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Home » Lifestyle » Muriel De Gennaro: “A scuola mi chiamavano cicciona. Ora sfilo in intimo e non mi vergogno più”

Muriel De Gennaro: “A scuola mi chiamavano cicciona. Ora sfilo in intimo e non mi vergogno più”

A 25 anni è una influencer da 300mila follower. Su YouTube e Instagram affronta temi legati ai diritti Lgbqt+, alla body positivity e all’inclusività: "Cerco di rendere il mondo un posto un po' migliore. Pensando alla piccola Muriel, la ragazzina che odiava il proprio corpo e non si accettava. Ci sono ancora tante piccole Muriel. A loro dico di non sentirsi sbagliate"

Serena Valecchi
12 Aprile 2021
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Muriel ha 25 anni ed è una icona della body positivity: “Fino a qualche anno fa odiavo il mio corpo. Non andavo al mare dalla vergogna di togliermi i vestiti”

Muriel, nome d’arte?

(Sorride). “Me lo chiedono tutti. In realtà no, è il mio nome di battesimo. Piaceva a mio padre. E’ di origine celtica, era un nome che si dava alle sirene e che significa “la schiuma del mare che riflette la luce della Luna”.

Quando nasce la Muriel di oggi, che porta avanti battaglie per l’inclusività, per i diritti Lgbqt+ e per la libertà di espressione?

“Ho iniziato a postare video su YouTube quando avevo 16 anni. Erano pillole di puro intrattenimento. Dopo un po’ di tempo, però, mi sono resa conto che i contenuti prodotti fino a quel momento non mi rappresentavano più. Si faceva sempre più forte in me il bisogno di trattare temi legati all’inclusività, alla body positivity, alla comunità Lgbtq+. Nel 2016 realizzai il video ‘Muriel, sei pansessuale’, l’anno dopo ‘Come fare coming out”. In entrambi confessai che mi piacevano anche le ragazze. Le visualizzazioni furono tantissime, fui sommersa da commenti di ragazzi e ragazze che si sentivano capiti. Mi resi conto che le mie parole avevano un peso reale nella vita di chi mi seguiva e che nel mio piccolo potevo cambiare le cose. Nel 2018, dunque, ho fatto lo switch definitivo”.

Come è avvenuto?

“Un ragazzo aveva commentato con sdegno il fatto che io avessi troppi peli sulle braccia. Ecco, quell’affermazione è stata il mio switch. Ho pensato: ma perché dovrei essere obbligata ad avere le braccia che piacciono a te? Appartengono al mio corpo e per questo le tengo come piacciono esclusivamente a me. La costruzione della mia identità non si basa su ciò che piace o non piace a degli sconosciuti. Ecco, da quel momento ho affrontato con ancor più determinazione temi legati all’inclusività”.

Quando ha fatto coming out sui social la sua famiglia come ha reagito?

“Vorrei precisare che il primo vero coming out è stato con me stessa. Ho impiegato circa sei anni a capire, e ad ammettere, che sono pansessuale, provo attrazione cioè sia per i maschi che per le femmine. Dopodiché sono sempre stata circondata da amici con una mentalità super aperta. Mia mamma, in particolare, mi disse: ‘Ma io l’ho sempre saputo’. Questa è frase più bella che un genitore possa dire. Purtroppo non in tutte le famiglie c’è un’apertura tale da accettare l’orientamento sessuale dei figli. Adesso da due anni sono fidanzata con Ethan, un ragazzo transgender. E’ nato femmina ma non si è mai sentito tale, ha iniziato così un percorso di transizione e adesso vive la sua vita da uomo perché è quello che è. Sui miei social mi batto molto per le persone trans, in Italia se ne parla ancora pochissimo”.

Lei è impegnata anche in battaglie per la body positivity.

“Fino a qualche anno fa odiavo il mio corpo. Non andavo al mare dalla vergogna di togliermi i vestiti. Il calvario è iniziato quando ero una bambina. A 7 anni, siccome zoppicavo, il pediatra imputò il problema al sovrappeso. In realtà scoprirono che avevo un tumore benigno a una gamba. Mi operai e tutto si risolse, smisi di zoppicare. Poco tempo dopo però mio padre morì. Da quel momento è iniziato il mio problema con il cibo. Lo vedevo come rifugio dove sfogare rabbia e tristezza. Era un modo per riempire il vuoto che sentivo dentro. A scuola il maestro mi diceva che dovevo dimagrire e i compagni di classe non perdevano occasione per prendermi in giro e bullizzarmi. Un inferno. Quindi si può intuire il trauma che ho vissuto tra infanzia e adolescenza. E che mi sono portata dietro fino a poco tempo fa. Nell’adolescenza trovai rifugio nel mio canale YouTube, un diario dove raccontavo di me. Era il mio spazio, il mio mondo a colori, lontano dal grigio della vita reale, dove potevo essere finalmente me stessa”.

Muriel è pansessuale: “Ho impiegato circa sei anni a capire, e ad ammettere, che provo attrazione cioè sia per i maschi che per le femmine”

Quando è stata la svolta per accettare il suo corpo?

“Nel 2019, quando Laura Brioschi (modella curvy e influencer, ndr) mi invitò al flash mob organizzato dall’associazione no-profit Body Positive Catwalk. In sostanza dovevamo sfilare in biancheria intima in piazza del Duomo, a Milano. Ero terrorizzata dall’idea di mostrare il mio fisico. Ma alla fine accettai per uscire dalla mia confort zone. Ricordo che al termine della manifestazione scoppiai in un pianto liberatorio. Mi resi conto che anche io, a prescindere dal mio fisico, ho le stesse opportunità di tutti. Da allora non ho più il terrore ad andare in spiaggia. E soprattutto non modifico più le mie foto per sembrare più magra. Ora mostro il mio fisico per quello che è”.

E’ arrivata anche una collaborazione con Calvin Klein.

“Sì, dopo la sfilata in piazza Duomo fui contatta da Calvin Klein. Mi ricordo che quando mi arrivò la mail rimasi sbalordita. L’azienda mi chiedeva di posare in intimo. Non ci potevo credere. Era la prima volta che qualcuno cercava il mio corpo per un messaggio positivo. Il mio corpo era sempre stato solo oggetto di critiche. Di body shaming, come si dice adesso. Quello è stato il primo progetto body positivity”.

I leoni da tastiera, gli odiatori social le fanno paura?

“Insulti virtuali me ne arrivano ancora, eccome. Ma non mi hanno mai toccato più di tanto. E’ solo un vigliacco chi riesce a offendere dall’altra parte di un schermo. Sono gli insulti dal vivo che riescono ancora a ferirmi”.

Non esageriamo se affermiamo che in un certo senso lei si prende cura dell’anima di chi si sente ferito da una società che ancora non include abbastanza…

“Cerco di fare il possibile per rendere il mondo un posto un po’ migliore. Mi metto a completa disposizione dei miei follower coinvolgendoli il più possibile, non solo portando avanti le battaglie a me care ma tentando anche di dare consigli a chiunque me li chieda. Lo faccio pensando alla piccola Muriel, a quella ragazzina che odiava il proprio corpo e che non si accettava. Ci sono ancora tante piccole Muriel. E’ a loro che mi rivolgo, che voglio dire di non sentirsi sbagliate”.

Un messaggio per tutti coloro che fanno fatica ad accettarsi?

“Il mio principio ispiratore è cercare la positività anche in un mare di negatività. Io ho capito che ogni schiaffo preso col tempo ti rende solo più forte. Ti crea una corazza”.

E Muriel ha una grande corazza: un sorriso potente che sa di vita. E a ogni suo sorriso sembra quasi di sentire le note della celebre canzone di Bobby McFerrin “Don’t worry, be happy” (“Non preoccuparti, sii felice”), inno alla felicità da oltre 30 anni.

Muriel: “Vorrei concludere questa intervista con un ulteriore messaggio. Posso?”.

Certo, quale?

“Vorrei che ognuno di noi tenesse ben in mente che ogni corpo merita rispetto. Non c’è un corpo che vale più di un altro”.

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Muriel ha 25 anni ed è una icona della body positivity: “Fino a qualche anno fa odiavo il mio corpo. Non andavo al mare dalla vergogna di togliermi i vestiti"
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Muriel è pansessuale: “Ho impiegato circa sei anni a capire, e ad ammettere, che provo attrazione cioè sia per i maschi che per le femmine”
Quando è stata la svolta per accettare il suo corpo? "Nel 2019, quando Laura Brioschi (modella curvy e influencer, ndr) mi invitò al flash mob organizzato dall’associazione no-profit Body Positive Catwalk. In sostanza dovevamo sfilare in biancheria intima in piazza del Duomo, a Milano. Ero terrorizzata dall’idea di mostrare il mio fisico. Ma alla fine accettai per uscire dalla mia confort zone. Ricordo che al termine della manifestazione scoppiai in un pianto liberatorio. Mi resi conto che anche io, a prescindere dal mio fisico, ho le stesse opportunità di tutti. Da allora non ho più il terrore ad andare in spiaggia. E soprattutto non modifico più le mie foto per sembrare più magra. Ora mostro il mio fisico per quello che è". E’ arrivata anche una collaborazione con Calvin Klein. "Sì, dopo la sfilata in piazza Duomo fui contatta da Calvin Klein. Mi ricordo che quando mi arrivò la mail rimasi sbalordita. L’azienda mi chiedeva di posare in intimo. Non ci potevo credere. Era la prima volta che qualcuno cercava il mio corpo per un messaggio positivo. Il mio corpo era sempre stato solo oggetto di critiche. Di body shaming, come si dice adesso. Quello è stato il primo progetto body positivity". I leoni da tastiera, gli odiatori social le fanno paura? "Insulti virtuali me ne arrivano ancora, eccome. Ma non mi hanno mai toccato più di tanto. E’ solo un vigliacco chi riesce a offendere dall’altra parte di un schermo. Sono gli insulti dal vivo che riescono ancora a ferirmi". Non esageriamo se affermiamo che in un certo senso lei si prende cura dell’anima di chi si sente ferito da una società che ancora non include abbastanza... "Cerco di fare il possibile per rendere il mondo un posto un po’ migliore. Mi metto a completa disposizione dei miei follower coinvolgendoli il più possibile, non solo portando avanti le battaglie a me care ma tentando anche di dare consigli a chiunque me li chieda. Lo faccio pensando alla piccola Muriel, a quella ragazzina che odiava il proprio corpo e che non si accettava. Ci sono ancora tante piccole Muriel. E’ a loro che mi rivolgo, che voglio dire di non sentirsi sbagliate". Un messaggio per tutti coloro che fanno fatica ad accettarsi? "Il mio principio ispiratore è cercare la positività anche in un mare di negatività. Io ho capito che ogni schiaffo preso col tempo ti rende solo più forte. Ti crea una corazza". E Muriel ha una grande corazza: un sorriso potente che sa di vita. E a ogni suo sorriso sembra quasi di sentire le note della celebre canzone di Bobby McFerrin “Don’t worry, be happy” (“Non preoccuparti, sii felice”), inno alla felicità da oltre 30 anni. Muriel: "Vorrei concludere questa intervista con un ulteriore messaggio. Posso?". Certo, quale? "Vorrei che ognuno di noi tenesse ben in mente che ogni corpo merita rispetto. Non c’è un corpo che vale più di un altro".
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