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Home » Lifestyle » Prima donna di colore ad attraversare l’Antartide da sola: “Se vogliamo possiamo fare tutto”

Prima donna di colore ad attraversare l’Antartide da sola: “Se vogliamo possiamo fare tutto”

Terza più veloce a compiere la traversata, è stata anche l'unica ad aver raggiunto il polo sud a piedi. Chand Preet: "Mi è stato detto 'no' in molte occasioni e di 'fare solo cose normali', ma noi creiamo il nostro normale".

Marianna Grazi
7 Gennaio 2022
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Preet Chandi, considerata la prima donna di colore a completare una traversata in solitaria dell’Antartide, ha finito la sua spedizione al polo sud quasi una settimana prima del previsto. Soprannominata “Polar Preet”, la 32enne britannica ha sopportato temperature che arrivavano a toccare anche -50° C mentre sciava per 700 miglia (oltre 1100 chilometri, insomma come da Palermo a Firenze, per intenderci) attraverso il Polo Sud, in 40 giorni, sette ore e tre minuti, mancando per un pelo di stabilire il nuovo record mondiale per una donna.

Più veloci di lei sono state infatti la svedese Johanna Davidsson, che nel 2016 compì la traversata in 38 giorni, 23 ore e cinque minuti, e la britannica Hannah McKeand, che dieci anni (nel 2006) prima fece registrare lo straordinario tempo di 39 giorni, nove ore e 33 minuti. Insomma vere e proprie imprese nel ghiaccio quelle di queste donne, tra le quali Chandi occupa il terzo gradino del podio virtuale per velocità, il primo come persona di colore. Ma non solo. Polar Preet è infatti anche la prima persona ad aver raggiunto il Polo Sud a piedi in due anni. “Questa spedizione è sempre stata molto più importante di me – ha detto al termine della traversata -. Voglio incoraggiare le persone a spingere in avanti i propri limiti e a credere in se stesse. E voglio che siate in grado di farlo senza essere etichettate come ribelli – ha aggiunto -. Non importa da dove vieni o dov’è la tua linea di partenza, tutti iniziano da qualche parte”.

Fisioterapista dell’esercito britannico, la 32enne vive a Derby, nell’Inghilterra centrale. Per lei raggiungere questo obiettivo è stato surreale: “Sono arrivata al Polo Sud mentre stava nevicando. Provo così tante emozioni in questo momento. Non sapevo nulla del mondo polare tre anni fa ed è così surreale essere finalmente qui. È stata dura arrivarci e voglio ringraziare tutti per il loro sostegno”. Oltre alle temperature gelide, infatti, la ragazza ha sopportato anche il vento, che arrivava a sfiorare velocità fino a quasi 100km/h e ha combattuto contro le tempeste di neve mentre tirava una slitta di 90 kg attraverso i sastrugi, ossia creste parallele simili a onde sulla neve indurita dai venti. Vere e proprie montagne di ghiaccio insomma. Anche dal punto di vista psicologico non è stato certo facile, ci sono stati momenti di scoraggiamento e in più ad accompagnarla ci sono state a volte la febbre e una tosse persistente. Ma la donna non si è mai persa d’animo completamente e ha proseguito nel suo ‘immacolato’ cammino.

Partendo il 24 novembre da Hercules Inlet, Chandi mirava a completare il suo trekking in 45 giorni, portando con sé razioni alimentari sufficienti per 48 giorni. Ma alla fine ha finito cinque giorni prima del previsto, coprendo una distanza media giornaliera di circa 17 miglia. Aveva passato anni ad allenarsi per il trekking, avendo precedentemente completato una spedizione di 27 giorni sulla calotta glaciale in Groenlandia e prendendo parte alle ultramaratone, compresa l’estenuante Marathon des Sables attraverso il Sahara.

Alla domanda sul perché abbia voluto sottoporsi a questa prova estrema la donna ha detto di sperare che il suo viaggio ispiri i giovani, le donne e tutte le persone appartenenti alle minoranze etniche. Parlando al Guardian durante il suo intenso allenamento ha anche raccontato quanto la gente rimanesse stupita quando spiegava perché si stesse preparando: “Sono una donna asiatica, non sono l’immagine che la gente si aspetta di vedere là fuori“. “Si dice che l’aria aperta si per tutti e sì, lo è. Ma se vieni da una comunità che non è affatto inclusa, o non vedi nessuno che ti assomiglia mentre lo fai, può essere davvero difficile”.

Dopo aver completato la traversata in solitaria, adesso Chandi Preet ha intenzione di istituire una borsa di studio per aiutare nei finanziamenti di spedizioni più donne possibili, in quella che invece è spesso un’arena dominata dagli uomini. “Mi è stato detto ‘no’ in molte occasioni e di ‘fare solo cose normali’, ma siamo noi che creiamo il nostro normale“, ha detto. Aggiungendo un incoraggiamento verso tutti quelli che leggeranno la sua storia: “Sei capace di fare tutto quello che vuoi”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Preet Chandi, considerata la prima donna di colore a completare una traversata in solitaria dell'Antartide, ha finito la sua spedizione al polo sud quasi una settimana prima del previsto. Soprannominata "Polar Preet", la 32enne britannica ha sopportato temperature che arrivavano a toccare anche -50° C mentre sciava per 700 miglia (oltre 1100 chilometri, insomma come da Palermo a Firenze, per intenderci) attraverso il Polo Sud, in 40 giorni, sette ore e tre minuti, mancando per un pelo di stabilire il nuovo record mondiale per una donna. Più veloci di lei sono state infatti la svedese Johanna Davidsson, che nel 2016 compì la traversata in 38 giorni, 23 ore e cinque minuti, e la britannica Hannah McKeand, che dieci anni (nel 2006) prima fece registrare lo straordinario tempo di 39 giorni, nove ore e 33 minuti. Insomma vere e proprie imprese nel ghiaccio quelle di queste donne, tra le quali Chandi occupa il terzo gradino del podio virtuale per velocità, il primo come persona di colore. Ma non solo. Polar Preet è infatti anche la prima persona ad aver raggiunto il Polo Sud a piedi in due anni. "Questa spedizione è sempre stata molto più importante di me - ha detto al termine della traversata -. Voglio incoraggiare le persone a spingere in avanti i propri limiti e a credere in se stesse. E voglio che siate in grado di farlo senza essere etichettate come ribelli - ha aggiunto -. Non importa da dove vieni o dov'è la tua linea di partenza, tutti iniziano da qualche parte". Fisioterapista dell'esercito britannico, la 32enne vive a Derby, nell'Inghilterra centrale. Per lei raggiungere questo obiettivo è stato surreale: "Sono arrivata al Polo Sud mentre stava nevicando. Provo così tante emozioni in questo momento. Non sapevo nulla del mondo polare tre anni fa ed è così surreale essere finalmente qui. È stata dura arrivarci e voglio ringraziare tutti per il loro sostegno". Oltre alle temperature gelide, infatti, la ragazza ha sopportato anche il vento, che arrivava a sfiorare velocità fino a quasi 100km/h e ha combattuto contro le tempeste di neve mentre tirava una slitta di 90 kg attraverso i sastrugi, ossia creste parallele simili a onde sulla neve indurita dai venti. Vere e proprie montagne di ghiaccio insomma. Anche dal punto di vista psicologico non è stato certo facile, ci sono stati momenti di scoraggiamento e in più ad accompagnarla ci sono state a volte la febbre e una tosse persistente. Ma la donna non si è mai persa d'animo completamente e ha proseguito nel suo 'immacolato' cammino. Partendo il 24 novembre da Hercules Inlet, Chandi mirava a completare il suo trekking in 45 giorni, portando con sé razioni alimentari sufficienti per 48 giorni. Ma alla fine ha finito cinque giorni prima del previsto, coprendo una distanza media giornaliera di circa 17 miglia. Aveva passato anni ad allenarsi per il trekking, avendo precedentemente completato una spedizione di 27 giorni sulla calotta glaciale in Groenlandia e prendendo parte alle ultramaratone, compresa l'estenuante Marathon des Sables attraverso il Sahara. Alla domanda sul perché abbia voluto sottoporsi a questa prova estrema la donna ha detto di sperare che il suo viaggio ispiri i giovani, le donne e tutte le persone appartenenti alle minoranze etniche. Parlando al Guardian durante il suo intenso allenamento ha anche raccontato quanto la gente rimanesse stupita quando spiegava perché si stesse preparando: "Sono una donna asiatica, non sono l'immagine che la gente si aspetta di vedere là fuori". "Si dice che l'aria aperta si per tutti e sì, lo è. Ma se vieni da una comunità che non è affatto inclusa, o non vedi nessuno che ti assomiglia mentre lo fai, può essere davvero difficile". Dopo aver completato la traversata in solitaria, adesso Chandi Preet ha intenzione di istituire una borsa di studio per aiutare nei finanziamenti di spedizioni più donne possibili, in quella che invece è spesso un'arena dominata dagli uomini. "Mi è stato detto 'no' in molte occasioni e di 'fare solo cose normali', ma siamo noi che creiamo il nostro normale", ha detto. Aggiungendo un incoraggiamento verso tutti quelli che leggeranno la sua storia: "Sei capace di fare tutto quello che vuoi".
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