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La forza di Marika Magistri: "Senza la mia dislessia non sarei riuscita a realizzare tutti i miei sogni"

Dopo l'umiliazione da bambina, oggi la 28enne insegna la Lingua dei segni ai bambini sordi: "La disabilità è negli occhi di chi non sa"

di GERALDINA FIECHTER -
18 gennaio 2023
Marika Magistri

Marika Magistri

Non è solo orgogliosa della sua diversità, ma è grata a quella professoressa che in terza media, davanti a tutta la classe, l’ha discriminata e umiliata. E’ così che Marika Magistri, 28 anni, racconta la sua storia a lieto fine di bambina e poi adulta con dislessia, un forte disturbo dell’apprendimento dovuto (nel suo caso) a una sofferenza neurologica durante il parto. Oggi che ha una laurea in psicologia e che fa “il lavoro più bello del mondo” - come dice - cioè insegna la Lis, lingua dei segni ai bambini sordi e fa video per tradurre le canzoni a chi non sente, si batte per trasmettere forza a chi affronta difficoltà come le sue. “La disabilità è negli occhi di chi non sa - dice Marika - Lo stesso avviene nelle persone che non conoscono la dislessia e non capiscono che possono esserci adulti dislessici realizzati e felici”.
Marika Magistri, romana, 28 anni (Instagram)

Marika Magistri, romana, 28 anni (Instagram)

Cosa le disse quella professoressa che le ha cambiato la vita? "Le avevo chiesto di spiegarmi un passaggio che non avevo capito. Lei mi rispose davanti a tutti i miei compagni: 'Non te lo spiego perché tanto sei malata, sei dislessica'. Tutta la classe rimase sotto choc, neanche la mia mamma ci voleva credere quando le raccontai questo episodio". Che tipo di disabilità ha? "La dislessia è come una torta a molti strati, io sono disgrafica, disortografica e discalculica. Quindi ho difficoltà serie a scrivere, leggere e fare i calcoli". Quando ha avuto la diagnosi? "A 6 anni e sono stata fortunata perché spesso si capisce più tardi, quando un bambino ha ormai accumulato molte frustrazioni e tante frasi del tipo 'è pigro', 'è intelligente ma non si applica', e via così, gettando le basi di una bassa autostima che poi si fa fatica a invertire”. Chi l'ha aiutata a capire che aveva delle difficoltà? "Una maestra disse a mia madre che c’era qualcosa che non andava perché ero l’unica che non voleva scrivere e, se provavo, scrivevo in automatico al contrario. Mi fecero visitare da un neuropsichiatra e mi venne diagnosticata la dislessia". Nel 2000 i disturbi come il suo non erano così conosciuti e c’erano pochi strumenti per affrontarli. I suoi genitori come hanno reagito? "Molto bene e questa è l’altra mia fortuna. Io sono nata con un parto difficile e, quindi, fin da piccola mia madre mi teneva sotto osservazione per capire che tipo di sofferenza avevo subito. Si aspettavano danni motori o cognitivi importanti. Quando il neuropsichiatra ci disse che ero dislessica, le sembrò un danno relativamente lieve e cominciò subito a informarsi per capire come aiutarmi".
  La scuola come ha reagito? "Non c’era ancora la legge 170, che è arrivata nel 2010 e prevede aiuti e strumenti compensativi. Quindi non è stato facile. Il lato positivo è che ho evitato un’eccessiva medicalizzazione che oggi i bambini con Dsa rischiano di subire, sentendosi poi disabili e diversi". E al liceo o all’università? "Ho avuto molte esperienze dolorose. Al liceo sono stata bullizzata sia dai docenti sia dai compagni di classe. Molte volte non sono stata creduta, nonostante le certificazioni. Usavo le mappe concettuali e il computer, ma pensavano che facessi la furba per evitare prove difficili". Un esempio delle difficoltà che ha incontrato nel percorso scolastico? "Un anno la scuola mandò una lettera ufficiale a casa per segnalare che non avevo consegnato i compiti di italiano. Ma io lo avevo fatto, scrivevo al computer e poi stampavo e consegnavo. Loro però pretendevano che ricopiassi a mano su un foglio quello che avevo stampato. Assurdo". E' comunque arrivata in fondo agli studi, con una laureata e ora insegna la lingua dei segni. Come ha trovato questa strada? "Fin da piccola ero affascinata dalle interpreti che traducevano il telegiornale con la lingua dei segni. Un giorno, più o meno a 18 anni, sono entrata in una delle scuole dove si insegna la lingua dei segni, a Roma dove abito, e ho chiesto di iscrivermi. Ma il corso era già iniziato e mi dissero che era troppo tardi, di ripassare un anno dopo. Io li implorai: 'provate a inserirmi, se fra una settimana non so produrre neanche un segno me ne vado'. Entrai in classe e non capivo niente di quello che faceva il professore sordo, ma a casa facevo i compiti che ci dava e mi piaceva. Dopo una settimana mi dissero che ero la più brava della classe. Mi veniva così naturale".
Marika Magistri: "La disabilità è negli occhi di chi non sa"

Marika Magistri: "La disabilità è negli occhi di chi non sa"

Come è diventata insegnante ed educatrice? "Su consiglio di una docente. Diceva che avevo una dolcezza innata nel modo in cui segnavo e che avrei dovuto provare a insegnare ai bambini. E così ho fatto. Me ne sono innamorata". Dove lavora? "In un asilo. Insegno ai bambini sordi e anche al resto della classe, per poter comunicare fra loro". Come reagiscono i bambini non sordi? "Imparano in modo naturale, guardando: i bambini non hanno pregiudizi". La sua storia dimostra che una fragilità può diventare una forza. Ma non tutti hanno la sua fortuna e la sua resilienza, non tutti sentono di aver realizzato i loro sogni nonostante le disabilità. Non si sente una privilegiata? "Ma io parlo così dopo 12 anni di logopedia, psicoterapia e tanti momenti down. Oggi dico grazie a chi mi ha messo i bastoni fra le ruote e mi ha fatto scoprire le mie potenzialità, ma ho sofferto di attacchi di panico in tutte le scuole superiori, ho affrontato tante difficoltà e ho ancora tanta strada da fare. Adesso che sono felice e faccio un lavoro che amo, mi piacerebbe solo che la mia storia arrivasse a tutti per far capire che neppure una difficoltà come la dislessia può limitarci. Prendendo in prestito le parole del mio cantante preferito, Ligabue, 'sono sempre i sogni a dare forma al mondo, sono sempre i sogni a fare la realtà'”. Cosa dovrebbero fare le scuole e gli insegnanti per migliorare sul fronte dei disturbi d’apprendimento? "Fare più formazione e meno disinformazione, deve esserci un referente davvero competente sull’argomento in ogni scuola e uno sportello per il supporto psicologico, bisogna fornire supporti a chi non può permetterselo e andare oltre ai pregiudizi: capire che leggere con gli audiolibri, per esempio, non vuol dire non-leggere. Conosco tanti ragazzi che hanno problemi enormi, che non riescono a studiare perché gli insegnanti non consentono la registrazione delle lezioni o non li capiscono, e molti finiscono per abbandonare la scuola o gli studi. Ma tutti hanno diritto allo studio. Senza una buona scuola, la società non si sviluppa. Dico sempre ai miei coetanei: sappiate che quello strumento che utilizzate continuamente, lo smartphone, lo dovete a un uomo dislessico, Steve Jobs. Quindi concentratevi su quello che potete fare, non su quello in cui non riuscite a fare. E realizzate i vostri sogni".