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Home » Lifestyle » Addio a Sabrina Querci, “professione vanesia”: modella e musa di artisti, regina delle notti senza buio da Firenze a Milano

Addio a Sabrina Querci, “professione vanesia”: modella e musa di artisti, regina delle notti senza buio da Firenze a Milano

Sbocciò nella Firenze trendy degli anni Ottanta, illuminò la scena di Porta Venezia a Milano: dalla sua casa liberty passava un mondo di artisti, designer, stilisti, fotografi che lei metteva in rete attraverso Qconnection. Ha affrontato la malattia con hastag ironici come #radiogaga e #fuckcancer. Unica e originale anche in questo

Piero Ceccatelli
24 Luglio 2021
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Sabrina Querci

A metà degli anni Ottanta falcava leggiadra una ragazzina mora, molto alta, gambe di fenicottero, naso di Maria Callas,  pelle bianca come la luce. Erano gli anni dei jeans con le toppe, delle timberland, delle abbronzature a lampade Uva, dei golfini di cachemire a righe e dei capelli lunghi con le meches bionde. Lei vestiva abiti mai visti, con accostamenti unici, scarpe da uomo ed orecchìni strabilianti, foulard della nonna e chignon altissimi. Quella ragazza era Sabrina Querci, fotomodella, artista e musa di artisti. soprattutto fotografi, che venerdì 23 luglio ha lasciato il suo corpo a cinquantuno anni, per diventare immagine e mitologia.  Difficile, definirla.  Anche in questo nessuno la superò quando, con sublime autoironia,  aggiunse al suo nome “professione vanesia“

La Firenze felice e maledetta

Cresciuta a Prato, Sabrina ha frequentato per un po’ il liceo classico, ma la Firenze trendy e creativa degli anni Ottanta la reclamava. Insieme a un piccolo gruppo di adolescenti, tra cui il fratello Marco, dà vita al collettivo “Che fine ha fatto Baby Jane?”. Un nome camp per un’alleanza di creativi, dj, designer, raccontati nel libro “Felici e maledetti” di Bruno Casini. E arrivano le feste “Boper” con zampe di pollo attaccate al soffitto, le serate al Tenax, al Manila e negli innumerevoli spazi privati dedicati alle performances che riempivano quella Firenze che sembrava votata ad un nuovo rinascimento, poi dissolto come una saponetta nella vasca da bagno.
Sabrina, già modella a sei anni per il fratello, che l’abbigliava a suo gusto per uscire la domenica, diventa modella di professione, sulle passerelle di Pitti Trend prima di approdare alle pagine delle riviste.  A Londra, ancora bimba, presenzia da diva alle serate Kinky Gerlinky e viene fotografata per BlitzUk con professionisti della scena underground, che si evolverà nella cool Britannia degli anni 2000.

 

La Milano del lebbrosario

Androgina, imperfetta, unica e bellissima é stata un abile architetto nell’ invenzione e costruzione di sé, impavida anticonformista come una borghese Marchesa Casati.
Irrequieta e vanesia per vocazione si trasferisce nei primi 2000 a Milano, nel quartiere di Porta Venezia, in via Panfilo Castaldi e la sua casa liberty diventa una piccola factory, dove prende forma la sua ultima impresa, la Qconnections, un’agenzia per mettere in comunicazione talenti diversi. Nell’ultima intervista descrive così la sua Milano: “Porta Venezia è nata da lebbrosario e da lì si sviluppa. Le persone che magari non son volute o non sono ben viste da altre parti, qui a Porta Venezia vengono accolte ed abbracciate. Me compresa”.
Alberto Dandolo ha scritto dopo la morte che Sabrina Querci ha raccontato in anni non sospetti le “maliziose e borghesi trappole della fluidità”, ma Sabrina apparteneva ad un mondo in cui la definizione derivava dall’azione, dalla passione, non dalle etichette o dagli hastag.

Sabrina Querci

L’ ironia contro il male

Come diceva Cesare Garboli, la buona educazione é sintomo di intelligenza e Sabrina lo sapeva: gentile, accogliente e timida, smorzava il suo volto severo con un sorriso di fanciulla, per cui é stato facile amarla.

Sui social ha condiviso con garrulo cinismo la sua lunga malattia, la radioterapia che diventava #radiogaga, le risate #grullaniterapy e la foto di Bette Davis con i guantoni #fuckcancer.
“La vita l’ho goduta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita é spesso un inferno. La vita per me é stata bella, perché l’ho pagata cara”, diceva Sabrina, citando Alda Merini.

Ci rimangono il suo volto e il suo corpo avvolto nel bustier corazza di Jean Paul Gaultier in un’iconica immagine in bianco e nero.  Il suo ricordo  sia di benedizione per tutte le persone che ha aiutato, incoraggiato, guidato e connesso nel suo mondo “dal cuore gonfio di futuro“.

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Sabrina Querci

A metà degli anni Ottanta falcava leggiadra una ragazzina mora, molto alta, gambe di fenicottero, naso di Maria Callas,  pelle bianca come la luce. Erano gli anni dei jeans con le toppe, delle timberland, delle abbronzature a lampade Uva, dei golfini di cachemire a righe e dei capelli lunghi con le meches bionde. Lei vestiva abiti mai visti, con accostamenti unici, scarpe da uomo ed orecchìni strabilianti, foulard della nonna e chignon altissimi. Quella ragazza era Sabrina Querci, fotomodella, artista e musa di artisti. soprattutto fotografi, che venerdì 23 luglio ha lasciato il suo corpo a cinquantuno anni, per diventare immagine e mitologia.  Difficile, definirla.  Anche in questo nessuno la superò quando, con sublime autoironia,  aggiunse al suo nome "professione vanesia"

La Firenze felice e maledetta

Cresciuta a Prato, Sabrina ha frequentato per un po’ il liceo classico, ma la Firenze trendy e creativa degli anni Ottanta la reclamava. Insieme a un piccolo gruppo di adolescenti, tra cui il fratello Marco, dà vita al collettivo “Che fine ha fatto Baby Jane?”. Un nome camp per un’alleanza di creativi, dj, designer, raccontati nel libro “Felici e maledetti” di Bruno Casini. E arrivano le feste “Boper” con zampe di pollo attaccate al soffitto, le serate al Tenax, al Manila e negli innumerevoli spazi privati dedicati alle performances che riempivano quella Firenze che sembrava votata ad un nuovo rinascimento, poi dissolto come una saponetta nella vasca da bagno. Sabrina, già modella a sei anni per il fratello, che l'abbigliava a suo gusto per uscire la domenica, diventa modella di professione, sulle passerelle di Pitti Trend prima di approdare alle pagine delle riviste.  A Londra, ancora bimba, presenzia da diva alle serate Kinky Gerlinky e viene fotografata per BlitzUk con professionisti della scena underground, che si evolverà nella cool Britannia degli anni 2000.  

La Milano del lebbrosario

Androgina, imperfetta, unica e bellissima é stata un abile architetto nell’ invenzione e costruzione di sé, impavida anticonformista come una borghese Marchesa Casati. Irrequieta e vanesia per vocazione si trasferisce nei primi 2000 a Milano, nel quartiere di Porta Venezia, in via Panfilo Castaldi e la sua casa liberty diventa una piccola factory, dove prende forma la sua ultima impresa, la Qconnections, un’agenzia per mettere in comunicazione talenti diversi. Nell’ultima intervista descrive così la sua Milano: “Porta Venezia è nata da lebbrosario e da lì si sviluppa. Le persone che magari non son volute o non sono ben viste da altre parti, qui a Porta Venezia vengono accolte ed abbracciate. Me compresa”. Alberto Dandolo ha scritto dopo la morte che Sabrina Querci ha raccontato in anni non sospetti le “maliziose e borghesi trappole della fluidità”, ma Sabrina apparteneva ad un mondo in cui la definizione derivava dall’azione, dalla passione, non dalle etichette o dagli hastag.
Sabrina Querci

L' ironia contro il male

Come diceva Cesare Garboli, la buona educazione é sintomo di intelligenza e Sabrina lo sapeva: gentile, accogliente e timida, smorzava il suo volto severo con un sorriso di fanciulla, per cui é stato facile amarla. Sui social ha condiviso con garrulo cinismo la sua lunga malattia, la radioterapia che diventava #radiogaga, le risate #grullaniterapy e la foto di Bette Davis con i guantoni #fuckcancer. “La vita l’ho goduta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita é spesso un inferno. La vita per me é stata bella, perché l’ho pagata cara”, diceva Sabrina, citando Alda Merini. Ci rimangono il suo volto e il suo corpo avvolto nel bustier corazza di Jean Paul Gaultier in un'iconica immagine in bianco e nero.  Il suo ricordo  sia di benedizione per tutte le persone che ha aiutato, incoraggiato, guidato e connesso nel suo mondo "dal cuore gonfio di futuro".
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