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Home » Lifestyle » Che cos’è la felicità? In giro per il mondo alla ricerca della formula per essere felici

Che cos’è la felicità? In giro per il mondo alla ricerca della formula per essere felici

Giuseppe Bertuccio D'Angelo, 32enne originario di Messina, nel 2019 ha lanciato "Progetto Happiness". I reportage su YouTube dei suoi viaggi sono "come foto sul comodino di ricordi bellissimi"

Marianna Grazi
14 Novembre 2022
Progetto Happiness di Giuseppe Bertuccio D'Angelo

Progetto Happiness di Giuseppe Bertuccio D'Angelo

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C’è chi, parlando di “Ricerca della felicità” pensa istantaneamente al film del 2006 diretto da Gabriele Muccino con Will Smith. E poi invece c’è chi ha fatto di questo concetto una vera e propria missione di vita. “Tre anni fa, il 15 settembre 2019, ho fondato il Progetto Happiness. L’obiettivo è scoprire come cambia il concetto di felicità nel mondo, incontrando personaggi ordinari e straordinari. La bellezza di questo progetto è data dal fatto che vuole coinvolgere qualsiasi sfumatura dell’essere umano. Ho intervistato senza tetto e persone molto facoltose, intellettuali, astronauti, tribù di villaggi remoti”. Giuseppe Bertuccio D’Angelo, 32 anni, originario di Messina, sul sito del Progetto si descrive con una frase di Einstein: “Non ho talenti speciali, sono solo appassionatamente curioso”.

Giuseppe Bertuccio D’Angelo

Una curiosità che lo spinge a girare per il mondo, incontrando persone e cercando di calarsi nelle loro vite per capire non soltanto cosa sia per loro la felicità ma anche il contesto nel quale vivono ogni giorno, cercando di essere il più obiettivo possibile. Con lui, da circa sei mesi, c’è Nicola Guaita, suo amico ed esperto  videomaker, che lo supporta nelle riprese. Il giorno successivo alla nostra chiacchierata sono partiti alla volta dell’Ecuador per un viaggio di due settimane. Una volta tornati inizierà la seconda parte del lavoro di Giuseppe, la trasformazione di quelle immagini e voci raccolte in un reportage, che poi condividerà su YouTube e sugli altri social. “Ho bisogno, quando torno, di ‘digerire’ il materiale raccolto. Il fatto di rivederlo, montarlo, mi fa capire veramente quello che ho vissuto. Dal vivo, in presa diretta, non è sempre facile, non riesco a carpire tutto, mentre poi lavorandoci a casa diventano video miei, ricordi bellissimi. E YouTube diventa il comodino di casa dove metto le ‘foto’”.

Giuseppe con l’amico videomaker Nicola Guaita a Nairobi

Perché, c’è chi dice, che la felicità vera sia quella condivisa. E Giuseppe, con il suo bagaglio di ricordi, di esperienze, coi suoi incontri, ne è l’esempio concreto.

Da dove le arriva l’idea del progetto?
“Diventare un reporter era il mio sogno. Ed è nato tutto quando, dopo essermi laureato in marketing nel 2014, decido di fare il giro del mondo. Era il mio più grande desiderio. Finito questo capisco che il mio sogno, in realtà, è avere una vita degna di nota, piena di avventure. Mi trasferisco a Barcellona e inizio a lavorare su un progetto (intitolato Liminis) di trasformazione personale attraverso lo sport, che volevo condividere attraverso i social. Decido di voler raccontare la storia di una persona  media che vuole partecipare all’IronMan (3 km di nuoto, 180 km di bici e 42 km di corsa). Non trovando nessun matto che volesse fare questo anno di allenamenti distruttivi – ride – l’ho fatto io. Sono riuscito a portarla a termine ma mentre mi allenavo avevo compreso che il mio desiderio reale era raccontare storie di altre persone, persone interessanti che potessero motivare e ispirare molti altri attraverso i social, che sarebbero così diventati un amplificatore delle mie avventure. E così è stato: nel 2019 sono partito per il mio secondo giro del mondo. Poi è arrivato il Covid“.

Quindi si è dovuto fermare?
“Sì, ma non ho smesso di portare avanti il progetto. L’ho ripensato, ridisegnato e riprogrammato in Italia. Ho girato tutte le regioni. Poi quando hanno riaperto i confini ho ripreso a fare le mie domande fuori, all’estero”.

Giuseppe con migranti naufraghi sulla Ocean Viking

Che tipo di domande?
“A ogni personaggio che incontro chiedo cosa sia per lui o lei la felicità. Questa è la domanda cardine, il fil rouge. Ma è la punta dell’iceberg: passo giorni e giorni con queste persone e solo alla fine del nostro incontro pongo questo interrogativo. È sempre una scoperta, una sorpresa: una domanda che sembra banale ma è difficilissimo rispondere. Quindi molto spesso ricevo risposte che davvero mi cambiano la vita”.

Una domanda che lei stesso si è posto?
“Sì certo. Io volevo far durare il progetto 365 giorni, partendo il giorno del mio 29esimo compleanno, il 15 settembre 2019, e tornando a casa il giorno del 30esimo. Non è andata così ma ho capito che in realtà si trattava di qualcosa di molto più grande di me e di quanto avessi pensato. In quel modo la formula della felicità non l’avrei mai trovata, perché ci sono infiniti modi per essere felici. E la cosa ancora più bella è che le risposte sulla felicità cambiano sempre. Quindi se me lo chiedessi ora, cos’è per me, ti darei una risposta, se me lo chiedi dopo il viaggio in Ecuador sarà un’altra. Ed è così con tutte le persone che incontro, sono una fotografia della felicità che provano in quel momento. Però cambia ogni volta, quindi questo progetto potrebbe durare per sempre…”.

La sua è una ricerca senza preconcetti, che prova a non porsi pregiudizi iniziali
“Esatto, hai detto bene, io cerco di non averne e faccio di tutto per riuscirci. Magari alcuni volte mi lascio andare a dei commenti però sì, la tendenza è quella. Alla fine, in ogni video, cerco di mettere in parole quello che ho imparato da quell’incontro. Non vuole essere un insegnamento, ma una riflessione che io faccio e chiunque vuole può ‘raccoglierla’”.

Giuseppe e Alex, un ragazzo del Kenya con cui ha trascorso alcuni giorni

Che tipo di riscontro ha avuto da questi video?
“Meraviglioso. Più vado avanti più persone sono coinvolte ed è bello leggere i commenti sotto ogni reportage su YouTube. Quella è la ricompensa più bella, perché ci sono persone che magari da una storia lontanissima trovano l’ispirazione e la forza per o cambiare la propria vita, o prendere un’importante decisione… Sento la responsabilità ma mi piace, vorrei essere il ponte tra l’Italia e tutte queste storie positive”.

Quindi sono tutte positive?
“Non sempre. Per esempio l’anno scorso mi sono concentrato un po’ più su luoghi in cui sembrava non ci fosse la felicità, era qualcosa anche mi stimolava andare a cercare la risposta proprio lì. Ho passato due mesi sulla nave Ocean Viking di Sos Mediterranee e anche lì ho trovato la mia risposta. È stato molto formativo. Questo per dirti che non vado in luoghi dove la felicità è palese, ma dove magari bisogna scavare un po’ di più. Ho bisogno di esplorare questi posti per capire qual è davvero il valore della felicità per le persone che in quel momento non ce l’hanno. Forse quelle sono le storie che mi insegnano di più. Credo che la felicità sia il miglior passe-partout per ogni incontro, perché a tutti fa piacere parlare di felicità e tutti possiedono la felicità. È un tema trasversale, tutti si sentono coinvolti”.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da COS’È PER TE LA FELICITÀ? (@progettohappiness)

Qual è stato finora il viaggio che più le è rimasto impresso?
“Ti direi tutti, ma se devo scegliere sicuramente quella con Sos Mediterranee. È stata un’esperienza fortissima e probabilmente quella che mi ha segnato di più”.

Invece l’ultimo viaggio fatto?
“Ultimamente sono andato in Benin a documentare il fenomeno delle spose bambine e sono contento di averlo fatto vedere anche in Italia, era qualcosa che fino a 70/80 anni fa era ampiamente diffuso anche da noi”.

Girare il mondo è tanto bello quanto costoso. Come si paga i viaggi?
“All’inizio mi finanziavo da solo, mi ero messo dei soldi da parte quando studiavo,  all’inizio lavorando come commesso, anche perché i miei genitori erano contrari, avrebbero preferito un lavoro ‘normale’. Adesso ho la fortuna di avere sponsor interessati al mio progetto che quindi mi sostengono e mi patrocinano. E poi da YouTube”.

Ci sono Paesi che non ha mai visitato?
“Tanti, ma non li conto, perché contarli sarebbe controproducente. Toglie il fascino di scoprirli. Non è una gara a quanti più Paesi riesci a visitare ma come li visiti, l’intensità e la profondità del viaggio, non toccata e fuga”.

Come sceglie le sue mete di viaggio?
“Non seguo trend ma semplicemente quello che interessa me, quello mi ispira, le storie che mi emozionano. Se poi posso vado nel luogo in cui c’è quella storia, cercando chiaramente di raccontarne più di una per ammortizzare il viaggio. Le storie le scovo grazie a tanta ricerca online, voglio scovarne sempre di nuove. Leggo tanto da giornali, magazine, su Internet e le trovo così. È una ricerca personale, che parte da me”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
C’è chi, parlando di “Ricerca della felicità” pensa istantaneamente al film del 2006 diretto da Gabriele Muccino con Will Smith. E poi invece c’è chi ha fatto di questo concetto una vera e propria missione di vita. “Tre anni fa, il 15 settembre 2019, ho fondato il Progetto Happiness. L’obiettivo è scoprire come cambia il concetto di felicità nel mondo, incontrando personaggi ordinari e straordinari. La bellezza di questo progetto è data dal fatto che vuole coinvolgere qualsiasi sfumatura dell’essere umano. Ho intervistato senza tetto e persone molto facoltose, intellettuali, astronauti, tribù di villaggi remoti”. Giuseppe Bertuccio D’Angelo, 32 anni, originario di Messina, sul sito del Progetto si descrive con una frase di Einstein: “Non ho talenti speciali, sono solo appassionatamente curioso”.
Giuseppe Bertuccio D'Angelo
Una curiosità che lo spinge a girare per il mondo, incontrando persone e cercando di calarsi nelle loro vite per capire non soltanto cosa sia per loro la felicità ma anche il contesto nel quale vivono ogni giorno, cercando di essere il più obiettivo possibile. Con lui, da circa sei mesi, c’è Nicola Guaita, suo amico ed esperto  videomaker, che lo supporta nelle riprese. Il giorno successivo alla nostra chiacchierata sono partiti alla volta dell’Ecuador per un viaggio di due settimane. Una volta tornati inizierà la seconda parte del lavoro di Giuseppe, la trasformazione di quelle immagini e voci raccolte in un reportage, che poi condividerà su YouTube e sugli altri social. “Ho bisogno, quando torno, di ‘digerire’ il materiale raccolto. Il fatto di rivederlo, montarlo, mi fa capire veramente quello che ho vissuto. Dal vivo, in presa diretta, non è sempre facile, non riesco a carpire tutto, mentre poi lavorandoci a casa diventano video miei, ricordi bellissimi. E YouTube diventa il comodino di casa dove metto le ‘foto’”.
Giuseppe con l'amico videomaker Nicola Guaita a Nairobi
Perché, c’è chi dice, che la felicità vera sia quella condivisa. E Giuseppe, con il suo bagaglio di ricordi, di esperienze, coi suoi incontri, ne è l’esempio concreto. Da dove le arriva l’idea del progetto? "Diventare un reporter era il mio sogno. Ed è nato tutto quando, dopo essermi laureato in marketing nel 2014, decido di fare il giro del mondo. Era il mio più grande desiderio. Finito questo capisco che il mio sogno, in realtà, è avere una vita degna di nota, piena di avventure. Mi trasferisco a Barcellona e inizio a lavorare su un progetto (intitolato Liminis) di trasformazione personale attraverso lo sport, che volevo condividere attraverso i social. Decido di voler raccontare la storia di una persona  media che vuole partecipare all’IronMan (3 km di nuoto, 180 km di bici e 42 km di corsa). Non trovando nessun matto che volesse fare questo anno di allenamenti distruttivi – ride – l’ho fatto io. Sono riuscito a portarla a termine ma mentre mi allenavo avevo compreso che il mio desiderio reale era raccontare storie di altre persone, persone interessanti che potessero motivare e ispirare molti altri attraverso i social, che sarebbero così diventati un amplificatore delle mie avventure. E così è stato: nel 2019 sono partito per il mio secondo giro del mondo. Poi è arrivato il Covid". Quindi si è dovuto fermare? "Sì, ma non ho smesso di portare avanti il progetto. L’ho ripensato, ridisegnato e riprogrammato in Italia. Ho girato tutte le regioni. Poi quando hanno riaperto i confini ho ripreso a fare le mie domande fuori, all’estero".
Giuseppe con migranti naufraghi sulla Ocean Viking
Che tipo di domande? "A ogni personaggio che incontro chiedo cosa sia per lui o lei la felicità. Questa è la domanda cardine, il fil rouge. Ma è la punta dell’iceberg: passo giorni e giorni con queste persone e solo alla fine del nostro incontro pongo questo interrogativo. È sempre una scoperta, una sorpresa: una domanda che sembra banale ma è difficilissimo rispondere. Quindi molto spesso ricevo risposte che davvero mi cambiano la vita". Una domanda che lei stesso si è posto? "Sì certo. Io volevo far durare il progetto 365 giorni, partendo il giorno del mio 29esimo compleanno, il 15 settembre 2019, e tornando a casa il giorno del 30esimo. Non è andata così ma ho capito che in realtà si trattava di qualcosa di molto più grande di me e di quanto avessi pensato. In quel modo la formula della felicità non l’avrei mai trovata, perché ci sono infiniti modi per essere felici. E la cosa ancora più bella è che le risposte sulla felicità cambiano sempre. Quindi se me lo chiedessi ora, cos’è per me, ti darei una risposta, se me lo chiedi dopo il viaggio in Ecuador sarà un’altra. Ed è così con tutte le persone che incontro, sono una fotografia della felicità che provano in quel momento. Però cambia ogni volta, quindi questo progetto potrebbe durare per sempre…". La sua è una ricerca senza preconcetti, che prova a non porsi pregiudizi iniziali "Esatto, hai detto bene, io cerco di non averne e faccio di tutto per riuscirci. Magari alcuni volte mi lascio andare a dei commenti però sì, la tendenza è quella. Alla fine, in ogni video, cerco di mettere in parole quello che ho imparato da quell’incontro. Non vuole essere un insegnamento, ma una riflessione che io faccio e chiunque vuole può ‘raccoglierla’".
Giuseppe e Alex, un ragazzo del Kenya con cui ha trascorso alcuni giorni
Che tipo di riscontro ha avuto da questi video? "Meraviglioso. Più vado avanti più persone sono coinvolte ed è bello leggere i commenti sotto ogni reportage su YouTube. Quella è la ricompensa più bella, perché ci sono persone che magari da una storia lontanissima trovano l’ispirazione e la forza per o cambiare la propria vita, o prendere un’importante decisione… Sento la responsabilità ma mi piace, vorrei essere il ponte tra l’Italia e tutte queste storie positive”. Quindi sono tutte positive? "Non sempre. Per esempio l’anno scorso mi sono concentrato un po’ più su luoghi in cui sembrava non ci fosse la felicità, era qualcosa anche mi stimolava andare a cercare la risposta proprio lì. Ho passato due mesi sulla nave Ocean Viking di Sos Mediterranee e anche lì ho trovato la mia risposta. È stato molto formativo. Questo per dirti che non vado in luoghi dove la felicità è palese, ma dove magari bisogna scavare un po’ di più. Ho bisogno di esplorare questi posti per capire qual è davvero il valore della felicità per le persone che in quel momento non ce l’hanno. Forse quelle sono le storie che mi insegnano di più. Credo che la felicità sia il miglior passe-partout per ogni incontro, perché a tutti fa piacere parlare di felicità e tutti possiedono la felicità. È un tema trasversale, tutti si sentono coinvolti".
 
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Un post condiviso da COS’È PER TE LA FELICITÀ? (@progettohappiness)

Qual è stato finora il viaggio che più le è rimasto impresso? "Ti direi tutti, ma se devo scegliere sicuramente quella con Sos Mediterranee. È stata un’esperienza fortissima e probabilmente quella che mi ha segnato di più". Invece l’ultimo viaggio fatto? "Ultimamente sono andato in Benin a documentare il fenomeno delle spose bambine e sono contento di averlo fatto vedere anche in Italia, era qualcosa che fino a 70/80 anni fa era ampiamente diffuso anche da noi".

Girare il mondo è tanto bello quanto costoso. Come si paga i viaggi? "All’inizio mi finanziavo da solo, mi ero messo dei soldi da parte quando studiavo,  all’inizio lavorando come commesso, anche perché i miei genitori erano contrari, avrebbero preferito un lavoro ‘normale’. Adesso ho la fortuna di avere sponsor interessati al mio progetto che quindi mi sostengono e mi patrocinano. E poi da YouTube". Ci sono Paesi che non ha mai visitato? "Tanti, ma non li conto, perché contarli sarebbe controproducente. Toglie il fascino di scoprirli. Non è una gara a quanti più Paesi riesci a visitare ma come li visiti, l’intensità e la profondità del viaggio, non toccata e fuga". Come sceglie le sue mete di viaggio? "Non seguo trend ma semplicemente quello che interessa me, quello mi ispira, le storie che mi emozionano. Se poi posso vado nel luogo in cui c’è quella storia, cercando chiaramente di raccontarne più di una per ammortizzare il viaggio. Le storie le scovo grazie a tanta ricerca online, voglio scovarne sempre di nuove. Leggo tanto da giornali, magazine, su Internet e le trovo così. È una ricerca personale, che parte da me".
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