Andava in giro per le strade le mondo vestito di stracci, trascinando la propria zoppia, era da tutti considerato un barbone, ma Monsieur Chouchani era un uomo di immensa cultura, geniale ed estroso, capace di parlare correntemente ben settanta lingue.
Le origini misteriose
Di lui e delle sue origini si sa pochissimo, del suo nome per intero niente. Probabilmente l’appellativo Chichani era la storpiatura di Shishani, indicava la sua origine dalla città di Shush, l’antica Susa, capitale del regno di Elam.
Secondo Elie Wiesel, famoso giornalista e scrittore rumeno sopravvissuto all’olocausto, si sarebbe chiamato in realtà Mordecai Rosenbaum. Di diverso parere è Shalom Rosenberg, professore all’Università di Gerusalemme, il quale sostiene che il suo nome fosse Hillel Perlmann, forse di origini lituane o israeliane.
Il cognome, tra l’altro, mostra una straordinaria assonanza con il matematico ‘barbone’ russo Perelman dei nostri tempi, famoso per aver rinunciato alla Medaglia Fields da un milione di dollari dopo aver risolto un annoso e intricato teorema conosciuto come “Congettura di Poincaré”.
Una mente illuminata
Comunque stiano le cose riguardo alle sue origini, è invece assolutamente certa l’enorme influenza che Chichani ebbe tra gli intellettuali dell’epoca, formando allievi e creando attorno a sé vivo interesse per essere padrone di una cultura immensa.
Trascinandosi sporco e trasandato, possedeva solo una valigia di cartone che portava sempre con sé e nel cui interno si trovavano solo documenti di economia, un libro in ebraico, un sudicio pentolino, un cucchiaio di latta e alcune forchette.
La sua mente, come testimoniano gli studenti che lo hanno frequentato, era pressoché illimitata e spaziava dalla matematica alla filosofia, dalla scienza alla perfetta conoscenza del Talmud, libro sacro che, assieme alla bibbia ebraica, pare avesse appreso già alla tenerissima età di tre anni.
Chouchani, genio ribelle
Un vero prodigio, un genio in erba che finisce col diventare una specie di fenomeno da baraccone per volere del padre, che ne sfrutta le straordinarie e precoci doti esibendolo nelle sinagoghe fino a decidere di intraprendere un viaggio in America, dove i due conosceranno un breve, e probabilmente unico, momento di benessere economico.
Ma Chouchani, nel frattempo divenuto adolescente, mostra tutta la sua irrequietezza assieme ai segni di una vulcanicità intellettuale da fare impressione: lascia la casa e se ne va in India, poi in Marocco e poi in Libano dove si dice abbia frequentato l’università americana di Beirut.
Negli anni ’30 arriva in Europa e fa tappa prima a Berlino, poi a Strasburgo dove in modo poco chiaro riesce a ottenere la carta di apolide che gli consente di dedicarsi all’insegnamento, sua vera passione, attirando un gruppo di intellettuali ebrei con i quali intratterrà per tutta la durata della sua vita un forte legame.
Quindi, nel 1947 arriva in una Parigi ancora ferita dalla guerra, dove per cinque anni insegnerà ai reduci dei campi di sterminio i principi della Torah e del Talmud, arricchendo le sue lezioni con incursioni in vari ambiti del sapere, di cui era grandemente esperto.
Girovago dalla mente libera
La sua natura, quella del ribelle e del girovago per eccellenza, non gli consentiva però di fermarsi mai troppo a lungo nella casa degli amici che facevano a gara per ospitarlo.
Così lui una bella mattina, avvolto in un pastrano sporco e logoro, afferrava la sua frusta valigia e se ne andava vagabondando senza avere mai una vera meta, attratto unicamente dai miraggi della sua mente libera e nemica dell’abitudine.
Poco gli importava se le intelligenze più illuminate del tempo lo reclamavano a gran voce, e meno ancora gli interessava se eminenti filosofi, scienziati e accademici lo ascoltavano con la deferenza che si sarebbe usata a un oracolo.
L’incontro con Elie Wiesel
Proprio in quegli anni lo scrittore Elie Wiesel conosce Chuchani a Lione, in occasione di uno shabbat a Lione, divenendo subito suo allievo, colpito dall’immenso sapere del rabbi, del maestro.
Lo considera un uomo misterioso, carismatico e sconcertante: “Come descriverlo davvero? Era una persona fatta apposta per suscitare sconcerto, ciò si percepiva facilmente. Era palmare, trasparente; e tutto questo era fatto apposta per ingannarci.
Aveva l’aria di un clochard, di qualcuno che sarebbe stato ovunque indesiderabile, anche in cielo. Questa è l’impressione che egli suscitava. Mi ci è voluto un po’ di tempo per capire che tutto questo non era che un gioco”.
Chi era dunque davvero questo uomo geniale? Magari una specie di saltimbanco del sapere o uno che consapevole del proprio valore si prendeva gioco del prossimo, ironizzando su una sete di sapere che lui non avrebbe mai colmato.
Oppure poteva darsi che fosse perfettamente in buona fede e agli occhi di alcuni appariva inquietante solo perché le regole del suo gioco erano completamente diverse da quelle di chiunque altro. Difficile dirlo.
Di sicuro era di spirito assai brillante: sembra addirittura che, conoscendo a memoria il Corano, fosse addirittura riuscito a mettere nel sacco la Gestapo fingendosi musulmano.
Ma è ancora Wiesel a porsi interessanti interrogativi: “Da dove veniva? Quali erano state le sue gioie, i suoi timori? Cosa cercava di raggiungere, di dimenticare? Nessuno lo sapeva. Aveva mai conosciuto in vita sua la donna, la felicità, la delusione? Mistero sette volte sigillato.
Parlava di se stesso solo per disorientare: sì e no si equivalevano, il bene e il male andavano nella stessa direzione. Le sue teorie le costruiva e le demoliva in un soffio, usando gli stessi mezzi. Più lo si ascoltava e meno si sapeva della sua vita, sul suo mondo. Possedeva il potere sovraumano di rifarsi un passato”.
Un enigma senza soluzione
La vita di Monsieur Chouchani resta insomma un eterno e irrisolvibile enigma mentre il suo peregrinare in lungo e largo appare più una ricerca di se stesso che delle luci di una fama che disprezzava con intransigente energia.
Il sapere per il sapere, la conoscenza per la conoscenza mai usati alla stregua di monete di scambio per ottenere favori o denaro, quanto piuttosto ideali strumenti per istruire e insegnare migliorando così il mondo.
Le testimonianze di chi ha avuto modo di conoscerlo ci dicono che non era affatto un asociale, anzi amava senza dubbio il contatto con le persone ma soffriva di improvvisi scatti d’ira, era capriccioso come un bambino e allora se la prendeva con tutti, senza risparmiare parole dure e molto taglienti.
In realtà Chouchani era soprattutto un cittadino del mondo, mai sazio di apprendere e di aprire davanti a sé nuovi orizzonti. Lo si vede tornare in quella che considerava la sua patria, in un finalmente proclamato Stato d’Israele, per poi decidersi di partire un’ennesima e, questa volta ultima, volta.
Approda in Sud America dove conduce la solita vita, finché nel ’68 conclude la sua esistenza probabilmente all’età di 73 anni, a Montevideo in Uruguay.
A distanza di circa un trentennio la sua memoria rimane ancora viva, tanto da continuare a esercitare tutto il suo fascino in particolare sul giornalista e scrittore francese Salomon Maika che gli dedica un libro tradotto anche in Italia con il titolo “Chouchani- l’Enigma di un Maestro del XX secolo“, mentre nel 2019 alcuni dei suoi diari vengono messi all’asta a Gerusalemme.
Tuttavia la nebbia del mistero non smetterà ugualmente di ad avvolgere questo stravagante quanto attraente personaggio, del quale più si sa, meno in realtà si arriva a conoscere.
Non a caso sulla sua lapide si può leggere: “Il savio maestro Chouchani di benedetta memoria. La sua nascita e la sua vita sono chiuse in un enigma”.