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Home » Lifestyle » La 28enne bolognese Virginia Stagni guida la rivoluzione del Financial Times per traghettare l’editoria nel futuro

La 28enne bolognese Virginia Stagni guida la rivoluzione del Financial Times per traghettare l’editoria nel futuro

È nata e cresciuta tra i giornali: da quelli che portavano a casa i genitori, entrambi dipendenti di un'agenzia di stampa, al quotidiano inglese dove è entrata ancora giovanissima. Un libro già pubblicato, il progetto il progetto Financial Times (FT)Talent Challenge e il sogno della laurea in Filosofia per costruirsi una strada verso il futuro

Sofia Francioni
21 Ottobre 2021
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S’ispira al mondo dell’umanesimo e degli autori classici per tracciare le strade future dell’editoria. Virginia Stagni è la più giovane business development manager in oltre 130 di anni di storia del quotidiano inglese Financial Times ed ha appena compiuto 28 anni (l’avevamo intervistata qualche mese fa, leggi qui). Bolognese doc, già al liceo leggeva decine di quotidiani prima di entrare in classe: più che figlia d’arte, infatti, potremmo definirla figlia dell’inchiostro e della carta stampata. Il giornale, a casa sua, è infatti una tradizione di famiglia: i suoi genitori lavoravano per una piccola agenzia stampa e Virginia per anni ha seguito il flusso delle notizie all’alba con loro: “Papà caricava la macchina di giornali alle cinque di mattina e li portava a casa per scrivere i comunicati e passare in rassegna tutte le notizie”, racconta. Già nella lista Forbes Under 30 e Fortune under 40, la giovane bolognese ha varcato le soglie del mentre terminava il master alla London School of Economics. Le sue idee e la sua intraprendenza, intrise di cultura umanistica, hanno fatto segno e così la testata le ha dato la possibilità di metterle in pratica, inventando nuovi modelli di sviluppo nel settore dell’editoria, in crisi da anni. Per Virginia il futuro delle notizie è di fronte a un aut aut: “I dati sono il maggior catalizzatore del cambiamento ma bisogna saperli leggere – spiega -. Il peccato originale è stato offrire tutti i contenuti gratis, bisogna cambiare il modello puntare sull’autorevolezza dell’informazione. Se vuoi il giornalismo di qualità, lo paghi”.
Tra le sue idee, il progetto Financial Times (FT)Talent Challenge, un incubatore dove gli studenti di tutto il mondo cercano soluzioni e nuovi progetti per il mondo dei media. Alla fine, spiega, “è la storia del mio percorso. Ho scritto una mail a Jon Slade, chief financial officer del Financial Times e ho avuto la fortuna che mi rispondesse. Molti non avrebbero osato, io l’ho fatto: per questo voglio che questa sia una porta aperta”. Il suo primo libro, “Dreamers who do: intrapreneurship and innovation in the media world (Egea)”, presentato il 21 ottobre alla Bocconi di Milano, si apre con l’allegoria della caverna di Platone, come metafora delle fake news. Un saggio, per ora solo in inglese, che guida i lettori tra i businessman del passato, da Vitruvio a Steve Jobs, e che inquadra l’analisi del futuro dell’editoria con le teorie del Caos e della Rete. “Le aziende editoriali hanno bisogno di firme ma anche di intrapreneurs, innovatori attenti, curiosi e irriverenti, manager umanisti che lavorino non solo sui conti ma sui valori e sviluppino caratteristiche come l’empatia e l’adattabilità”. Per Virginia infatti, il futuro del giornalismo -come si legge dalla presentazione del suo libro- “ora più che mai deve trasformarsi in un’entità affidabile e sensata, rappresentativa della nostra società“. Laureata all’università Bocconi di Milano in Economia Management per Arte, Cultura e Spettacolo, adesso però sogna di prendersi una pausa e laurearsi in Filosofia: “Tutte le intuizioni dei pensatori sono una miniera, in quei libri si trovano tante risposte”. Tra cui quella di Annibale, che riporta nel suo libro e che continua ad affascinarla: “Troverò una strada. Oppure ne costruirò una”.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
S'ispira al mondo dell'umanesimo e degli autori classici per tracciare le strade future dell'editoria. Virginia Stagni è la più giovane business development manager in oltre 130 di anni di storia del quotidiano inglese Financial Times ed ha appena compiuto 28 anni (l'avevamo intervistata qualche mese fa, leggi qui). Bolognese doc, già al liceo leggeva decine di quotidiani prima di entrare in classe: più che figlia d’arte, infatti, potremmo definirla figlia dell’inchiostro e della carta stampata. Il giornale, a casa sua, è infatti una tradizione di famiglia: i suoi genitori lavoravano per una piccola agenzia stampa e Virginia per anni ha seguito il flusso delle notizie all'alba con loro: "Papà caricava la macchina di giornali alle cinque di mattina e li portava a casa per scrivere i comunicati e passare in rassegna tutte le notizie", racconta. Già nella lista Forbes Under 30 e Fortune under 40, la giovane bolognese ha varcato le soglie del mentre terminava il master alla London School of Economics. Le sue idee e la sua intraprendenza, intrise di cultura umanistica, hanno fatto segno e così la testata le ha dato la possibilità di metterle in pratica, inventando nuovi modelli di sviluppo nel settore dell’editoria, in crisi da anni. Per Virginia il futuro delle notizie è di fronte a un aut aut: "I dati sono il maggior catalizzatore del cambiamento ma bisogna saperli leggere - spiega -. Il peccato originale è stato offrire tutti i contenuti gratis, bisogna cambiare il modello puntare sull'autorevolezza dell'informazione. Se vuoi il giornalismo di qualità, lo paghi". Tra le sue idee, il progetto Financial Times (FT)Talent Challenge, un incubatore dove gli studenti di tutto il mondo cercano soluzioni e nuovi progetti per il mondo dei media. Alla fine, spiega, "è la storia del mio percorso. Ho scritto una mail a Jon Slade, chief financial officer del Financial Times e ho avuto la fortuna che mi rispondesse. Molti non avrebbero osato, io l'ho fatto: per questo voglio che questa sia una porta aperta". Il suo primo libro, "Dreamers who do: intrapreneurship and innovation in the media world (Egea)", presentato il 21 ottobre alla Bocconi di Milano, si apre con l'allegoria della caverna di Platone, come metafora delle fake news. Un saggio, per ora solo in inglese, che guida i lettori tra i businessman del passato, da Vitruvio a Steve Jobs, e che inquadra l’analisi del futuro dell’editoria con le teorie del Caos e della Rete. "Le aziende editoriali hanno bisogno di firme ma anche di intrapreneurs, innovatori attenti, curiosi e irriverenti, manager umanisti che lavorino non solo sui conti ma sui valori e sviluppino caratteristiche come l'empatia e l'adattabilità". Per Virginia infatti, il futuro del giornalismo -come si legge dalla presentazione del suo libro- "ora più che mai deve trasformarsi in un'entità affidabile e sensata, rappresentativa della nostra società". Laureata all’università Bocconi di Milano in Economia Management per Arte, Cultura e Spettacolo, adesso però sogna di prendersi una pausa e laurearsi in Filosofia: "Tutte le intuizioni dei pensatori sono una miniera, in quei libri si trovano tante risposte". Tra cui quella di Annibale, che riporta nel suo libro e che continua ad affascinarla: "Troverò una strada. Oppure ne costruirò una”.
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