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Home » Lifestyle » I gemelli Matteo e Sofia e la speranza nella ricerca. La mamma: “Vorrei potessero essere autonomi”

I gemelli Matteo e Sofia e la speranza nella ricerca. La mamma: “Vorrei potessero essere autonomi”

Undici anni e una rara patologia ancora senza cura: la muscopolisaccaridosi di Morquio B. Intanto Telethon ha finanziato due progetti per 560mila euro

Linda Meoni
12 Dicembre 2022
Adi, 47 anni, con i figli, i gemelli Matteo e Sofia, 11 anni

Adi, 47 anni, con i figli, i gemelli Matteo e Sofia, 11 anni

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Matteo e Sofia sono gemelli, hanno 11 anni e il loro sorriso racconta un’infanzia felice. Nonostante tutto. “I bambini sanno tutto, ho parlato tantissimo con loro”, spiega mamma Adi. “Sanno ciò che possono e non possono fare“. Lei, 47enne, da 23 anni ha scelto l’Italia come nuova casa. Qui ha incontrato Marco e si sono innamorati. Nel 2008 si sposano. Una vita ordinaria a Serravalle, il lavoro, le condivisioni di coppia. Nel 2010 la notizia più bella: arriveranno due gemelli. Nove mesi più tardi dopo una gravidanza tranquilla ecco venire alla luce i loro figli, un maschio e una femmina.

Sofia e Matteo hanno la muscopolisaccaridosi di Morquio B

Ciò che di più prezioso Adi sta insegnando loro è l’autonomia. Imparare cioè a fare ogni più piccola cosa con le proprie gambe, con le proprie braccia. Anche quando quel corpo che dovrebbe sostenerti non ce la fa più, anche quando le articolazioni vanno dove vogliono e ciò su cui puoi contare è solo la forza della testa e del cuore. “Ed è difficile, incassare tutti questi cazzotti che la vita ti dà. Ma dobbiamo vivere ogni giorno come un giorno da riscrivere. Questo ci è capitato e niente può cambiarlo”. È il 20 maggio 2011 quando nascono e sembrano esserci tutte le premesse per cominciare una vita di gioia piena in quattro. La routine va avanti, i consueti controlli neonatali anche. Poi intorno agli otto mesi dei gemelli qualche spia nel cuore di mamma si accende: Sofi ha qualcosa che non va, la sua postura non è naturale. Parte un groviglio di controlli, analisi. “Stava molto curva quand’era seduta”, ricorda Adi. “Poco dopo ci siamo accorti che pure Matteo aveva come una specie di rialzo sulla schiena. Mi sono ostinata a voler proseguire coi controlli anche quando sembrava che fosse un’ossessione solo mia“. Una mamma lo sa, quando c’è qualcosa di strano, qualcosa che non sembra per niente normale. Lei non si arrende e infine: “è arrivata la visita metabolica e dopo lunghe insistenze, la diagnosi che ufficialmente ha avuto un nome solo ai tre anni dei gemelli: muscopolisaccaridosi di Morquio B. Non solo una patologia rara, ma anche del tipo per il quale non esiste nessuna cura. Prendono antidolorifici al bisogno e vitamina D”.

Prevedere la progressione della malattia è un azzardo. Quel che si sa è che ossa e articolazioni andranno lentamente deformandosi, compromettendo le funzioni motorie. Ma il Morquio colpisce dove e come vuole, causando anche invalidità più o meno gravi, che hanno a che fare con la trachea, la vista, l’udito, il cuore. Una bomba a orologeria che lascia intatto solo lo sviluppo cognitivo. La malattia ha cominciato a manifestarsi con più evidenza intorno agli otto anni.
A pagare il prezzo più alto al momento è Matteo: “Ha bisogno del deambulatore per camminare, a volte la carrozzina, difficilmente sta dritto. L’anca gli sta andando fuori uso. Sofia sta avendo problemi di accumulo sulla retina, non ci vede bene. Intervenire chirurgicamente è rischioso, lo faremo solo quando saranno allo stremo”. Intorno ai gemelli la fortuna di un ambiente sano, gli stessi amici di sempre fin dall’asilo che li hanno accompagnati a oggi, prima media alla secondaria di Casalguidi. I loro interessi sono quanto di più normale possa esistere a quell’età: il ballo per Sofia (“e quando non riesce si arrabbia tantissimo”), le costruzioni, le macchine e i motori per Matteo.

Matteo e Sofia, gemelli di 11 anni convivono con la loro patologia rara per la quale non esiste cura

In questo tempo Adi si è data da fare come ha potuto, è entrata nell’associazione Aimps che raccoglie i malati di Morquio, ha preso i contatti coi dottori migliori, ha seguito corsi per la gestione della mobilità nei disabili. “Come si affronta tutto questo? Io e mio marito lo facciamo in modo diverso, lui molto più proiettato al futuro, io vivo alla giornata. Do tutto il massimo oggi. Io, come i bimbi, vado dallo psicologo. Il mio terrore più grande è pensare a quando io non ci sarò più per loro. Ecco perché insegno loro a far da soli più che possono”.
Per la famiglia di Matteo e Sofia è maturato nel tempo anche un aggancio con Telethon che ha finanziato due progetti di ricerca intorno al Morquio per 560mila euro. “Vorrei solo che la ricerca andasse avanti in qualche modo e che i bambini potessero farsi non dico una maratona, ma una passeggiata, quella sì. E se niente arriverà oggi, che si continui a far ricerca per chi verrà dopo di noi”.

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  • Si chiama Olesya Krivtsova, ha 19 anni ed è russa. Segni particolari: un tatuaggio contro Putin, rischia fino a 10 anni di carcere.

L’adolescente originaria della regione dell’Arkhangelsk (che si trova a nord-ovest della Russia) da alcuni mesi si trova agli arresti domiciliari, nell’appartamento della madre a Severodvinsk. Un dispositivo di localizzazione, che le hanno applicato alla caviglia, ne traccia ogni spostamento: non è autorizzata ad accedere a Internet né a comunicare con l’esterno.

La ragazza è stata definita terrorista ed estremista e messa sullo stesso piano di talebani e appartenenti a Isis e al Qaeda. La sua colpa? Aver condiviso su Instagram una storia sull’esplosione del ponte di Crimea in ottobre scorso, criticando la Russia per aver invaso l’Ucraina. La studentessa Krivtsova, secondo quanto riporta la Cnn, “sta anche affrontando accuse penali per aver screditato l’esercito russo in un presunto repost critico della guerra in una chat studentesca sul social network russo Vk”. 

Le posizioni dell’allieva della scuola di scienze sociali dell’Università federale dell’Artico (Narfu) in merito all’invasione della Russia in Ucraina sono ben chiare, tanto che la giovane si è tatuata sulla caviglia la faccia del presidente russo Vladimir Putin su un corpo di un ragno. Accanto, la parole “il Grande Fratello ti sta guardando”.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #russia
Matteo e Sofia sono gemelli, hanno 11 anni e il loro sorriso racconta un'infanzia felice. Nonostante tutto. "I bambini sanno tutto, ho parlato tantissimo con loro", spiega mamma Adi. "Sanno ciò che possono e non possono fare". Lei, 47enne, da 23 anni ha scelto l’Italia come nuova casa. Qui ha incontrato Marco e si sono innamorati. Nel 2008 si sposano. Una vita ordinaria a Serravalle, il lavoro, le condivisioni di coppia. Nel 2010 la notizia più bella: arriveranno due gemelli. Nove mesi più tardi dopo una gravidanza tranquilla ecco venire alla luce i loro figli, un maschio e una femmina.
Sofia e Matteo hanno la muscopolisaccaridosi di Morquio B
Ciò che di più prezioso Adi sta insegnando loro è l’autonomia. Imparare cioè a fare ogni più piccola cosa con le proprie gambe, con le proprie braccia. Anche quando quel corpo che dovrebbe sostenerti non ce la fa più, anche quando le articolazioni vanno dove vogliono e ciò su cui puoi contare è solo la forza della testa e del cuore. "Ed è difficile, incassare tutti questi cazzotti che la vita ti dà. Ma dobbiamo vivere ogni giorno come un giorno da riscrivere. Questo ci è capitato e niente può cambiarlo". È il 20 maggio 2011 quando nascono e sembrano esserci tutte le premesse per cominciare una vita di gioia piena in quattro. La routine va avanti, i consueti controlli neonatali anche. Poi intorno agli otto mesi dei gemelli qualche spia nel cuore di mamma si accende: Sofi ha qualcosa che non va, la sua postura non è naturale. Parte un groviglio di controlli, analisi. "Stava molto curva quand’era seduta", ricorda Adi. "Poco dopo ci siamo accorti che pure Matteo aveva come una specie di rialzo sulla schiena. Mi sono ostinata a voler proseguire coi controlli anche quando sembrava che fosse un’ossessione solo mia". Una mamma lo sa, quando c'è qualcosa di strano, qualcosa che non sembra per niente normale. Lei non si arrende e infine: "è arrivata la visita metabolica e dopo lunghe insistenze, la diagnosi che ufficialmente ha avuto un nome solo ai tre anni dei gemelli: muscopolisaccaridosi di Morquio B. Non solo una patologia rara, ma anche del tipo per il quale non esiste nessuna cura. Prendono antidolorifici al bisogno e vitamina D". Prevedere la progressione della malattia è un azzardo. Quel che si sa è che ossa e articolazioni andranno lentamente deformandosi, compromettendo le funzioni motorie. Ma il Morquio colpisce dove e come vuole, causando anche invalidità più o meno gravi, che hanno a che fare con la trachea, la vista, l’udito, il cuore. Una bomba a orologeria che lascia intatto solo lo sviluppo cognitivo. La malattia ha cominciato a manifestarsi con più evidenza intorno agli otto anni. A pagare il prezzo più alto al momento è Matteo: "Ha bisogno del deambulatore per camminare, a volte la carrozzina, difficilmente sta dritto. L’anca gli sta andando fuori uso. Sofia sta avendo problemi di accumulo sulla retina, non ci vede bene. Intervenire chirurgicamente è rischioso, lo faremo solo quando saranno allo stremo". Intorno ai gemelli la fortuna di un ambiente sano, gli stessi amici di sempre fin dall’asilo che li hanno accompagnati a oggi, prima media alla secondaria di Casalguidi. I loro interessi sono quanto di più normale possa esistere a quell’età: il ballo per Sofia ("e quando non riesce si arrabbia tantissimo"), le costruzioni, le macchine e i motori per Matteo.
Matteo e Sofia, gemelli di 11 anni convivono con la loro patologia rara per la quale non esiste cura
In questo tempo Adi si è data da fare come ha potuto, è entrata nell’associazione Aimps che raccoglie i malati di Morquio, ha preso i contatti coi dottori migliori, ha seguito corsi per la gestione della mobilità nei disabili. "Come si affronta tutto questo? Io e mio marito lo facciamo in modo diverso, lui molto più proiettato al futuro, io vivo alla giornata. Do tutto il massimo oggi. Io, come i bimbi, vado dallo psicologo. Il mio terrore più grande è pensare a quando io non ci sarò più per loro. Ecco perché insegno loro a far da soli più che possono". Per la famiglia di Matteo e Sofia è maturato nel tempo anche un aggancio con Telethon che ha finanziato due progetti di ricerca intorno al Morquio per 560mila euro. "Vorrei solo che la ricerca andasse avanti in qualche modo e che i bambini potessero farsi non dico una maratona, ma una passeggiata, quella sì. E se niente arriverà oggi, che si continui a far ricerca per chi verrà dopo di noi".
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