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Home » Lifestyle » Brian Signorini, basta un minuto a smontare i bulli: “Le tue scuse non avranno mai il peso delle parole che hai detto”

Brian Signorini, basta un minuto a smontare i bulli: “Le tue scuse non avranno mai il peso delle parole che hai detto”

Il video su Tik Tok in cui lo studente di 17 anni fa una palla con un pezzo di carta, lo svolge e lo mostra ammaccato ha fatto il giro d'Italia e non solo. Le associazioni contro il bullismo e il cyber bullismo se lo contendono a convegni e webinar. Lui, studia all'estero e ammonisce dai social: "Non sono mai soltanto parole"

Linda Meoni
21 Aprile 2021
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Brian Signorini, 17 anni

Quante cose possiamo fare in sessanta secondi, quante ne rimandiamo sapendo che avremo sempre altri sessanta secondi a disposizione? In un tempo così piccolo Brian Signorini, 17 anni, faccia pulita e lingua dritta alla pancia di chi del bullismo fa una pratica quotidiana, concentra tutto se stesso e lancia un prezioso messaggio: siate voi stessi, perché non siete voi ad essere sbagliati. Sbagliato, anzi vuoto, è colui che incapace di argomentare altrimenti il proprio pensiero, usa parole violente contro di voi. La sua battaglia quotidiana Brian, studente del liceo scientifico di Pistoia, da qualche mese in Gran Bretagna come ‘exchange student’, la combatte su Tik Tok, perché i social “come tutte le cose della vita sei tu che scegli se usarli bene o usarli male”. Un approccio che funziona, a giudicare dai numeri: uno dei video girati nell’autunno scorso incentrato sui bulli ha totalizzato più di cinque milioni di condivisioni, oltre a una quantità moltiplicata di visualizzazioni, tanto da attirare l’attenzione di quelle associazioni che della lotta al cyberbullismo fanno una missione.

Il foglio accartocciato

Nei sessanta secondi che hanno maggiormente catturato l’attenzione Brian utilizza una metafora tanto semplice quanto vincente per parlare di bullismo. Davanti alla telecamera c’è lui, in mano un foglio bianco. Ecco il gioco che propone: immagina di indirizzare a quel foglio parole dolorose come un cazzotto, capaci di accartocciare quello stesso foglio. Poi, offesa dopo offesa, capisci di aver sbagliato, vorresti chiedere scusa e tornare indietro. Il foglio si dispiega lentamente, ma anche quando sarà completamente disteso sarà ormai irrimediabilmente ammaccato: “Le tue scuse – conclude Brian – non avranno mai il peso delle parole che hai detto”.

 

Le associazioni in prima linea

L’efficacia del suo messaggio è stata tale che la onlus milanese Farexbene lo ha scelto come testimonial del Safer Internet Day 2021 dello scorso febbraio e della cooperativa Time4child che lo ha fortemente voluto tra le voci del webinar promosso anche questo nella giornata mondiale dedicata all’uso positivo di Internet. E infine l’Aics, Associazione italiana di prevenzione al cyberbullismo e al sexting, che nel riconoscere la bontà del messaggio divulgato da Brian lo ha fortemente voluto in squadra.

 

Brian Signorini

Una battaglia “totale”

Dalla sessualità al razzismo, dalle libertà sancite dalla nostra Costituzione al ruolo della donna nella nostra società, dal body shaming all’aborto, passando per l’hate speech, il femminicidio e per la sempre più urgente questione dei migranti e dei viaggi della disperazione: non c’è questione che Brian non sollevi, dimostrando una sensibilità e una maturità certo non comuni per i suoi 17 anni. E poi il capitolo delle ‘etichette’, quel marchio che gli altri ti affibbiano senza capire a volte il peso delle parole: “Io sono molto più di un’etichetta, tutti lo siamo”. C’è poi spazio anche per domande altissime come “che cos’è l’ignoranza?” o che “cos’è la felicità?”, ma l’invito di fondo è sempre lo stesso: “Quanto è bello poter essere se stessi. Credi in te e nei tuoi obiettivi”.

Dare voce a chi non ha voce

“Faccio questi video – spiega lui – per far capire che le persone che ricevono decine di messaggi offensivi non sono sbagliate. Chi offende crede di poterlo fare in nome di una libertà d’espressione che in realtà non è più tale quando giudica o prevarica il rispetto per gli altri. Siamo abituati a sminuire il bullismo, a credere che ci fortifichi. Ti diranno ‘e dai, sono solo parole, sono opinioni’, ma ti diranno anche ‘fai schifo’. Ecco, io lancio i miei messaggi per dire a quei ragazzi che ricevono offese gratuite, e sono tanti, di non perdere la speranza, di parlarne perché come me ci sono tante altre di persone disposte ad ascoltare”.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Brian Signorini, 17 anni
Quante cose possiamo fare in sessanta secondi, quante ne rimandiamo sapendo che avremo sempre altri sessanta secondi a disposizione? In un tempo così piccolo Brian Signorini, 17 anni, faccia pulita e lingua dritta alla pancia di chi del bullismo fa una pratica quotidiana, concentra tutto se stesso e lancia un prezioso messaggio: siate voi stessi, perché non siete voi ad essere sbagliati. Sbagliato, anzi vuoto, è colui che incapace di argomentare altrimenti il proprio pensiero, usa parole violente contro di voi. La sua battaglia quotidiana Brian, studente del liceo scientifico di Pistoia, da qualche mese in Gran Bretagna come ‘exchange student’, la combatte su Tik Tok, perché i social “come tutte le cose della vita sei tu che scegli se usarli bene o usarli male”. Un approccio che funziona, a giudicare dai numeri: uno dei video girati nell’autunno scorso incentrato sui bulli ha totalizzato più di cinque milioni di condivisioni, oltre a una quantità moltiplicata di visualizzazioni, tanto da attirare l’attenzione di quelle associazioni che della lotta al cyberbullismo fanno una missione.

Il foglio accartocciato

Nei sessanta secondi che hanno maggiormente catturato l’attenzione Brian utilizza una metafora tanto semplice quanto vincente per parlare di bullismo. Davanti alla telecamera c’è lui, in mano un foglio bianco. Ecco il gioco che propone: immagina di indirizzare a quel foglio parole dolorose come un cazzotto, capaci di accartocciare quello stesso foglio. Poi, offesa dopo offesa, capisci di aver sbagliato, vorresti chiedere scusa e tornare indietro. Il foglio si dispiega lentamente, ma anche quando sarà completamente disteso sarà ormai irrimediabilmente ammaccato: “Le tue scuse – conclude Brian – non avranno mai il peso delle parole che hai detto”.  

Le associazioni in prima linea

L’efficacia del suo messaggio è stata tale che la onlus milanese Farexbene lo ha scelto come testimonial del Safer Internet Day 2021 dello scorso febbraio e della cooperativa Time4child che lo ha fortemente voluto tra le voci del webinar promosso anche questo nella giornata mondiale dedicata all’uso positivo di Internet. E infine l’Aics, Associazione italiana di prevenzione al cyberbullismo e al sexting, che nel riconoscere la bontà del messaggio divulgato da Brian lo ha fortemente voluto in squadra.  
Brian Signorini

Una battaglia “totale”

Dalla sessualità al razzismo, dalle libertà sancite dalla nostra Costituzione al ruolo della donna nella nostra società, dal body shaming all’aborto, passando per l’hate speech, il femminicidio e per la sempre più urgente questione dei migranti e dei viaggi della disperazione: non c’è questione che Brian non sollevi, dimostrando una sensibilità e una maturità certo non comuni per i suoi 17 anni. E poi il capitolo delle ‘etichette’, quel marchio che gli altri ti affibbiano senza capire a volte il peso delle parole: “Io sono molto più di un’etichetta, tutti lo siamo”. C’è poi spazio anche per domande altissime come “che cos’è l’ignoranza?” o che “cos’è la felicità?”, ma l’invito di fondo è sempre lo stesso: “Quanto è bello poter essere se stessi. Credi in te e nei tuoi obiettivi”.

Dare voce a chi non ha voce

“Faccio questi video – spiega lui – per far capire che le persone che ricevono decine di messaggi offensivi non sono sbagliate. Chi offende crede di poterlo fare in nome di una libertà d’espressione che in realtà non è più tale quando giudica o prevarica il rispetto per gli altri. Siamo abituati a sminuire il bullismo, a credere che ci fortifichi. Ti diranno ‘e dai, sono solo parole, sono opinioni’, ma ti diranno anche ‘fai schifo’. Ecco, io lancio i miei messaggi per dire a quei ragazzi che ricevono offese gratuite, e sono tanti, di non perdere la speranza, di parlarne perché come me ci sono tante altre di persone disposte ad ascoltare”.
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