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Fernanda Pivano, 13 anni senza l'eterna ragazza: "La bellezza e la poesia ci permettono di andare avanti"

Scrittrice, giornalista e traduttrice, portò in Italia i miti della letteratura mondiale, da Hemingway a Faulkner, da Scott Fitzgerald a Kerouac, autori con i quali condivideva ideali di ribellione e idee contestatrici

di GUIDO GUIDI GUERRERA -
18 agosto 2022
fernanda pivano

fernanda pivano

Sono ormai trascorsi 13 anni senza Fernanda Pivano, senza la luce del suo sorriso incredibile, senza le sue parole scabre eppure piene di affetto. Fernanda Pivano la scrittrice, la giornalista, la traduttrice se ne è andata in un pomeriggio d’estate: il calendario segnava indifferente la data di martedì 18 agosto 2009. È volata via portando con sé un bagaglio prezioso fatto di ricordi straordinari, zeppo delle immagini di una vita intera trascorsa a cavallo tra ideali e passioni, le stesse che avevano contribuito a farne una eterna ragazza.

I pilastri della letteratura mondiale

Voce fresca da teenager ed energia da vendere fino all'estrema goccia di vita, ha amato intensamente il suo lavoro e specialmente quegli autori abbracciati dalla identica passione, intrisa di ribellione e idee contestatrici. La prerogativa di Nanda, come tutti gli amici hanno sempre preferito chiamarla, era quella di tradurre stati d’animo che andavano ben oltre la traduzione del testo nudo e crudo, mettendoci insomma tutta se stessa. Hemingway, Scott Fitzgerald, Faulkner, Kerouac, Bukowski, Corso, Ferlinghetti: i miti della della lost e beat generation. Autori immensi, pilastri autentici della letteratura americana che hanno segnato la loro epoca e tracciato la nostra contemporanea. E a farceli conoscere, nella nostra lingua, nello stile e nell’anima, è stata proprio lei.
fernanda pivano

Fernanda Pivano, scrittrice, giornalista e traduttrice scomparsa il 18 agosto di 13 anni fa

I rischi durante il fascismo

Esponendosi in persona ha fatto sì che l’Italia di quei tempi, resi difficili dalle proibitive leggi fasciste, conoscesse questi giganti della letteratura mondiale. Rischia la galera quando i nazifascisti trovano in un cassetto il manoscritto di "Addio alle Armi", che intende tradurre clandestinamente in lingua italiana. La frase piena di trepidazione di Ernest Hemingway mentre l’abbraccia, accogliendola durante un soggiorno a Cortina, è rimasta emblematica: "Tell me about the nazi…". La vita di Nanda è stata piena, bella e intensa come certi romanzi dei suoi amici, che conosceva uno per uno e coccolava nel suo modo speciale, soprattutto quando erano preda delle tante infelicità di cui ogni scrittore prima o poi cade vittima. Il suo bagaglio prezioso è fatto di ricordi straordinari, zeppo delle immagini di una vita intera trascorsa a cavallo tra epoche dominate da ideali e da quelle intense passioni che ne avrebbero fatto un mito senza tempo.

Testimone e attivista del Novecento in rivolta

Un esempio sono i "Diari 1917-1973", intensa autobiografia edita da Bompiani, che sono costellati delle testimonianze di celebrità come Erica Jong, Bret Easton Ellis, Jay McInerney, Gary Fsketjon, presenze di una vita che l'hanno commossa per le tante cose condivise assieme e per questo destinate a essere le più care al suo cuore. A questi ricordi si alternano le riflessioni su momenti epocali di cui è stata testimone e attivista agguerrita, tempi di ribellione, rivolte e crisi inevitabili, eppure precursori di modelli innovativi. Si parla degli anni dell’università, del suo amore per autentici guru del panorama culturale italiano, come Pavese e Vittorini, ma anche del suo fatale incontro con l’America dell’epoca, così piena di attrattive e promesse, fino al successivo ribollire di contestazioni tra cui l’anti imperialismo di Norman Mailer, leggendario portavoce della rivolta hippie.
fernanda pivano

Pivano fu interprete agguerrita e testimone del suo tempo, tra ideologie, passaggi epocali, crisi e trasformazioni

Una vita intensa in prima linea

La sua è stata un'esistenza intensa, ricca di mille significati e incontri con intellettuali di mezzo mondo, innamorata della vita e dell’uomo che aveva sposato. Perfino nei giorni in cui era scoppiata la crisi del matrimonio -divenuto burrascoso- con Ettore Sottsass, architetto originale e designer di successo, impegnato nel sostenere le cause dei più deboli e pronto ad aiutare i giovani artisti esordienti, che anche per queste doti non avrebbe mai smesso di amare. Fernanda Pivano non si risparmiava per nessun motivo ed era sempre in prima linea quando c'era da capire, indagare, spingersi fino in capo al mondo lì dove brillava la sua stella. Così un giorno non esita a raggiungere la Finca Vigia di Cuba, dove l’aspetta il suo più grande amico, il più grande di tutti: Ernest Hemingway. Dopo quel primo incontro a Cortina, in occasione della traduzione di "Addio alle Armi", Papa, come amano chiamarlo all’Avana, accoglie la sua pupilla dimostrandole presto un'attenzione particolare. “Quando Ernest si innamorava - confessa così Nanda durante una conversazione - voleva sposarti. E così fece con me, ma naturalmente la sua era una evidente esagerazione che mirava a un solo scopo. A quei tempi ero molto carina e insomma ci provò. Però la mia educazione vittoriana ha sempre avuto la meglio e non ho mai voluto mescolare il lavoro a implicazioni di altro genere. Anzi gli risposi: Sai in quanti vorrebbero portarmi a letto? Ebbene i casi sono due: o faccio la prostituta o scrivo. Due lavori assieme sono troppo pesanti...".

Storia di un'amicizia

Un’amicizia di ferro, quella con Hemingway, che sarebbe durata fino alla fine, che l’avrebbe spinta ad andare a piangere sulla sua tomba nel cimitero di Ketchum, mentre dal nulla spuntava il balenio fugace di un coyote, descritto da lei con il manto variopinto dei classici colori di Armani. Un destino propizio ha voluto che anche io facessi parte della sua cerchia. La mia amicizia con la Pivano, lunga dieci anni, è iniziata all’epoca in cui avevo appena scritto il libro "A Spasso con Papa Hemingway". Prima che mi concedesse quell'appuntamento l'avevo chiamata un paio di volte: la prima mi aveva mandato letteralmente a quel paese, era in una delle sue giornate no. La seconda ebbi più fortuna: "Come ti chiami? Perché continui a rompermi le scatole? Hemingway... allora tu sei amico del mio amico. Hai scritto un libro su di lui? Mandamelo, anzi no: portamelo". Mi dà l'indirizzo milanese e io, dopo pochi giorni, sono lì a suonare il campanello. Il salone è immenso e c'è di tutto, pile di giornali, cataste di libri, antidiluviani registratori, un apparecchio radio e un televisore antiquato e poi un tavolo enorme coperto di oggetti con presumibile funzione anche di scrivania.
pivano al festival della letteratura 2003

Pivano portò in Italia i pilastri della letteratura mondiale. Il suo più grande e caro amico fu Ernest Hemingway

Mi fa accomodare su un grande divano vicino a lei e subito apre un album di pelle marrone: "Guarda queste foto, sono io con Papa: eravamo a Cortina. Ero bellina, che ne dici?". "Sei una donna piena di fascino anche adesso...". "E tu sei un cretino, che ti permetti di corteggiare una povera vecchia come me. Guarda che a cacciarti via ci metto un secondo". Ride e si illumina dello stesso sguardo ironico di quando, poco più che ventenne, aveva incontrato per la prima volta il grande scrittore americano. Una collaborazione professionale e anche, si malignava, forse qualcosa di più da quando Nanda era stata alla Finca Vigia dell'Avana, dove Hemingway abitava con la moglie Mary. "C'è stato mai del tenero tra te e Papa?" le chiesi. "Lui avrebbe voluto sposarmi, ma era una cosa che gli saltava in testa di fare tutte le volte che si innamorava e questo gli capitava molto spesso". E allora? "Allora sei un grande impiccione: ho alzato un solido muro, forte della mia austera educazione, e non è stato possibile varcarlo. Io era all'epoca già sposata con Ettore". Poi cominciò a parlare di Jack Kerouak e di quella volta che lo aveva portato in Italia, pagandogli biglietto e tutto, per intervistarlo in Rai. E lui si era presentato talmente ubriaco che era stato necessario portarlo fuori a braccia. "Gli volevo un mondo di bene ed era anche un bellissimo ragazzo... per colpa di quella maledettissima educazione ho perso centinaia di occasioni. Ma insomma ormai è fatta: che prendi? Ti andrebbe una bella Coca Cola?". Più volte siamo rimasti a chiacchierare di questo e quello, di cose futili ma più spesso di letteratura, di autori, delle condizioni in cui già a quei giorni versava l'editoria, con il mercato dei libri affollato di pennivendoli e gente disposta a pagare pur di farsi inutilmente pubblicare da stampatori che si spacciano per editori. Per non parlare del giornalismo e della mediocrità imperante, del fatto che, a suo dire, diverse donne facevano carriera non esattamente per doti professionali, mentre molti del sesso maschile erano capaci al massimo di scrivere un biglietto d'auguri. "Ti assicuro che al giornale dove ancora scrivo, anche se sempre più raramente, ho conosciuto in tanti anni un numero impressionante di situazioni simili".

La piazza intitolata a Fernanda Pivano nel quartiere Romolo a Milano

La maggior parte dei nostri incontri si svolgeva nella sua casa in Piazzetta Guastalla a Milano, che era aperta a tutti gli amici scrittori a qualsiasi ora: ormai vuota non risuona più delle sue risate aperte e delle franche imprecazioni quando in quel mare magnum delle sue scrivanie non riusciva mai a trovare quel che cercava. Allora sprofondava pesantemente sulla poltrona e si consolava facendosi portare la sua bibita preferita, curiosamente emblema di quel capitalismo americano che aveva da sempre combattuto. Non mancava mai di salutare il suo Buddha, mentre accendeva una bacchetta di incenso profumato. Poi sospirava, guardandosi attorno: “Chissà dove andrà a finire tutta questa roba... Cesare Pavese, mio maestro di letteratura comparata, mi ha sempre insegnato quanto sia bello dare piuttosto che ricevere". Aveva già deciso di donare tutto quello che era stato suo perché questo la faceva sentire bene e in pace. E allora mi spiegava come tutto avesse per lei un senso solo quando era sicura di essere in armonia con se stessa e il mondo. La sua Milano le ha dedicato lo scorso anno una piazza nella zona hi-tech del quartiere Romolo, un luogo dalle linee originali, innovative e sorprendenti com'era nel carattere della Nanda. “La bellezza e la poesia sono le uniche due cose che ci possono permettere di andare avanti. Sono sicura che proprio il nostro tempo abbia bisogno di pace, amore, bellezza e tanta, immensa poesia.”