Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Lifestyle » Miriam Margolyes, la professoressa Sprite di Harry Potter, a 81 anni va al primo Pride

Miriam Margolyes, la professoressa Sprite di Harry Potter, a 81 anni va al primo Pride

L'attrice, apertamente lesbica, ha sfilato alla parata dell'orgoglio a Hobart, capitale della Tasmania, e ha raccontato il suo percorso di coming out

Marianna Grazi
30 Luglio 2022
Miriam Margolyes

Miriam Margolyes

Share on FacebookShare on Twitter

Vi ricordate la simpatica, paffutella professoressa Sprite, l’insegnante di Erbologia nella saga di Harry Potter? Quella delle Mandragole, per intenderci, o del Tranello del Diavolo. L’attrice che interpreta la docente a capo della casa di Tassorosso, Miriam Margolyes, 81 anni, qualche giorno fa ha partecipato ad una parata dell’orgoglio Lgbtq+. La prima della sua vita, nonostante si sia dichiarata lesbica quando era appena adolescente.

L’omofobia e la discriminazioni

Miriam Margolyes, 81 anni, torna in tv con la docuserie ‘Australia Unmasked‘, in cui la si vede nel primo episodio partecipare al Pride di Hobart, Tasmania

Dopo aver ricevuto elogi per il film ‘Almost Australian‘, l’attrice torna sugli schermi televisivi con la sua nuova docuserie ‘Australia Unmasked‘, in onda sulla ABC. Il primo episodio vede la Margolyes partecipare al suo primo Pride, a Hobart, capitale dello stato australiano della Tasmania, insieme al famoso attivista Lgbtq+ Rodney Croome. “È stato un privilegio vedere Miriam Margolyes evidenziare come la Tasmania sia passata dal peggio al meglio in materia di diritti umani LGBTIQA+“, ha twittato Croome dopo la messa in onda dell’episodio. La Tasmania è stata l’ultimo Stato australiano a depenalizzare l’omosessualità. Come si racconta nella serie, che documenta ciò che è realmente accaduto, “Il livello di discriminazione nei confronti delle persone omosessuali era inimmaginabile. Quando stavano cercando di depenalizzare l’omosessualità, c’erano grandi manifestazioni anti-gay a Ulverstone – ha raccontato l’attivista -. Alla fine degli anni Ottanta, centinaia di persone sono arrivate da ogni dove nel centro civico per protestare contro le persone Lgbtq+ e gli oratori incitavano la folla a livelli di odio ancora più elevati. La folla gridava ‘Uccideteli! Uccideteli!“, aggiunge.

“Sono ammirata dal modo in cui gli attivisti Lgbtq+ sono rimasti e hanno continuato a lottare”, dice l’attrice mentre passa in rassegna alcuni filmati “veramente scioccanti” dei raduni anti-gay degli anni Ottanta. L’omofobia non era solo palpabile, ma fuoriusciva da ogni angolo di quel centro civico: “L’atto dell’omosessualità è inaccettabile in qualsiasi società, figuriamoci in una società civile”, si sente dire a un leader che si rivolge alla folla acclamante. Rodney Croome ha raccontato anche le storie di giovani uomini che si sono suicidati perché incapaci di gestire i livelli di odio che hanno dovuto subire. Questa è una delle principali ragioni che l’ha spinto a dedicare tutta la sua vita a far sì che queste persone sentissero di appartenere ad una comunità.

Il percorso di coming out di Miriam Margolyes

Margolyes
Margolyes, che è legata da 54 anni con Heather Sutherland, non è solita far parte di gruppi o manifestare pubblicamente la propria omosessualità

Da sempre apertamente lesbica e impegnata da oltre 50 anni con la storica Heather Sutherland, Margolyes, nel primo episodio di ‘Australia Unmasked‘ ha condiviso la sua esperienza di coming out. “L’ho detto a mia madre ed era completamente devastata. I miei genitori erano ebrei. Mio padre era un medico, quindi si pensava che fosse un po’ informato”, racconta l’attrice. “Ma no, non quando si trattava di sua figlia. Non era possibile“. Incontrare le famiglie che negli anni Ottanta hanno dovuto affrontare i coming out dei figli, le cui storie sono state raccontate nella serie, le ha fatto desiderare di poter portare anche i suoi genitori, ormai scomparsi da decenni, a quell’incontro. “Forse si sarebbero sentiti diversi nei miei confronti – dice malinconicamente -.Forse non sarebbero stati così terribilmente delusi da me“. “Queste famiglie sono la prova che le persone possono cambiare”, conclude.

La lotta non è ancora finita

“Lo Stato bigotto in cui sono cresciuti molti dei miei nuovi amici è quasi scomparso. La Tasmania ora vanta le leggi Lgbtqi più progressiste d’Australia“, dice l’ottantunenne verso la fine dell’episodio. Nonostante non sia una che esprime il suo orgoglio nelle strade, Miriam Margolyes dice di aver avuto il privilegio di sentirsi sempre amata, a differenza di molti che hanno dovuto lottare per la loro stessa esistenza. “Anche se la lotta non è finita, sono orgogliosa di sfilare – o meglio, di marciare – insieme a loro”, dice in merito alla sua partecipazione alla parata dell’orgoglio a Hobart.
La lotta non è davvero finita, visto che la settimana scorsa la Lobby cristiana australiana si è opposta a un potenziale divieto della cosiddetta terapia di conversione in Tasmania. Il premier dello Stato, Jeremy Rockliff, ha dichiarato per fortuna che il governo liberale vieterà la pratica. “[Le persone Lgbtq] stanno ancora combattendo oggi”, conclude l’attrice. “Il fair go in Tasmania è qualcosa per cui bisogna lottare. Non viene naturale o facile. Questa lotta deve continuare”.

Potrebbe interessarti anche

Brasile
Scienze e culture

Brasile primo Paese a dichiarare che l’accordo di Parigi è un trattato sui diritti umani

21 Luglio 2022
Diritti Civili Parlamento
Politica

I diritti civili nel nuovo Parlamento nascono già ‘morti’: tra opposizioni e paure è tutto da rifare

31 Luglio 2022
Accessibilità turistica
Lifestyle

Vacanze inaccessibili per i disabili: bandiera lilla solo per 45 su 7.904 Comuni italiani

4 Agosto 2022

Instagram

  • Bebe Vio “torna subito" a colpire con il suo ormai proverbiale (auto)sarcasmo.

Sul suo profilo Instagram pubblica una foto delle protesi lasciate sul lettino, prima di fare un tuffo in mare. Libera. 🏊‍♀️

#lucenews #lucelanazione #bebevio #inclusivity #libera #protesi #tornosubito
  • Maura Nardi, 41 anni a novembre, ed Emanuele Loati, 25, oltre ad essere innamorati, sono due giovani transgender che, dopo una vera e propria odissea, hanno completato insieme la transizione per il cambio di sesso. E ora, nuovi documenti alla mano, coroneranno finalmente il loro sogno d’amore con le nozze.

“Con l’identità di genere non si può scendere a patti: puoi lottarci per un po’, ma alla fine devi accettare quello che sei perché in ballo c’è la tua vita”.

Emanuele e Maura si sono conosciuti 3 anni fa, proprio durante il difficile e lungo percorso che li avrebbe portati alla loro nuova identità. Da quel primo incontro, proprio come in una favola con la freccia di Cupido scoccata che non lascia scampo, i due non si sono più lasciati.

Uniti, supportandosi a vicenda senza mai smettere di amarsi, hanno affrontato tutte le difficoltà che si sono presentate e non sono state poche: prima la sofferenza emotiva (ma anche fisica) per la transizione, aggravata poi dalla burocrazia dello Stato. E dopo tante peripezie la luce è apparsa in fondo al tunnel: l’ufficio anagrafe del comune di Recanati, in provincia di Macerata, ha provveduto a rettificare i loro documenti di identità. Era l’ultimo step da superare prima del via libera al matrimonio. Ora non resta che organizzare.

Se quella di Nardi e Loati è una vicenda già particolarmente travagliata, anche se a lieto fine, per Maura le cose sono state, se possibile, ancora più difficili. Ha iniziato la transizione nel 2016 e quando ha completato il percorso, è stata la prima persona non vedente italiana a riuscirci. Da quando ha 19 anni soffre di una forma di cecità a causa dello sviluppo di una rara malattia alla retina, nel suo caso “è stato più semplice convivere con la cecità che con l’incongruenza di genere”.

E aggiunge: “Nonostante il supporto non è stata una passeggiata: ho avuto diversi momenti di sconforto e paura, altri in cui mi sono sentita in colpa per aver trascinato la mia famiglia in questo cammino così complesso. Oggi so che rifarei tutto. La ciliegina sulla torta è stata l’arrivo del mio compagno. Ora finalmente siamo pronti a sposarci e possiamo pensare a una cosa bella”.

#lucenews #recanati #nozze
  • Quello che molti temevano è purtroppo accaduto: per scoprire le interruzioni di gravidanza negli Usa le autorità stanno facendo ricorso anche ai dati personali contenuti nelle app di messaggistica e sui social. 

A destare scalpore è un caso in Nebraska, dove Celeste Burgess, 18 anni, e sua madre Jessica, 41, sono finite in tribunale per un presunto aborto illegale, con molteplici capi d’imputazione. La polizia ha presentato come prove i messaggi su Facebook che le due donne si sarebbero scambiate e a cui, con l’autorizzazione dei gestori della piattaforma – in questo caso Meta –, ha avuto accesso. Le chat private, secondo le autorità, mostrano le prove di un aborto farmacologico illegale, autogestito alla 28esima settimana di gestazione (settimo mese), e di un piano per nascondere "i resti”.

Dopo che la polizia ha ottenuto il materiale dai due mandati di perquisizione, Jessica è stata accusata di altri due reati, induzione all’aborto illegale e pratica dell’aborto come persona diversa da un medico autorizzato, per i quali si è nuovamente dichiarata non colpevole. Attualmente il Nebraska proibisce gli aborti dopo le 20 settimane, una legge in vigore da prima dell’annullamento della sentenza Roe v. Wade.

Il problema di fondo che emerge da questa e da tante altre vicende in materia di diritti ha un duplice aspetto: da una parte c’è l’obbligo di una società di fornire i dati alle forze dell’ordine che ne fanno richiesta per le indagini e dall’altra la possibilità di disporre di questi dati. 

Mai come oggi grandi aziende private possono disporre di informazioni personali relative ai propri utenti, e se queste sono utili per fermare chi commette crimini è un conto, ma se le leggi vengono modificate ciò che può essere giudicato come crimine cambia. Il caso di Celeste Burgess è solo un esempio, ma conferma anche che negare il diritto all’aborto non eradica il fenomeno, ma lo trasporta in una dimensione di illegalità e pericolo per la salute della donna.

#lucenews #lucelanazione #aborto #nebraska #abortion #usa
  • La scelta coraggiosa del calciatore croato Robert Peric-Komsic non poteva non fare il giro del mondo in un baleno. Nel fiore dell’età, e con tutta la vita davanti, a soli 23 anni ha deciso di lasciare il mondo del pallone. La sua non è stata una scelta forzata, è stata intimamente voluta, e se ha detto addio alla sua carriera è stato solo per una scelta d’amore. Dimostrando che la vita della propria madre viene prima di qualunque cosa. Prima della passione per il pallone, prima del successo, prima di ogni carriera.

“Non c’erano altre opzioni, io era l’unica possibilità, l’ultima. Ho avuto ben chiara qual era la mia missione: salvarla.”

L’attaccante del Cibalia Vinkovci non ci ha pensato due volte quando si è trattato di scegliere tra il suo futuro nel mondo calcistico e la salute della sua mamma malata. Per tanto, troppo tempo l’aveva vista lottare contro una malattia al fegato. Ora non c’era più tempo da perdere: si trattava di trovare un donatore compatibile, e al più presto. Lo stomaco della donna si stava oramai riempiendo di acqua, e questo voleva dire che le rimaneva poco tempo, secondo i medici che l’avevano in cura. Questione di qualche giorno appena. Il calciatore della seconda divisione croata era l’unico compatibile. A quel punto Peric-Komsic si è tolto la tuta, ha riposto maglietta e calzoncini da calciatore nella sua valigia e ha preso l’aereo, salendo sul primo volo con destinazione Istanbul. Lì ha trovato sua mamma Ljiljiana che l’aspettava per abbracciarlo, in fin di vita.

“Dopo aver lottato duramente per 13 anni, il vero eroe è lei. Io ho solo fatto quello che chiunque al posto mio avrebbe fatto."

Sono passati quattro mesi e più dall’intervento. Il trapianto è andato benee la signora Ljiljiana è migliorata molto da allora. Giorno dopo giorno ce l’ha messa tutta, e con una straordinaria forza di volontà, animata dall’amore di suo figlio, si sta piano piano riprendendo. E a chi si complimenta per aver fatto qualcosa di straordinario, con l’umiltà dei grandi risponde: “È stata mia madre a darmi la vita. Io l’ho solo estesa a lei”.

#lucenews #lucelanazione #donazionefegato #RobertPericKomsic #donarelavitaperamore
Vi ricordate la simpatica, paffutella professoressa Sprite, l'insegnante di Erbologia nella saga di Harry Potter? Quella delle Mandragole, per intenderci, o del Tranello del Diavolo. L'attrice che interpreta la docente a capo della casa di Tassorosso, Miriam Margolyes, 81 anni, qualche giorno fa ha partecipato ad una parata dell'orgoglio Lgbtq+. La prima della sua vita, nonostante si sia dichiarata lesbica quando era appena adolescente.

L'omofobia e la discriminazioni

Miriam Margolyes, 81 anni, torna in tv con la docuserie 'Australia Unmasked', in cui la si vede nel primo episodio partecipare al Pride di Hobart, Tasmania
Dopo aver ricevuto elogi per il film 'Almost Australian', l'attrice torna sugli schermi televisivi con la sua nuova docuserie 'Australia Unmasked', in onda sulla ABC. Il primo episodio vede la Margolyes partecipare al suo primo Pride, a Hobart, capitale dello stato australiano della Tasmania, insieme al famoso attivista Lgbtq+ Rodney Croome. "È stato un privilegio vedere Miriam Margolyes evidenziare come la Tasmania sia passata dal peggio al meglio in materia di diritti umani LGBTIQA+", ha twittato Croome dopo la messa in onda dell'episodio. La Tasmania è stata l'ultimo Stato australiano a depenalizzare l'omosessualità. Come si racconta nella serie, che documenta ciò che è realmente accaduto, "Il livello di discriminazione nei confronti delle persone omosessuali era inimmaginabile. Quando stavano cercando di depenalizzare l'omosessualità, c'erano grandi manifestazioni anti-gay a Ulverstone - ha raccontato l'attivista -. Alla fine degli anni Ottanta, centinaia di persone sono arrivate da ogni dove nel centro civico per protestare contro le persone Lgbtq+ e gli oratori incitavano la folla a livelli di odio ancora più elevati. La folla gridava 'Uccideteli! Uccideteli!", aggiunge. "Sono ammirata dal modo in cui gli attivisti Lgbtq+ sono rimasti e hanno continuato a lottare", dice l'attrice mentre passa in rassegna alcuni filmati "veramente scioccanti" dei raduni anti-gay degli anni Ottanta. L'omofobia non era solo palpabile, ma fuoriusciva da ogni angolo di quel centro civico: "L'atto dell'omosessualità è inaccettabile in qualsiasi società, figuriamoci in una società civile", si sente dire a un leader che si rivolge alla folla acclamante. Rodney Croome ha raccontato anche le storie di giovani uomini che si sono suicidati perché incapaci di gestire i livelli di odio che hanno dovuto subire. Questa è una delle principali ragioni che l'ha spinto a dedicare tutta la sua vita a far sì che queste persone sentissero di appartenere ad una comunità.

Il percorso di coming out di Miriam Margolyes

Margolyes
Margolyes, che è legata da 54 anni con Heather Sutherland, non è solita far parte di gruppi o manifestare pubblicamente la propria omosessualità
Da sempre apertamente lesbica e impegnata da oltre 50 anni con la storica Heather Sutherland, Margolyes, nel primo episodio di 'Australia Unmasked' ha condiviso la sua esperienza di coming out. "L'ho detto a mia madre ed era completamente devastata. I miei genitori erano ebrei. Mio padre era un medico, quindi si pensava che fosse un po' informato", racconta l'attrice. "Ma no, non quando si trattava di sua figlia. Non era possibile". Incontrare le famiglie che negli anni Ottanta hanno dovuto affrontare i coming out dei figli, le cui storie sono state raccontate nella serie, le ha fatto desiderare di poter portare anche i suoi genitori, ormai scomparsi da decenni, a quell'incontro. "Forse si sarebbero sentiti diversi nei miei confronti - dice malinconicamente -.Forse non sarebbero stati così terribilmente delusi da me". "Queste famiglie sono la prova che le persone possono cambiare", conclude.

La lotta non è ancora finita

"Lo Stato bigotto in cui sono cresciuti molti dei miei nuovi amici è quasi scomparso. La Tasmania ora vanta le leggi Lgbtqi più progressiste d'Australia", dice l'ottantunenne verso la fine dell'episodio. Nonostante non sia una che esprime il suo orgoglio nelle strade, Miriam Margolyes dice di aver avuto il privilegio di sentirsi sempre amata, a differenza di molti che hanno dovuto lottare per la loro stessa esistenza. "Anche se la lotta non è finita, sono orgogliosa di sfilare - o meglio, di marciare - insieme a loro", dice in merito alla sua partecipazione alla parata dell'orgoglio a Hobart. La lotta non è davvero finita, visto che la settimana scorsa la Lobby cristiana australiana si è opposta a un potenziale divieto della cosiddetta terapia di conversione in Tasmania. Il premier dello Stato, Jeremy Rockliff, ha dichiarato per fortuna che il governo liberale vieterà la pratica. "[Le persone Lgbtq] stanno ancora combattendo oggi", conclude l'attrice. "Il fair go in Tasmania è qualcosa per cui bisogna lottare. Non viene naturale o facile. Questa lotta deve continuare".
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2021 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto