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Home » Lifestyle » Giappone, prove di inclusione. Approvate le unioni delle coppie omosessuali

Giappone, prove di inclusione. Approvate le unioni delle coppie omosessuali

Oggi è il solo Paese del G7 a non autorizzare le unioni legali tra persone dello stesso sesso, ma in Giappone la società è storicamente nota per la sua tolleranza verso l’omosessualità

Camilla Prato
19 Maggio 2021
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Nel 2019, sedici coppie gay avevano intrapreso un’azione legale contro il governo giapponese nei tribunali di Tokyo, Osaka, Nagoya, e Sapporo, e successivamente a Fukuoka, per opporsi al divieto di non poter convolare a nozze al pari delle persone eterosessuali.

Grazie ad una sentenza della Corte di Sapporo, adesso in Giappone le coppie omosessuali hanno il diritto costituzionale di sposarsi. La giudice Tomoko Takebe, nella decisione, ha posto l’accento sulla violazione dell’articolo 14 della Costituzione, che sancisce il principio di uguaglianza degli individui davanti alla legge. “L’orientamento sessuale non è qualcosa che una persona può scegliere e cambiare a proprio piacimento”, ha tenuto a sottolineare.

La sentenza ha dunque stabilito che i “benefici legali previsti dal matrimonio debbano essere riconosciuti sia agli omosessuali che agli eterosessuali”. La stampa giapponese ha raccontato la commozione di tre delle coppie che avevano presentato ricorso, dei loro avvocati e anche della donna magistrato, una volta pronunciato l’esito.

Il tribunale ha stabilito che le unioni omosessuali non sono quindi considerabili incostituzionali. Secondo gli esperti legali, il diritto civile del Paese non concilia il presupposto di un’unione tra due persone dello stesso sesso, ma nemmeno la abolisce. Nell’illustrare la decisione di non assegnare un risarcimento (richiesto dalle coppie) dei danni morali e psicologici, pari a una richiesta di un milione di yen (7.700 euro), la Corte ha invece spiegato che non si è manifestata una violazione dell’articolo 24, che specifica come “il matrimonio può avvenire solo con il mutuo consenso di entrambi i sessi“. La giudice ha inoltre sottolineato “le difficoltà delle autorità a legiferare una materia ancora complessa“.

Se la sentenza di incostituzionalità sarà confermata da altre corti giapponesi, dove sono in corso processi analoghi, la Corte suprema chiederà l’intervento della Dieta di Tokyo (il Parlamento). Ma ci vorranno anni perché cambi qualcosa, ammettono gli attivisti della comunità LGBT del Giappone.

Tuttavia, la comunità la celebra come una vittoria simbolica ed una conquista dopo un travagliato percorso, perché crea un precedente. Il verdetto rappresenta in ogni caso una svolta importante per il riconoscimento dei diritti delle persone Lgbtq+, che di recente si sono viste rilasciare dei “certificati di unione” da alcuni comuni che permettono per esempio alle coppie omosessuali di affittare casa più facilmente. Questi documenti tuttavia non hanno implicazioni giuridiche sostanziali e di fatto il Giappone non riconosce nemmeno i matrimoni di coppie gay contratti all’estero. Inoltre, se una delle due persone della coppia è straniera, non le viene concesso il permesso di soggiorno.

Attualmente il Paese si sta aprendo a stili di vita più diversificati, e l’essere single o l’omosessualità stanno diventando scelte sempre più comuni e accettate anche a livello sociale. Un primo sondaggio del 2015 sui matrimoni gay in Giappone ha preso in esame un campione di 2600 persone (1259 le risposte valide) di entrambi i sessi dai 20 ai 79 anni di età. Alla domanda: “Sei favorevole ai matrimoni gay?” ha risposto in maniera affermativa il 51.1% degli intervistati. Il 71% dei soggetti tra i 20 e i 30 anni hanno risposto in maniera favorevole ma, all’aumentare della fascia d’età, aumentavano anche i pareri contrastanti (24.2% per gli ultra settantenni). Molti degli intervistati hanno inoltre risposto che non sarebbero contenti se uno dei propri figli fosse omosessuale o se lo fosse uno dei propri fratelli. Nonostante i pareri sostanzialmente favorevoli ai matrimoni gay, erano ancora forti i pregiudizi e l’attaccamento all’idea di famiglia tradizionalmente intesa.

Secondo la BBC, però, i sondaggi più recenti indicano che la maggior parte dei giovani giapponesi è favorevole al matrimonio tra persone dello stesso sesso. E la sentenza del Tribunale di Sapporo dimostra che in effetti qualcosa si sta muovendo.

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  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

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  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

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Nel 2019, sedici coppie gay avevano intrapreso un'azione legale contro il governo giapponese nei tribunali di Tokyo, Osaka, Nagoya, e Sapporo, e successivamente a Fukuoka, per opporsi al divieto di non poter convolare a nozze al pari delle persone eterosessuali. Grazie ad una sentenza della Corte di Sapporo, adesso in Giappone le coppie omosessuali hanno il diritto costituzionale di sposarsi. La giudice Tomoko Takebe, nella decisione, ha posto l’accento sulla violazione dell’articolo 14 della Costituzione, che sancisce il principio di uguaglianza degli individui davanti alla legge. "L’orientamento sessuale non è qualcosa che una persona può scegliere e cambiare a proprio piacimento", ha tenuto a sottolineare. La sentenza ha dunque stabilito che i "benefici legali previsti dal matrimonio debbano essere riconosciuti sia agli omosessuali che agli eterosessuali". La stampa giapponese ha raccontato la commozione di tre delle coppie che avevano presentato ricorso, dei loro avvocati e anche della donna magistrato, una volta pronunciato l'esito. Il tribunale ha stabilito che le unioni omosessuali non sono quindi considerabili incostituzionali. Secondo gli esperti legali, il diritto civile del Paese non concilia il presupposto di un'unione tra due persone dello stesso sesso, ma nemmeno la abolisce. Nell'illustrare la decisione di non assegnare un risarcimento (richiesto dalle coppie) dei danni morali e psicologici, pari a una richiesta di un milione di yen (7.700 euro), la Corte ha invece spiegato che non si è manifestata una violazione dell'articolo 24, che specifica come "il matrimonio può avvenire solo con il mutuo consenso di entrambi i sessi". La giudice ha inoltre sottolineato "le difficoltà delle autorità a legiferare una materia ancora complessa". Se la sentenza di incostituzionalità sarà confermata da altre corti giapponesi, dove sono in corso processi analoghi, la Corte suprema chiederà l’intervento della Dieta di Tokyo (il Parlamento). Ma ci vorranno anni perché cambi qualcosa, ammettono gli attivisti della comunità LGBT del Giappone. Tuttavia, la comunità la celebra come una vittoria simbolica ed una conquista dopo un travagliato percorso, perché crea un precedente. Il verdetto rappresenta in ogni caso una svolta importante per il riconoscimento dei diritti delle persone Lgbtq+, che di recente si sono viste rilasciare dei "certificati di unione" da alcuni comuni che permettono per esempio alle coppie omosessuali di affittare casa più facilmente. Questi documenti tuttavia non hanno implicazioni giuridiche sostanziali e di fatto il Giappone non riconosce nemmeno i matrimoni di coppie gay contratti all’estero. Inoltre, se una delle due persone della coppia è straniera, non le viene concesso il permesso di soggiorno. Attualmente il Paese si sta aprendo a stili di vita più diversificati, e l'essere single o l’omosessualità stanno diventando scelte sempre più comuni e accettate anche a livello sociale. Un primo sondaggio del 2015 sui matrimoni gay in Giappone ha preso in esame un campione di 2600 persone (1259 le risposte valide) di entrambi i sessi dai 20 ai 79 anni di età. Alla domanda: "Sei favorevole ai matrimoni gay?" ha risposto in maniera affermativa il 51.1% degli intervistati. Il 71% dei soggetti tra i 20 e i 30 anni hanno risposto in maniera favorevole ma, all’aumentare della fascia d’età, aumentavano anche i pareri contrastanti (24.2% per gli ultra settantenni). Molti degli intervistati hanno inoltre risposto che non sarebbero contenti se uno dei propri figli fosse omosessuale o se lo fosse uno dei propri fratelli. Nonostante i pareri sostanzialmente favorevoli ai matrimoni gay, erano ancora forti i pregiudizi e l’attaccamento all’idea di famiglia tradizionalmente intesa. Secondo la BBC, però, i sondaggi più recenti indicano che la maggior parte dei giovani giapponesi è favorevole al matrimonio tra persone dello stesso sesso. E la sentenza del Tribunale di Sapporo dimostra che in effetti qualcosa si sta muovendo.
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