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Home » Lifestyle » “Jihadista e antisemita”: un videogioco riaccende i malumori tra palestinesi e israeliani

“Jihadista e antisemita”: un videogioco riaccende i malumori tra palestinesi e israeliani

Il gioco di ruolo "I cavalieri della moschea di al-Aqsa", disponibile su Steam, è stato

Domenico Guarino
15 Febbraio 2022
Teenager playing games on PC

Teenager playing games on PC

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Jihadista, anti-israeliano, ‘sostegno al terrorismo e alla lotta armata’: tranquilli (si fa per dire…), non stiamo parlando di un gruppo eversivo ma di un videogioco. Contro I cavalieri della moschea di al-Aqsa – scaricabile da internet anche in Italia, e disponibile da dicembre su Steam, la più grande piattaforma mondiale di giochi in streaming–, per rimanere nel linguaggio bellico, si è scatenata una vera e propria ‘guerra di posizione’. Nella quale è sceso in campo direttamente lo stato di Israele, con numerose associazioni, mentre in Italia, dove la questione è arrivata fino alla Camera dei Deputati, sin dall’ottobre scorso a segnalare il videogame era stato l’Osservatorio antisemitismo.

Le Associazioni Italia-Israele di Asti, Savona e Reggio Calabria hanno sporto denuncia ufficiale contro il videogame

La denuncia: “Finalità di terrorismo e apologia della Shoah”

Recentemente invece, le Associazioni Italia-Israele di Asti, Savona e Reggio Calabria hanno presentato una formale denuncia per “atti di violenza con finalità di terrorismo, apologia di delitti aggravata dall’utilizzo di strumenti informatici, ed istigazione alla violenza per motivi razziali“, con l’aggravante – così nella denuncia presentata in tribunale – “dell’apologia della Shoah“. La denuncia è contro Nidal Nijm, uno sviluppatore brasiliano di 37 anni, figlio di un ex militante di Al Fatah che si è ritirato in Sudamerica dopo la guerra in Libano del 1982, i suoi colleghi, i produttori del videogioco, nonché la piattaforma che lo distribuisce ed i network che lo diffondono online.

A presentare l’interrogazione alla Camera è stato Andrea Giaccone (Lega), che si è rivolto al presidente del Consiglio Mario Draghi e al ministro degli Interni Luciana Lamorgese, per chiedere “quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, anche normative e con la massima urgenza, per arginare la distribuzione del videogioco”. La polemica è servita. E che polemica!

Il videogioco I cavalieri della moschea di al-Aqsa

I cavalieri della moschea di al-Aqsa sfrutta tutte le potenzialità di Unreal Engine, un motore grafico sviluppato da Epic Games. Il prodotto finale è molto esplicito, tra veri e propri assalti, con immagini realistiche di esplosioni, ferite mortali, sangue, e continui e riferimenti alla causa della lotta armata palestinese contro lo Stato ebraico. Del resto, l’obiettivo principale del gioco è l’uccisione del maggior numero possibile di agenti e soldati israeliani. Il giocatore veste i panni di Ahmad al Falastini, che non ha altro in mente se non vendicarsi dello Stato ebraico per la morte della sua famiglia e per 5 anni di carcere e torture subite. Ahmad ha a disposizione un vasto campionario di armi, che spaziano dai fucili a ripetizione ai coltelli, ma anche granate e razzi.

Il gamer veste i panni di Ahmad al Falastini, che vuole vendicarsi dello Stato ebraico per la morte della sua famiglia e per 5 anni di carcere e torture subite

E come se non bastasse, riferisce Giaccone, “ad ogni colpo inferto alla vittima segnata con una vistosa stella di David, in una crescente furia omicida, il giocatore sente un coro di voci gridare ‘Allahu akbar!’ (‘Allah è grande!’), e ad ogni assassinio di israeliani il giocatore è premiato ed esaltato come ‘eroe della jihad’. Quando invece il giocatore muore colpito dal soldato israeliano, viene lodato come ‘glorioso martire della jihad‘ ed anche sua madre viene glorificata come la ‘donna che ha partorito tale martire'”.

La replica dello sviluppatore: “Non c’è antisemitismo”

“Il gioco non è in alcun modo discriminatorio o antisemita“, ha dichiarato il suo sviluppatore, “in questo gioco non si spara a civili, a donne, bambini o anziani, ma solo ai soldati. La trama di questo gioco è una storia fittizia ispirata a fatti reali. Contiene soltanto la rappresentazione virtuale del movimento di resistenza palestinese contro l’occupazione”. Parole che quasi associano al gioco una valenza didattica. Per Giaccone invece “il gioco, nell’esaltare gli attacchi terroristici contro Israele attraverso i violentissimi messaggi antisemiti che contiene, legittima e incoraggia l’odio tra popoli in base ad una visione politico-religiosa fanatica e intollerante”. Per questo, secondo il deputato della Lega, questo titolo va bloccato, “anche con riguardo ad una eventuale pianificazione di matrice jiadista”.

Al-Aqsa è la più grande moschea di Gerusalemme

La moschea di Gerusalemme

Il nome del game “Cavalieri di al-Aqsa” deriva probabilmente dalla moschea Al-Aqsa – la più grande moschea di Gerusalemme – tra gli edifici religiosi di Gerusalemme, e noto anche come “Monte Majid” da parte dei musulmani, Har ha-Bayit – Monte del Tempio – dagli ebrei, e Tempio di Salomone dai cristiani. Al-Aqsa è situata in un territorio governato da Israele da quando è stato occupato nel 1967, ma rivendicato storicamente dai palestinesi. Insomma, la battaglia è aperta. E questa volta non si tratta solo di un videogioco.

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Jihadista, anti-israeliano, ‘sostegno al terrorismo e alla lotta armata’: tranquilli (si fa per dire…), non stiamo parlando di un gruppo eversivo ma di un videogioco. Contro I cavalieri della moschea di al-Aqsa – scaricabile da internet anche in Italia, e disponibile da dicembre su Steam, la più grande piattaforma mondiale di giochi in streaming–, per rimanere nel linguaggio bellico, si è scatenata una vera e propria ‘guerra di posizione’. Nella quale è sceso in campo direttamente lo stato di Israele, con numerose associazioni, mentre in Italia, dove la questione è arrivata fino alla Camera dei Deputati, sin dall'ottobre scorso a segnalare il videogame era stato l'Osservatorio antisemitismo.
Le Associazioni Italia-Israele di Asti, Savona e Reggio Calabria hanno sporto denuncia ufficiale contro il videogame

La denuncia: "Finalità di terrorismo e apologia della Shoah"

Recentemente invece, le Associazioni Italia-Israele di Asti, Savona e Reggio Calabria hanno presentato una formale denuncia per "atti di violenza con finalità di terrorismo, apologia di delitti aggravata dall'utilizzo di strumenti informatici, ed istigazione alla violenza per motivi razziali", con l'aggravante – così nella denuncia presentata in tribunale – "dell'apologia della Shoah". La denuncia è contro Nidal Nijm, uno sviluppatore brasiliano di 37 anni, figlio di un ex militante di Al Fatah che si è ritirato in Sudamerica dopo la guerra in Libano del 1982, i suoi colleghi, i produttori del videogioco, nonché la piattaforma che lo distribuisce ed i network che lo diffondono online. A presentare l’interrogazione alla Camera è stato Andrea Giaccone (Lega), che si è rivolto al presidente del Consiglio Mario Draghi e al ministro degli Interni Luciana Lamorgese, per chiedere "quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, anche normative e con la massima urgenza, per arginare la distribuzione del videogioco". La polemica è servita. E che polemica!

Il videogioco I cavalieri della moschea di al-Aqsa

I cavalieri della moschea di al-Aqsa sfrutta tutte le potenzialità di Unreal Engine, un motore grafico sviluppato da Epic Games. Il prodotto finale è molto esplicito, tra veri e propri assalti, con immagini realistiche di esplosioni, ferite mortali, sangue, e continui e riferimenti alla causa della lotta armata palestinese contro lo Stato ebraico. Del resto, l’obiettivo principale del gioco è l'uccisione del maggior numero possibile di agenti e soldati israeliani. Il giocatore veste i panni di Ahmad al Falastini, che non ha altro in mente se non vendicarsi dello Stato ebraico per la morte della sua famiglia e per 5 anni di carcere e torture subite. Ahmad ha a disposizione un vasto campionario di armi, che spaziano dai fucili a ripetizione ai coltelli, ma anche granate e razzi.
Il gamer veste i panni di Ahmad al Falastini, che vuole vendicarsi dello Stato ebraico per la morte della sua famiglia e per 5 anni di carcere e torture subite
E come se non bastasse, riferisce Giaccone, "ad ogni colpo inferto alla vittima segnata con una vistosa stella di David, in una crescente furia omicida, il giocatore sente un coro di voci gridare 'Allahu akbar!' ('Allah è grande!'), e ad ogni assassinio di israeliani il giocatore è premiato ed esaltato come 'eroe della jihad'. Quando invece il giocatore muore colpito dal soldato israeliano, viene lodato come 'glorioso martire della jihad' ed anche sua madre viene glorificata come la 'donna che ha partorito tale martire'".

La replica dello sviluppatore: "Non c'è antisemitismo"

"Il gioco non è in alcun modo discriminatorio o antisemita", ha dichiarato il suo sviluppatore, "in questo gioco non si spara a civili, a donne, bambini o anziani, ma solo ai soldati. La trama di questo gioco è una storia fittizia ispirata a fatti reali. Contiene soltanto la rappresentazione virtuale del movimento di resistenza palestinese contro l'occupazione". Parole che quasi associano al gioco una valenza didattica. Per Giaccone invece "il gioco, nell'esaltare gli attacchi terroristici contro Israele attraverso i violentissimi messaggi antisemiti che contiene, legittima e incoraggia l'odio tra popoli in base ad una visione politico-religiosa fanatica e intollerante". Per questo, secondo il deputato della Lega, questo titolo va bloccato, "anche con riguardo ad una eventuale pianificazione di matrice jiadista".
Al-Aqsa è la più grande moschea di Gerusalemme

La moschea di Gerusalemme

Il nome del game “Cavalieri di al-Aqsa” deriva probabilmente dalla moschea Al-Aqsa – la più grande moschea di Gerusalemme – tra gli edifici religiosi di Gerusalemme, e noto anche come "Monte Majid" da parte dei musulmani, Har ha-Bayit – Monte del Tempio – dagli ebrei, e Tempio di Salomone dai cristiani. Al-Aqsa è situata in un territorio governato da Israele da quando è stato occupato nel 1967, ma rivendicato storicamente dai palestinesi. Insomma, la battaglia è aperta. E questa volta non si tratta solo di un videogioco.
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