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Home » Lifestyle » Bagni no-gender al liceo “Brera” di Milano, la preside: “Tanti studenti in transizione”

Bagni no-gender al liceo “Brera” di Milano, la preside: “Tanti studenti in transizione”

Per chi frequenta l'istituto anche la possibilità di avviare la carriera alias. Ma esponenti del Miur non sono d'accordo: "Si spinge troppo in avanti"

Marianna Grazi
24 Ottobre 2022
bagni gender

Bagni gender al liceo artistico "Brera" di Milano

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Si allunga sempre più la lista degli istituti scolastici italiani che introducono i bagni “no gender”. L’ultimo a entrare nella lista delle scuole virtuose in termini di parità e inclusione è quello del liceo artistico “Brera” di Milano: scompare la tradizionale distinzione all’ingresso tra maschi e femmine per lasciare il posto ad una neutralità di genere che rispetti in tal modo l’identità di tutti gli studenti e le studentesse. È la prima volta nel capoluogo lombardo ma va ad aggiungersi a quelli che in precedenza erano apparsi a Pisa, Torino, San Lazzaro di Savena, Piacenza e in altre città sparse su tutta la penisola.

Bagni no gender e carriera alias aperti al liceo Brera di Milano

La firma del provvedimento da parte della dirigente scolastica Emilia Ametrano, con l’approvazione di tutto il consiglio d’istituto, ha pero suscitato le critiche di alcuni esponenti del Ministero dell’Istruzione, secondo i quali la decisione “si spinge troppo in avanti”. La preside però ha spiegato il motivo che l’ha spinta ad adottare questa decisione: “Abbiamo preso atto della realtà che c’è in questa scuola. Qui di ragazzi in transizione sessuale ce ne sono tanti“. “La presenza di persone che vogliono fare una transizione di genere è normale oggi, soprattutto per i ragazzi della nostra età”, rincara la dose Elvis Federico, uno dei rappresentanti d’istituto del liceo. Insomma in un momento storico/politico in cui le persone Lgbtq+, anche quelle più giovani, sembrano essere spiazzate e senza certezze, le loro rivendicazioni bloccate, le battaglie per maggiori tutele perse ancora prima di nascere, un piccolo barlume di speranza arriva in un luogo insolito ma simbolico: la storia dei diritti di genere si riscrive anche nei bagni.

Ma non solo: al liceo “Brera” gli studenti possono anche scegliere di essere riconosciuti con il nome d’elezione nel registro elettronico di classe. “Se uno studente è alias non compare con il suo nome anagrafico attribuito dal suo sesso biologico e questo non lo costringe a spiegare ogni volta al professore di turno la sua transizione”, spiega Gianfranco Tigaro, docente dell’istituto. Ma la piccola rivoluzione scolastica non spegne i timori dei/delle liceali, dovuti in particolar modo al nuovo governo di centro-destra, che già in campagna elettorale aveva fatto delle scelte conservatrici in termini di famiglia e orientamento sessuale le proprie bandiere. “Era da più di un anno che non ricevevo insulti transfobici. Ma da quando è salita la Meloni mi è già successo due volte da parte di signore – racconta in anonimato una persona che frequenta il Brera – . È stato scioccante e mi chiedo se sia conseguenza del fatto che queste persone si sentono più libere di esprimere pensieri sbagliati”. Libertà d’espressione che però, in ogni caso, non dovrebbe mai sforare nell’offesa né tantomeno nell’omotransfobia.

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

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Si allunga sempre più la lista degli istituti scolastici italiani che introducono i bagni "no gender". L'ultimo a entrare nella lista delle scuole virtuose in termini di parità e inclusione è quello del liceo artistico "Brera" di Milano: scompare la tradizionale distinzione all'ingresso tra maschi e femmine per lasciare il posto ad una neutralità di genere che rispetti in tal modo l'identità di tutti gli studenti e le studentesse. È la prima volta nel capoluogo lombardo ma va ad aggiungersi a quelli che in precedenza erano apparsi a Pisa, Torino, San Lazzaro di Savena, Piacenza e in altre città sparse su tutta la penisola.
Bagni no gender e carriera alias aperti al liceo Brera di Milano
La firma del provvedimento da parte della dirigente scolastica Emilia Ametrano, con l'approvazione di tutto il consiglio d'istituto, ha pero suscitato le critiche di alcuni esponenti del Ministero dell'Istruzione, secondo i quali la decisione "si spinge troppo in avanti". La preside però ha spiegato il motivo che l'ha spinta ad adottare questa decisione: "Abbiamo preso atto della realtà che c'è in questa scuola. Qui di ragazzi in transizione sessuale ce ne sono tanti". "La presenza di persone che vogliono fare una transizione di genere è normale oggi, soprattutto per i ragazzi della nostra età", rincara la dose Elvis Federico, uno dei rappresentanti d'istituto del liceo. Insomma in un momento storico/politico in cui le persone Lgbtq+, anche quelle più giovani, sembrano essere spiazzate e senza certezze, le loro rivendicazioni bloccate, le battaglie per maggiori tutele perse ancora prima di nascere, un piccolo barlume di speranza arriva in un luogo insolito ma simbolico: la storia dei diritti di genere si riscrive anche nei bagni. Ma non solo: al liceo "Brera" gli studenti possono anche scegliere di essere riconosciuti con il nome d'elezione nel registro elettronico di classe. "Se uno studente è alias non compare con il suo nome anagrafico attribuito dal suo sesso biologico e questo non lo costringe a spiegare ogni volta al professore di turno la sua transizione", spiega Gianfranco Tigaro, docente dell'istituto. Ma la piccola rivoluzione scolastica non spegne i timori dei/delle liceali, dovuti in particolar modo al nuovo governo di centro-destra, che già in campagna elettorale aveva fatto delle scelte conservatrici in termini di famiglia e orientamento sessuale le proprie bandiere. "Era da più di un anno che non ricevevo insulti transfobici. Ma da quando è salita la Meloni mi è già successo due volte da parte di signore - racconta in anonimato una persona che frequenta il Brera - . È stato scioccante e mi chiedo se sia conseguenza del fatto che queste persone si sentono più libere di esprimere pensieri sbagliati". Libertà d'espressione che però, in ogni caso, non dovrebbe mai sforare nell'offesa né tantomeno nell'omotransfobia.
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