che qualcuno apra le porte al posto suo. Se le sue braccia funzionano bene, deve farlo da sola. Solo così avrà rispetto per se stessa e guadagnerà il rispetto degli altri".
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