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Il baratro e la rinascita della Generazione Z. Andrea Ghidotti: "Che futuro ci aspetta?"

Il 20enne bergamasco li ha scritti durante il lockdown: "Estate 2020" si rivolge ai ragazzi segnati dalla pandemia, mentre "Non ci prenderanno mai" invita a riconoscere il limite tra uso e abuso

di MAURIZIO COSTANZO -
30 ottobre 2022
Andrea Ghidotti

Andrea Ghidotti

Due libri che vogliono parlare ai giovani e agli adulti. Sono stati scritti da Andrea Ghidotti, oggi 20enne, dopo il periodo buio della pandemia e del primo, terribile, lockdown. Vissuto con gli occhi di un adolescente che, da un momento all’altro, insieme a tanti suoi coetanei, si è visto catapultato in un mondo nuovo, oscuro, su cui pesava una grande incognita: quale futuro ci aspetta? Entrambi pubblicati da Edda edizioni, il primo, intitolato "Estate 2020" narra di come un ragazzo di Bergamo, di 18 anni, chiamato Andrea, ma meglio conosciuto come Ghido, ha trascorso l’estate di quell’anno. Prima con i suoi amici nella Bassa Bergamasca, poi a Pietra Ligure, località marittima vicino Savona, in cui andava ogni anno per passare il periodo estivo. Un ragazzo che, nel corso degli anni, ha fatto numerose conoscenze grazie alle partite di calcetto e ad alcune serate: ha creato così un unico gruppo. Dopo aver vissuto una primavera alquanto surreale a causa della pandemia da Covid-19, contro ogni pronostico, è riuscito a trascorrere un'estate serena e con poche limitazioni. Le aspettative per queste vacanze erano assai basse e probabilmente è per questo che qualsiasi giornata venne vissuta appieno.
 
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Il secondo libro, pubblicato un anno e mezzo dopo, "Non mi prenderanno mai" parla di un gruppo di amici che si ritrovano dopo diverso tempo e trascorrono insieme l'estate. Sono quattro bergamaschi che, sostenuti gli esami di maturità, decidono di organizzare serate illegali a Pietra Ligure. In quel periodo iniziano a emergere molte caratteristiche dei giovani, una su tutte quella di non saper riconoscere e delineare il limite del giusto e dell'esagerazione. Tra vizi, ragazzate, rischi, divertimento, ingenuità, incontri, scontri ed esperienze vissute con coetanei conosciuti in Liguria, i ragazzi maturano a partire proprio da quell'estate: imparano cioè a prevenire gli errori, riconoscendo i propri limiti.
 
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Andrea, come è nata l’idea di scrivere "Estate 2020"? "Sono sempre andato in vacanza a Pietra Ligure, dove mi ero create molte conoscenze. Prima del lockdown avevo pensato di organizzare delle serate o dei tornei sportivi per noi ragazzi, da fare durante l’estate 2020. Poi è arrivato il lockdown e ho subìto una forte botta a livello morale, visto che sono di Bergamo e ho vissuto sulla mia pelle quei bruttissimi mesi. L’unica valvola di sfogo erano le videochiamate serali con diversi amici. In una di queste ho detto a tutti: 'Se riusciremo a trascorrere un’estate serena (che per me e per alcuni del gruppo sarebbe stata la prima da maggiorenni) sarà da raccontare'. Ed è così che è nato questo libro". Come ha vissuto il lockdown? "È stato molto pesante a livello psicologico. Ovviamente ho rispettato la quarantena, non sono mai uscito di casa, e l’ho vissuto con tantissima angoscia nel vedere, giorno dopo giorno, i numeri di morti e contagi al telegiornale. Sentire alcuni amici che avevano parenti che stavano morendo, ha suscitato in me una brutta sensazione, ero in pensiero soprattutto per i miei nonni, che erano i soggetti più fragili della famiglia, ma in generale per tutta la popolazione. Oltre alle preoccupazioni per la salute c’era sempre l’incognita: dopo tutto questo cosa accadrà, cosa ci aspetta, come si ripartirà? Ci saranno problemi economi o riguardo all’istruzione a pesare sulla società? Mi ha fatto agitare molto il fatto che in quella situazione, in cui eravamo tutti messi alle strette, non si poteva far altro che aspettare chiusi in casa". Ha avuto parenti che si sono ammalati di Covid in quel periodo? "Parenti fortunatamente no, però alcuni miei amici hanno perso i nonni, oppure hanno visto i loro genitori ammalati, rimandati a casa dall’ospedale con le bombole d’ossigeno perché non c’era più posto. Visto il legame che ho con questi miei amici, è come se fosse capitato a un mio familiare".

Andrea Ghidotti, il giovanissimo autore di due libri che affrontano il difficile tema della pandemia vissuta dalla Generazione Z

È in quel momento che le è nato il desiderio di scrivere? "A parte i temi a scuola non scrivevo nulla. Ma anche se non ho mai avuto un diario, sapevo che mi sarebbe piaciuto scrivere e raccontare". Perché è voluto partire dall’estate del 2020? "Perché è stata un’estate abbastanza tranquilla. Sono partito da questo momento per dare un messaggio a quei giovani che dopo il lockdown si sono un po' chiusi in se stessi, non hanno ambizioni, sogni, non hanno più voglia di produrre qualcosa. Ho voluto dare loro questo messaggio: ok, fortunatamente il peggio è passato, ora bisogna ripartire, essere più produttivi in qualsiasi senso". Che anno di scuola frequentava al tempo del lockdown? "La quarta superiore. L’anno successivo, con tutte le zone rosse e gialle, abbiamo frequentato pochissimo la scuola, se non nel periodo sotto la maturità, da metà aprile a giugno. Questo diario l’ho scritto da inizio giugno 2020, a fine quarta, proprio dall’ultimo giorno di Dad, fino a fine agosto”. Come nasce l’idea del secondo libro? "L’ho scritto per lanciare un messaggio ben preciso: saper riconoscere il limite tra uso e abuso – droghe, alcol, fumo – e in qualsiasi altra circostanza, dall’andar forte in macchina al gioco d’azzardo. Ma anche negli atteggiamenti, nel modo di porsi, c’è bisogno di trovare un equilibrio tale da farsi rispettare senza incappare in gravi errori".
Andrea Ghidotti

Per Ghidotti la pandemia ha rappresentato un periodo molto difficile dal punto di vista psicologico, che ha deciso di raccontare (Instagram)

Pensa che la rappresentazione che i media danno della Generazione Z rispecchi la realtà? "In parte è sbagliata e in parte no. Si va sempre a criticare e a puntare il dito, com’è nell’indole dell’essere umano, e si valorizzano poco i giovani molto in gamba. Fa più notizia un ragazzo che crea dei casini o fa cose negative, rispetto a coloro che mandano segnali positivi. Questo lo ritengo sbagliato". Progetti futuri? "Son al secondo anno di Scienze della Comunicazione, ho iniziato a lavorare come giornalista sportivo nel weekend. Vorrei portare avanti entrambi le mie passioni, quella dello sport e del calcio, e quella della scrittura". A chi si rivolgono questi due libri? "Sono indirizzati soprattutto ai giovani, ma secondo me sono importanti anche per gli adulti, perché – soprattutto leggendo ‘Non mi prenderanno mai’ – possono entrare nel nostro mondo, capire certe dinamiche, come la pensiamo su certi temi. Il mio obiettivo è infatti presentarlo nelle scuole e parlarne ai docenti, per far sì che possano entrare sempre di più nella testa degli alunni e sappiano come porsi in determinate situazioni".