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Home » Lifestyle » Un coro musicale per sbloccare ricordi e parole delle persone affette da demenza

Un coro musicale per sbloccare ricordi e parole delle persone affette da demenza

Il Gloucester Dementia Choir è stato lanciato per "sfruttare il potere della musica per alleviare la depressione e l'ansia di questi pazienti"

Marianna Grazi
23 Dicembre 2022
Becky Chevis accompagna il Gloucester Dementia Choir al pianoforte

Becky Chevis accompagna il Gloucester Dementia Choir al pianoforte

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“Utilizzare il potere della musica” per alleviare la depressione e l’ansia delle persone affette da demenza. È il nobile proposito di un nuovo coro britannico, il Gloucester Dementia Choir, che è stato lanciato sabato scorso con una speciale sessione natalizia, in cui a donne e uomini con questa patologia è stato offerto un ambiente sicuro per socializzare, cantare e celebrare la musica. Insieme, nonostante la malattia renda spesso queste persone molto sole, chiuse in se stesse, bloccate in un passato fatto di ricordi. Jacqueline Fitall, tra le pazienti, ha raccontato che la prima seduta è stata “deliziosa”. “A volte dimentico le cose, ma adoro cantare – dichiara -. Ci sono persone molto simpatiche e mi sono divertita molto, è stata una bella esperienza”, ha aggiunto.

Alcuni dei partecipanti al coro che vuole alleviare le sofferenze delle persone affette da demenza (BBC)

Il coro è stato creato dall’Accademia di musica del Gloucestershire (sud-est dell’Inghilterra), la quale ha dichiarato di voler sviluppare il lavoro che già svolge nelle case di cura della contea, con anziani e malati. Jenny Harrison e Becky Chevis, tra le fondatrici, hanno spiegato alla BBC di aver deciso di lanciare l’iniziativa dopo aver riscontrato una mancanza nell’utilizzo di risorse musicali come terapia per questo tipo di malati. “La musica evoca molte emozioni e permette alle persone affette da demenza di ricordare”, ha spiegato la signora Harrison. “Quando suoniamo ad esempio una canzone che (queste persone) ascoltavano quarant’anni fa, loro prendono vita, ricordano le parole e ritrovano la voce per cantarle”.

Becky Chevis e Jenny Harrison, fondatrici del Glouchester Dementia Choir

“La musica è uno strumento davvero potente per le persone affette da demenza e noi vogliamo sfruttarlo”. Il coro non incoraggia solo queste persone a partecipare, ma anche le loro famiglie e gli assistenti delle case di cura e delle Rsa. Visto il successo dell’esibizione iniziale, che Becky Chevis ha detto di aver trovato “commovente“, a partire dal 13 gennaio il coro inizierà a offrire sessioni ogni due settimane. “Oggi c’è stato qualcuno che ha cantato un assolo sul posto e mi ha quasi fatto piangere”, ha raccontato la donna. “Ci sono delle ricerche sorprendenti che riguardano la correlazione tra musica e demenza: sappiamo che la prima può aiutare ad alleviare la depressione e l’ansia di coloro che vivono con questa patologia”, spiega. “La prima sessione ha dimostrato che la musica può rendere le persone felici e ha fornito quella bella sensazione di stare insieme, gli uni accanto agli altri. È stato un successo assoluto – conclude Chevis – e non vediamo l’ora che arrivi l’anno nuovo”.

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  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

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  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

#lucenews #isaacortman #minnesota #boyscout
"Utilizzare il potere della musica" per alleviare la depressione e l'ansia delle persone affette da demenza. È il nobile proposito di un nuovo coro britannico, il Gloucester Dementia Choir, che è stato lanciato sabato scorso con una speciale sessione natalizia, in cui a donne e uomini con questa patologia è stato offerto un ambiente sicuro per socializzare, cantare e celebrare la musica. Insieme, nonostante la malattia renda spesso queste persone molto sole, chiuse in se stesse, bloccate in un passato fatto di ricordi. Jacqueline Fitall, tra le pazienti, ha raccontato che la prima seduta è stata "deliziosa". "A volte dimentico le cose, ma adoro cantare - dichiara -. Ci sono persone molto simpatiche e mi sono divertita molto, è stata una bella esperienza", ha aggiunto.
Alcuni dei partecipanti al coro che vuole alleviare le sofferenze delle persone affette da demenza (BBC)
Il coro è stato creato dall'Accademia di musica del Gloucestershire (sud-est dell'Inghilterra), la quale ha dichiarato di voler sviluppare il lavoro che già svolge nelle case di cura della contea, con anziani e malati. Jenny Harrison e Becky Chevis, tra le fondatrici, hanno spiegato alla BBC di aver deciso di lanciare l'iniziativa dopo aver riscontrato una mancanza nell'utilizzo di risorse musicali come terapia per questo tipo di malati. "La musica evoca molte emozioni e permette alle persone affette da demenza di ricordare", ha spiegato la signora Harrison. "Quando suoniamo ad esempio una canzone che (queste persone) ascoltavano quarant'anni fa, loro prendono vita, ricordano le parole e ritrovano la voce per cantarle".
Becky Chevis e Jenny Harrison, fondatrici del Glouchester Dementia Choir
"La musica è uno strumento davvero potente per le persone affette da demenza e noi vogliamo sfruttarlo". Il coro non incoraggia solo queste persone a partecipare, ma anche le loro famiglie e gli assistenti delle case di cura e delle Rsa. Visto il successo dell'esibizione iniziale, che Becky Chevis ha detto di aver trovato "commovente", a partire dal 13 gennaio il coro inizierà a offrire sessioni ogni due settimane. "Oggi c'è stato qualcuno che ha cantato un assolo sul posto e mi ha quasi fatto piangere", ha raccontato la donna. "Ci sono delle ricerche sorprendenti che riguardano la correlazione tra musica e demenza: sappiamo che la prima può aiutare ad alleviare la depressione e l'ansia di coloro che vivono con questa patologia", spiega. "La prima sessione ha dimostrato che la musica può rendere le persone felici e ha fornito quella bella sensazione di stare insieme, gli uni accanto agli altri. È stato un successo assoluto - conclude Chevis - e non vediamo l'ora che arrivi l'anno nuovo".
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