Accessibilità e
inclusione sono da sempre due facce della stessa medaglia. In questi ultimi decenni si è lavorato tanto per un cambio di
paradigma sociale, ma tanto ancora c’è da fare. C’è grande differenza, infatti, fra
eliminare le barriere e progettare, concepire le nostre società in modo accessibile e inclusivo per tutti. È un
cambio di mentalità che considera le diversità individuali non come elementi di problematicità ma come fattori imprescindibili. In questa ottica è nato il progetto "
In-Visible" (Inclusive and Innovative learning tool for Visually Impaired and Blind people), co-finanziato dal programma europeo Erasmus+ e coordinato dall’Università di
Bologna, che
promuove l’accesso delle persone con bisogni speciali ai contenuti dei corsi universitari e di istruzione superiore. Il progetto si concentra in particolare sulla
disabilità visiva, per dare supporto agli oltre 30 milioni di
ipovedenti e non vedenti attualmente presenti nei Paesi europei. E lo fa soprattutto nell’ambito che, sin dalla sua definizione, sembra escluderli senza rimedio: le cosiddette arti “visive”. Il progetto non prevede docenti o corsi dedicati ma
l’inclusione di persone con disabilità visiva nei tradizionali corsi per studenti normodotati, creando opportunità di apprendimento nella “scuola di tutti”. “Di corsi e istituti per ipovedenti ne esistono già tanti. Noi siamo partiti da una visione opposta: concepire un corso aperto a tutti” spiega
Micaela Antonucci, professoressa associata di
Storia dell'architettura e ideatrice del progetto. Le due parole chiave alla radice del programma di “In-Visible” sono "In-novazione" e "In-clusione".
Micaela Antonucci, professoressa associata di Storia dell'architettura e ideatrice del progetto
Rendere accessibili a tutti i tradizionali corsi di architettura
“Io che insegno storia dell’architettura mi sono chiesta: se avessi uno studente ipovedente o non vedente come potrei rendere accessibile il mio corso? – spiega la professoressa -.
Ci sono già tanti strumenti disponibili, ma mai usati insieme o impiegati nei corsi universitari. Si va dai modelli architettonici tattili ai programmi di intelligenza artificiale di riconoscimento automatico delle immagini, passando per
gli strumenti ‘text-to-speech’. In sostanza programmi che riconoscono le immagini e li descrivono al non vedente che, al tempo stesso, tocca con le mani il modello tattile”. Tavole, sezioni e prospetti in rilievo. E per gli studenti che non possono essere presenti ci sarebbe anche la possibilità di scaricare i file da una piattaforma accessibile e stampare i modelli attraverso una comune stampante 3d e seguire i corsi da casa attraverso dei MOOC (Massive Open Online Courses). Il punto è
mettere a sistema tutto questo, inserendolo nella didattica delle discipline
legate alle arti visive, producendo inoltre linee guida accessibili a tutti. “Metteremo a punto dei moduli che permettano, a chi vuole, di usarli nella propria scuola, nel proprio museo, nella propria associazione.
Rendere tutto open è l’intento” spiega la professoressa Antonucci. Il vantaggio è doppio:
sperimentare il mondo attraverso altri canali è una forma di arricchimento per tutti. “La distinzione fra normale e disabile è già di per sé ghettizzante - spiega l’ideatrice del progetto -. Siamo tutti nella stessa società: dunque, offrire accesso alle stesse opportunità dei non disabili mi sembra, oltre che una questione di giustizia sociale, anche
un’opportunità per tutti. A breve sarà online il nostro sito (www.invisible-eplus.com) e da qui aggiorneremo gli utenti sui nostri progressi e sulle iniziative come i cosiddetti ‘eventi moltiplicatori’ ovvero delle manifestazioni pubbliche in cui invitiamo tutti a conoscere, partecipare e dare il loro contributo al progetto”.
Il logo del progetto
Il partenariato europeo
Per arrivare ad un cambio di paradigma nella visione della società, è necessario che il tema dell’accessibilità venga declinato non solo
nell’ambito dell’istruzione ma anche in quello culturale. Il consorzio del progetto “In-Visible” si compone dunque di
tre atenei europei (l’Università di Bologna, la University of Humanities and Economicsdi Lodz e la Yedetepe University di Istanbul), di un ente di ricerca internazionale (Information Technologies Institute of Centre for Research and Technology Hellas), due istituti dedicati all’educazione dei non vedenti (il Center for Education and Rehabilitation for the Blind di Salonicco e il Museo Tattile Statale Omero di Ancona). Un ruolo fondamentale, tuttavia, sarà giocato anche da altre risorse sul territorio, grazie alla presenza di numerosi altri
partner associati: l’Unione Italiana Ciechi, l’Istituto Cavazza di Bologna, il Museo Tolomeo e Museo tattile Anteros di Bologna, il MAXXI – Museo nazionale delle Arti del XXI secolo di Roma, il Lighthouse for the Blind of Greece e molti altri. “Il progetto prevede la
collaborazione di istituzioni e musei europei, che porteranno ciascuno le proprie competenze e faciliteranno la diffusione dei risultati del progetto in tutti i settori della società. Nella fase finale, nelle Università di Bologna e di Istanbul sperimenteremo “sul campo” l’impiego di questi strumenti per capire cosa funziona e cosa no” conclude la professoressa Micaela Antonucci. Solo una piccola percentuale di disabili visivi in Europa ha accesso alla formazione universitaria, specie in particolari discipline. Speriamo che “
In-Visible” non sia un caso isolato e che le generazioni future possano avere maggiori possibilità e strumenti.