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Giuseppina La Delfa, dal sogno di una famiglia nasce l'Arcobaleno. "Anche le lesbiche sono madri"

La fondatrice della prima associazione italiana di genitori omosessuali: "Siamo l’unico Paese rimasto a non avere uno straccio di tutela per i figli delle coppie dello stesso sesso"

di ELSA TOPPI -
3 febbraio 2023
Famiglie arcobaleno

Famiglie arcobaleno

Il 16 maggio 1982, su una suggestiva spiaggia della Normandia, due donne appena maggiorenni si dichiarano amore. “Peccato che non avremo mai figli” dice una all’altra. Erano i primi anni '80 ed essere lesbica, amare un’altra donna, era qualcosa che non si conciliava con i figli. Quelle due ragazze erano Giuseppina La Delfa, futura fondatrice di Famiglie Arcobaleno, e Raphaelle Hoedts. Il dopo è storia. Una storia fatta di femminismo, incontri e lotte che hanno portato alla nascita dell’associazione che più di tutte ha preteso una rivoluzione culturale, politica e sociale. E fa sorridere che siano state proprio due francesi, nate a Lille e naturalizzate italiane, a portarne il vessillo. Forse perché le rivoluzioni, i francesi, ce le hanno scritte nel Dna. Certamente tanti ancora sono i traguardi da raggiungere, ma quello che viviamo oggi, rispetto ad allora, è una specie di miracolo laico.
Giuseppina La Delfa, fondatrice delle Famiglie Arcobaleno e attivista impegnata in prima fila nella lotta per i diritti civili agli omossessuali

Giuseppina La Delfa, fondatrice delle Famiglie Arcobaleno e attivista impegnata in prima fila nella lotta per i diritti civili agli omossessuali

Giuseppina cosa è cambiato dagli anni in cui era su quella spiaggia con la donna che sarebbe diventata sua moglie? E qual è stato il momento di svolta? "È cambiato tanto. Già alla fine degli anni '90 con l’avvento di internet. In quel periodo da lesbica eri molto isolata, soprattutto se vivevi in un paesino del sud. Ricordo che nel 1990 venni in Italia per insegnare lingua francese all’Università di Salerno e insieme a Raphelle decidemmo di vivere in un paesino tra Avellino e Salerno. Tutte le possibilità che hanno i gay oggi all’epoca erano fantascienza. Dunque, internet fu una porta sul mondo. La prima cosa che feci fu scrivere la parola lesbica sulla stringa di netscape. Uscì la lista 'lesbica italiana' che era una mailing list di donne che scrivevano lunghe mail su diverse tematiche: la solitudine, il poliamore etc. Nel 1997 erano iscritte 250 donne che provenivano soprattutto da Milano e Brescia ed erano donne con un passato di femminismo e attivismo. Erano una luce nel buio perché stimolavano alla riflessione, all’incontro, al dibattito. Fu una palestra incredibile. Il mondo delle lesbiche era molto più variegato di come avevo immaginato". Come è arrivata alla questione dei figli? "Tra i vari dibattiti cominciava a fare capolino quello sulla Pma (Procreazione Medicalmente Assistita), anche perché in Olanda e in California c’era questa possibilità. E poi una volta io espressi il mio desiderio di volere dei figli assieme a Raphaelle. Chiesi se ci fossero altre donne come me o se fossi l’unica pazza. E uscirono fuori altre ragazze fra cui Francesca Pardi e Maria Silvia Fiengo che subito si fecero avanti. Ed è così che si creò il primo nucleo di donne unite da questo desiderio, all’epoca folle, di genitorialità. Queste signore furono poi il primo nucleo di soci fondatori di 'Famiglie Arcobaleno'. Cominciammo a dibattere se fosse legittimo il nostro desiderio o su cosa volesse dire essere genitore: era un fattore di genetica o altro? A un certo punto mi fu chiaro che subivo una specie di sterilità sociale che mi imponeva di non essere madre perché lesbica. Ancora oggi tante donne omosessuali rinunciano a vivere alla luce del sole e contraggono matrimoni finti”.
I libri scritti da Giuseppina La Delfa

I libri scritti da Giuseppina La Delfa

Dopo la consapevolezza, quando il desiderio prende corpo… diviene realtà? "C’era la Pma ma solo all’estero. Grazie a internet scoprii poi che c’era una associazione in Francia che si chiamava Apgl (Associazione genitori omosessuali) e mi iscrissi anche a quella. Scoprii un altro mondo anche lì. All’epoca la maggior parte di questi genitori omosessuali avevano figli in triangoli o in quattro, si organizzavano così. Anche io e Raphaelle per un periodo cercammo un uomo per avere un figlio. Ma sempre di più c’erano coppie che si recavano in Belgio e concepivano i figli con la Pma. Così ebbi una specie di illuminazione. Mi dissi: ma una coppia etero che non riesce ad avere figli che fa? Chiede al vicino? Cerca un amico per fare un figlio? Ovviamente trova un’altra soluzione. Solo noi lesbiche pensavamo che l’unico modo fosse trovare un uomo perché c’era la questione della mancanza di un padre. Un retaggio della cultura patriarcale che ci portavamo dietro. C’è da aggiungere la difficoltà di vivere socialmente in un mondo che non ci prevedeva. Pensate a un bimbo senza padre, cresciuto da due donne che dichiaravano di essere omosessuali e ambedue le madri. Una cosa straordinaria se ci pensiamo. Folle quasi. Incontrai a Firenze una coppia di donne francesi che avevano 3 figli e quando vidi questa ragazzina di 10 anni che dormiva abbracciata alla madre non genetica mi convinsi che si poteva fare. Erano bambine come le altre ed estremamente legate ad ambedue le donne. Mi fu chiaro che quello era un desiderio nostro, mio e di Raphaelle, e non c’entrava nulla una terza persona. Così andammo in Belgio e finalmente nacque mia figlia nel 2003". Da lì cosa è successo? Come siamo arrivati alle famiglie arcobaleno? "Nel frattempo nacquero anche i figli di quelle amiche che piano piano concretizzavano il desiderio di avere un figlio. Altre si aggregarono, ci incontravamo a Roma e Milano e capimmo che i nostri figli avrebbero avuto bisogno di protezione. Avremmo dovuto parlare noi parlare noi per loro e così decidemmo di mettere su un’associazione che potesse proteggere questi bambini che cominciavano ad andare a scuola. Perché finché erano a casa andava tutto bene ma il punto era l’incontro con l’altro che non era preparato”. Quanto ha giocato in questo percorso la visibilità? "Tutto. È fondamentale rendersi visibili altrimenti staremmo ancora nelle grotte a nasconderci e i figli a crescere nella nebbia".
Giuseppina La Delfa il giorno del suo matrimonio

Giuseppina La Delfa il giorno del suo matrimonio

Come è nato il nome "Famiglie Arcobaleno"? "Prima di creare l’associazione abbiamo fatto un dibattito sulla decisione del nome. Io ho insistito tanto sulla parola famiglia perché sapevo che saremmo stati attaccati proprio su questo. Dovevamo essere assertivi proprio sul punto che veniva negato. Il termine arcobaleno è stato scelto perché volevamo che il termine fosse ampio e includesse tutte le famiglie: quelle formate da coppie omogenitoriali, chi faceva un figlio in 3 o 4, chi decideva di fare un figlio da single e anche quelle famiglie eterosessuali che si riconoscevano nelle nostre idee di fare un figlio con gameti al di fuori della coppia o adottivi. Famiglie arcobaleno comprendeva anche i genitori trans di cui si parla poco, quelli di primo matrimonio e quelli che hanno deciso di farlo con tecniche di Pma. Insomma ci sembrava un termine inclusivo, assertivo, forte e provocatorio". In Famiglie Arcobaleno sono molte le coppie eterosessuali? "Certo. Molte coppie etero che hanno problemi a concepire figli si avvicinano a noi per capire i nostri percorsi e conoscere le nostre esperienze". Lei e Raphaelle siete state anche l’unica coppia omosessuale sposata in Italia… "Noi ci siamo sposate nel 2013 in Francia e dopo abbiamo fatto una battaglia giuridica in Italia per farci riconoscere il nostro matrimonio e la filiazione doppia dei nostri figli che abbiamo potuto fare perché sposate. Noi ci siamo sposate prima della legge Cirinnà, quindi, quando abbiamo vinto in Cassazione, il matrimonio doveva essere trasferito così come era. Non potevano traferirlo a unione civile perché la legge non c’era. Quindi questa è stata la nostra fortuna". Invece quanto hanno pesato le unioni civili per le Famiglie Arcobaleno? "Le unioni civili sono passate grazie al nostro sacrificio. Perché sono state votate a condizione che fosse stata stracciata la stepchild adoption che era l’unico modo per tutelare i nostri figli. Quando hanno chiesto il mio parere ho risposto che ero contenta per le coppie ma che si sarebbe sacrificata la sicurezza e il benessere dei nostri piccoli. Un po’ sono stata arrabbiata con le altre associazioni Lgbt che pur di ottenere la legge hanno accettato il nostro sacrificio ma certamente la legge sulle unioni civili è stata importante".
Una manifestazione delle Famiglie Arcobaleno

Una manifestazione delle Famiglie Arcobaleno

Roma non è stata costruita in un giorno… "Lo capisco ma sono passati sette anni e ancora siamo senza tutela per i nostri ragazzi". Quali sono gli obiettivi raggiunti da Famiglie Arcobaleno? "Tanti. Il primo traguardo è che oggi tutti sanno chi siamo. Siamo diventati una realtà tangibile, reale. Il secondo traguardo è che oggi le coppie omosessuali sanno benissimo che se vogliono avere dei figli possono farlo. Una via c’è. Il terzo è che i nostri figli grazie al nostro lavoro che dura 20 anni vivono sereni in questa società. Nessuno più si sbalordisce se un bimbo ha due mamme o due papà. Qualcuno ancora c’è ma è sempre più raro". Parliamo di riconoscimenti… "Molti sono riusciti ad averne. E sempre più sindaci fanno un passo avanti riconoscendo alla nascita i figli di due mamme o due papà. Ma non essendoci ancora una legge per ora la via più sicura è l’adozione". Prossimi traguardi da raggiungere? "La stepchild adoption non è mai stato un nostro traguardo ma era l’unico punto su cui lavorare. Noi vogliamo il riconoscimento dei figli alla nascita esattamente come le coppie eterosessuali che ricorrono alla donazione di gameti. Mentre il matrimonio non è mai stato un nostro obiettivo. Non è obbligatorio per avere dei figli". Che succede quando una coppia unita civilmente con figli si separa? "Siamo esseri umani e quando c’è una separazione entrano in gioco tanti sentimenti anche negativi. Così come avviene per le coppie eterosessuali. Ecco perché se si è entrambe madri legalmente si può trovare un accordo davanti al giudice. Ma se invece ci sono coppie in cui la madre non biologica non è riconosciuta possono nascere i problemi. Quando c’è una separazione, come dicevo, entrano in ballo sentimenti come la rabbia, l’egoismo e i figli possono essere oggetto di ricatto. Una madre biologica può negare all’altra non riconosciuta di vedere i figli. Oppure al contrario l’altra può sparire sfuggendo alle proprie responsabilità. Ricordiamoci che senza tutele chi paga le conseguenze sono sempre i più piccoli. A questo servono le tutele. Non chiediamo altro".
Giuseppina La Delfa

Giuseppina La Delfa

Quanto manca all’Italia per raggiungere questo obiettivo? "Intanto bisogna passare a un altro Governo e poi dipenderà da chi verrà dopo. Siamo una specie di piccola vergogna sulla mappa del mondo occidentale. Siamo l’unico Paese rimasto a non avere uno straccio di tutela per i figli delle coppie omosessuali. Sulla mappa Ilga (Mappa delle leggi sull’orientamento omosessuale) l’Occidente è verde, l’Est è rosso e in mezzo c’è l’Italia arancione". Che cosa farà adesso che non è più presidente di Famiglie Arcobaleno? "Per 20 anni ho fatto l’attivista, adesso che compio 60 anni sono in una fase della mia vita in cui sono più rivolta verso me stessa che fuori. È un momento di calma". Dopo "Peccato che non avremo mai figli" e "Tutto quello che c’è voluto", Giuseppina La Delfa sta scrivendo la sua terza fatica letteraria che si chiamerà "Famiglie!". Nel frattempo la speranza è che quella macchiolina arancione che è l’ Italia diventi presto verde.