Ad appena 3 anni e mezzo, Vincenzo comunica ai genitori il desiderio di indossare vestiti e gonne. Alla richiesta viene inizialmente, quanto inevitabilmente, dato poco peso, come se fosse un gioco… Ma 6 anni e mezzo dopo Vincenzo fa un coming out più deciso, chiede di potersi chiamare Gemma e di indossare un costume femminile alle lezioni di danza, che condivide con le due sorelle maggiori. Pochi giorni fa, grazie anche alla comprensione e disponibilità della sua insegnante di danza, ha vissuto il suo momento di gloria, esibendosi in un saggio-spettacolo di fine anno costruito su misura, con una coreografia che racconta la sua storia. La danza, si sa, può essere di grande aiuto per costruire la propria identità, perché è prima di tutto libertà di espressione, oltre che creatività e tecnica. Una rinascita vera e propria, il racconto davanti al pubblico del suo percorso di transizione di genere, transgender, e delle numerose difficoltà di rivelarsi, di uscire da una ‘gabbia’, per librarsi finalmente in un’altra dimensione. Il suo ‘no’ al nome, al genere maschile, è ormai definitivo. A scuola, ha chiesto e ottenuto di potersi chiamare Emma, così come in società. Fondamentale è stato il supporto della famiglia che, a un certo punto, ha capito che non si trattava di un gioco, malgrado la giovanissima età.
"Gli anni di pandemia sono stati decisivi per mia figlia – racconta la madre Valentina –. La riflessione è diventata sempre più profonda e, con sofferenza, lo scorso ottobre, è riuscita a parlarci di ciò che davvero le stava a cuore. Le prime sostenitrici sono state proprio le sorelle, più aperte e predisposte mentalmente su questa tematica. Noi genitori ancora pensavano a una latente omosessualità, ma non era così: per nostra figlia la propria identità di genere non coincideva con il sesso assegnatole alla nascita". I primi tempi non sono stati facili, per certi aspetti è stato come elaborare un lutto perché Emma volava cancellare tutto il suo passato, buttando via foto e vestiti. La famiglia si è rivolta a medici specialisti ed Emma ora è seguita dall’istituto Careggi di Firenze, l’unico in Italia che segue i bambini nella transizione di genere. A scuola è stata richiesta la ‘transizione sociale'. "A chi tuttora continua a ripeterci – conclude Valentina – che avremmo dovuto insistere e iscriverla a calcio, dico con fermezza: i figli vanno ascoltati, è giusto che vivano la loro vita, quella più congeniale al loro sentire, perché tutti meritiamo di essere felici. Ed è anche per aiutare i tanti bambini e ragazzini che possono riconoscersi in questa situazione che abbiamo deciso, insieme, di raccontare questa storia. Affinché non ci si debba più vergognare, ma semplicemente scegliere il percorso di vita migliore".
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