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Home » Lifestyle » “Io, influencer e modella in sedia a rotelle: dal bullismo di una prof al red carpet di Venezia, Chiedo rispetto, non compatimento”

“Io, influencer e modella in sedia a rotelle: dal bullismo di una prof al red carpet di Venezia, Chiedo rispetto, non compatimento”

Affetta da una malattia congenita, famiglia numerosa, Benedetta De Luca, 34 anni, campana è fra le prime modelle in carrozzina o con stampelle in Italia. Paladina dei disabili che spera di assistere come avvocata, disegna e indossa capi, sogna di "scrivere l'autobiografia e di sposare presto il fidanzato"

Loredana Del Ninno
10 Ottobre 2021
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Un ciclone biondo. Benedetta De Luca, 34 anni il prossimo dicembre, modella e influencer, è affetta da agenesia del sacro, malformazione congenita che la obbliga a utilizzare stampelle e sedia a rotelle. Lunghe chiome e fisico da pin-up, Benedetta, origini salernitane,  non va a caccia di sconti. “Detesto chi tratta noi disabili con commiserazione – premette -. Non mi sono mai arresa alle difficoltà. Per me la distanza tra i sogni e realtà si chiama azione”.

 

Benedetta neonata

Il suo è stato un percorso in salita

“Ho una famiglia meravigliosa, che non mi ha mai fatto sentire diversa e mi ha regalato un’infanzia serena, nonostante la malattia. Una partenza fortunata, lo ammetto, purtroppo per molti non è così. Crescendo però mi sono dovuta confrontare con il mondo esterno, spesso impreparato a fronteggiare la disabilità, sia da un punto di vista materiale che psicologico. Ho sfidato barriere non solo architettoniche. Più di una volta sono stata oggetto di compatimento, subendo frasi del tipo: ‘sei talmente bella, che peccato…’ Atteggiamenti pietistici che trovo del tutto fuori luogo”.

 

Qual è secondo lei il modo giusto di porsi?

“Credo possa essere sintetizzato dalle parole normalità e rispetto”.

 

La persona a cui è più grata in assoluto?

“Sicuramente mia madre. Mi ha sempre spronato a credere che la malattia non fosse un ostacolo, che avrei potuto fare tutto. Lei è stata la guerriera numero uno. A un certo punto però mi ha ‘scaricato‘. “Ti ho dato un bel paio di ali – mi disse-  ora devi volare da sola”.

 

All’ultimo festival del cinema di Venezia ha sfilato sul red carpet, portando la disabilità in passerella. Quali emozioni?

“Ho respirato un’atmosfera meravigliosa, ero al settimo cielo. C’erano modelle altissime e bellissime. Temevo che nessun fotografo si sarebbe interessato a me. I fatti mi hanno smentito e allora ho capito che forse – finalmente – la società sta diventando sempre più inclusiva e meno legata a stereotipi sulla bellezza“.

 

Benedetta, nel giorno della laurea in Giurisprudenza

Lei si batte da anni per i diritti dei disabili.

“Al tema ho dedicato anche la mia tesi. Sono laureata in Giurisprudenza e sto sostenendo l’esame per diventare avvocato. Le ingiustizie proprio non le sopporto”.

 

È mai stata bullizzata?

“Sì e tutto è incredibilmente partito da un’insegnante. Ricordo che mi esclusero da una gita riservata agli studenti più meritevoli – io ero tra quelli – perché la destinazione non era priva di barriere architettoniche. Allora protestai con la professoressa che mi disse: “De Luca, devi cominciare a capire che ci sono cose che non potrai mai fare”. I miei compagni si sentirono così legittimati a sostenere quel punto di vista e nessuno mi difese. Fu terribile.”

 

Nel 2014 ha preso parte a un reality riservato ai diversamente abili.

“Era una produzione spagnola ambientata a Tenerife. Una specie di Grande Fratello con tante prove da superare. Eravamo un gruppo stupendo e molto solidale. La concorrente con cui ho legato di più era una ragazza priva di un arto. Ricordo che ironizzavamo sulla nostra condizione: lei mi diceva ‘tu sì che sei in gamba’ e io ribattevo: vieni qui che ti do una mano. Sono arrivata seconda, perché ho perso la gara di cucina. Purtroppo non so fare neanche una pasta al tonno!”.

Benedetta De Luca col fidanzato

 

Forse è bene che si attrezzi in vista dei fiori d’arancio.

(Ride) “Sì, sogno di indossare presto l’abito bianco. Sono innamoratissima del mio fidanzato, conosciuto grazie ad amici comuni. Mi ha chiesto di uscire facendomi recapitare un mazzo di rose rosse mentre ero dal parrucchiere. Un gesto d’altri tempi che mi ha conquistata”.

 

A proposito di vestiti, lei ha disegnato anche abiti per disabili.

Benedetta De Luca

“Nella nostra condizione non è sempre facile essere eleganti perché gli abiti devono poter essere indossati comodamente. Ma non mi sembra giusto dover rinunciare alla moda e quindi ho ideato alcuni modelli. Sono anche ambasciatrice di un’azienda di prodotti per la cura del corpo che ha impostato la campagna pubblicitaria sull’inclusività. Sa che secondo le ricerche di mercato il 70% dei consumatori apprezza questo tipo di scelta? Non credo sia soltanto più una questione di mission sociale ma una potenziale strategia di sviluppo economico”.

 

Un sogno nel cassetto?

“Ho scritto un libro dove racconto la mia storia e do consigli su come lavorare sulla propria autostima. Vorrei trovare un editore interessato a pubblicarlo”.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Un ciclone biondo. Benedetta De Luca, 34 anni il prossimo dicembre, modella e influencer, è affetta da agenesia del sacro, malformazione congenita che la obbliga a utilizzare stampelle e sedia a rotelle. Lunghe chiome e fisico da pin-up, Benedetta, origini salernitane,  non va a caccia di sconti. “Detesto chi tratta noi disabili con commiserazione – premette -. Non mi sono mai arresa alle difficoltà. Per me la distanza tra i sogni e realtà si chiama azione”.  
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Il suo è stato un percorso in salita "Ho una famiglia meravigliosa, che non mi ha mai fatto sentire diversa e mi ha regalato un'infanzia serena, nonostante la malattia. Una partenza fortunata, lo ammetto, purtroppo per molti non è così. Crescendo però mi sono dovuta confrontare con il mondo esterno, spesso impreparato a fronteggiare la disabilità, sia da un punto di vista materiale che psicologico. Ho sfidato barriere non solo architettoniche. Più di una volta sono stata oggetto di compatimento, subendo frasi del tipo: 'sei talmente bella, che peccato...' Atteggiamenti pietistici che trovo del tutto fuori luogo".   Qual è secondo lei il modo giusto di porsi? "Credo possa essere sintetizzato dalle parole normalità e rispetto".   La persona a cui è più grata in assoluto? "Sicuramente mia madre. Mi ha sempre spronato a credere che la malattia non fosse un ostacolo, che avrei potuto fare tutto. Lei è stata la guerriera numero uno. A un certo punto però mi ha 'scaricato'. "Ti ho dato un bel paio di ali - mi disse-  ora devi volare da sola".   All'ultimo festival del cinema di Venezia ha sfilato sul red carpet, portando la disabilità in passerella. Quali emozioni? "Ho respirato un'atmosfera meravigliosa, ero al settimo cielo. C'erano modelle altissime e bellissime. Temevo che nessun fotografo si sarebbe interessato a me. I fatti mi hanno smentito e allora ho capito che forse - finalmente - la società sta diventando sempre più inclusiva e meno legata a stereotipi sulla bellezza".  
Benedetta, nel giorno della laurea in Giurisprudenza

Lei si batte da anni per i diritti dei disabili.

"Al tema ho dedicato anche la mia tesi. Sono laureata in Giurisprudenza e sto sostenendo l'esame per diventare avvocato. Le ingiustizie proprio non le sopporto".  

È mai stata bullizzata?

"Sì e tutto è incredibilmente partito da un'insegnante. Ricordo che mi esclusero da una gita riservata agli studenti più meritevoli - io ero tra quelli - perché la destinazione non era priva di barriere architettoniche. Allora protestai con la professoressa che mi disse: “De Luca, devi cominciare a capire che ci sono cose che non potrai mai fare”. I miei compagni si sentirono così legittimati a sostenere quel punto di vista e nessuno mi difese. Fu terribile."   Nel 2014 ha preso parte a un reality riservato ai diversamente abili. "Era una produzione spagnola ambientata a Tenerife. Una specie di Grande Fratello con tante prove da superare. Eravamo un gruppo stupendo e molto solidale. La concorrente con cui ho legato di più era una ragazza priva di un arto. Ricordo che ironizzavamo sulla nostra condizione: lei mi diceva 'tu sì che sei in gamba' e io ribattevo: vieni qui che ti do una mano. Sono arrivata seconda, perché ho perso la gara di cucina. Purtroppo non so fare neanche una pasta al tonno!".
Benedetta De Luca col fidanzato
  Forse è bene che si attrezzi in vista dei fiori d'arancio. (Ride) "Sì, sogno di indossare presto l'abito bianco. Sono innamoratissima del mio fidanzato, conosciuto grazie ad amici comuni. Mi ha chiesto di uscire facendomi recapitare un mazzo di rose rosse mentre ero dal parrucchiere. Un gesto d'altri tempi che mi ha conquistata".   A proposito di vestiti, lei ha disegnato anche abiti per disabili.
Benedetta De Luca

"Nella nostra condizione non è sempre facile essere eleganti perché gli abiti devono poter essere indossati comodamente. Ma non mi sembra giusto dover rinunciare alla moda e quindi ho ideato alcuni modelli. Sono anche ambasciatrice di un'azienda di prodotti per la cura del corpo che ha impostato la campagna pubblicitaria sull'inclusività. Sa che secondo le ricerche di mercato il 70% dei consumatori apprezza questo tipo di scelta? Non credo sia soltanto più una questione di mission sociale ma una potenziale strategia di sviluppo economico".

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