Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Lifestyle » Massimo Bottura e Food for Soul, cibo per l’anima e il corpo, per le persone e le città. I Refettori nutrono le persone e recuperano spazi dimenticati

Massimo Bottura e Food for Soul, cibo per l’anima e il corpo, per le persone e le città. I Refettori nutrono le persone e recuperano spazi dimenticati

Lotta allo spreco alimentare e rigenerazione di ambienti dismessi in tutto il mondo. La doppia intuizione della coppia formata dallo chef pluristellato e dalla moglie Lara Gilmore. Durante il locdown aperture in Messico, in Perù, ad Harlem e San Francisco. Il sogno? Che ci sia un refettorio ovunque le comunità ne abbiano bisogno”

Diego Casali
28 Luglio 2021
Share on FacebookShare on Twitter

La lotta allo spreco alimentare e il recupero di ambienti dismessi nel cuore delle città di tutto il mondo. Una doppia intuizione di coppia, quella dello chef pluristellato Massimo Bottura e sua moglie Lara Gilmore. L’intuizione ha un nome, Food for Soul, che – in un momento molto difficile per il mondo della ristorazione – rappresenta un modo simbolico e al tempo stesso molto concreto per dimostrare vicinanza alle persone che vivono ai margini. Un numero di individui crescente che la pandemia ha purtroppo contribuito ad aumentare.

 

Bottura, nel vostro progetto ci sono altri refettori in apertura, quattro sono in Italia, altri in giro per il mondo. Come vi siete mossi durante il periodo della pandemia?

“Abbiamo lavorato costantemente con tutti i refettori di Food for Soul nel mondo per trovare soluzioni per nutrire i più fragili in un momento di crisi così profonda. Grazie al supporto dei nostri partner e di tutti i volontari, i refettori sono rimasti sempre aperti, adottando diverse soluzioni per continuare a lavorare e dare tutto l’aiuto possibile ai più vulnerabili membri della comunità. Alcuni refettori hanno preparato pasti da distribuire, altri hanno messo le proprie risorse a disposizione della collettività, redistribuendo il surplus alimentare ad altre associazioni della zona, oppure organizzando attività educative online. Altri ancora hanno distribuito piccoli aiuti finanziari o buoni, in particolare alle famiglie in situazioni di particolare difficoltà, in cui uno o entrambi i genitori avevano perso il lavoro. Per me è importante non dimenticare che i più vulnerabili sono anche coloro che si trovano a dover affrontare più sfide allo stesso momento, tra cui l’accesso al cibo, la mancanza di servizi, l’isolamento, la diminuzione dei benefici, e via dicendo”.

E quindi?

“In tempi così difficili, abbiamo sostenuto con ancora più forza i refettori esistenti per assicurarci che potessero continuare a prendersi cura della comunità, garantendo la sicurezza del personale e dei volontari. In più nel 2020, in pieno lockdown, abbiamo aperto il refettorio di Mérida, in Messico e quello di Lima, in Perù. A novembre 2020 sono arrivati i refettori di Harlem, a New York City e San Francisco. Abbiamo in mente molti altri progetti. Il sogno? Che ci sia un refettorio in ogni luogo in cui le comunità ne abbiano bisogno”.

 

Lei condivide questo progetto con sua moglie. Quanto è stato determinante il suo coinvolgimento?

“Lara è fondamentale in tutto quello che ho fatto e continuo a fare. Mi ha reso visibile l’invisibile. Mi ha aperto le porte dell’arte contemporanea ed insegnato a vedere la bellezza oltre l’apparenza, nel quotidiano e nell’imperfezione. E questo è il concetto fondante di tutto l’operato di Food for Soul. Il potere della bellezza, insieme al valore dell’ospitalità e alla qualità delle idee, è il motore del lavoro che ogni refettorio porta avanti giorno dopo giorno. La bellezza come mezzo per dare nuovo valore a luoghi abbandonati, per ridare la dignità alla parte più fragile di ogni comunità. Food for Soul non è nato solo per ‘nutrire’ le persone ma per creare spazi che facessero sentire gli ospiti accolti e benvenuti, parte degna e fondamentale della comunità. Lo stesso vale per il cibo“.

 

In che senso?

“Volevamo che la cucina di un refettorio insegnasse a rispettare tutti gli ingredienti senza sprecarli, a tirare fuori la bellezza dall’imperfezione e tramite la bellezza rendere visibile l’invisibile, trasformando gli ingredienti più umili in piatti deliziosi e nutrienti, eliminando ogni spreco. Questi valori alla base della nostra idea di ospitalità sono gli stessi che da sempre guidano non solo Osteria Francescana, ma tutte le attività e i progetti che negli anni abbiamo creato e portato avanti: da Franceschetta58 a Gucci Osteria, da Torno Subito a Casa Maria Luigia, al Cavallino”.

 

Nei vostri refettori il cibo è un naturale tramite di convivialità e molto di più. È cultura, identità, arte, accoglienza, solidarietà, equità sociale. Davvero c’è tutto questo e altro incontro in Food for Soul? C’è molto di immateriale nella materia che finisce sul desco…

“Per me la cucina è un gesto d’amore e il cibo è un’espressione culturale. I ristoranti sono botteghe rinascimentali, laboratori di idee in cui si produce Cultura. Attraverso il cibo, e grazie ad esso, possiamo essere ambasciatori dell’agricoltura, fare formazione, creare turismo e impegnarci nel sociale, in tutti i nostri progetti, dai refettori di Food for Soul all’Osteria Francescana. Quella che stiamo vivendo è una ‘rivoluzione umanistica’, che per noi ha avuto inizio nel 2015 con Expo e il primo refettorio, e che oggi è più visibile e importante che mai. Una rivoluzione che non sarebbe possibile senza l’aiuto di tutti e che ha come fulcro il prendersi cura degli altri. La cucina non è un insieme di ricette o una lista di ingredienti ma un atto d’amore, un gesto emozionale il cui senso è diffondere cultura, trasmettere messaggi, unire le persone. Pensateci. Esiste qualcosa capace di unire più di una teglia di lasagna appoggiata in mezzo al tavolo? È proprio il potere coesivo del cibo di che ha spinto me e mia moglie Lara a fondare il Tortellante, associazione no-profit e progetto sociale che ha come scopo l’inclusione di due tra le categorie sociali più emarginate e fragili della comunità: anziani e ragazzi portatori di autismo. Tutto questo attraverso il cibo, e in particolare l’arte della preparazione dei tortellini, una tradizione di valore inestimabile che grazie al Tortellante viene trasmessa dalle mani esperte delle rezdore emiliane a quelle dei ragazzi autistici, che così diventano custodi della tradizione e danno forma al proprio futuro imparando un mestiere”.

 

C’è un mondo enorme dietro il vostro progetto che abbraccia l’universo del food, passando per l’arte, il volontariato, l’architettura e altro ancora. Sono diverse le motivazioni individuali che convergono in un unico obiettivo oppure tutti hanno ben chiaro il target e il loro contributo è declinato in base alla propria sensibilità?

“Per me la collaborazione è tutto. Il lavoro di squadra, la condivisione, la famiglia. Solo grazie alla mia squadra, alla mia famiglia è stato possibile arrivare dove siamo oggi, aprire tutti i refettori, i ristoranti, Casa Maria Luigia e tutte le attività e i progetti che portiamo avanti, insieme. E questo si è potuto realizzare solo grazie a tutte le persone che hanno creduto in un sogno comune, sposato un’unica causa e condiviso la stessa visione. Joseph Beuys diceva ‘We are the Revolution’, Papa Francesco dice ‘nessuno si salva da solo’. Il succo è che insieme siamo più forti. Solo uniti si può creare un cambiamento, solo insieme si può superare una crisi e da essa imparare e migliorare. Ed è così perché nessuno di noi può farcela da solo. Abbiamo bisogno della diversità, della varietà di personalità, di talenti, di passioni. Soprattutto oggi, in un momento in cui l’allontanamento sociale ci viene imposto da necessità esterne, dobbiamo più che mai valorizzare ogni momento di scambio, ogni connessione, per amplificare le nostre voci e così avere un impatto maggiore. Iniziando a prendersi cura di chi ci sta accanto, sarà poi più facile passare alla comunità intera, e poi al pianeta. Oggi è già domani. Il futuro è adesso, e conta su di noi”.

Potrebbe interessarti anche

Julie Delpy nel film Tv ’Crime and Punishment’ (1998) diretto da Joseph Sargent (tratto dal romanzo ’Delitto e castigo’ di Fedor Dostoevskij), con Patrick Dempsey e Ben Kingsley
Scienze e culture

Donne da romanzo, le eroine di Dostoevskij: “Adulterio? Atto di ribellione”

27 Marzo 2023
La direttrice d’orchestra pratese Vanessa Benelli Mosell (35 anni)
Spettacolo

Vanessa Benelli Mosell: “In Italia la musica è cambiata”

24 Marzo 2023
Il Wellesley College
Lifestyle

Il college femminile di Hillary Clinton dice no agli uomini trans

23 Marzo 2023

Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
La lotta allo spreco alimentare e il recupero di ambienti dismessi nel cuore delle città di tutto il mondo. Una doppia intuizione di coppia, quella dello chef pluristellato Massimo Bottura e sua moglie Lara Gilmore. L’intuizione ha un nome, Food for Soul, che - in un momento molto difficile per il mondo della ristorazione - rappresenta un modo simbolico e al tempo stesso molto concreto per dimostrare vicinanza alle persone che vivono ai margini. Un numero di individui crescente che la pandemia ha purtroppo contribuito ad aumentare.  

Bottura, nel vostro progetto ci sono altri refettori in apertura, quattro sono in Italia, altri in giro per il mondo. Come vi siete mossi durante il periodo della pandemia?

“Abbiamo lavorato costantemente con tutti i refettori di Food for Soul nel mondo per trovare soluzioni per nutrire i più fragili in un momento di crisi così profonda. Grazie al supporto dei nostri partner e di tutti i volontari, i refettori sono rimasti sempre aperti, adottando diverse soluzioni per continuare a lavorare e dare tutto l’aiuto possibile ai più vulnerabili membri della comunità. Alcuni refettori hanno preparato pasti da distribuire, altri hanno messo le proprie risorse a disposizione della collettività, redistribuendo il surplus alimentare ad altre associazioni della zona, oppure organizzando attività educative online. Altri ancora hanno distribuito piccoli aiuti finanziari o buoni, in particolare alle famiglie in situazioni di particolare difficoltà, in cui uno o entrambi i genitori avevano perso il lavoro. Per me è importante non dimenticare che i più vulnerabili sono anche coloro che si trovano a dover affrontare più sfide allo stesso momento, tra cui l’accesso al cibo, la mancanza di servizi, l’isolamento, la diminuzione dei benefici, e via dicendo”.

E quindi?

“In tempi così difficili, abbiamo sostenuto con ancora più forza i refettori esistenti per assicurarci che potessero continuare a prendersi cura della comunità, garantendo la sicurezza del personale e dei volontari. In più nel 2020, in pieno lockdown, abbiamo aperto il refettorio di Mérida, in Messico e quello di Lima, in Perù. A novembre 2020 sono arrivati i refettori di Harlem, a New York City e San Francisco. Abbiamo in mente molti altri progetti. Il sogno? Che ci sia un refettorio in ogni luogo in cui le comunità ne abbiano bisogno”.  

Lei condivide questo progetto con sua moglie. Quanto è stato determinante il suo coinvolgimento?

“Lara è fondamentale in tutto quello che ho fatto e continuo a fare. Mi ha reso visibile l’invisibile. Mi ha aperto le porte dell’arte contemporanea ed insegnato a vedere la bellezza oltre l’apparenza, nel quotidiano e nell’imperfezione. E questo è il concetto fondante di tutto l’operato di Food for Soul. Il potere della bellezza, insieme al valore dell’ospitalità e alla qualità delle idee, è il motore del lavoro che ogni refettorio porta avanti giorno dopo giorno. La bellezza come mezzo per dare nuovo valore a luoghi abbandonati, per ridare la dignità alla parte più fragile di ogni comunità. Food for Soul non è nato solo per ‘nutrire’ le persone ma per creare spazi che facessero sentire gli ospiti accolti e benvenuti, parte degna e fondamentale della comunità. Lo stesso vale per il cibo“.  

In che senso?

“Volevamo che la cucina di un refettorio insegnasse a rispettare tutti gli ingredienti senza sprecarli, a tirare fuori la bellezza dall’imperfezione e tramite la bellezza rendere visibile l’invisibile, trasformando gli ingredienti più umili in piatti deliziosi e nutrienti, eliminando ogni spreco. Questi valori alla base della nostra idea di ospitalità sono gli stessi che da sempre guidano non solo Osteria Francescana, ma tutte le attività e i progetti che negli anni abbiamo creato e portato avanti: da Franceschetta58 a Gucci Osteria, da Torno Subito a Casa Maria Luigia, al Cavallino”.  

Nei vostri refettori il cibo è un naturale tramite di convivialità e molto di più. È cultura, identità, arte, accoglienza, solidarietà, equità sociale. Davvero c’è tutto questo e altro incontro in Food for Soul? C’è molto di immateriale nella materia che finisce sul desco...

“Per me la cucina è un gesto d’amore e il cibo è un’espressione culturale. I ristoranti sono botteghe rinascimentali, laboratori di idee in cui si produce Cultura. Attraverso il cibo, e grazie ad esso, possiamo essere ambasciatori dell’agricoltura, fare formazione, creare turismo e impegnarci nel sociale, in tutti i nostri progetti, dai refettori di Food for Soul all’Osteria Francescana. Quella che stiamo vivendo è una ‘rivoluzione umanistica’, che per noi ha avuto inizio nel 2015 con Expo e il primo refettorio, e che oggi è più visibile e importante che mai. Una rivoluzione che non sarebbe possibile senza l’aiuto di tutti e che ha come fulcro il prendersi cura degli altri. La cucina non è un insieme di ricette o una lista di ingredienti ma un atto d’amore, un gesto emozionale il cui senso è diffondere cultura, trasmettere messaggi, unire le persone. Pensateci. Esiste qualcosa capace di unire più di una teglia di lasagna appoggiata in mezzo al tavolo? È proprio il potere coesivo del cibo di che ha spinto me e mia moglie Lara a fondare il Tortellante, associazione no-profit e progetto sociale che ha come scopo l’inclusione di due tra le categorie sociali più emarginate e fragili della comunità: anziani e ragazzi portatori di autismo. Tutto questo attraverso il cibo, e in particolare l’arte della preparazione dei tortellini, una tradizione di valore inestimabile che grazie al Tortellante viene trasmessa dalle mani esperte delle rezdore emiliane a quelle dei ragazzi autistici, che così diventano custodi della tradizione e danno forma al proprio futuro imparando un mestiere”.  

C’è un mondo enorme dietro il vostro progetto che abbraccia l’universo del food, passando per l’arte, il volontariato, l’architettura e altro ancora. Sono diverse le motivazioni individuali che convergono in un unico obiettivo oppure tutti hanno ben chiaro il target e il loro contributo è declinato in base alla propria sensibilità?

“Per me la collaborazione è tutto. Il lavoro di squadra, la condivisione, la famiglia. Solo grazie alla mia squadra, alla mia famiglia è stato possibile arrivare dove siamo oggi, aprire tutti i refettori, i ristoranti, Casa Maria Luigia e tutte le attività e i progetti che portiamo avanti, insieme. E questo si è potuto realizzare solo grazie a tutte le persone che hanno creduto in un sogno comune, sposato un’unica causa e condiviso la stessa visione. Joseph Beuys diceva ‘We are the Revolution’, Papa Francesco dice ‘nessuno si salva da solo’. Il succo è che insieme siamo più forti. Solo uniti si può creare un cambiamento, solo insieme si può superare una crisi e da essa imparare e migliorare. Ed è così perché nessuno di noi può farcela da solo. Abbiamo bisogno della diversità, della varietà di personalità, di talenti, di passioni. Soprattutto oggi, in un momento in cui l’allontanamento sociale ci viene imposto da necessità esterne, dobbiamo più che mai valorizzare ogni momento di scambio, ogni connessione, per amplificare le nostre voci e così avere un impatto maggiore. Iniziando a prendersi cura di chi ci sta accanto, sarà poi più facile passare alla comunità intera, e poi al pianeta. Oggi è già domani. Il futuro è adesso, e conta su di noi”.
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • 8 marzo

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2023 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto