Essere caregiver a tempo pieno di una persona con una disabilità grave è un impegno che coinvolge non solo il fisico e il cervello, ma soprattutto il cuore. Se poi la persona che necessita di cure è un figlio – di norma biologicamente predisposto a sopravvivere ai genitori e a costruire man mano la propria indipendenza – allora il peso da sostenere diventa quasi schiacciante. Permettersi una passeggiata con gli amici, un pomeriggio dedicato al proprio hobby o semplicemente del tempo libero diventa un evento più unico che raro. L'assistenza del territorio, il più delle volte, è inadeguata e insufficiente e, comunque, nessuno come un caregiver passa sufficiente tempo insieme alla persona diversamente abile da conoscere realmente le sue necessità. La questione, dunque, non sembra risolvibile: chi si prende cura del proprio caro a tempo pieno non ha diritto a distrazioni né a momenti di recupero. Non la pensa così Gianni Del Corral, regista e sceneggiatore torinese, che nel 2005 ha inventato il termine “Baby-Xitter” per indicare una figura educativa speciale, di sostegno alle famiglie con bambini e ragazzi affetti da ogni tipo di disabilità. Il Baby-Xitter è dotato non soltanto di tutte le competenze necessarie per sostituire un genitore alcune ore al giorno, ma soprattutto di sensibilità e capacità di compartecipazione. Da allora ad oggi, il servizio da lui creato di baby-sitter a domicilio per bambini diversamente abili ne ha fatta tanta di strada. Soprattutto grazie ai corsi di formazione che la sua associazione ha sviluppato e che permettono agli operatori del mondo del sociale di specializzarsi nell'assistenza domiciliare alle famiglie. Proprio loro, le famiglie, neanche a dirlo sono state da subito entusiaste e la voce si è presto sparsa sull'intero territorio nazionale. Nell’autunno 2019 il termine “Baby-Xitter” viene persino inserito nella Treccani, come nuovo neologismo che identifica il baby-sitter speciale per bimbi diversamente abili.
Signor Del Corral, come nasce la sua fortunata idea? “Da una mia esigenza. All'età di tre anni viene diagnosticata una sindrome rara al mio bambino. Presto mi sono dovuto scontrare con le troppe lacune lasciate dai servizi del Welfare e dall'assistenza del territorio. Tante associazioni nascono per questo. Al tempo avevo bisogno di aprire la mia casa a persone capaci di relazionarsi con la disabilità, che fossero più sensibili possibile e dotate soprattutto della volontà di aiutare concretamente anche persone con esigenze particolari. Per esempio, mio figlio ha sempre avuto bisogno di fare molto esercizio logopedico. Due volte alla settimana lo portavamo dalla specialista, ma poi a casa dovevamo essere noi genitori a farlo esercitare. Il problema è che i bambini speciali non sono diversi dagli altri bambini, e vorrebbero che papà e mamma giocassero semplicemente con loro, non che si trasformassero in logopedisti, fisioterapisti, infermieri, psicologi ecc... Mio figlio non aveva mai voglia di fare gli esercizi di logopedia con me, diventava nervoso e poco responsive. Alla fine, ovviamente, i risultati non erano eccellenti. Una persona esterna invece, in casi come questo, può fare la differenza. I genitori sono abilissimi, ma per i bambini è importante anche 'cambiare mano'. Così ho cercato di creare una realtà per bimbi disabili di età compresa tra gli 0 e i 17 anni, affetti da qualsiasi tipo di disabilità”. Per cosa sta la “X” di Baby-Xitter? “È l'incognita di questi nostri bambini, il loro fattore di disabilità, ma anche il valore aggiunto che cerchiamo nelle persone che dovranno occuparsi di loro. Quando mettemmo il primo annuncio per formare un gruppo di operatori, subito aderirono circa 30 ragazzi, quasi tutti provenienti dall'Università di Psicologia e da quella di Scienze dell'Educazione di Torino, dunque giovani con alle spalle un percorso di studi già legato all'aiuto alla persona”.
Che tipo di preparazione offrono i corsi promossi da Baby-Xitter? “Abbiamo corsi adeguati per ogni tipo di disabilità, condotti da psicologi, counsellor, esperti nel campo del gioco, infermieri e soprattutto dalle famiglie stesse. La formazione di base prevede 4 lezioni ma i moduli sono ampliabili all'infinito, a seconda delle esigenze dell'operatore. La particolarità dei corsi per Baby-Xitter è che si imparano cose che non sono scritte sui libri, ma che si basano sulle reali esigenze delle persone diversamente abili e sulla vita reale delle loro famiglie. Un esempio su tutti: il Contratto Nazionale del Lavoro non prevede che gli educatori possano occuparsi dell'igiene del bambino disabile né somministrare farmaci a quanti necessitano delle proprie terapie. Ho conosciuto una mamma che, per colpa di questo, era costretta ad uscire ogni ora da lavoro per andare a dare le medicine al figlio e tornare di corsa in ufficio. Il Baby-Xitter invece, previa autorizzazione dei genitori, può somministrare i farmaci e cambiare un pannolino. In questo modo i genitori sono sicuri e sereni che la persona a cui lasciano il loro bambino per qualche ora è perfettamente in grado di sostituirli. Il Baby-Xitter si mette a servizio della famiglia relazionandosi anche con tutte le figure che ruotano intorno al bimbo. Lo accompagna dai terapeuti, dai logopedisti, dai fisioterapisti e partecipa persino alle riunioni scolastiche. I bambini stanno meglio, i genitori stanno meglio, perché si sentono supportati e meno soli”. Quali sono stati i commenti più emozionanti che avete ricevuto dalle famiglie che avete aiutato? “Ce ne sono stati tanti, ma sicuramente uno su tutti: 'Ci avete cambiato la vita'. Un'associazione di insegnanti di sostegno di Campobasso tempo fa ha finanziato un progetto di formazione per Baby-Xitter della durata di un anno. Ai primi cinque del corso sono state assegnate altrettante famiglie bisognose del territorio da seguire per 8 mesi. Al convegno di restituzione del progetto ho potuto conoscere le mamme che avevano ricevuto assistenza: piangevano dalla gioia e una mi ha detto persino 'Non pensavo di poter ancora avere nella vita delle ore di relax. Anche solo stando in casa ho potuto staccare la spina e respirare'. Nessuno può capire il significato di queste parole, se non ci si trova a vivere certe situazioni. C'è bisogno anche di riposo perché siamo umani, non macchine, e questo non significa amare di meno i nostri figli. Anche se come genitori abbiamo scoperto di avere forze e risorse che non pensavamo di possedere, si deve accettare l'idea di staccare la spina ogni tanto. Pensate che mi trovo spesso a chiedere ai genitori quanto tempo sia passato dall'ultima volta che sono andati a mangiarsi una pizza da soli. La risposta è quasi sempre che non se lo ricordano nemmeno, perché ormai hanno perduto la cognizione del poter uscire di casa”.
Main Partner
Partner