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Home » Lifestyle » A lezione con l’esperto di vogueing: “Lo scopo è offrire libertà ai più giovani, non costringerli”

A lezione con l’esperto di vogueing: “Lo scopo è offrire libertà ai più giovani, non costringerli”

Valerio Cassa, in arte Vio Munera, smentisce le parole di chi, in questi giorni, si è scagliato contro il progetto di educazione fisica nel liceo di Empoli

Marianna Grazi
1 Dicembre 2022
Vogueing

Vogueing

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C’è chi l’ha definita ‘L’ultima follia gender a scuola. Maschi vestiti da ballerine’, chi ‘il ballo Lgbtqia+‘, perfino noi – ed è giusto ammettere gli errori, ma siamo qui per rimediare – della Nazione ci eravamo sbagliati, pensando che alla base ci fosse uno ‘scambio’ di vestiti tra maschi e femmine per dare vita a una danza fluida. Per non parlare poi di quelli che l’hanno messa sul piano ideologico: una deputata di Fratelli d’Italia ha addirittura presentato un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Istruzione Valditara affermando che “È inaccettabile e lesivo della libertà obbligare dei ragazzi minorenni a seguire un corso in cui ci si scambiano ruoli e vestiti e dal quale non sarebbe possibile nemmeno astenersi e che sembra possa influire addirittura sulle valutazioni finali dell’andamento scolastico”.

“Di non fare nulla non mi sento, anche se poi fare qualcosa porta magari a pensare che ci sia un fondo di verità in quello che è stato scritto dall’altra parte. Ma il mio intento è solo quello di dire la verità”. Valerio Cassa, in arte Vio Munera, è un 32enne umbro che da anni vive in Toscana. Ma soprattutto è l’esperto in danza vogueing che, in questi giorni, si è trovato suo modo coinvolto nella polemica intorno al progetto di educazione fisica e civica in un liceo di Empoli. Proprio perché di quel progetto si occupa. Quando lo ascoltiamo, al telefono, si dice profondamente frustrato da quello che ha letto sui siti e nei giornali in questi giorni e ci tiene subito a specificare: “Nessun ‘balletto’ e nessuno scambio di vestiti. Mi stupisce vedere tutto questo movimento per una cosa che poi non esiste”.

Com’è nato il progetto

Al posto della solita lezione di pallavolo, calcio o basket a Empoli per alcune ore di educazione fisica si segue il voguing

Valerio si occupa di danza di vario tipo, a livello generale. Nello specifico anche di vogueing (da Vogue) o voguing, disciplina che nasce all’interno di una cultura più complessa. “Insegno questa danza in Toscana, anche ad Empoli, in una scuola. Qui ho allievi e allieve: la madre di una di queste è poi la prof, diventata responsabile del progetto, che mi ha proposto di portare questa cosa anche all’interno del liceo di Empoli. Sulla base del fatto che questo istituto è aperto a progetti esterni proprio legati alla danza, e ne ha già ospitati altri in passato”. Il valore di questo, secondo lui, sta nel fatto che la scuola si muova a proporre non solo la classica pallavolo o il classico calcio, ma qualcosa di nuovo e anche di meno obsoleto nelle ore di educazione fisica.

La teoria ‘gender’ spiegata bene: non è affatto lo scambio di vestiti

Il progetto si inserisce in un programma di Educazione Civica dettato dal Ministero, che quindi segue precise direttive di questo. Non va a proporre alcun obbligo di “scambio di vestiti” ma il corso è, a tutti gli effetti, obbligatorio, come qualsiasi altra materia scolastica, come la matematica, la storia, l’inglese… L’idea è quella di trattare, attraverso la danza vogueing, una serie di tematiche, a livello teorico in primis, utili al fatto che in molte classi si fa questo lavoro sulla persona. “Quindi secondo me è pertinente”. La proposta parte dalla teoria, perché lo scorso anno – questo progetto in effetti è nato nel 2021– venivano svolte “non 3 ore a settimana, ma a classe, in totale. Quest’anno sono diventate 4, delle quali due sono spese per la teoria in aula, in cui io vado a spiegare la storia di questa danza, la cultura in cui nasce e, attraverso essa, visto che si colloca nel contesto della comunità queer Lgbtqia+, mi aggancio a tematiche pertinenti quel tipo di sfera”.

Si parla, quindi, di orientamento, di sesso biologico, di espressione di genere, di identità, di discriminazioni, la mascolinità e la femminilità tossiche, proprio per entrare nel discorso delle persone, di queste possibilità e sfumature abbiamo in quanto tali. “E quindi vado a spezzare anche un po’ di cliché, di stereotipi sociali – continua Valerio – legati al sesso, al genere, andando, attraverso anche la pratica, a spiegare come talvolta si tenda a definire qualcun* sulla base di come appare semplicemente, quando si può essere etero, gay, bisessuali, lesbiche, in tanti modi e maniere”.

Il vogueing (o voguing) è uno stile di danza contemporanea

Ha visto e continua a vedere molta risposta positiva a questo impegno, anche se  all’inizio è la timidezza a prevalere in classe, che poi pian piano si scioglie quando mette gli studenti e le studentesse a loro agio, toccando tematiche che obiettivamente, a livello umano, appaiono giuste ai loro occhi. “Per me, che ho 32 anni, è stato bellissimo sentir ragionare coerentemente, come coscienza, ragazzi e ragazze di 16 a delle cose di cui io, alla loro età, ignoravo persino l’esistenza”. Il piacere di dire la loro su certi temi, che ha sentito negli alunni, secondo lui è questa la dimostrazione concreta di una società che progredisce, che va avanti, finalmente. Quest’anno, però, Cassa ha voluto fare una specifica finale al corso teorico: “Ragazzi e ragazze, quello di cui abbiamo discusso oggi non è, come dice qualche politico, per indottrinarvi, farvi diventare gay o lesbiche – specifica, precisando che questa frase suscita molte risate in classe -. È semplicemente per darvi una maggiore cultura generale sull’argomento, per darvi maggiore libertà verso la scoperta degli altri e della vostra persona”.

La scuola illuminata

Un grazie d’obbligo, invece, va alla scuola “che ha fatto qualcosa che pochissime avrebbero fatto. Ma che tutte le scuole dovrebbero fare. E abbiamo visto, altrimenti non avremmo rinnovato il progetto, la risposta entusiasta dei ragazzi e delle ragazze. Che sarebbero anche dispost* a testimoniare a difesa di questo progetto, sull’importanza di quello che abbiamo fatto”. A renderlo orgoglioso sono loro, ed è felice della proposta avanzata dalla professoressa, e mamma, che è stata accolta dalle colleghe e sostenuta anche dalla preside. “Non era assolutamente scontato”.

Le lezioni di Vogueing, anzi di Runway

Le ore di educazione fisica nel Liceo di Empoli diventano così un momento di libertà, di apprendimento su tematiche attuali importantissime e di scoperta di sé

Essendo un progetto di educazione fisica le professoresse hanno chiesto, giustamente cedendo loro ore, di fare della pratica. “Ho ritenuto il voguing fosse rischioso – chiede di presentare movenze particolari – e proprio per sventare quello che poi in realtà è accaduto lo stesso e per non essere troppo invasivo, visto che la danza è circondata di suo da tanti stereotipi e cliché (es. un titolo apparso questi giorni, “Maschi vestiti da ballerine”), per non creare imbarazzi ho pensato di proporre il Runway. È una categoria del mondo della ball in cui si sfila, come modelli o modelle su una passerella. Non si balla”.

Secondo Cassa poteva essere un modo più tranquillo di proporre la pratica: lui si limita a dare le basi tecniche e attitudinali per fare un tipo o l’altro di Runway, facendo provare tutto a tutti e tutte. “Aver fatto prima la teoria permette ai maschi soprattutto di capire che fare qualcosa di femminile non li lede assolutamente”. Un modo per farli sentire a loro agio, da cui deriva anche tanto divertimento. Dopo questo breve lasso di ‘studio’ si passa quindi a una sorta di sfida amichevole in coppia lungo un corridoio, in cui alunni e alunne vanno a scegliere quale delle due runway sentono più giusta per sé, quale li fa sentire bene. “In più, quest’anno, in vista delle ore di pratica li ho invitati a portarsi, qualora volessero, un cappello, una sciarpa, una giacca, una borsa o dei tacchi, insomma un indumento che li facesse calare meglio nel mood della sfilata. Per essere davvero modelli e modelle. Ma sempre lasciando loro la massima libertà di scelta: ho detto loro di portare qualcosa che li facesse sentire bene“. Da qui il malinteso: non è stato mai chiesto loro di scambiarsi i vestiti, né di travestirsi. Semplicemente di essere se stess*. “Questo è quello che io faccio davvero a scuola. Confrontatelo con quello che è stato detto e scritto: cosa c’è di vero? Nessuno è obbligato a vestirsi da femmina o da ‘ballerina’, nessuno è obbligato a fare nulla. Io do solo dei mezzi. Lo scopo di tutto è proprio offrire libertà, non proporre costrizioni”.

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  • La questione femminile è indubbiamente uno dei temi più dibattuti dell’epoca contemporanea. C’è chi teorizza la necessità di un welfare di genere capace di consentire alle donne di poter imboccare la strada della realizzazione personale senza dover rinunciare alla famiglia, chi scommette tutto su una rivoluzione culturale che, però, tarda ad arrivare.

Di sicuro, un lavoro più flessibile potrebbe essere d’aiuto. Ma, al di là di una parentesi – peraltro neanche troppo ben gestita – in fase Covid-19, lo smart working pare essere solo un ricordo. Ma come stanno le cose nel resto d’Europa? 

Un percorso da conoscere e, perché no, moltiplicare viene dalle isole Canarie. Si tratta di Female Startup Leaders, una comunità imprenditrici che per la loro attività hanno scelto Tenerife, promuovendo e incentivando lo smart working. Con il sostegno del Ministero del turismo, dell’industria e del commercio del Governo delle Canarie, il progetto rappresenta un punto di riferimento per tutte le donne (e gli uomini) che hanno intenzione non solo di provarci ma di riuscirci. Per le fondatrici, le Canarie rappresentano il luogo perfetto per mantenere in equilibrio il benessere emotivo con quello sociale, continuando a dedicarsi al proprio lavoro a distanza.

"Il lavoro del futuro e il futuro del lavoro passano attraverso la soluzione mista, né 100% remoto né 100% in loco. Di sicuro, però, non esistono soluzioni standard. Ottimo sarebbe che ogni azienda scegliesse il modo più efficiente per far lavorare i propri team, che sia in loco, misto o remoto. Il lavoro a distanza porta più libertà e autonomia al lavoratore. Se gestito correttamente, aiuta a fare una vita più equilibrata e ciò vale sia per gli uomini che per le donne”.

Una cosa è certa: il lavoro del futuro è sempre più nomade. Trasferirsi alle Canarie non è cosa facile, ma viene da pensare che anche l’Italia offre location d’eccezione quantomeno paragonabili a Tenerife. Perché non iniziare a guardare in questa direzione?

✍ Margherita Ambrogetti Damiani 

#lucenews #lucelanazione #femalestartupleaders
  • È morta all’età di 64 anni l’attrice Lisa Loring, famose per aver interpretato Mercoledì Addams nella sitcom La famiglia Addams nella metà degli anni Sessanta. 

La sua morte è stata annunciata da Laure Jacobson, un
  • ✨Tra i pretendenti a un ruolo di protagonista del 73° Sanremo, Ariete è probabilmente quella con l’"X factor" più alto. E non tanto per aver partecipato da ragazzina al talent di Sky o per quel "non so che" capace di differenziare tutto quel che fa, ma perché in due anni è riuscita a diventare la musa “indie“ della Generazione X. 

Arianna Del Giaccio mostra la timidezza della debuttante. E che lei sia una "nuova persona" portata a cadere nei "soliti vecchi errori" lo racconta parlando del debutto davanti al popolo del Festival con Mare di guai, ballata in cui racconta la fine della relazione con la sua ex.

«Gli squali che si aggirano nella vasca di cui parlo sono le mie insicurezze e le mie ansie. Il peso delle aspettative, anche se non provo sensi di inadeguatezza verso quel che faccio. I pescecani basta conoscerli per sapere che non sono tutti pericolosi.»

 Intervista a cura di Andrea Spinelli ✍

#lucenews #qn #ariete #sanremo2023
  • Più luce, meno stelle. Un paradosso, se ci pensate. Più illuminiamo le nostre città, più lampioni, fari, led, laser puntiamo sulla terra, meno stelle e porzioni di cielo vediamo. 

Accade perché, quasi senza accorgercene, di anno in anno, cancelliamo dalla nostra vista qualche decina di quei 4.500 puntini luminosi che in condizioni ottimali dovremmo riuscire a vedere la notte, considerato che il cielo risulta popolato da circa 9.000 stelle, di cui ciascuno di noi può osservare solo la metà per volta, ovvero quelle del proprio emisfero. 

In realtà, già oggi, proprio per colpa dell’inquinamento luminoso, ne vediamo solo poche centinaia. E tutto lascia pensare che questa cifra si ridurrà ulteriormente, con un ritmo molto rapido. Al punto tale che, in pochi anni, la costellazione di Orione, potrebbe perdere la sua caratteristica ‘cintura’.

Secondo quanto risulta da uno studio pubblicato su “Science”, basato sulle osservazioni di oltre 50mila citizen scientist, solo tra il 2011 e il 2022, ogni anno il cielo in tutto il Pianeta è diventato in media il 9,6% più luminoso, con una forchetta di valori che non supera il 10% ma non scende mai sotto il 7%. Più di quanto percepito finora dai satelliti preposti a monitorare la quantità di luce nel cielo notturno. Secondo le misurazioni effettuate da questi ultimi infatti, tra 1992 e 2017 il cielo notturno è diventato più luminoso di meno dell’1,6% annuo.

“In un periodo di 18 anni, questo tasso di cambiamento aumenterebbe la luminosità del cielo di oltre un fattore 4”, scrivono i ricercatori del Deutsches GeoForschungs Zentrum di Potsdam, in Germania, e del National Optical-Infrared Astronomy Research Laboratory di Tucson, negli Stati Uniti. Una località con 250 stelle visibili, quindi, vedrebbe ridursi il numero a 100 stelle visibili. 

Il pericolo più che fondato, a questo punto, è che di questo passo inizieranno a scomparire dalla nostra vista anche le costellazioni più luminose, comprese quelle che tuti sono in grado di individuare con estrema facilità.

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C'è chi l'ha definita 'L'ultima follia gender a scuola. Maschi vestiti da ballerine', chi 'il ballo Lgbtqia+', perfino noi – ed è giusto ammettere gli errori, ma siamo qui per rimediare – della Nazione ci eravamo sbagliati, pensando che alla base ci fosse uno 'scambio' di vestiti tra maschi e femmine per dare vita a una danza fluida. Per non parlare poi di quelli che l'hanno messa sul piano ideologico: una deputata di Fratelli d'Italia ha addirittura presentato un'interrogazione parlamentare al ministro dell'Istruzione Valditara affermando che "È inaccettabile e lesivo della libertà obbligare dei ragazzi minorenni a seguire un corso in cui ci si scambiano ruoli e vestiti e dal quale non sarebbe possibile nemmeno astenersi e che sembra possa influire addirittura sulle valutazioni finali dell’andamento scolastico".

"Di non fare nulla non mi sento, anche se poi fare qualcosa porta magari a pensare che ci sia un fondo di verità in quello che è stato scritto dall’altra parte. Ma il mio intento è solo quello di dire la verità". Valerio Cassa, in arte Vio Munera, è un 32enne umbro che da anni vive in Toscana. Ma soprattutto è l’esperto in danza vogueing che, in questi giorni, si è trovato suo modo coinvolto nella polemica intorno al progetto di educazione fisica e civica in un liceo di Empoli. Proprio perché di quel progetto si occupa. Quando lo ascoltiamo, al telefono, si dice profondamente frustrato da quello che ha letto sui siti e nei giornali in questi giorni e ci tiene subito a specificare: "Nessun ‘balletto’ e nessuno scambio di vestiti. Mi stupisce vedere tutto questo movimento per una cosa che poi non esiste".

Com’è nato il progetto

Al posto della solita lezione di pallavolo, calcio o basket a Empoli per alcune ore di educazione fisica si segue il voguing

Valerio si occupa di danza di vario tipo, a livello generale. Nello specifico anche di vogueing (da Vogue) o voguing, disciplina che nasce all’interno di una cultura più complessa. "Insegno questa danza in Toscana, anche ad Empoli, in una scuola. Qui ho allievi e allieve: la madre di una di queste è poi la prof, diventata responsabile del progetto, che mi ha proposto di portare questa cosa anche all’interno del liceo di Empoli. Sulla base del fatto che questo istituto è aperto a progetti esterni proprio legati alla danza, e ne ha già ospitati altri in passato". Il valore di questo, secondo lui, sta nel fatto che la scuola si muova a proporre non solo la classica pallavolo o il classico calcio, ma qualcosa di nuovo e anche di meno obsoleto nelle ore di educazione fisica.

La teoria ‘gender’ spiegata bene: non è affatto lo scambio di vestiti

Il progetto si inserisce in un programma di Educazione Civica dettato dal Ministero, che quindi segue precise direttive di questo. Non va a proporre alcun obbligo di "scambio di vestiti" ma il corso è, a tutti gli effetti, obbligatorio, come qualsiasi altra materia scolastica, come la matematica, la storia, l’inglese… L’idea è quella di trattare, attraverso la danza vogueing, una serie di tematiche, a livello teorico in primis, utili al fatto che in molte classi si fa questo lavoro sulla persona. "Quindi secondo me è pertinente". La proposta parte dalla teoria, perché lo scorso anno – questo progetto in effetti è nato nel 2021– venivano svolte "non 3 ore a settimana, ma a classe, in totale. Quest’anno sono diventate 4, delle quali due sono spese per la teoria in aula, in cui io vado a spiegare la storia di questa danza, la cultura in cui nasce e, attraverso essa, visto che si colloca nel contesto della comunità queer Lgbtqia+, mi aggancio a tematiche pertinenti quel tipo di sfera".

Si parla, quindi, di orientamento, di sesso biologico, di espressione di genere, di identità, di discriminazioni, la mascolinità e la femminilità tossiche, proprio per entrare nel discorso delle persone, di queste possibilità e sfumature abbiamo in quanto tali. "E quindi vado a spezzare anche un po’ di cliché, di stereotipi sociali - continua Valerio - legati al sesso, al genere, andando, attraverso anche la pratica, a spiegare come talvolta si tenda a definire qualcun* sulla base di come appare semplicemente, quando si può essere etero, gay, bisessuali, lesbiche, in tanti modi e maniere".

Il vogueing (o voguing) è uno stile di danza contemporanea

Ha visto e continua a vedere molta risposta positiva a questo impegno, anche se  all’inizio è la timidezza a prevalere in classe, che poi pian piano si scioglie quando mette gli studenti e le studentesse a loro agio, toccando tematiche che obiettivamente, a livello umano, appaiono giuste ai loro occhi. "Per me, che ho 32 anni, è stato bellissimo sentir ragionare coerentemente, come coscienza, ragazzi e ragazze di 16 a delle cose di cui io, alla loro età, ignoravo persino l’esistenza". Il piacere di dire la loro su certi temi, che ha sentito negli alunni, secondo lui è questa la dimostrazione concreta di una società che progredisce, che va avanti, finalmente. Quest’anno, però, Cassa ha voluto fare una specifica finale al corso teorico: "Ragazzi e ragazze, quello di cui abbiamo discusso oggi non è, come dice qualche politico, per indottrinarvi, farvi diventare gay o lesbiche - specifica, precisando che questa frase suscita molte risate in classe -. È semplicemente per darvi una maggiore cultura generale sull’argomento, per darvi maggiore libertà verso la scoperta degli altri e della vostra persona".

La scuola illuminata

Un grazie d'obbligo, invece, va alla scuola "che ha fatto qualcosa che pochissime avrebbero fatto. Ma che tutte le scuole dovrebbero fare. E abbiamo visto, altrimenti non avremmo rinnovato il progetto, la risposta entusiasta dei ragazzi e delle ragazze. Che sarebbero anche dispost* a testimoniare a difesa di questo progetto, sull'importanza di quello che abbiamo fatto". A renderlo orgoglioso sono loro, ed è felice della proposta avanzata dalla professoressa, e mamma, che è stata accolta dalle colleghe e sostenuta anche dalla preside. "Non era assolutamente scontato".

Le lezioni di Vogueing, anzi di Runway

Le ore di educazione fisica nel Liceo di Empoli diventano così un momento di libertà, di apprendimento su tematiche attuali importantissime e di scoperta di sé

Essendo un progetto di educazione fisica le professoresse hanno chiesto, giustamente cedendo loro ore, di fare della pratica. "Ho ritenuto il voguing fosse rischioso - chiede di presentare movenze particolari - e proprio per sventare quello che poi in realtà è accaduto lo stesso e per non essere troppo invasivo, visto che la danza è circondata di suo da tanti stereotipi e cliché (es. un titolo apparso questi giorni, “Maschi vestiti da ballerine”), per non creare imbarazzi ho pensato di proporre il Runway. È una categoria del mondo della ball in cui si sfila, come modelli o modelle su una passerella. Non si balla".

Secondo Cassa poteva essere un modo più tranquillo di proporre la pratica: lui si limita a dare le basi tecniche e attitudinali per fare un tipo o l’altro di Runway, facendo provare tutto a tutti e tutte. "Aver fatto prima la teoria permette ai maschi soprattutto di capire che fare qualcosa di femminile non li lede assolutamente". Un modo per farli sentire a loro agio, da cui deriva anche tanto divertimento. Dopo questo breve lasso di ‘studio’ si passa quindi a una sorta di sfida amichevole in coppia lungo un corridoio, in cui alunni e alunne vanno a scegliere quale delle due runway sentono più giusta per sé, quale li fa sentire bene. "In più, quest’anno, in vista delle ore di pratica li ho invitati a portarsi, qualora volessero, un cappello, una sciarpa, una giacca, una borsa o dei tacchi, insomma un indumento che li facesse calare meglio nel mood della sfilata. Per essere davvero modelli e modelle. Ma sempre lasciando loro la massima libertà di scelta: ho detto loro di portare qualcosa che li facesse sentire bene". Da qui il malinteso: non è stato mai chiesto loro di scambiarsi i vestiti, né di travestirsi. Semplicemente di essere se stess*. "Questo è quello che io faccio davvero a scuola. Confrontatelo con quello che è stato detto e scritto: cosa c’è di vero? Nessuno è obbligato a vestirsi da femmina o da ‘ballerina’, nessuno è obbligato a fare nulla. Io do solo dei mezzi. Lo scopo di tutto è proprio offrire libertà, non proporre costrizioni".

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