Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Lifestyle » La forza di mamma Benedetta e il sorriso di Viola: “Mia figlia non può né parlare né camminare, ma non compiangetela”

La forza di mamma Benedetta e il sorriso di Viola: “Mia figlia non può né parlare né camminare, ma non compiangetela”

Colpita da Encefalopatia ipossico ischemica, la piccola ha subito danni permanenti durante il parto. La madre racconta a Luce! i momenti più belli e i più difficili della loro vita: "Una volta le dissi 'ti amo più delle stelle', lei alzò gli occhi al cielo"

Caterina Ceccuti
20 Giugno 2022
Benedetta e la figlia Viola (Foto gentilmente concessa dai genitori)

Benedetta e la figlia Viola (Foto gentilmente concessa dai genitori)

Share on FacebookShare on Twitter

Questo avrebbe dovuto essere il racconto di Benedetta, una madre molto coraggiosa che dodici anni fa, per un errore umano, ha accolto nella propria vita una figlia colpita da Encefalopatia ipossico ischemica. Invece, mano mano che l’intervista andava avanti, ad ergersi a protagonista della storia è stata proprio Viola, questa bella ragazzina dai colori chiari, orgogliosa e tenace, che non teme la propria disabilità ma detesta piuttosto essere commiserata. Viola ha subito un danno da parto, che la costringe su una sedia a rotelle e che le impedisce di esprimersi attraverso le parole. Ed è questo a farla soffrire sopra ogni cosa: l’impossibilità di parlare, più ancora che di camminare, e soprattutto la difficoltà di farsi intendere dagli altri come vorrebbe. Eppure, nessuno potrebbe dubitare che Viola sia capace di farsi capire, dopo aver letto le parole con cui Benedetta ha saputo mettere in chiaro la forza di sua figlia. E grazie alla dedizione di due genitori speciali, la personalità straordinaria di Viola emerge chiara e forte nella costellazione di conquiste in cui ha saputo trasformare la sua vita.

La piccola Viola, la bambina che non può né parlare né camminare (Foto gentilmente concessa dai genitori)

Benedetta, com’è Viola di carattere?

“Sicuramente solare, simpatica e allegra. Sa essere spiritosa, ma anche polemica. Di lei amo l’autoironia e la determinazione, ma devo ammettere che ha il suo caratterino, e questo in più di un’occasione è stata la sua forza. Spesso infatti mi sono resa conto che a soffrire per le cose che non vanno sono più di lei. Se andiamo al parco, per esempio, Viola vede gli altri correre ed è felice, è serena se vede i suoi coetanei giocare. Certo, io e suo padre abbiamo sempre cercato di farle fare tutto il possibile: equitazione, concerti di musica, piscina, viaggi ecc. Ma penso che il merito della sua serenità sia principalmente suo. Comunque Viola è anche una ragazzina molto permalosa, se la lega al dito, ed anche se è buona come il pane conviene sempre non pestarle i piedi: se decide che non vuole più andare da un terapista, stai pur certa che non ci metterà più piede. In questo periodo poi ci facciamo delle litigate! Soprattutto per colpa degli sbalzi di umore forti che, come tutti gli adolescenti, sta avendo in questo periodo. Come se non bastasse quest’anno si è invaghita di un compagno di classe e ha avuto la sua prima delusione d’amore. Purtroppo è solo la prima…”.

Viola cammina con l’aiuto di un deambulatore. E per comunicare usa un puntatore oculare: usa gli occhi come fossero un mouse sullo schermo del computer (Foto gentilmente concessa dai genitori)

Cosa successe al momento del parto, dodici anni fa?

“Sono andate storte tante cose che invece avrebbero dovuto andare dritte. Ho partorito a 39 settimane più 6 giorni, perfettamente nella norma, ed ero stata seguita lungo tutto l’iter pre parto dal Primario dell’Ospedale ‘Fate bene fratelli’ di Roma. Non avevo badato a spese, all’epoca avevo 37 anni e ci tenevo che venissero fatti tutti i controlli del caso. Avevo anche desiderato di partorire con un cesareo, per evitare rischi, ma il mio medico non aveva voluto. I prodromi del parto furono lunghissimi e i dolori molto forti, ma il parto non voleva aprirsi. Così mi ruppero le acque manualmente e da lì iniziò il calvario. Dolori sempre più forti, poi l’elettrocardiogramma che iniziò a segnare un battito irregolare, segno di sofferenza nella bambina. Ancora il cambio turno del personale, la sfortuna, il parto che continuava a non aprirsi e i dolori che diventavano ancora più forti. Alla fine fui portata in sala parto e mi vennero applicate sei ventose, di cui una manuale, le ultime parole che ho sentito sono state “abbiamo perso il battito”, poi la corsa in sala operatoria e il cesareo di urgenza. Viola era morta, ma l’hanno rianimata. Solo che dopo è mancato un intervento immediato, prima di condurre mia figlia in terapia intensiva è passato troppo tempo, durante il quale non è stata applicato il protocollo per l’ipotermia terapeutica – o baby cooling – che serve per limitare i danni dell’asfissia intrapartum. Si tratta di una sorta di trattamento neuro protettivo, tant’è che dopo 24 ore Viola ha avuto le prime crisi epilettiche”.

Viola negli anni ha seguito programmi speciali di nuoto e di fisioterapia che hanno lo scopo di ripristinare i riflessi primitivi (Foto gentilmente concessa dai genitori)

Quali sono state le conseguenze?

“Una diagnosi conclamata di Encefalopatia ipossico ischemica, con conseguente compromissione dei nuclei della base, che sono responsabili dell’equilibrio e della sfera del linguaggio. Mia figlia è rimasta quasi 35 minuti senza ossigeno, per ciò non camminerà mai autonomamente e non potrà mai parlare”.

Quale è stato il suo stato d’animo?

“Avrei potuto abbandonarmi alla rabbia, ne avrei avuto tutto il diritto. Ma ho scelto di non farlo, per Viola, per me stessa e per la mia famiglia. Non vado mai a riguardare la cartella clinica né leggo le sentenze del tribunale, anche se mi hanno dato ragione. Ho scelto di allontanare la negatività e di tirarmi su le maniche, di impegnarmi con ogni mezzo perché mia figlia abbia la migliore vita possibile, la maggior autonomia possibile e, soprattutto, perché possa essere felice, anzi perché si possa essere felici tutti e tre insieme. E dopo 12 anni, grazie al lavoro fatto, Viola è più che presente, comunica con gli occhi attraverso un puntatore oculare”.

Entrambi i genitori di Viola provengono da precedenti matrimoni. “I primi anni sono stati molto duri per tutti”, racconta la mamma (Foto gentilmente concessa dai genitori)

Suo marito ha avuto da subito la sua stessa forza d’animo?

“I primi anni sono stati molto duri per tutti, specialmente per lui. Entrambi venivamo da precedenti matrimoni, ma mentre io non avevo avuto figli, mio marito ne aveva avuto uno, dunque vedendo crescere Viola aveva inevitabilmente fatto paragoni con quello che avrebbe potuto essere, o potuto fare, e soffriva molto. Io, semplicemente, mi limitavo a guardare Viola e a credere in lei. Non sono mai riuscita a considerarla gravissima, come invece prontamente i medici hanno sempre sottolineato che fosse nel corso degli anni. Io non ho mai voluto etichettarla, neanche quando la neuro psichiatra lesse la prima risonanza che le avevamo fatto e mi disse “Il danno è gravissimo”. Non si è mai pronti a sentire parole come queste. La cosa più difficile è non lasciarsi sopraffare dalla rabbia. Purtroppo ho amiche completamente dilaniate dalla rabbia e dal dolore, inferocite contro il mondo, che neanche riescono ad occuparsi del proprio figlio, né a godere delle piccole cose”.

Subito dopo il parto, Viola è rimasta 35 minuti senza ossigeno (Foto gentilmente concessa dai genitori)

Qual è stato il piano d’azione, una volta portata a casa la vostra neonata dall’ospedale?

“Ci siamo subito attivati. Abbiamo portato la piccola a fare visite specialistiche e già dall’età di quattro mesi ha iniziato a fare psico motricità tre volte a settimana. Ma era poco rispetto a quel che si poteva fare, poco rispetto a quello di cui aveva bisogno per poter sfruttare le proprie capacità residue. Purtroppo la presa in carico del territorio si è rivelata insufficiente, perché ci hanno insegnato solo ad accettare la disabilità di nostra figlia, non a concentrarci sulle possibilità di miglioramento e riabilitazione. Abbiamo iniziato a frequentare centri specializzati nell’assistenza alle Paralisi cerebrali, sia in Italia che all’estero. Viola negli anni ha seguito programmi speciali di nuoto e di fisioterapia che hanno lo scopo di ripristinare i riflessi primitivi, un impegno notevole sia per mia figlia che per tutta la famiglia, costretta ad allontanarsi da casa per intere settimane. Ma è stato in quelle occasioni che ho conosciuto altre mamme fantastiche e ho visto migliorare tanti bambini. A casa, fin da piccolissima, l’ho bombardata dal punto di vista cognitivo: organizzavo giochi di sensibilizzazione del tatto e della propriocettività, le parlavo in tre lingue diverse ecc”.

Una delle sfide più dura per Viola è stata la masticazione perché la bimba è preda di forti movimenti involontari (Foto gentilmente concessa dai genitori)

Qual è stata la sfida più dura?

“La masticazione: la sua è una Paralisi Cerebrale con quadro di tetraparesi ipertonica distonica, il che significa che mia figlia è preda di forti movimenti involontari. Se cerca di prendere un bicchiere con la mano, compie cento movimenti con tutti e quattro gli arti che non sono funzionali. Nel tempo abbiamo eseguito un lavoro di raffinamento. Certo, non mangia con il cucchiaio ed è un po’ sotto peso, ma la masticazione l’abbiamo raggiunta, grazie alla tenacia sia mia che sua, e non devo frullare il cibo per poterla nutrire”.

Viola fa cinque ore al giorno di allenamento, massaggi, fisioterapia, ippoterapia e altro. Le sue giornate iniziano alle 8 e non finiscono prima delle 16 (Foto gentilmente concessa dai genitori)

Avete pagato privatamente tutte le terapie per Viola?

“Certo, e stiamo parlando di terapie costose, che comportano spesso anche trasferte all’estero per me e per un accompagnatore, visto che mia figlia è cresciuta e non riesco più a portarla da sola. Lo Stato non prevede rimborsi, anzi spesso faccio fatica a svincolare i soldi dell’accompagno dal giudice tutelare. Io e mio marito lavoriamo entrambi, abbiamo potuto contare sui nonni, dunque siamo stati fortunati. Ma conosco famiglie che non possono permettersi cure simili, benché paesi come la Slovacchia e la Polonia siano dotati di centri di altissimo livello per il potenziamento delle persone con Paralisi Cerebrale, che sono sicuramente meno costosi dei centri italiani”.

Viola ha 12 anni ma dal punto di vista motorio – racconta la madre – è come se ne avesse meno di uno (Foto gentilmente concessa dai genitori)

Quale programma segue Viola quando vi recate nei centri specializzati?

“Programmi molto intensi. Fa cinque ore al giorno di allenamento, massaggi, fisioterapia, ippoterapia, nuoto ecc. Le giornate iniziano alle 8 e non finiscono prima delle 16. È molto impegnativo per tutti, ma devo dire che alla fine di ogni esperienza Viola si porta a casa qualcosa”.

Oggigiorno Viola cosa può fare?

“Dal punto di vista motorio è come se avesse meno di un anno. Non sta seduta da sola per più di qualche minuto, ma cammina con l’aiuto di un deambulatore. Le mancano l’equilibrio e la parola. Riesce a comunicare con gli occhi, ce ne siamo accorti fin da piccola, una volta che le dissi “Mamma ti ama più delle stelle” e lei alzò gli occhi al cielo. Ma abbiamo dovuto faticare moltissimo, anni e anni di frustrazione prima che, finalmente, quattro anni fa ottenessimo il puntatore oculare, grazie al quale lei usa gli occhi come fossero un mouse sullo schermo del computer. Può mandare messaggi, giocare, comunicare con più soddisfazione. Questo per lei è essenziale, perché non sopporta che le si mettano in bocca parole non sue. Purtroppo il luogo comune del “Sei sulla sedia a rotelle e non parli, per cui non capisci niente”, la fa spesso da padrone. A scuola quest’anno ho dovuto litigare con la professoressa di italiano perché si rifiutava di parlare direttamente con Viola, ma si rivolgeva solo al suo insegnante di sostegno”.

Il sogno di Viola è quello di poter parlare. Mamma Benedetta: “Le dà fastidio il fatto che tutti pensino che sia stupida solo perché non parla” (Foto gentilmente concessa dai genitori)

Qual è il suo incubo di madre?

“Sicuramente il “dopo di noi”. Non posso contare su nessuno di più giovane di me o di mio marito che possa prendersi cura di Viola. Per questo stiamo lavorando con tutte le forze per renderla il più possibile indipendente. A volte vorrei essere immortale per poterla accudire per sempre”.

Ha mai chiesto a Viola quale fosse il suo desiderio più grande?

“Sì, e la risposta non è stata quello di camminare, come invece mi sarei aspettata. Mi ha detto che vorrebbe poter parlare, le dà fastidio il fatto che tutti pensino che sia stupida solo perché non parla. E la fa soffrire il fatto di dover sempre dimostrare che invece non lo è”.

Potrebbe interessarti anche

Presidente AIDDA Antonella Giachetti (1)
Economia

Fondo Impresa Femminile insufficiente a sostenere le donne imprenditrici

12 Giugno 2022
Manifestazioni transgender
Politica

Ohio, nuovo attacco alle persone transgender: è legge il divieto di fare sport

10 Giugno 2022
Usa abolizione aborto proteste
Politica

Usa, dopo l’abolizione del diritto all’aborto a rischio matrimoni gay e contraccezione

25 Giugno 2022

Instagram

  • Stando a quanto dicono gli studiosi, i social network sono portatori malati di ansia e depressione. E, diciamocelo, non servivano studi e numeri per capirlo. I più attrezzati di noi a comprendere le dinamiche social e sociali che si nascondono dietro l’algoritmo di Meta già da tempo avevano compreso che “social sì, ma a piccole dosi”.

Eppure la deriva c’è stata e adesso distinguere il virtuale dal reale, l’immagine dallo schermo, il like dall’affetto sembra essere diventata un’operazione assai difficile.

Il senso di inadeguatezza delle persone di ogni età sta dilagando. Pare che il meccanismo sia più o meno questo: l’erba del vicino – di account – è sempre più verde. 

Che poi nella realtà non è così poco importante. A importare è ciò che appare, non ciò che è, tanto da ridurre il dilemma “essere o non essere” a coltissimo equivoco elitario. Cogito ergo sum un po’ poco, verrebbe da dire, se non fosse che la faccenda è seria e grave. 

Lo stress da social è reale e affligge grandi e piccini, senza distinzione di ceto. Una vera e propria sofferenza psicologica che tende a minare le fondamenta dell’intera società. Tra il 2003 e il 2018, i casi di ansia hanno registrato numeri da record, così come quelli di depressione, autolesionismo e problemi di alimentazione. Questo basti per capire che limitarsi a catalogare il problema come questione minore è sbagliato e pericoloso.

Complice il recente lockdown, la corsa verso la psicosocialpatologia ha accelerato il passo. L’unica soluzione a portata di mano, seppur temporanea, è prendersi una pausa dai social e uscire dalla bolla, come Selena Gomez insegna. 

Vivere la vita vera, in Logout, fatta di persone in carne e ossa che di perfetto hanno poco o nulla e che combattono ogni giorno per cercare di assomigliare a ciò che vorrebbero essere. 

E tu quanto tempo passi sui social? 📲

Di Margherita Ambrogetti Damiani ✍

#lucenews #lucelanazione #socialout #viverelavita #nofilter #autoconsapevolezza #stressdasocial #socialdetox
  • Ad appena 3 anni e mezzo, Vincenzo comunica ai genitori il desiderio di indossare vestiti e gonne. Alla richiesta viene inizialmente, quanto inevitabilmente, dato poco peso, come se fosse un gioco… 

Ma 6 anni e mezzo dopo Vincenzo fa un coming out più deciso, chiede di potersi chiamare Emma e di indossare un costume femminile alle lezioni di danza, che condivide con le due sorelle maggiori. Pochi giorni fa, grazie anche alla comprensione e disponibilità della sua insegnante di danza, ha vissuto il suo momento di gloria, esibendosi in un saggio-spettacolo di fine anno costruito su misura, con una coreografia che racconta la sua storia.

La danza, si sa, può essere di grande aiuto per costruire la propria identità, perché è prima di tutto libertà di espressione. 

“Gli anni di pandemia sono stati decisivi per mia figlia. La riflessione è diventata sempre più profonda e, con sofferenza, lo scorso ottobre, è riuscita a parlarci di ciò che davvero le stava a cuore. Le prime sostenitrici sono state proprio le sorelle, più aperte e predisposte mentalmente su questa tematica. Noi genitori ancora pensavano a una latente omosessualità, ma non era così: per nostra figlia la propria identità di genere non coincideva con il sesso assegnatole alla nascita”.

I primi tempi non sono stati facili, per certi aspetti è stato come elaborare un lutto perché Emma volava cancellare tutto il suo passato, buttando via foto e vestiti. La sua è stata una rinascita vera e propria, il suo “no" al nome, al genere maschile, è ormai definitivo. 

A scuola, ha chiesto e ottenuto di potersi chiamare Emma, così come in società. Fondamentale è stato il supporto della famiglia che, a un certo punto, ha capito che non si trattava di un gioco, malgrado la giovanissima età.

“A chi tuttora continua a ripeterci che avremmo dovuto insistere e iscriverla a calcio, dico con fermezza: i figli vanno ascoltati, è giusto che vivano la loro vita, quella più congeniale al loro sentire, perché tutti meritiamo di essere felici”.

Di Roberta Bezzi ✍

#lucenews #lucelanazione #bologna #emma #transgender #transrights
  • “Trova qualcuno a cui piaci come sei e digli di farsi curare”, scrive Andrea Pinna in uno dei suoi tipici post su Instagram. 

Ma se Andrea Pinna, apprezzato per i suoi aforismi taglienti, “né bello né ricco” come dice lui, è diventato uno degli influencer più originali del web, è anche perché ha fatto entrambe le cose: ha accettato se stesso com’era e ha intrapreso un percorso di cura.

Trentacinque anni, origini sarde e milanese di adozione, ha cominciato il suo cammino partendo dal gradino più basso. 

"Lavoravo a Roma nel mondo dei negozi, commesso e poi vetrinista. Mi hanno mandato in Sardegna, la mia terra, a seguire nuovi negozi, ma poco dopo hanno chiuso tutto lasciandomi senza lavoro. E lì si è scatenata la mia prima fortissima depressione. Che ho affrontato con Facebook, scrivendo status più o meno sarcastici per scaricare la rabbia”.

Non una depressione qualsiasi, ma un malessere profondo che a distanza di anni gli verrà diagnosticato come bipolarismo. 

"Non è stato facile. Ho passato periodi che non dormivo mai e altri in cui stavo sempre a letto. Avere un disagio psichico non è una passeggiata e bisogna raccontarlo, imparare ad ascoltarsi”.

Sul suo profilo Instagram @leperledipinna ha deciso di portare avanti due battaglie: quella per i diritti civili dei gay e l’altra per dare voce ai problemi mentali.

“La prima la combatto in prima persona da tanto tempo, la seconda per far capire che se vai dall’ortopedico quanto ti fa male il ginocchio è giusto andare da uno psicoterapeuta o uno psichiatra quando hai un disagio mentale o psicologico”.

E attraverso le dirette Instagram di psicoterapinna "racconto la mia storia, il mio vissuto, chiamando gli esperti a parlare dei vari problemi psicologici che la gente può avere”.

La storia di chi ha trovato il coraggio di affrontare il bipolarismo e ha saputo rendere i social un luogo in cui sentirsi a proprio agio. Qualunque sia il disagio.

L
  • "L’autismo è un fenomeno che riguarda sì, in primo luogo gli autistici e le loro famiglie, ma anche la società in generale. Un nato o nata ogni 70/80 rientra nello spettro autistico ormai ed è quindi bene che anche i cosiddetti neuro tipici sappiano di cosa si parla”.

Dopo la standing ovation ricevuta lo scorso 2 aprile al Cinema La Compagnia di Firenze e il fortunato tour avviato nei cinema e nei teatri della Toscana, il documentario “I mille cancelli di Filippo” sarà nuovamente proiettato lunedì 27 giugno alle 21, nella Limonaia di Villa Strozzi a Firenze. Al centro della narrazione il figlio del noto autore Enrico Zoi, il giovane Filippo, colpito da spettro autistico.

Con la delicatezza e la magia tipica di uno scrittore che, prima di tutto, è un babbo amorevole, Enrico – insieme a sua moglie Raffaella Braghieri – apre una volta ancora le porte della sua casa per raccontare al mondo la realtà speciale della sua famiglia.

E il consiglio per i genitori che hanno appena ricevuto una diagnosi di autismo sul proprio bambino sarebbe quello di "non chiudersi, di non chiedersi perché, di guardare al mondo esterno, di aprirsi. Chiudersi non serve a niente, anzi… è un po’ come una partita di calcio: se non scendi in campo la perdi a tavolino, se invece accetti il confronto te la puoi giocare!”.

Di Caterina Ceccuti ✍

#lucenews #lucelanazione #enricozoi #imillecancellidifilippo #firenze #autismo #autismawareness
Questo avrebbe dovuto essere il racconto di Benedetta, una madre molto coraggiosa che dodici anni fa, per un errore umano, ha accolto nella propria vita una figlia colpita da Encefalopatia ipossico ischemica. Invece, mano mano che l'intervista andava avanti, ad ergersi a protagonista della storia è stata proprio Viola, questa bella ragazzina dai colori chiari, orgogliosa e tenace, che non teme la propria disabilità ma detesta piuttosto essere commiserata. Viola ha subito un danno da parto, che la costringe su una sedia a rotelle e che le impedisce di esprimersi attraverso le parole. Ed è questo a farla soffrire sopra ogni cosa: l'impossibilità di parlare, più ancora che di camminare, e soprattutto la difficoltà di farsi intendere dagli altri come vorrebbe. Eppure, nessuno potrebbe dubitare che Viola sia capace di farsi capire, dopo aver letto le parole con cui Benedetta ha saputo mettere in chiaro la forza di sua figlia. E grazie alla dedizione di due genitori speciali, la personalità straordinaria di Viola emerge chiara e forte nella costellazione di conquiste in cui ha saputo trasformare la sua vita.
La piccola Viola, la bambina che non può né parlare né camminare (Foto gentilmente concessa dai genitori)
Benedetta, com'è Viola di carattere? “Sicuramente solare, simpatica e allegra. Sa essere spiritosa, ma anche polemica. Di lei amo l'autoironia e la determinazione, ma devo ammettere che ha il suo caratterino, e questo in più di un'occasione è stata la sua forza. Spesso infatti mi sono resa conto che a soffrire per le cose che non vanno sono più di lei. Se andiamo al parco, per esempio, Viola vede gli altri correre ed è felice, è serena se vede i suoi coetanei giocare. Certo, io e suo padre abbiamo sempre cercato di farle fare tutto il possibile: equitazione, concerti di musica, piscina, viaggi ecc. Ma penso che il merito della sua serenità sia principalmente suo. Comunque Viola è anche una ragazzina molto permalosa, se la lega al dito, ed anche se è buona come il pane conviene sempre non pestarle i piedi: se decide che non vuole più andare da un terapista, stai pur certa che non ci metterà più piede. In questo periodo poi ci facciamo delle litigate! Soprattutto per colpa degli sbalzi di umore forti che, come tutti gli adolescenti, sta avendo in questo periodo. Come se non bastasse quest'anno si è invaghita di un compagno di classe e ha avuto la sua prima delusione d'amore. Purtroppo è solo la prima...”.
Viola cammina con l'aiuto di un deambulatore. E per comunicare usa un puntatore oculare: usa gli occhi come fossero un mouse sullo schermo del computer (Foto gentilmente concessa dai genitori)
Cosa successe al momento del parto, dodici anni fa? “Sono andate storte tante cose che invece avrebbero dovuto andare dritte. Ho partorito a 39 settimane più 6 giorni, perfettamente nella norma, ed ero stata seguita lungo tutto l'iter pre parto dal Primario dell'Ospedale 'Fate bene fratelli' di Roma. Non avevo badato a spese, all'epoca avevo 37 anni e ci tenevo che venissero fatti tutti i controlli del caso. Avevo anche desiderato di partorire con un cesareo, per evitare rischi, ma il mio medico non aveva voluto. I prodromi del parto furono lunghissimi e i dolori molto forti, ma il parto non voleva aprirsi. Così mi ruppero le acque manualmente e da lì iniziò il calvario. Dolori sempre più forti, poi l'elettrocardiogramma che iniziò a segnare un battito irregolare, segno di sofferenza nella bambina. Ancora il cambio turno del personale, la sfortuna, il parto che continuava a non aprirsi e i dolori che diventavano ancora più forti. Alla fine fui portata in sala parto e mi vennero applicate sei ventose, di cui una manuale, le ultime parole che ho sentito sono state “abbiamo perso il battito”, poi la corsa in sala operatoria e il cesareo di urgenza. Viola era morta, ma l'hanno rianimata. Solo che dopo è mancato un intervento immediato, prima di condurre mia figlia in terapia intensiva è passato troppo tempo, durante il quale non è stata applicato il protocollo per l'ipotermia terapeutica – o baby cooling - che serve per limitare i danni dell'asfissia intrapartum. Si tratta di una sorta di trattamento neuro protettivo, tant'è che dopo 24 ore Viola ha avuto le prime crisi epilettiche”.
Viola negli anni ha seguito programmi speciali di nuoto e di fisioterapia che hanno lo scopo di ripristinare i riflessi primitivi (Foto gentilmente concessa dai genitori)
Quali sono state le conseguenze? “Una diagnosi conclamata di Encefalopatia ipossico ischemica, con conseguente compromissione dei nuclei della base, che sono responsabili dell'equilibrio e della sfera del linguaggio. Mia figlia è rimasta quasi 35 minuti senza ossigeno, per ciò non camminerà mai autonomamente e non potrà mai parlare”. Quale è stato il suo stato d'animo? “Avrei potuto abbandonarmi alla rabbia, ne avrei avuto tutto il diritto. Ma ho scelto di non farlo, per Viola, per me stessa e per la mia famiglia. Non vado mai a riguardare la cartella clinica né leggo le sentenze del tribunale, anche se mi hanno dato ragione. Ho scelto di allontanare la negatività e di tirarmi su le maniche, di impegnarmi con ogni mezzo perché mia figlia abbia la migliore vita possibile, la maggior autonomia possibile e, soprattutto, perché possa essere felice, anzi perché si possa essere felici tutti e tre insieme. E dopo 12 anni, grazie al lavoro fatto, Viola è più che presente, comunica con gli occhi attraverso un puntatore oculare”.
Entrambi i genitori di Viola provengono da precedenti matrimoni. "I primi anni sono stati molto duri per tutti", racconta la mamma (Foto gentilmente concessa dai genitori)
Suo marito ha avuto da subito la sua stessa forza d'animo? “I primi anni sono stati molto duri per tutti, specialmente per lui. Entrambi venivamo da precedenti matrimoni, ma mentre io non avevo avuto figli, mio marito ne aveva avuto uno, dunque vedendo crescere Viola aveva inevitabilmente fatto paragoni con quello che avrebbe potuto essere, o potuto fare, e soffriva molto. Io, semplicemente, mi limitavo a guardare Viola e a credere in lei. Non sono mai riuscita a considerarla gravissima, come invece prontamente i medici hanno sempre sottolineato che fosse nel corso degli anni. Io non ho mai voluto etichettarla, neanche quando la neuro psichiatra lesse la prima risonanza che le avevamo fatto e mi disse “Il danno è gravissimo”. Non si è mai pronti a sentire parole come queste. La cosa più difficile è non lasciarsi sopraffare dalla rabbia. Purtroppo ho amiche completamente dilaniate dalla rabbia e dal dolore, inferocite contro il mondo, che neanche riescono ad occuparsi del proprio figlio, né a godere delle piccole cose”.
Subito dopo il parto, Viola è rimasta 35 minuti senza ossigeno (Foto gentilmente concessa dai genitori)
Qual è stato il piano d'azione, una volta portata a casa la vostra neonata dall'ospedale? “Ci siamo subito attivati. Abbiamo portato la piccola a fare visite specialistiche e già dall'età di quattro mesi ha iniziato a fare psico motricità tre volte a settimana. Ma era poco rispetto a quel che si poteva fare, poco rispetto a quello di cui aveva bisogno per poter sfruttare le proprie capacità residue. Purtroppo la presa in carico del territorio si è rivelata insufficiente, perché ci hanno insegnato solo ad accettare la disabilità di nostra figlia, non a concentrarci sulle possibilità di miglioramento e riabilitazione. Abbiamo iniziato a frequentare centri specializzati nell'assistenza alle Paralisi cerebrali, sia in Italia che all'estero. Viola negli anni ha seguito programmi speciali di nuoto e di fisioterapia che hanno lo scopo di ripristinare i riflessi primitivi, un impegno notevole sia per mia figlia che per tutta la famiglia, costretta ad allontanarsi da casa per intere settimane. Ma è stato in quelle occasioni che ho conosciuto altre mamme fantastiche e ho visto migliorare tanti bambini. A casa, fin da piccolissima, l'ho bombardata dal punto di vista cognitivo: organizzavo giochi di sensibilizzazione del tatto e della propriocettività, le parlavo in tre lingue diverse ecc”.
Una delle sfide più dura per Viola è stata la masticazione perché la bimba è preda di forti movimenti involontari (Foto gentilmente concessa dai genitori)
Qual è stata la sfida più dura? “La masticazione: la sua è una Paralisi Cerebrale con quadro di tetraparesi ipertonica distonica, il che significa che mia figlia è preda di forti movimenti involontari. Se cerca di prendere un bicchiere con la mano, compie cento movimenti con tutti e quattro gli arti che non sono funzionali. Nel tempo abbiamo eseguito un lavoro di raffinamento. Certo, non mangia con il cucchiaio ed è un po' sotto peso, ma la masticazione l'abbiamo raggiunta, grazie alla tenacia sia mia che sua, e non devo frullare il cibo per poterla nutrire”.
Viola fa cinque ore al giorno di allenamento, massaggi, fisioterapia, ippoterapia e altro. Le sue giornate iniziano alle 8 e non finiscono prima delle 16 (Foto gentilmente concessa dai genitori)
Avete pagato privatamente tutte le terapie per Viola? “Certo, e stiamo parlando di terapie costose, che comportano spesso anche trasferte all'estero per me e per un accompagnatore, visto che mia figlia è cresciuta e non riesco più a portarla da sola. Lo Stato non prevede rimborsi, anzi spesso faccio fatica a svincolare i soldi dell'accompagno dal giudice tutelare. Io e mio marito lavoriamo entrambi, abbiamo potuto contare sui nonni, dunque siamo stati fortunati. Ma conosco famiglie che non possono permettersi cure simili, benché paesi come la Slovacchia e la Polonia siano dotati di centri di altissimo livello per il potenziamento delle persone con Paralisi Cerebrale, che sono sicuramente meno costosi dei centri italiani”.
Viola ha 12 anni ma dal punto di vista motorio - racconta la madre - è come se ne avesse meno di uno (Foto gentilmente concessa dai genitori)
Quale programma segue Viola quando vi recate nei centri specializzati? “Programmi molto intensi. Fa cinque ore al giorno di allenamento, massaggi, fisioterapia, ippoterapia, nuoto ecc. Le giornate iniziano alle 8 e non finiscono prima delle 16. È molto impegnativo per tutti, ma devo dire che alla fine di ogni esperienza Viola si porta a casa qualcosa”. Oggigiorno Viola cosa può fare? “Dal punto di vista motorio è come se avesse meno di un anno. Non sta seduta da sola per più di qualche minuto, ma cammina con l'aiuto di un deambulatore. Le mancano l'equilibrio e la parola. Riesce a comunicare con gli occhi, ce ne siamo accorti fin da piccola, una volta che le dissi “Mamma ti ama più delle stelle” e lei alzò gli occhi al cielo. Ma abbiamo dovuto faticare moltissimo, anni e anni di frustrazione prima che, finalmente, quattro anni fa ottenessimo il puntatore oculare, grazie al quale lei usa gli occhi come fossero un mouse sullo schermo del computer. Può mandare messaggi, giocare, comunicare con più soddisfazione. Questo per lei è essenziale, perché non sopporta che le si mettano in bocca parole non sue. Purtroppo il luogo comune del “Sei sulla sedia a rotelle e non parli, per cui non capisci niente”, la fa spesso da padrone. A scuola quest'anno ho dovuto litigare con la professoressa di italiano perché si rifiutava di parlare direttamente con Viola, ma si rivolgeva solo al suo insegnante di sostegno”.
Il sogno di Viola è quello di poter parlare. Mamma Benedetta: "Le dà fastidio il fatto che tutti pensino che sia stupida solo perché non parla" (Foto gentilmente concessa dai genitori)
Qual è il suo incubo di madre? “Sicuramente il “dopo di noi”. Non posso contare su nessuno di più giovane di me o di mio marito che possa prendersi cura di Viola. Per questo stiamo lavorando con tutte le forze per renderla il più possibile indipendente. A volte vorrei essere immortale per poterla accudire per sempre”. Ha mai chiesto a Viola quale fosse il suo desiderio più grande? “Sì, e la risposta non è stata quello di camminare, come invece mi sarei aspettata. Mi ha detto che vorrebbe poter parlare, le dà fastidio il fatto che tutti pensino che sia stupida solo perché non parla. E la fa soffrire il fatto di dover sempre dimostrare che invece non lo è”.
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2021 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto