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Home » Lifestyle » Annie Ernaux e la letteratura come “luogo di emancipazione” dove “Scrivere per vendicare il mio sesso”

Annie Ernaux e la letteratura come “luogo di emancipazione” dove “Scrivere per vendicare il mio sesso”

La scrittrice francese, 82 anni, ha ricevuto il Premio Nobel per la Letteratura a Stoccolma. Nel suo discorso ha rivendicato il proprio ruolo sociale e invitato a vigilare contro il ritorno a "ideologie di chiusura"

Marianna Grazi
10 Dicembre 2022
La premio Nobel per la Letteratura Annie Ernaux alla cerimonia a Stoccolma

La premio Nobel per la Letteratura Annie Ernaux alla cerimonia a Stoccolma

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La scrittura come arma sociale, impugnata da una femminista della prima ora. Scrive per “vendicare la mia razza”, per “vendicare il mio sesso“. Nei suoi libri – da “Gli armadi vuoti“, il romanzo d’esordio a “L’evento“, in cui racconta l’aborto – racconta sempre e soltanto di sé, ma le storie che scorrono tra le pagine, tra le righe tracciate con schiettezza, senza lasciare spazio a fronzoli o frivolezze narrative, possono essere – e forse sono – quelle di tante donne. Quel sesso che la scrittrice Premio Nobel per la Letteratura, Annie Ernaux vuole vendicare, riscattare, attraverso la sua scrittura e il pensiero, l’esperienza che c’è dietro. Dal discorso che l’82enne di Lillebonne ha pronunciato in occasione della consegna del prestigioso riconoscimento a Stoccolma, visibilmente emozionata ma suicura nel pronunciare quelle poche ma significative parole, emerge questo suo esporsi, nella sua scrittura, questo mettersi allo scoperto senza riguardi, senza veli, raccontando l’infanzia e la prima giovinezza, la maturità e l’età matura, quando finalmente la sua spietata sincerità viene riconosciuta come merito di eccellenza, tanto da essere scelta dall’Accademia di Svezia che le consegnerà la medaglia sabato 10 dicembre.

La scrittrice francese e Premio Nobel per la Letteratura 2022 Annie Ernaux parla durante la sua conferenza sul Nobel all’Accademia di Svezia a Stoccolma

“Scrivere per vendicare la mia razza”

“Da dove incominciare?”, ha esordito durante la cerimonia di accettazione del premio, per poi citare una frase tratta dal proprio diario personale, di sessant’anni fa: “Scriverò per vendicare la mia razza“. È il grande poeta francese Arthur Rimbaud, a suggerirle, con una sua citazione – “Sono di una razza inferiore da tutta l’eternità” – questa frase, una dichiarazione d’intenti per la giovane donna, che sarebbe poi diventata pilastro della letteratura mondiale odierna. All’epoca, ha spiegato la Ernaux davanti al pubblico attento all’Accademia svedese, “avevo 22 anni. Studentessa di lettere in una facoltà di provincia, tra femmine e maschi in larga parte della borghesia locale. Pensavo orgogliosamente e ingenuamente che scrivere dei libri, diventare scrittore al termine di una stirpe di contadini senza terra, di operai e di piccoli commercianti, di gente disprezzata per i loro modi, il loro accento, la loro ignoranza, sarebbe bastato a riparare l’ingiustizia sociale della nascita. Che una vittoria individuale potesse cancellare secoli di dominazione e povertà”.

La scrittrice francese Annie Ernaux, premio Nobel per la letteratura, si allontana dopo aver firmato dei libri alla libreria Soderbokhandeln di Stoccolma

La letteratura “luogo di emancipazione”

Figlia della provincia francese, oggi studiata e pubblicata in tutto il mondo, Annie Ernaux – consacrata in Francia dall’editore Gallimard – ha reinventato il genere dell’autobiografia, adattandolo alla sua esistenza e trasformando il racconto della propria vita in uno strumento di indagine della realtà, politica ed esistenziale. Lo racconta ancora una volta, durante la cerimonia, quando parla degli esordi, quando dice di aver successivamente voluto “agganciare” la narrazione di questa “ferita sociale” alla situazione che si era trovata a vivere da studentessa, quando “lo Stato francese condannava ancora le donne, il ricorso all’aborto clandestino“. “Volevo descrivere tutto ciò che era successo al mio corpo di bambina, la scoperta del piacere, le mestruazioni”, afferma, portando la discussione su un tema attuale ancora oggi, anzi forse oggi più che mai, in tutto il mondo: la sessualità femminile, la questione ancora aperta dei diritti riproduttivi, ma anche i tabù legati al ciclo mestruale e soprattutto la questione dell’interruzione volontaria di gravidanza. Argomento che la vede apertamente schierata: per l’autrice, infatti, l’aborto è la “matrice della libertà delle donne“. Di qui la scoperta del suo campo letterario, “al tempo stesso sociale e femminista. Vendicare la mia razza e il mio sesso sarebbero diventati una cosa sola”, ha proseguito, definendo la letteratura come “un luogo di emancipazione“.

L’appello contro ideologie di ripiegamento

La premio Nobel per la letteratura Annie Ernaux chiede estrema vigilanza contro il ripristino di ideologie di chiusura

Intervistata dalla France Presse, Ernaux aveva detto che il Nobel è un’istituzione “per uomini”. “Si manifesta attraverso il gusto di una tradizione, nei costumi. Mi sembra che il legame con la tradizione sia forse più mascolino, in fondo ci si trasmette il potere così”. “Nel mondo attuale, dove la molteplicità delle fonti di informazione, la rapidità di sostituzione di immagini con altre immagini, inducono ad una certa indifferenza, concentrarsi sulla propria arte è una tentazione – ha aggiunto -. Ma, al tempo stesso, esiste in Europa, ancora nascosta dalla violenza di una guerra imperialista condotta da un dittatore alla guida della Russia, l’affermarsi di una ideologia di ripiegamento e di chiusura, che si sparge e guadagna continuamente terreno in Paesi fin qui democratici”. La scrittrice francese Premio Nobel per la letteratura ha quindi il discorso a Stoccolma per dire la sua, affondare la sua penna, sulla facilità dei media, degli intellettuali, di passare indifferentemente da un accadimento all’altro per correr dietro alla notizia del momento, mentre dall’altro lato si assiste ad un’involuzione conservatrice, tradizionalista, di chiusura appunto, “Fondata sull’esclusione degli stranieri e degli immigrati, l’abbandono di chi è economicamente debole, sulla sorveglianza del corpo delle donne” che impone a le e a “tutti coloro per cui il valore di un essere umano è lo stesso, ovunque e dappertutto, un dovere di estrema vigilanza“.

Il docufilm “I miei anni super 8”

La scrittrice francese 82enne che ha vinto il Nobel per la Letteratura 2022, ha aperto il baule dei ricordi decidendo di farne un film. Un piccolo gioiello documentario questo “I miei anni super 8“, diretto dalla stessa Annie Ernaux con il figlio David Ernaux-Briot. Presentato alla Quinzaine des Realisateurs a Cannes a maggio, poi a ottobre alla Festa di Roma e ad Archivio Aperto a Bologna, è uscito nelle sale il 6 dicembre con I Wonder Pictures. “Mi affascinava rendere sia ciò che era intimo sia ciò che era più generale, e anche interrogarmi. Mi interrogo molto quando scrivo e spesso porto queste domande anche nella scrittura dei miei libri. Qui volevo anche mettere in discussione le immagini. Cosa stava cercando mio marito durante le riprese? E noi, cosa ci aspettavamo? La conservazione dei momenti felici è ovvia e, allo stesso tempo, credo che ci sia questo desiderio, condiviso da molti, di costruire una fiction familiare attraverso le immagini”. Nel film ci sono i scene riprese dal marito Philippe a partire dal 1972, con la cinepresa super 8 appena acquistata per documentare le loro vacanze nel Cile di Salvador Allende, in Albania e altri luoghi. Finiti nel dimenticatoio della memoria, il figlio David ha sollecitato per utilizzare questi filmati: 5 ore di materiale girato diventati un film di un’ora, con la voce della Nobel a raccontare il passato.

Il passato di Annie Ernaux è diventato un film, “I miei anni super 8”

Un passato privato che diventa testimonianza di mezzo secolo di storia (proprio come accade coi suoi libri), intercettando i grandi cambiamenti sociali in atto nella Francia e nel mondo di quegli anni. “Rivedendo i nostri filmini super 8, girati tra il 1972 e il 1981, mi è venuto in mente che potessero valere non solo come archivio di famiglia, ma come testimonianza dei passatempi, dello stile di vita e delle aspirazioni di una classe sociale nel decennio successivo al 1968. Volevo incorporare queste immagini mute in una storia che – ha precisato l’autrice – combinasse l’intimo con il sociale e con la storia, per trasmettere il gusto e il colore di quegli anni”. La scrittrice, prima donna francese ad essere insignita del Nobel per la letteratura, è da sempre dalla parte delle donne. Un impegno ancora oggi più che mai valido: per lei, nata in Normandia nel 1940, “responsabilità” significa infatti anche “considerare che la letteratura può avere un’azione“, magari “non immediata”, ma attraverso ciò che semina “tra i lettori”, nella società. Il suo rapporto con il cinema, per quanto episodico, non è all’esordio: da un suo celebre libro, il romanzo autobiografico “L’evento“, è stato tratto un film, “La scelta di Anna“, diretto da Audrey Diwan e interpretato da Anamaria Vartolomei, vincitore del Leone d’oro a Venezia 2021.

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  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

#lucenews #lucelanazione #secondhand #vintage
  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

#lucenews #isaacortman #minnesota #boyscout
La scrittura come arma sociale, impugnata da una femminista della prima ora. Scrive per "vendicare la mia razza", per "vendicare il mio sesso". Nei suoi libri - da "Gli armadi vuoti", il romanzo d'esordio a "L'evento", in cui racconta l'aborto - racconta sempre e soltanto di sé, ma le storie che scorrono tra le pagine, tra le righe tracciate con schiettezza, senza lasciare spazio a fronzoli o frivolezze narrative, possono essere - e forse sono - quelle di tante donne. Quel sesso che la scrittrice Premio Nobel per la Letteratura, Annie Ernaux vuole vendicare, riscattare, attraverso la sua scrittura e il pensiero, l'esperienza che c'è dietro. Dal discorso che l'82enne di Lillebonne ha pronunciato in occasione della consegna del prestigioso riconoscimento a Stoccolma, visibilmente emozionata ma suicura nel pronunciare quelle poche ma significative parole, emerge questo suo esporsi, nella sua scrittura, questo mettersi allo scoperto senza riguardi, senza veli, raccontando l’infanzia e la prima giovinezza, la maturità e l’età matura, quando finalmente la sua spietata sincerità viene riconosciuta come merito di eccellenza, tanto da essere scelta dall’Accademia di Svezia che le consegnerà la medaglia sabato 10 dicembre.
La scrittrice francese e Premio Nobel per la Letteratura 2022 Annie Ernaux parla durante la sua conferenza sul Nobel all'Accademia di Svezia a Stoccolma

"Scrivere per vendicare la mia razza"

"Da dove incominciare?", ha esordito durante la cerimonia di accettazione del premio, per poi citare una frase tratta dal proprio diario personale, di sessant'anni fa: "Scriverò per vendicare la mia razza". È il grande poeta francese Arthur Rimbaud, a suggerirle, con una sua citazione - "Sono di una razza inferiore da tutta l'eternità" - questa frase, una dichiarazione d'intenti per la giovane donna, che sarebbe poi diventata pilastro della letteratura mondiale odierna. All'epoca, ha spiegato la Ernaux davanti al pubblico attento all'Accademia svedese, "avevo 22 anni. Studentessa di lettere in una facoltà di provincia, tra femmine e maschi in larga parte della borghesia locale. Pensavo orgogliosamente e ingenuamente che scrivere dei libri, diventare scrittore al termine di una stirpe di contadini senza terra, di operai e di piccoli commercianti, di gente disprezzata per i loro modi, il loro accento, la loro ignoranza, sarebbe bastato a riparare l'ingiustizia sociale della nascita. Che una vittoria individuale potesse cancellare secoli di dominazione e povertà".
La scrittrice francese Annie Ernaux, premio Nobel per la letteratura, si allontana dopo aver firmato dei libri alla libreria Soderbokhandeln di Stoccolma

La letteratura "luogo di emancipazione"

Figlia della provincia francese, oggi studiata e pubblicata in tutto il mondo, Annie Ernaux - consacrata in Francia dall'editore Gallimard - ha reinventato il genere dell'autobiografia, adattandolo alla sua esistenza e trasformando il racconto della propria vita in uno strumento di indagine della realtà, politica ed esistenziale. Lo racconta ancora una volta, durante la cerimonia, quando parla degli esordi, quando dice di aver successivamente voluto "agganciare" la narrazione di questa "ferita sociale" alla situazione che si era trovata a vivere da studentessa, quando "lo Stato francese condannava ancora le donne, il ricorso all'aborto clandestino". "Volevo descrivere tutto ciò che era successo al mio corpo di bambina, la scoperta del piacere, le mestruazioni", afferma, portando la discussione su un tema attuale ancora oggi, anzi forse oggi più che mai, in tutto il mondo: la sessualità femminile, la questione ancora aperta dei diritti riproduttivi, ma anche i tabù legati al ciclo mestruale e soprattutto la questione dell'interruzione volontaria di gravidanza. Argomento che la vede apertamente schierata: per l'autrice, infatti, l'aborto è la "matrice della libertà delle donne". Di qui la scoperta del suo campo letterario, "al tempo stesso sociale e femminista. Vendicare la mia razza e il mio sesso sarebbero diventati una cosa sola", ha proseguito, definendo la letteratura come "un luogo di emancipazione".

L'appello contro ideologie di ripiegamento

La premio Nobel per la letteratura Annie Ernaux chiede estrema vigilanza contro il ripristino di ideologie di chiusura
Intervistata dalla France Presse, Ernaux aveva detto che il Nobel è un'istituzione "per uomini". "Si manifesta attraverso il gusto di una tradizione, nei costumi. Mi sembra che il legame con la tradizione sia forse più mascolino, in fondo ci si trasmette il potere così". "Nel mondo attuale, dove la molteplicità delle fonti di informazione, la rapidità di sostituzione di immagini con altre immagini, inducono ad una certa indifferenza, concentrarsi sulla propria arte è una tentazione - ha aggiunto -. Ma, al tempo stesso, esiste in Europa, ancora nascosta dalla violenza di una guerra imperialista condotta da un dittatore alla guida della Russia, l'affermarsi di una ideologia di ripiegamento e di chiusura, che si sparge e guadagna continuamente terreno in Paesi fin qui democratici". La scrittrice francese Premio Nobel per la letteratura ha quindi il discorso a Stoccolma per dire la sua, affondare la sua penna, sulla facilità dei media, degli intellettuali, di passare indifferentemente da un accadimento all'altro per correr dietro alla notizia del momento, mentre dall'altro lato si assiste ad un'involuzione conservatrice, tradizionalista, di chiusura appunto, "Fondata sull'esclusione degli stranieri e degli immigrati, l'abbandono di chi è economicamente debole, sulla sorveglianza del corpo delle donne" che impone a le e a "tutti coloro per cui il valore di un essere umano è lo stesso, ovunque e dappertutto, un dovere di estrema vigilanza".

Il docufilm "I miei anni super 8"

La scrittrice francese 82enne che ha vinto il Nobel per la Letteratura 2022, ha aperto il baule dei ricordi decidendo di farne un film. Un piccolo gioiello documentario questo "I miei anni super 8", diretto dalla stessa Annie Ernaux con il figlio David Ernaux-Briot. Presentato alla Quinzaine des Realisateurs a Cannes a maggio, poi a ottobre alla Festa di Roma e ad Archivio Aperto a Bologna, è uscito nelle sale il 6 dicembre con I Wonder Pictures. "Mi affascinava rendere sia ciò che era intimo sia ciò che era più generale, e anche interrogarmi. Mi interrogo molto quando scrivo e spesso porto queste domande anche nella scrittura dei miei libri. Qui volevo anche mettere in discussione le immagini. Cosa stava cercando mio marito durante le riprese? E noi, cosa ci aspettavamo? La conservazione dei momenti felici è ovvia e, allo stesso tempo, credo che ci sia questo desiderio, condiviso da molti, di costruire una fiction familiare attraverso le immagini". Nel film ci sono i scene riprese dal marito Philippe a partire dal 1972, con la cinepresa super 8 appena acquistata per documentare le loro vacanze nel Cile di Salvador Allende, in Albania e altri luoghi. Finiti nel dimenticatoio della memoria, il figlio David ha sollecitato per utilizzare questi filmati: 5 ore di materiale girato diventati un film di un'ora, con la voce della Nobel a raccontare il passato.
Il passato di Annie Ernaux è diventato un film, "I miei anni super 8"
Un passato privato che diventa testimonianza di mezzo secolo di storia (proprio come accade coi suoi libri), intercettando i grandi cambiamenti sociali in atto nella Francia e nel mondo di quegli anni. "Rivedendo i nostri filmini super 8, girati tra il 1972 e il 1981, mi è venuto in mente che potessero valere non solo come archivio di famiglia, ma come testimonianza dei passatempi, dello stile di vita e delle aspirazioni di una classe sociale nel decennio successivo al 1968. Volevo incorporare queste immagini mute in una storia che - ha precisato l'autrice - combinasse l'intimo con il sociale e con la storia, per trasmettere il gusto e il colore di quegli anni". La scrittrice, prima donna francese ad essere insignita del Nobel per la letteratura, è da sempre dalla parte delle donne. Un impegno ancora oggi più che mai valido: per lei, nata in Normandia nel 1940, "responsabilità" significa infatti anche "considerare che la letteratura può avere un'azione", magari "non immediata", ma attraverso ciò che semina "tra i lettori", nella società. Il suo rapporto con il cinema, per quanto episodico, non è all'esordio: da un suo celebre libro, il romanzo autobiografico "L'evento", è stato tratto un film, "La scelta di Anna", diretto da Audrey Diwan e interpretato da Anamaria Vartolomei, vincitore del Leone d'oro a Venezia 2021.
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