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Home » Lifestyle » I cinquant’anni del movimento Lgbt in Italia: quante battaglie da quel 15 aprile 1971

I cinquant’anni del movimento Lgbt in Italia: quante battaglie da quel 15 aprile 1971

A Torino fu fondato il Fuori!, che con metodi "rivoluzionari" si proponeva di rivendicare per gli omosessuali italiani dignità sociale e diritti civili. Era una stagione di fermenti sociali e di grandi riforme che investirono il lavoro il fisco, la famiglia e la comunità gay iniziò il cammino fra mille ostacoli mai del tutto superati

Piero Ceccatelli
15 Aprile 2021
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Un partecipante al Gay Pride

Il 15 aprile 1971 nacque il movimento Gay Italiano, di cui si celebra il mezzo secolo di vita. L’origine, viene fatta risalire  alla pubblicazione  su La Stampa di Torino di un articolo di recensione al saggio di Giacomo d’Aquino  “Storia di un omosessuale”, edito da Feltrinelli. Quella forma di emersione del fenomeno su uno dei maggiori  quotidiani del Paese  rappresentò la prima crepa in un muro, la fessura in una diga: un gruppo di gay torinesi decise di sottrarre agli eterossessuali, come era accaduto fino a quel momento, il monopolio della narrazione di cosa significasse essere gay e di avviare la lotta per il riconoscimento pubblico della propria condizione, del proprio desiderio di emancipazione, dei propri diritti civili.

Nasce il “Fuori!”, e fu rivoluzione

Il metodo scelto fu quello della “rivoluzione”, evocata nella sigla del “Fuori!” (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano), prima forma di organizzazione del movimento gay in Italia. Non fu casuale la scelta del nome: oltre che un acronimo, la parola Fuori meglio di ogni altra rappresentava la condizione degli omosessuali nell’Italia dell’epoca: Fuori dagli schemi, Fuori dalla politica corrente, Fuori dalla società borghese, basata sulla famiglia tradizionale, messa in crisi dalla legge sul divorzio, entrata in vigore da appena un anno e contro la quale già si meditava la reazione, da affidare a un referendum abrogativo.  Che si svolgerà nel 1974 con la conferma della normativa.

 

L’onda del Sessantotto e le riforme

Il terreno sociale era fertile: L’onda del Sessantotto iniziava a farsi sentire nella società: da undici mesi era entrato in vigore lo Statuto dei lavoratori, che sanciva fra le altre,la conquista della stabilità reale nel posto di lavoro col divieto di licenziamento. Alla fine di quello stesso  1971 sarebbe stata approvata la legge di tutela delle lavoratrici madri. Fra il 1972 e il 1973 la riforma tributaria avrebbe modificato il sistema fiscale, in attesa che, nel 1975 fosse approvata  – l’8 marzo, data simbolica – la riforma del diritto di famiglia che abbassava la maggiore età ai 18 anni e riconosceva pari dignità     fra i coniugi, come tra fratelli dei due sessi.

Più avanti, nel 1978 arriveranno, in piena età del terrorismo due leggi diverse fra loro, ma socialmente deflagranti sul piano sociale: l’aborto e la riforma delle locazioni, con i limiti allo sfratto degli inquilini.

 

Inizia il cammino

Era un periodo pieno di fermenti sociali e il centrosinistra al governo fu mosso verso la stagione delle grandi rifome dal pungolo esercitato dal Pci, che alle politiche del 1976 insidierà alla Dc il ruolo di primo partito italiano. In questo contesto  il fenomeno gay venne alla luce, appunto il 15 aprile 1971.  Fu l’inizio di un cammino di lotte, rivendicazioni, battaglie che in quegli stessi anni, malgrado il quadro sociale in piena evoluzione, stentò ad esser pienamente accettato. La società non era ancora pronta ad accogliere la comunità gay: forte era il richiamo della chiesa cattolica. Non giovarono gli straschichi della morte di Pasolini, avvenuta nel novembre 1875. Il movimento omosessuale si guadagnò spazio nella società, ma non ancora nelle istituzioni.

 

Mauro Mieli e la tv 

Emersero figure dirompenti e controverse come quella di Mario Mieli, tra i fondatori del Fuori!, che riuscì a guadagnare a sé e alla comunità omosessuale spazi sui media e sulla stessa Rai, che nel 1977 lo ospitò a “Come mai” per un’intervista in studio in abiti femminili (“lo faccio perché mi piace: le donne possono indossare i pantaloni ma gli uomini viceversa non si vestono da donna e questo dice molte cose”). Nel 1978, addirittura le telecamere di Stato di “Tabù Tabù” seguirono Mieli nell’incursione in tacchi alti e abiti femminili, ai cancelli dell’Alfa Romeo, dove l’attivista del movimento provocò gli operai, interrogndoli sulle loro eventuali inclinazioni omosessuali. In una recente replica del servizio dell’epoca,  si faceva notare che gli operai non reagirono male alla provocazione, ma ascoltavano Mieli con una calma, inusitata fino a qualche anno prima, “quando una simile incursione  sarebbe magari stata interrotta da uno sganassone”.  Erano per la Rai gli anni del varo della terza rete e dei Tg regionali, della riforma dell’emittente che seguì l’abolizione del monopolio per effetto della sentenza della Corte costituzionale, ma ciononostante l’apertura al mondo gay era tutt’altro che scontata. Fino a  pochi anni prima gli stessi principali giornali nazionali evitavano con cura nei titoli le parole “aborto” e “divorzio”, sostituendole con le più complesse “interruzione della gravidanza” e “scioglimento del matrimonio”, che non trovavano posto, causa lunghezza, nei titoli principali.

Un momento del Gay Pride del 27 giugno a Milano

La storia in podcast

In occasione del 50° anniversario della nascita del Movimento Gay Italiano Costantino della  Gherardesca ha prodotto e dato la voce al primo podcast – in 27 episodi disponibile dal 15 aprile 2021 ogni settimana su tutte le piattaforme gratuite di podcast – che ne racconta la storia, come mai è stata raccontata, grazie alle ricerche e i documenti raccolti da Giorgio Bozzo.

 

Da malattia mentale a normalità

Il materiale – raccolto in anni di lavoro – è costituito da interviste ad attivisti e protagonisti di questa storia, alcuni dei quali non più viventi (ad esempio Fernanda Pivano, Massimo Consoli, Enzo Francone, Marco Silombria) e una documentazione ricchissima e perlopiù inedita. Il racconto dei protagonisti e gli interventi di Costantino Della Gherardesca ricostruiscono non solo la storia della militanza LBGT italiana dalla prima associazione per i diritti per gli omosessuali ai giorni nostri, ma una parte della storia e della cultura del Novecento italiano che non è mai stata raccontata con la dovuta attenzione. Non quindi un documentario audio su un ”piccolo mondo antico”, ma la ricostruzione del contesto, del mondo in cui si è combattuta la battaglia per modificare la percezione dell’omosessualità da malattia mentale a normalità.

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Instagram

  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
 
Un partecipante al Gay Pride
Il 15 aprile 1971 nacque il movimento Gay Italiano, di cui si celebra il mezzo secolo di vita. L'origine, viene fatta risalire  alla pubblicazione  su La Stampa di Torino di un articolo di recensione al saggio di Giacomo d'Aquino  "Storia di un omosessuale", edito da Feltrinelli. Quella forma di emersione del fenomeno su uno dei maggiori  quotidiani del Paese  rappresentò la prima crepa in un muro, la fessura in una diga: un gruppo di gay torinesi decise di sottrarre agli eterossessuali, come era accaduto fino a quel momento, il monopolio della narrazione di cosa significasse essere gay e di avviare la lotta per il riconoscimento pubblico della propria condizione, del proprio desiderio di emancipazione, dei propri diritti civili.

Nasce il "Fuori!", e fu rivoluzione

Il metodo scelto fu quello della "rivoluzione", evocata nella sigla del "Fuori!" (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano), prima forma di organizzazione del movimento gay in Italia. Non fu casuale la scelta del nome: oltre che un acronimo, la parola Fuori meglio di ogni altra rappresentava la condizione degli omosessuali nell'Italia dell'epoca: Fuori dagli schemi, Fuori dalla politica corrente, Fuori dalla società borghese, basata sulla famiglia tradizionale, messa in crisi dalla legge sul divorzio, entrata in vigore da appena un anno e contro la quale già si meditava la reazione, da affidare a un referendum abrogativo.  Che si svolgerà nel 1974 con la conferma della normativa.  

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Inizia il cammino

Era un periodo pieno di fermenti sociali e il centrosinistra al governo fu mosso verso la stagione delle grandi rifome dal pungolo esercitato dal Pci, che alle politiche del 1976 insidierà alla Dc il ruolo di primo partito italiano. In questo contesto  il fenomeno gay venne alla luce, appunto il 15 aprile 1971.  Fu l'inizio di un cammino di lotte, rivendicazioni, battaglie che in quegli stessi anni, malgrado il quadro sociale in piena evoluzione, stentò ad esser pienamente accettato. La società non era ancora pronta ad accogliere la comunità gay: forte era il richiamo della chiesa cattolica. Non giovarono gli straschichi della morte di Pasolini, avvenuta nel novembre 1875. Il movimento omosessuale si guadagnò spazio nella società, ma non ancora nelle istituzioni.  

Mauro Mieli e la tv 

Emersero figure dirompenti e controverse come quella di Mario Mieli, tra i fondatori del Fuori!, che riuscì a guadagnare a sé e alla comunità omosessuale spazi sui media e sulla stessa Rai, che nel 1977 lo ospitò a "Come mai" per un'intervista in studio in abiti femminili ("lo faccio perché mi piace: le donne possono indossare i pantaloni ma gli uomini viceversa non si vestono da donna e questo dice molte cose"). Nel 1978, addirittura le telecamere di Stato di "Tabù Tabù" seguirono Mieli nell'incursione in tacchi alti e abiti femminili, ai cancelli dell'Alfa Romeo, dove l'attivista del movimento provocò gli operai, interrogndoli sulle loro eventuali inclinazioni omosessuali. In una recente replica del servizio dell'epoca,  si faceva notare che gli operai non reagirono male alla provocazione, ma ascoltavano Mieli con una calma, inusitata fino a qualche anno prima, "quando una simile incursione  sarebbe magari stata interrotta da uno sganassone".  Erano per la Rai gli anni del varo della terza rete e dei Tg regionali, della riforma dell'emittente che seguì l'abolizione del monopolio per effetto della sentenza della Corte costituzionale, ma ciononostante l'apertura al mondo gay era tutt'altro che scontata. Fino a  pochi anni prima gli stessi principali giornali nazionali evitavano con cura nei titoli le parole "aborto" e "divorzio", sostituendole con le più complesse "interruzione della gravidanza" e "scioglimento del matrimonio", che non trovavano posto, causa lunghezza, nei titoli principali. Un momento del Gay Pride del 27 giugno a Milano

La storia in podcast

In occasione del 50° anniversario della nascita del Movimento Gay Italiano Costantino della  Gherardesca ha prodotto e dato la voce al primo podcast - in 27 episodi disponibile dal 15 aprile 2021 ogni settimana su tutte le piattaforme gratuite di podcast - che ne racconta la storia, come mai è stata raccontata, grazie alle ricerche e i documenti raccolti da Giorgio Bozzo.  

Da malattia mentale a normalità

Il materiale - raccolto in anni di lavoro - è costituito da interviste ad attivisti e protagonisti di questa storia, alcuni dei quali non più viventi (ad esempio Fernanda Pivano, Massimo Consoli, Enzo Francone, Marco Silombria) e una documentazione ricchissima e perlopiù inedita. Il racconto dei protagonisti e gli interventi di Costantino Della Gherardesca ricostruiscono non solo la storia della militanza LBGT italiana dalla prima associazione per i diritti per gli omosessuali ai giorni nostri, ma una parte della storia e della cultura del Novecento italiano che non è mai stata raccontata con la dovuta attenzione. Non quindi un documentario audio su un ''piccolo mondo antico'', ma la ricostruzione del contesto, del mondo in cui si è combattuta la battaglia per modificare la percezione dell'omosessualità da malattia mentale a normalità.
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