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Home » Lifestyle » Le donne dell’arte filo rosso dell’integrazione tra culture

Le donne dell’arte filo rosso dell’integrazione tra culture

Iniziativa del Rotary Club di Roma: una mostra dal titolo "Entelechia" per esaltare l'impegno femminile nella costruzione di relazioni inclusive e per la pace

Redazione
13 Marzo 2023
L'opera “My feminine image” di Marcela Szurkalo

L'opera “My feminine image” di Marcela Szurkalo

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Arte, donne e Mediterraneo per un futuro di pace. Anna Addamiano, Simona Capuano, Nadjia Chekoufi, Maria Luisa Del Giudice, Marcela Szurkalo sono le cinque artiste che il Rotary Club di Roma ha ospitato nell’esposizione “Entelechia”, all’interno dell’evento “Donne d’Arte dal Mediterraneo al Mediterraneo allargato”, lo scorso 2 marzo in Senato. L’obiettivo dell’iniziativa è chiaro: testimoniare ed esaltare, una volta di più, l’impegno femminile, anche attraverso l’arte, nella costruzione di relazioni inclusive e per la pace. Ad accogliere le tele, il chiostro della Basilica di Santa Maria sopra Minerva. Tra i patrocini all’iniziativa, quelli del Rotary Distretto 2080, del Ministero degli Affari Esteri, dell’assessorato alla Cultura del Comune di Roma, di Ismeo (International Association for Mediterranean and Oriental Studies) e della Biblioteca Casanatense.

L’evento, fortemente sentito e voluto dal presidente del Club romano, l’architetto Alessandro Scaletti, tra il convegno organizzato dall’avvocato Eleonora Di Prisco e la successiva mostra curata dalla storica dell’arte Nicoletta Rossotti, ha evidenziato il forte connubio tra logos ed estetica nella direzione di una apertura importante, proprio grazie all’arte, e all’arte femminile in questo caso, tra i Paesi, i popoli e le culture diverse che si affacciano sul Mediterraneo, nella sua più vasta e recente accezione geopolitica di unico continente afro, euro, asiatico. E proprio la cultura del Mediterraneo, fondata sui valori del dionisiaco e dell’apollineo, e al suo interno quella italiana, da sempre esprime arte capace di ispirare gli artisti di tutto il mondo.

"Indigo" di Nadjia Chekoufi
“Indigo” di Nadjia Chekoufi

Entelechia, un viaggio in itinere

Le opere in mostra parlano di come le stesse donne si raccontano. E la percezione artistica della figura femminile permette di indagare su diversi fenomeni sociali, culturali e sulle nozioni stesse di corpo e identità femminile. Una identità femminile che è in costante marcia e movimento. Da qui il titolo della mostra, “Entelechia”, di derivazione aristotelica, che significa il divenire di tutta l’umanità che poi trova corrispondenza con la propria natura. Le artiste che hanno esposto esprimono la potenzialità del divenire. Se tra gli obiettivi del Rotary Club di Roma c’è anche quello di contribuire, con spirito di servizio, alla formazione dei cittadini del mondo di domani, attraverso la promozione di una cultura “che avvicini” e della formazione per tutti, – ne è un esempio l’erogazione di borse di studio, con quest’anno 35, agli studenti di una scuola media di un quartiere disagiato a Roma –, con questa esposizione ha inteso valorizzare la straordinaria capacità delle donne dell’arte nel costruire ponti ed abbattere le barriere, soprattutto culturali, che ancora rappresentano, in alcune aree geografiche, il maggior ostacolo alla parità di genere, mettendo in discussione la libertà stessa delle donne. Lo fanno veicolando messaggi di denuncia, ma anche di tolleranza, fraternità e di pace, come visibile nelle opere esposte.

"La donna marocchina" di Maria Luisa del Giudice
“La donna marocchina” di Maria Luisa Del Giudice

Le opere, viste da vicino

Due parti compongono l’opera di Anna Addamiano, “La Genesi“ (Tecnica mista, 75X95, 1998-2005): quella inferiore si ispira alla Zattera della Medusa di Théodore Géricault, mentre la parte superiore ospita il manto di Sant’Anna, un’opera attuale in questo momento storico che vede l’imporsi delle criticità dei flussi migratori.

Si è detta felice, invece, Simona Capuano, che proprio “Se il Destino” (Spuma su tela, 60X60, 2023) sia stata tra le sue opere quella scelta per l’esposizione, “perché l’acqua dei mari non ha confini e il messaggio d’amore e di speranza – scritto dall’artista –, contenuto nella bottiglia, è affidato appunto al destino. Non si sa come, quando e chi lo troverà. Ma sarà trovato”.

"La genesi" di Anna Addamiano
“La genesi” di Anna Addamiano

Nadjia Chekoufi, eclettica visual artist algerina, con “Indigo”, (100X100, 2017), ha lavorato come sempre di istinto e sull’astrazione, esibendo una pittura corposa e materica, con colori molto forti, come in questo caso. Il pigmento steso in modo uniforme sulla superficie elabora i suoi contenuti, con stesure a volte irregolari, ma sempre ben calibrate e bilanciate. “Sento quello che dipingo e dipingo quello che sento, perché ciò che conta di più è la profondità del sentimento, la passione che ho messo in esso, non sono né la novità dei contenuti e nemmeno quella della forma. Non sto cercando di darmi un’immagine, ma è per trovare la mia” le parole dell’artista. La scelta dell’indaco poi, come pigmento che compone l’opera, è legata al suo uso quotidiano da parte degli Uomini Blu abitanti del Sahara e sta anche a significare l’appartenenza dell’Algeria nella sua integrità al Mar Mediterraneo.

Maria Luisa Del Giudice, architetto specialista in restauro, ha una sua storia anche nell’Associazione, prima presidente donna nel 2012-2013 del Rotary Club di Roma, dopo ben ottantotto uomini. Il suo quadro “La donna marocchina” (Colori ad alinina e gesso, 42X65, 1971), è figlio di una passione mai sopita per i viaggi, realizzato molti anni fa, nel 1971, mentre visitava il Marocco e il Sahara spagnolo, quando da ragazza europea allora diciannovenne rimase colpita dall’abbigliamento e dal comportamento imposto alle donne in pubblico.

L'opera "Se il destino" di Simona Capuano
L’opera “Se il destino” di Simona Capuano

Infine, nella sua performance video, che l’artista mette in scena anche dal vivo e resa nella mostra da “My feminine image” (Collage carta su cartoncino, 69 x 110 cm, 2021), Marcela Szurkalo, traccia una linea nera e una linea rossa che rappresentano l’uguale e il diverso e raccontano le possibilità di avvicinarci l’un l’altro proprio esprimendo le affinità nel rispetto delle unicità.

Un invito – in sostanza il filo rosso stesso dell’evento e dell’impegno quotidiano del Rotary Club di Roma – ad immaginare una nuova storia, una nuova linea mediterranea allargata, che con diversi alfabeti muove dalla Turchia, si sposta verso la Mesopotamia e poi il Bahrein per andare attraverso il Mediterraneo anche oltre. Una nuova, originale, texture di popoli, uguali e diversi, con nuove parole che danno vita a nuovi pensieri e da lì a nuovi gesti di un futuro da costruire insieme, in un’unica dimensione umana. La più ampia possibile.

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  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
Arte, donne e Mediterraneo per un futuro di pace. Anna Addamiano, Simona Capuano, Nadjia Chekoufi, Maria Luisa Del Giudice, Marcela Szurkalo sono le cinque artiste che il Rotary Club di Roma ha ospitato nell’esposizione “Entelechia”, all’interno dell’evento “Donne d’Arte dal Mediterraneo al Mediterraneo allargato”, lo scorso 2 marzo in Senato. L’obiettivo dell’iniziativa è chiaro: testimoniare ed esaltare, una volta di più, l’impegno femminile, anche attraverso l’arte, nella costruzione di relazioni inclusive e per la pace. Ad accogliere le tele, il chiostro della Basilica di Santa Maria sopra Minerva. Tra i patrocini all’iniziativa, quelli del Rotary Distretto 2080, del Ministero degli Affari Esteri, dell’assessorato alla Cultura del Comune di Roma, di Ismeo (International Association for Mediterranean and Oriental Studies) e della Biblioteca Casanatense. L’evento, fortemente sentito e voluto dal presidente del Club romano, l’architetto Alessandro Scaletti, tra il convegno organizzato dall’avvocato Eleonora Di Prisco e la successiva mostra curata dalla storica dell’arte Nicoletta Rossotti, ha evidenziato il forte connubio tra logos ed estetica nella direzione di una apertura importante, proprio grazie all’arte, e all’arte femminile in questo caso, tra i Paesi, i popoli e le culture diverse che si affacciano sul Mediterraneo, nella sua più vasta e recente accezione geopolitica di unico continente afro, euro, asiatico. E proprio la cultura del Mediterraneo, fondata sui valori del dionisiaco e dell’apollineo, e al suo interno quella italiana, da sempre esprime arte capace di ispirare gli artisti di tutto il mondo.
"Indigo" di Nadjia Chekoufi
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"La donna marocchina" di Maria Luisa del Giudice
"La donna marocchina" di Maria Luisa Del Giudice

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"La genesi" di Anna Addamiano
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Nadjia Chekoufi, eclettica visual artist algerina, con “Indigo”, (100X100, 2017), ha lavorato come sempre di istinto e sull’astrazione, esibendo una pittura corposa e materica, con colori molto forti, come in questo caso. Il pigmento steso in modo uniforme sulla superficie elabora i suoi contenuti, con stesure a volte irregolari, ma sempre ben calibrate e bilanciate. "Sento quello che dipingo e dipingo quello che sento, perché ciò che conta di più è la profondità del sentimento, la passione che ho messo in esso, non sono né la novità dei contenuti e nemmeno quella della forma. Non sto cercando di darmi un’immagine, ma è per trovare la mia" le parole dell'artista. La scelta dell’indaco poi, come pigmento che compone l’opera, è legata al suo uso quotidiano da parte degli Uomini Blu abitanti del Sahara e sta anche a significare l’appartenenza dell’Algeria nella sua integrità al Mar Mediterraneo. Maria Luisa Del Giudice, architetto specialista in restauro, ha una sua storia anche nell’Associazione, prima presidente donna nel 2012-2013 del Rotary Club di Roma, dopo ben ottantotto uomini. Il suo quadro “La donna marocchina” (Colori ad alinina e gesso, 42X65, 1971), è figlio di una passione mai sopita per i viaggi, realizzato molti anni fa, nel 1971, mentre visitava il Marocco e il Sahara spagnolo, quando da ragazza europea allora diciannovenne rimase colpita dall’abbigliamento e dal comportamento imposto alle donne in pubblico.
L'opera "Se il destino" di Simona Capuano
L'opera "Se il destino" di Simona Capuano
Infine, nella sua performance video, che l’artista mette in scena anche dal vivo e resa nella mostra da “My feminine image” (Collage carta su cartoncino, 69 x 110 cm, 2021), Marcela Szurkalo, traccia una linea nera e una linea rossa che rappresentano l’uguale e il diverso e raccontano le possibilità di avvicinarci l’un l’altro proprio esprimendo le affinità nel rispetto delle unicità. Un invito – in sostanza il filo rosso stesso dell’evento e dell’impegno quotidiano del Rotary Club di Roma – ad immaginare una nuova storia, una nuova linea mediterranea allargata, che con diversi alfabeti muove dalla Turchia, si sposta verso la Mesopotamia e poi il Bahrein per andare attraverso il Mediterraneo anche oltre. Una nuova, originale, texture di popoli, uguali e diversi, con nuove parole che danno vita a nuovi pensieri e da lì a nuovi gesti di un futuro da costruire insieme, in un’unica dimensione umana. La più ampia possibile.
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