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Fame d'aria, Daniele Mencarelli racconta l'autismo

Le estreme conseguenze dell'amore di un genitore con un figlio disabile nel nuovo romanzo dell'autore romano. "Nessuno scrive meglio della realtà"

di BARBARA BERTI -
26 marzo 2023
Lo scrittore Daniele Mencarelli e la cover del libro "Fame d'aria"

Lo scrittore Daniele Mencarelli e la cover del libro "Fame d'aria"

L’autismo e le estreme conseguenze dell’amore di un genitore. Queste le tematiche di “Fame d’aria” (Mondadori), il nuovo libro di Daniele Mencarelli, poeta e narratore, nato a Roma nel 1974. Ancora fresco dal successo della serie tv Netflix ispirata al suo romanzo “Tutto chiede salvezza”, lo scorso il 17 gennaio Mencarelli è tornato in libreria con un nuovo, potentissimo romanzo che indaga le estreme conseguenze dell’amore genitoriale: l’autore giovedì 30 marzo (ore 21,15) presenterà l’opera nella sala congressi dell’Università di Firenze (Polo di Scienze Sociali) in via delle Pandette 13. “Fame d'aria” è il quarto romanzo dell’autore romano, dopo “La casa degli sguardi”, “Tutto chiede salvezza” (finalista al Premio Strega, con cui vince il Premio Strega Giovani nel 2020) e “Sempre tornare”. Mencarelli con questo ultimo racconto adulto si distacca dall'autobiografismo, ma continua ad avere un solo desiderio: “sempre lo stesso: avverare la scrittura” dice lo stesso autore che in un certo senso riparte proprio dal terzo libro. In “Sempre tornare”, infatti, il protagonista del romanzo era per strada in un viaggio di ritorno verso casa. Ed è dalla strada che i personaggi e la scrittura di “Fame d’aria”, riprendono idealmente il cammino. Solo che il protagonista non è più il ragazzo Daniele - con cui si è conclusa la trilogia nella quale giovinezza e disagio giovanile hanno un ruolo centrale – ma è Pietro, un uomo, un padre indignato e triste che ha a che fare con suo figlio Jacopo, affetto da autismo.

La trama

“Fame d'aria” è la storia di un padre e di un figlio, in Molise, che durante un viaggio si vedono costretti a una breve sosta in un piccolo paesino, Sant’Anna del Sannio, nell'attesa della riparazione della loro auto. Pietro, il papà, ha cinquant'anni mentre Jacopo, il figlio, ne ha diciotto. Ed è chiaro a tutti il suo grave disturbo.
La cover del libro "Fame d'aria"

La cover del libro "Fame d'aria"

Genitore e figlio, aiutati dal meccanico Oliviero, vengono ospitati da Agata che gestisce un bar con pensione ormai in disuso. La vita di Pietro e Jacopo nella pensione di quel paesino di pochi abitanti si snoda fra cambi di pannolone del ragazzo, mugugni – unico modo di comunicare di Jacopo – tentativi di farlo mangiare, tenerlo calmo e tanti pensieri intrusivi nella mente di Pietro. A distrarre l’uomo dalla continua richiesta di risposte alla condizione del figlio – e che Pietro vive come una maledizione inflitta da Dio o da chi per lui – c’è Gaia, quarantenne aiutante di Agata che crea un legame profondo con Pietro e gli offre aiuto, fino al punto di salvarlo. Sarà proprio lei a far dimenticare a Pietro, per breve tempo, la responsabilità di essere padre di un disabile. Le giornate alla pensione scorrono nell’attesa di qualcosa: che il meccanico ripari l’auto, che il viaggio riprenda, che arrivi l’ora di mangiare, che le carte di credito di Pietro si sblocchino con l’arrivo dello stipendio per poter pagare meccanico e pensione. E tutto accade sotto lo sguardo indiscreto degli avventori del bar che si chiedono – senza domandare – cosa abbia Jacopo di strano e i chiarimenti di Pietro che spiega “il cosa, il come, il perché” di quella situazione. E quando finalmente arriva il giorno di ripartire, ecco il colpo di scena finale con Gaia che scopre il reale motivo della partenza di padre e figlio, l’intenzione dell’uomo di cambiare quella vita che vita non è.

Le parole dell’autore

L’assenza è ciò attorno a cui gira tutto il senso della storia: assenza di parola, di comprensione, di sentimenti. Assenza di vita: Jacopo non parla e non capisce. E Pietro, dal canto suo, non ha soluzioni, è rassegnato. “Fame d’aria”, come spiega Daniele Mencarelli “prosegue il corpo a corpo con la realtà che ho iniziato dalla prima volta che ho poggiato la penna su un foglio. Un corpo a corpo che nessuno può vincere, perché nessuno scrive meglio della realtà, nessuno offre con la stessa nuda violenza la bellezza e il dolore, l’amore e la morte”. L’autore mette al centro della storia due “questioni capitali”. La prima è l’abbandono, fisico e umano. “I centri storici di tanti paesi, intere zone industriali. L’Italia in certi momenti sembra un paese abbandonato, spopolato, spolpato dalla crisi e da un sistema che non ha saputo in alcun modo reagire ai travagli di questi ultimi anni – spiega Mencarelli -. Ciò che è ancora più grave è l’abbandono umano, ovviamente degli ultimi, di chi non ha risorse economiche e che si trova ad attraversare un momento di crisi. Come può essere una malattia, o una detenzione”. Il secondo grande tema del libro riguarda “i nostri figli, oggi bambini, e l’incredibile esplosione di patologie legate allo sviluppo – dice ancora lo scrittore -. In primis l’autismo. A questa emergenza, il nostro Paese ha risposto con una progressiva distruzione del sistema sanitario nazionale, anche delle unità di neuropsichiatria infantile”.